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Incontro su Pietro Annigoni pittore e scrittore
Dagli scritti di Pietro Annigoni prendono a vivere i luoghi, i personaggi e le situazioni che giorno dopo giorno hanno marcato un percorso fitto di incontri e di emozioni, di lavoro e di pause, di ricordi e di riflessioni, di viaggi e di soste. Da questa narrazione multiforme, emerge una visione diretta di Annigoni, un autoritratto cangiante che sa svelarci, oltre al temperamento e al mestiere dell’artista, le sue doti naturali di scrittore. Intervengono: Benedetto Annigoni, figlio dell’artista, Carlo Corsi, delle Edizioni Abscondita, Francesco Galluzzi, critico e storico dell’arte e del cinema, Angela Sanna, storica dell’arte e curatrice.
Comunicato stampa
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Il diario di Pietro Annigoni: pagine di vita, di viaggi, e oltre
Nelle pagine qui raccolte, Pietro Annigoni riferisce e commenta le vicende di una lunga fase della sua vita, dal 1946 al 1969, modulando il discorso tra racconto fluido e rapida annotazione. Da questi scritti prendono a vivere i luoghi, i personaggi e le situazioni che giorno dopo giorno hanno marcato, con vario grado di intensità, un percorso fitto di incontri e di emozioni, di lavoro e di pause, di ricordi e di riflessioni, di viaggi e di soste. Proprio i suoi innumerevoli percorsi alla scoperta di culture, paesaggi e tradizioni diversi, di mondi oltre i confini a lui noti, come anche i suoi rapporti con numerose personalità, dagli amici più stretti a prestigiose celebrità, costituiscono il perno di questo documento. Da un continente all'altro, da un paese all'altro, attraverso mille itinerari che lo dirigono verso capitali o sobborghi, l'artista milanese si sofferma su quanto lo circonda senza scadere nella descrizione oleografica, andando a sondare, con una prosa ora piana e ricercata, ora telegrafica e confidenziale, le esperienze vissute a contatto con la natura, gli individui, se stesso. In questa narrazione multiforme, la percezione delle realtà scandagliate si amplifica fino a toccare corde emozionali, suscitando improvvise metamorfosi, come quando da un paesaggio scaturisce un ricordo, da una vicenda un sogno, da un evento di cronaca una riflessione.
Artista viaggiatore e 'viandante', come ebbe lui stesso a definirsi, Annigoni sperimenta il viaggio come mezzo di conoscenza e di ispirazione che diventa materia preziosa per la sua pittura. Il suo viatico, tanto legato agli adempimenti artistici e professionali quanto a una più intima e personale necessità, lo orienta anche su rotte lontane, percorse via mare, in una dimensione temporale dilatata: quella che offre la natura nel suo scorrere lento, nel suo prendere un respiro universale, per fissarsi nello sguardo e nella memoria e diventare poi schizzo o dipinto. Così, in un'interessante corrispondenza tra scrittura e pittura, molte immagini descritte nel diario secondo gli stati d'animo dell'artista, le fasi della sua esistenza, l'umore del momento, vengono formulate in riprese vividamente realistiche o in scenari onirici, a tratti perfino surreali.
Nelle annotazioni dell'artista ritornano qua e là, rivisti con gli occhi della maturità e incastonati tra una folla di sensazioni, questi fotogrammi del passato, che si alternano a momenti del presente, anche quello quotidiano - raramente banale - vissuti a Firenze, sua città d'adozione. Proprio nel suo studio fiorentino Annigoni mette a punto quel lavoro di pittore che nelle sue pagine appare come fatto saldamente legato alla sua esistenza. Tale operare si presenta come mestiere di alta qualità tecnica ed esecutiva, ispirato all'osservazione attenta e profonda della grande tradizione figurativa senza escludere suggestioni della modernità. Fin dall'inizio del diario, commenti e impressioni ci svelano l'artista Annigoni che si affina, oltreché nel costante tirocinio e arricchimento culturale, nel vagare tra musei e gallerie alla ricerca di conferme, rivelazioni ed emozioni, ora soddisfatte ora disattese.
La sua fama internazionale di ritrattista che, proprio dagli anni in cui si apre il diario, conoscerà un continuo crescendo, lo conduce, come è noto, verso destinazioni molto prestigiose. Nel 1954-55 e nel 1969-70 in Inghilterra per gli ormai celeberrimi ritratti della regina Elisabetta II, poi nel 1961 a Washington per il Presidente John Kennedy, e ancora nel 1967 a Teheran per il ritratto dell'imperatrice e dello scià. Annigoni si affaccia su quel mondo e lo osserva, attirandosi, a torto o a ragione, l'etichetta di pittore mondano. Ed è nel diario, più che negli stessi ritratti, a volte aulici e imperturbabili, che si percepisce lo sguardo acuto di Annigoni sulle singole personalità effigiate, in un variare di sfumature che dall'osservazione bonaria passa alla spietata franchezza. Fragilità e inquietudini, fierezza e solitudine, temperamento e atteggiamento, che Annigoni considera nei suoi modelli, formulano, attraverso la parola scritta, un ritratto ancora diverso, di tono cordiale, in certi casi perfino confidenziale, se non addirittura scherzoso, lontano dai riflettori e dai protocolli dell'ufficialità.
Artista assai discusso e spesso inviso alla critica 'ufficiale', o a quella da lui associata a certi ambienti intellettuali, Annigoni evoca nel diario anche la propria vicenda di artista escluso dai domini culturali della critica 'militante', estranea ai soggetti più mondani da lui trattati, e incline a identificare il suo lavoro con un virtuosismo anacronistico svincolato dalle ricerche più avanzate e progressiste. Nelle sue annotazioni Annigoni segna, talvolta con rassegnata consapevolezza, queste posizioni della critica coeva, posizioni che si situano dunque agli antipodi dagli elogi e riconoscimenti che per altri versi giungono all'artista un po' da tutto il mondo.
Questa condizione di artista contro-tendenza e avverso alle mode, è costata ad Annigoni una sorta di isolamento culturale e di solitudine. E non a caso è proprio la solitudine che costituisce un tema ricorrente tanto nei diari quanto nel suo lavoro. Sebbene a contatto con numerose personalità, dalla società d'élite agli affetti più intimi, e pur coinvolto in cerimonie e serate d'onore, Annigoni si sofferma spesso sul senso della solitudine, la propria e quella altrui: la solitudine sulla quale medita Annigoni è una condizione ineluttabile che non conosce categorie e classi sociali, né altre distinzioni di sorta. Ma è sempre la solitudine a permettergli un'empatia con il mondo, con la vastità del creato, come quando illustra il viandante assorto o perduto nell'arida natura, oppure quando, contemplando l'oceano al tramonto, erge quell'immagine a <
Nel diario annigoniano questi spunti sul sublime contrastano con le brevi annotazioni su una umanità di strada e di miseria. Falliti, moribondi, mendicanti rievocano i temi ossessivi di certe opere, da Conclusione (La morte del mendicante) (1929), al Cinciarda (1945) e a Giorgio Bertolini (Il fallito) (1952), riportandoci all'attenzione al sociale mostrata dall'artista nell'arco di lunghi anni. Lungi dall'ostentare posizioni ideologiche, Annigoni accenna, senza retorica né pietismo di facciata, alla povertà e alla mendicità riscontrata ai margini del mondo, come a Karachi, oppure all'alcolismo, alla miseria e alla brutalità di certi quartieri di New York.
Oltre il dipinto Solitudine I, allusione inquietante alla religione e al clero, le opere di tema biblico e i grandi cicli di affreschi per chiese e conventi, per citare solo pochi esempi, la semplice parola schiude a volte il significato più immediato e intimista di un credo che Annigoni sa esprimere anche attraverso l'essere umano e la natura. Una natura volta per volta bella e terribile, madre e matrigna, così come appare nelle descrizioni dei diari e nelle opere, siano esse appunti grafici o grandi composizioni. Questa sensibilità, profusa in una folta produzione di paesaggi dispiegati sulle varie manifestazioni della natura, si pone, nei passi dell'artista, all'origine di scenari, anche urbani e monumentali, finemente decantati nella loro oggettiva e luminosa bellezza, oppure descritti come luoghi scarni e desolati. Atmosfera, questa, che emana anche dai paesaggi dove Annigoni evidenzia il senso cupo e malinconico, ma anche selvaggio, della morte e della consunzione.
Le coordinate del racconto di Annigoni, pur escludendo l'ultima stagione dell'artista, trascorsa sempre nel legame con la pittura, vanno ben oltre il contenuto di questo libro, costituendo terreno fertile per ipotesi di lettura diverse sul piano critico, narrativo, pittorico, esistenziale. Sembra tuttavia che da qualsiasi angolatura vengano osservate, tali cronache e descrizioni, pensieri e parole, sogni e realtà, luoghi segreti e mete famose, offrano una visione spontanea del pittore, un autoritratto altro: non già quello più noto e riprodotto dei dipinti, ma quello forse più mobile e completo che - svelandoci anche le doti naturali di Annigoni scrittore - sfugge alla rigidità delle pose e alle regole della rappresentazione per scavalcare i confini della tela e, con essi, quelli della pittura.
Angela Sanna
06
marzo 2010
Incontro su Pietro Annigoni pittore e scrittore
06 marzo 2010
incontro - conferenza
Location
GALLERIA TANNAZ
Firenze, Via Dell'oche, 9-11r, (Firenze)
Firenze, Via Dell'oche, 9-11r, (Firenze)
Vernissage
6 Marzo 2010, ore 17
Autore
Curatore