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Infinity Identity
Nell’ambito della programmazione di KAD Kalsa Art District per BAM – Biennale Arcipelago Mediterraneo/ Transeuropa Festival si inaugura Infinity Identity che segna l’apertura ufficiale della nuova sede di Dimora OZ a Palazzo Sambuca
Comunicato stampa
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Nell'ambito della programmazione di KAD Kalsa Art District per BAM - Biennale Arcipelago Mediterraneo/ Transeuropa Festival l'8 novembre dalle 17:30 presso Palazzo Sambuca di Palermo in via Alloro 36, si inaugura Infinity Identity.
INFINITY IDENTITY: PERMANENTE IMPERMANENTE, PERSONALE COLLETTIVA, NOI LORO. GENERE, SESSO, SPECIE. INDIVIDUALITÀ CONGIUNTE. MOTORI IMMOBILI DI MATERIE INSTABILI. IN ALTO COME IN BASSO. DAL BASSO VERSO L’ALTO. SALIAMO VERSO IL CENTRO. IDENTITÀ EFFIMERE, INDEFINITE, FRAMMENTATE, INFINITE
Infinity Identity a cura di Dimora OZ, segna l’apertura ufficiale della nuova sede di Dimora OZ a Palazzo Sambuca, della sua relativa programmazione e il nuovo progetto Collettivo OZ. Lo spazio di Palazzo Sambuca sarà diviso in due sezioni, la prima destinata ai progetti temporanei, dove sarà presentato il progetto del Collettivo OZ e la seconda che comprende una sezione studio/permanente. Dimora OZ è un gruppo curatoriale/artistico che aggrega persone e di recente progetti, spazi, associazioni eterogenee. Dimora OZ infinity Identity presenta: Gandolfo Gabriele David, Barbara Cammarata, Andrea Kantos, Egle Oddo, Stefan Bressel, Daniele Di Luca, Michele Vaccaro, Francesco Cucchiara, Alberto Gandolfo, Iole Carollo, Giuseppe Tornetta, Analogique, Lori Adragna.
Il termine Infinity Identity descrive sia l’allestimento dei membri di Dimora OZ che, nello spazio adiacente, la performance per delega scritta dal Collettivo OZ accompagnata dal testo di Lori Adragna. L’esposizione presenta le opere con accostamenti e sconfinamenti che sfumano, confondono, incrociano e sublimano le ricerche e le produzioni artistiche individuali. La performance della durata dell’opening è realizzata nello spazio principale di Dimora OZ, dove al centro della stanza è fissato su uno stativo, un ombrello fotografico con una luce ultravioletta. Lo spazio evidenziato dalla luce è il luogo in cui avviene l’azione. Durante l'opening il pubblico sarà informato sulle modalità di partecipazione alla performance. Non sono permesse riprese fotografiche con l'uso del flash. Non c'è una durata prestabilita: la performance si chiuderà quando non ci sarà più nessuno nello spazio.
Testo di Lori Adragna
Collettivo OZ presenta una performance partecipativa il cui set si configura come uno studio fotografico dove l'ambientazione, virata da una luce ultravioletta, riduce la possibilità di fotografare l'evento tutelandone così la qualità effimera. La condivisione dell'esperienza esternata attraverso un'azione performativa, ha lo scopo di concretizzare il vissuto circoscrivendolo in un'azione intellegibile. La scrittura coreografica in forma aperta, permette al pubblico di accostarsi alla azione inserendosi nel suo pattern rituale.
Come scrive l'antropologo Marc Augè*, ogni rituale genera identità attraverso il riconoscimento di alterità; esso infatti, produce l’identità e non ne è soltanto la traduzione. In questo senso il rito è mediatore, creatore di mediazioni simboliche e istituzionali che consentono agli attori sociali di identificarsi ad altri e di distinguersene, di stabilire cioè mutualmente dei legami di senso (di senso sociale).
Il corpo nudo che si concede alla vista piegato, raccolto, al centro della scena, non è qui esibizione di un soggetto politico, ma intenso esercizio di essenza e presenza della propria corporeità che nella sua postura declina un approccio intimo e di riflessione. Lo spettatore, indotto a condividere un momento di meditazione e silenzio, realizza un centro ideale e circoscritto, una messa in atto ed in scena della propria identità e persona.
Il ruolo sociale comporta sempre una recitazione di se stessi come spesso avviene nel paradosso drammaturgico, in cui la recitazione consapevole della recitazione, sposta la definizione di "posa" o "personaggio" e permette semplicemente essendo nel corpo, una discrasia dallo spazio quotidiano, dove pose e gesti infiniti accadono come multipli, ripetizioni coatte. La relativa immobilità di chi aderisce all'azione è più vicina ad una posizione meditativa, il nudo è solo uno degli strumenti di accesso.
Attraverso il processo medesimo della performance, ciò che è sigillato ermeticamente, inaccessibile all’osservazione, sepolto nelle profondità dell'inconscio, è tratto alla luce. Ecco allora, dalla semioscurità metafisica realizzata ad arte nello spazio scenico, emergere come una luminosa architettura arcaica e insieme contemporanea, la forma a conchiglia della Sacra conversazione di Piero della Francesca, che accentua l'aspetto simbolico da cerimoniale iniziatico e trasformativo insito nell'actual.
Ciò che avviene nella struttura psichica di chi compie l'azione è di rievocare e intrecciare esperienze passate e presenti. Di conseguenza si potrebbe dire che la performance è la presentazione di sé nella vita. Ma non importa quanto personale sia il vissuto, poiché induce i partecipanti a riflettere sui fattori - sia innati che esterni - che modellano chi siamo e a renderci conto che l'identità è sempre composta da molto più di quanto non sembri.
*Marc Augé, La guerra dei sogni. Esercizi di etno-fiction, Elèuthera, Milano, 2016 p.17-20
Press Office
MLC COMUNICAZIONE
mlc.comunicazione@gmail.com
INFINITY IDENTITY: PERMANENTE IMPERMANENTE, PERSONALE COLLETTIVA, NOI LORO. GENERE, SESSO, SPECIE. INDIVIDUALITÀ CONGIUNTE. MOTORI IMMOBILI DI MATERIE INSTABILI. IN ALTO COME IN BASSO. DAL BASSO VERSO L’ALTO. SALIAMO VERSO IL CENTRO. IDENTITÀ EFFIMERE, INDEFINITE, FRAMMENTATE, INFINITE
Infinity Identity a cura di Dimora OZ, segna l’apertura ufficiale della nuova sede di Dimora OZ a Palazzo Sambuca, della sua relativa programmazione e il nuovo progetto Collettivo OZ. Lo spazio di Palazzo Sambuca sarà diviso in due sezioni, la prima destinata ai progetti temporanei, dove sarà presentato il progetto del Collettivo OZ e la seconda che comprende una sezione studio/permanente. Dimora OZ è un gruppo curatoriale/artistico che aggrega persone e di recente progetti, spazi, associazioni eterogenee. Dimora OZ infinity Identity presenta: Gandolfo Gabriele David, Barbara Cammarata, Andrea Kantos, Egle Oddo, Stefan Bressel, Daniele Di Luca, Michele Vaccaro, Francesco Cucchiara, Alberto Gandolfo, Iole Carollo, Giuseppe Tornetta, Analogique, Lori Adragna.
Il termine Infinity Identity descrive sia l’allestimento dei membri di Dimora OZ che, nello spazio adiacente, la performance per delega scritta dal Collettivo OZ accompagnata dal testo di Lori Adragna. L’esposizione presenta le opere con accostamenti e sconfinamenti che sfumano, confondono, incrociano e sublimano le ricerche e le produzioni artistiche individuali. La performance della durata dell’opening è realizzata nello spazio principale di Dimora OZ, dove al centro della stanza è fissato su uno stativo, un ombrello fotografico con una luce ultravioletta. Lo spazio evidenziato dalla luce è il luogo in cui avviene l’azione. Durante l'opening il pubblico sarà informato sulle modalità di partecipazione alla performance. Non sono permesse riprese fotografiche con l'uso del flash. Non c'è una durata prestabilita: la performance si chiuderà quando non ci sarà più nessuno nello spazio.
Testo di Lori Adragna
Collettivo OZ presenta una performance partecipativa il cui set si configura come uno studio fotografico dove l'ambientazione, virata da una luce ultravioletta, riduce la possibilità di fotografare l'evento tutelandone così la qualità effimera. La condivisione dell'esperienza esternata attraverso un'azione performativa, ha lo scopo di concretizzare il vissuto circoscrivendolo in un'azione intellegibile. La scrittura coreografica in forma aperta, permette al pubblico di accostarsi alla azione inserendosi nel suo pattern rituale.
Come scrive l'antropologo Marc Augè*, ogni rituale genera identità attraverso il riconoscimento di alterità; esso infatti, produce l’identità e non ne è soltanto la traduzione. In questo senso il rito è mediatore, creatore di mediazioni simboliche e istituzionali che consentono agli attori sociali di identificarsi ad altri e di distinguersene, di stabilire cioè mutualmente dei legami di senso (di senso sociale).
Il corpo nudo che si concede alla vista piegato, raccolto, al centro della scena, non è qui esibizione di un soggetto politico, ma intenso esercizio di essenza e presenza della propria corporeità che nella sua postura declina un approccio intimo e di riflessione. Lo spettatore, indotto a condividere un momento di meditazione e silenzio, realizza un centro ideale e circoscritto, una messa in atto ed in scena della propria identità e persona.
Il ruolo sociale comporta sempre una recitazione di se stessi come spesso avviene nel paradosso drammaturgico, in cui la recitazione consapevole della recitazione, sposta la definizione di "posa" o "personaggio" e permette semplicemente essendo nel corpo, una discrasia dallo spazio quotidiano, dove pose e gesti infiniti accadono come multipli, ripetizioni coatte. La relativa immobilità di chi aderisce all'azione è più vicina ad una posizione meditativa, il nudo è solo uno degli strumenti di accesso.
Attraverso il processo medesimo della performance, ciò che è sigillato ermeticamente, inaccessibile all’osservazione, sepolto nelle profondità dell'inconscio, è tratto alla luce. Ecco allora, dalla semioscurità metafisica realizzata ad arte nello spazio scenico, emergere come una luminosa architettura arcaica e insieme contemporanea, la forma a conchiglia della Sacra conversazione di Piero della Francesca, che accentua l'aspetto simbolico da cerimoniale iniziatico e trasformativo insito nell'actual.
Ciò che avviene nella struttura psichica di chi compie l'azione è di rievocare e intrecciare esperienze passate e presenti. Di conseguenza si potrebbe dire che la performance è la presentazione di sé nella vita. Ma non importa quanto personale sia il vissuto, poiché induce i partecipanti a riflettere sui fattori - sia innati che esterni - che modellano chi siamo e a renderci conto che l'identità è sempre composta da molto più di quanto non sembri.
*Marc Augé, La guerra dei sogni. Esercizi di etno-fiction, Elèuthera, Milano, 2016 p.17-20
Press Office
MLC COMUNICAZIONE
mlc.comunicazione@gmail.com
08
novembre 2019
Infinity Identity
08 novembre 2019
arte contemporanea
Location
PALAZZO SAMBUCA
Palermo, Via alloro, 26, (Palermo)
Palermo, Via alloro, 26, (Palermo)
Vernissage
8 Novembre 2019, ore 17.30
Autore
Autore testo critico
Produzione organizzazione