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InForma
opere degli artisti fondatori del movimento FORMA1 – Carla Accardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo, Giulio Turcato – e di artisti radicati nel territorio italiano che si stanno imponendo nel mondo internazionale dell’arte contemporanea – Andrea Abbatangelo e Caterina Ciuffetelli, Sergio Ferrari, Sergio Pallone, Elisabetta Pizzichetti e Sergio Silvi
Comunicato stampa
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Alla ricerca di equilibri labili, che allontanino le nostre paure di relazione, incerti persino delle sorti dell’universo che ci ospita, distratti da sempre nuove sirene virtuali, tentiamo di esorcizzare i nostri fantasmi ricreando l’armonia fra sostanza e forma.
La mostra comprende dodici artisti che, in modi diversi, reagiscono allo sfaldarsi delle certezze ancorandosi alla forma: chi con forme astratte, chi con forme geometriche e colori puri, chi con ironia ridimensionando il mondo fino a chiuderlo in piccoli cassetti, chi additando nella palafitta l’unica dimora possibile, per quanto instabile, dell’uomo che torna all’essenza quando intorno molto sembra crollare.
La parola forma ha valenze diverse, talvolta contraddittorie. L’uso comune, l’estetica, la linguistica invitano a comprendere il termine all’interno del binomio forma/contenuto, secondo il quale solo oltre l’apparenza formale si dà la vera sostanza. Assume, dunque, connotazioni positive quando indica le buone maniere, o il benessere psicofisico. Diviene simbolo di valori illusori, invece, quando esprime l’ingannevole, l’esteriorità che tanti inseguono esasperatamente. Si parla di forma a proposito di atteggiamenti e linguaggi stereotipati, della bellezza fisica che persegue modelli irraggiungibili, di quei mondi artificiali in cui la spontaneità e l’individualità umana sono sacrificate in nome di un’entità globale che accomuni tutto e tutti.
Nell’antichità classica la forma (morfè) non conteneva contraddizione alcuna rispetto alla realtà degli oggetti, piuttosto ne sintetizzava l’essenza, il principio attivo che fa della realtà ciò che è. Attraverso la forma si tendeva ad esprimere l’idea, eidos, rimandando direttamente all’idein, cioè all’atto del vedere: uno dei mezzi, il più immediato, sulla via verso la conoscenza.
Una delle strade possibili, per ricomporre lo iato fra la forma e il contenuto, passa dunque attraverso l’oggetto d’arte, che si offre allo spettatore come pura visibilità di materia, di segni e di forme. Così l’arte anche quando diviene autoreferenziale, libera da obblighi narrativi, dominata da composizioni geometriche, esplosioni cromatiche o improbabili accostamenti figurativi, mai prescinde dal reale. Pur rifiutando il realismo, resta inestricabilmente coinvolta dalla realtà, che pertiene gli oggetti come i pensieri, i sentimenti come i sogni e gli istinti.
Nel 1947 un gruppo di artisti affermò con forza la fiducia nella forma come mezzo elettivo per esprimere la realtà . Sigillarono il loro Manifesto nel primo ed unico numero della rivista da loro fondata: Forma. Da allora, riconoscendosi con i precetti di quell’unico numero, si qualificarono come esponenti della corrente artistica Forma 1. Nel loro Manifesto prendevano posizione rispetto alle direttive dell’allora Segretario generale del Partito Comunista Italiano, Palmiro Togliatti, il quale riconosceva come unico modo d’espressione artistica quel figurativo sociale, storico e didattico, di cui Renato Guttuso fu uno dei rappresentanti migliori. Reagendo a tali disposizioni, Accardi, Consagra, Dorazio, Perilli, Sanfilippo, Turcato, in un primo momento insieme con un folto gruppo di artisti stimolati dalle avanguardie astratte russe, si dichiararono … Formalisti e marxisti, convinti che marxismo e formalismo non fossero inconciliabili (…) perché In arte esiste soltanto la realtà tradizionale e inventiva della forma pura.
“Riconosciamo nel formalismo l’unico mezzo per sottrarci ad influenze decadenti, psicologiche, espressionistiche. Il quadro, la scultura presentano come mezzi di espressione il colore, il disegno, le masse plastiche, e come fine un’armonia di forme pure. La forma è mezzo e fine”.
Quel gruppo di artisti dichiarò di essere più interessato alla forma del limone che non al limone. La forma, infatti, era per loro l’intima essenza dell’oggetto, da rendere in assoluta libertà espressiva, senza i vincoli imposti dalle regole del figurativismo. Il loro progetto, tracciato in pochi punti essenziali, aveva in nuce il futuro dell’arte astratta italiana. Il rifiuto della ri-produzione di ciò che si vede, perché riproducendo si decontestualizza l’oggetto o se ne offre un inutile surrogato, impegna l’artista nella resa di un qualcosa di più profondo, che è visibile e sfuggente allo stesso tempo, e vuole essere continuamente inseguito, studiato, rimesso in scena.
A sessant’anni dalla nascita di Forma1, in un percorso idealmente ininterrotto, artisti come Abbatangelo, Ciuffetelli, Ferrari, Pallone, Pizzichetti e Silvi offrono attraverso la forma – quella semplice e geometrica dei solidi, quella di un’impronta, quella misteriosa della lingua e dei numeri – tracce essenziali di reale. E queste tracce, parlando dell’individualità dell’artista, invitano a colloquio ogni spettatore con urgenza e schiettezza, perché l’opera d’arte, nel momento in cui coglie l’essenza della realtà, si apre a una comunicazione universale: “informa” ognuno di noi della nostra storia, dei nostri sensi, del nostro destino.
Maria Caterina Guerra, Marco Testa
La mostra comprende dodici artisti che, in modi diversi, reagiscono allo sfaldarsi delle certezze ancorandosi alla forma: chi con forme astratte, chi con forme geometriche e colori puri, chi con ironia ridimensionando il mondo fino a chiuderlo in piccoli cassetti, chi additando nella palafitta l’unica dimora possibile, per quanto instabile, dell’uomo che torna all’essenza quando intorno molto sembra crollare.
La parola forma ha valenze diverse, talvolta contraddittorie. L’uso comune, l’estetica, la linguistica invitano a comprendere il termine all’interno del binomio forma/contenuto, secondo il quale solo oltre l’apparenza formale si dà la vera sostanza. Assume, dunque, connotazioni positive quando indica le buone maniere, o il benessere psicofisico. Diviene simbolo di valori illusori, invece, quando esprime l’ingannevole, l’esteriorità che tanti inseguono esasperatamente. Si parla di forma a proposito di atteggiamenti e linguaggi stereotipati, della bellezza fisica che persegue modelli irraggiungibili, di quei mondi artificiali in cui la spontaneità e l’individualità umana sono sacrificate in nome di un’entità globale che accomuni tutto e tutti.
Nell’antichità classica la forma (morfè) non conteneva contraddizione alcuna rispetto alla realtà degli oggetti, piuttosto ne sintetizzava l’essenza, il principio attivo che fa della realtà ciò che è. Attraverso la forma si tendeva ad esprimere l’idea, eidos, rimandando direttamente all’idein, cioè all’atto del vedere: uno dei mezzi, il più immediato, sulla via verso la conoscenza.
Una delle strade possibili, per ricomporre lo iato fra la forma e il contenuto, passa dunque attraverso l’oggetto d’arte, che si offre allo spettatore come pura visibilità di materia, di segni e di forme. Così l’arte anche quando diviene autoreferenziale, libera da obblighi narrativi, dominata da composizioni geometriche, esplosioni cromatiche o improbabili accostamenti figurativi, mai prescinde dal reale. Pur rifiutando il realismo, resta inestricabilmente coinvolta dalla realtà, che pertiene gli oggetti come i pensieri, i sentimenti come i sogni e gli istinti.
Nel 1947 un gruppo di artisti affermò con forza la fiducia nella forma come mezzo elettivo per esprimere la realtà . Sigillarono il loro Manifesto nel primo ed unico numero della rivista da loro fondata: Forma. Da allora, riconoscendosi con i precetti di quell’unico numero, si qualificarono come esponenti della corrente artistica Forma 1. Nel loro Manifesto prendevano posizione rispetto alle direttive dell’allora Segretario generale del Partito Comunista Italiano, Palmiro Togliatti, il quale riconosceva come unico modo d’espressione artistica quel figurativo sociale, storico e didattico, di cui Renato Guttuso fu uno dei rappresentanti migliori. Reagendo a tali disposizioni, Accardi, Consagra, Dorazio, Perilli, Sanfilippo, Turcato, in un primo momento insieme con un folto gruppo di artisti stimolati dalle avanguardie astratte russe, si dichiararono … Formalisti e marxisti, convinti che marxismo e formalismo non fossero inconciliabili (…) perché In arte esiste soltanto la realtà tradizionale e inventiva della forma pura.
“Riconosciamo nel formalismo l’unico mezzo per sottrarci ad influenze decadenti, psicologiche, espressionistiche. Il quadro, la scultura presentano come mezzi di espressione il colore, il disegno, le masse plastiche, e come fine un’armonia di forme pure. La forma è mezzo e fine”.
Quel gruppo di artisti dichiarò di essere più interessato alla forma del limone che non al limone. La forma, infatti, era per loro l’intima essenza dell’oggetto, da rendere in assoluta libertà espressiva, senza i vincoli imposti dalle regole del figurativismo. Il loro progetto, tracciato in pochi punti essenziali, aveva in nuce il futuro dell’arte astratta italiana. Il rifiuto della ri-produzione di ciò che si vede, perché riproducendo si decontestualizza l’oggetto o se ne offre un inutile surrogato, impegna l’artista nella resa di un qualcosa di più profondo, che è visibile e sfuggente allo stesso tempo, e vuole essere continuamente inseguito, studiato, rimesso in scena.
A sessant’anni dalla nascita di Forma1, in un percorso idealmente ininterrotto, artisti come Abbatangelo, Ciuffetelli, Ferrari, Pallone, Pizzichetti e Silvi offrono attraverso la forma – quella semplice e geometrica dei solidi, quella di un’impronta, quella misteriosa della lingua e dei numeri – tracce essenziali di reale. E queste tracce, parlando dell’individualità dell’artista, invitano a colloquio ogni spettatore con urgenza e schiettezza, perché l’opera d’arte, nel momento in cui coglie l’essenza della realtà, si apre a una comunicazione universale: “informa” ognuno di noi della nostra storia, dei nostri sensi, del nostro destino.
Maria Caterina Guerra, Marco Testa
20
settembre 2007
InForma
Dal 20 al 28 settembre 2007
arte contemporanea
Location
EX CHIESA DI SANTA MARIA MADDALENA
San Gemini, Piazza Giuseppe Garibaldi, (Terni)
San Gemini, Piazza Giuseppe Garibaldi, (Terni)
Orario di apertura
dal 21 settembre al 27 settembre 10 -13; 16 -20
Finissage: venerdì 28 settembre 2007, ore 13,00
Vernissage
20 Settembre 2007, ore 18
Sito web
www.artesangemini.it
Autore
Curatore