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Inquietudini
ciò che accomuna il lavoro dei tre artisti esposti non è uno stile, una corrente artistica, ma un ricercare, attraverso tecniche e metodologie di pensiero diverse, le ansie che si nascondono nelle pieghe dell’animo umano
Comunicato stampa
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Perché “Inquietudini”? Perché ciò che accomuna il lavoro dei tre artisti esposti non è uno stile, una corrente artistica, ma un ricercare, attraverso tecniche e metodologie di pensiero diverse, le ansie che si nascondono nelle pieghe dell’animo umano.
Marco Barucco crea percorsi maniacali sia nella realizzazione iperrealista ed estremamente curata del dettaglio che viene reso esplicativo all’ennesima potenza, sia nelle tematiche narrate. Uomini rinchiusi in strette scatole, piedi martoriati, braccia che affogano nella sabbia della clessidra, le evocazioni di Barucco richiamano evidentemente la psicanalisi. Di lui Ferruccio Massimi ci dice: “Tutto il dolore rappresentato in queste opere così in profondità da Marco Barucco dovrebbe , quanto meno, indurci a considerare l'enunciato di Sartre: - l’Esistenzialismo è un umanismo. - Perché è il dolore nelle sue variegate sfaccettature (sofferenza fisica, insofferenza, malinconia, ecc. ) ad essere posto in primo piano. Poco importa la tecnica utilizzata, vi accenno per sommi capi: sanguigna, matita e pastello su carta; quello che deve essere considerato è il contenuto.”
Fabrizio Falchetto, come ci spiega Giovanna Franzin, concretizza una lunga e profonda riflessione intima sul suo mondo interiore. Fabrizio non è un pittore, né uno scultore, né un poeta, pur coniugando aspetti appartenenti alle diverse forme artistiche, bensì un autore alla ricerca di un linguaggio artistico personale avendo a disposizione come unico materiale quello da lui ritenuto il più malleabile di tutti: il pensiero. Il suo impellente bisogno espressivo si concretizza nella realizzazione di opere che egli definisce appunto “riflessioni”. Nello spazio di una superficie assemblata con materiali vari e delimitata da assi in legno prendono forma un pensiero, una riflessione sul mondo, sulla vita, sull’arte e molto spesso si materializzano le sue inquietudini; inquietudini di chi è consapevole della fragilità e della precarietà della condizione umana.
Emilio Giusti, più che attraverso ciò che dice, elabora un pensiero inquieto con la scelta di una forma d’arte che si relaziona con la tradizione dei lavori grafitisti ed è fortemente influenzato dal percorso ironico/drammatico di Basquiat; le sue opere rivelano però anche delle correlazioni sia con il linguaggio infantile di Twombly che con l’espressionismo tedesco, soprattutto nelle forme satiriche utilizzate da Otto Dix e George Grosz. Le tele dipinte con gesti veloci di Giusti tendono a porgere allo spettatore dei personaggi che si esplicano come grottesche maschere della società consumistica, immagini tratte da un mondo in cui è la realtà stessa a farsi surreale attraverso il micidiale cocktail di superficialità ed idiozia di cui si compone.
Marco Barucco crea percorsi maniacali sia nella realizzazione iperrealista ed estremamente curata del dettaglio che viene reso esplicativo all’ennesima potenza, sia nelle tematiche narrate. Uomini rinchiusi in strette scatole, piedi martoriati, braccia che affogano nella sabbia della clessidra, le evocazioni di Barucco richiamano evidentemente la psicanalisi. Di lui Ferruccio Massimi ci dice: “Tutto il dolore rappresentato in queste opere così in profondità da Marco Barucco dovrebbe , quanto meno, indurci a considerare l'enunciato di Sartre: - l’Esistenzialismo è un umanismo. - Perché è il dolore nelle sue variegate sfaccettature (sofferenza fisica, insofferenza, malinconia, ecc. ) ad essere posto in primo piano. Poco importa la tecnica utilizzata, vi accenno per sommi capi: sanguigna, matita e pastello su carta; quello che deve essere considerato è il contenuto.”
Fabrizio Falchetto, come ci spiega Giovanna Franzin, concretizza una lunga e profonda riflessione intima sul suo mondo interiore. Fabrizio non è un pittore, né uno scultore, né un poeta, pur coniugando aspetti appartenenti alle diverse forme artistiche, bensì un autore alla ricerca di un linguaggio artistico personale avendo a disposizione come unico materiale quello da lui ritenuto il più malleabile di tutti: il pensiero. Il suo impellente bisogno espressivo si concretizza nella realizzazione di opere che egli definisce appunto “riflessioni”. Nello spazio di una superficie assemblata con materiali vari e delimitata da assi in legno prendono forma un pensiero, una riflessione sul mondo, sulla vita, sull’arte e molto spesso si materializzano le sue inquietudini; inquietudini di chi è consapevole della fragilità e della precarietà della condizione umana.
Emilio Giusti, più che attraverso ciò che dice, elabora un pensiero inquieto con la scelta di una forma d’arte che si relaziona con la tradizione dei lavori grafitisti ed è fortemente influenzato dal percorso ironico/drammatico di Basquiat; le sue opere rivelano però anche delle correlazioni sia con il linguaggio infantile di Twombly che con l’espressionismo tedesco, soprattutto nelle forme satiriche utilizzate da Otto Dix e George Grosz. Le tele dipinte con gesti veloci di Giusti tendono a porgere allo spettatore dei personaggi che si esplicano come grottesche maschere della società consumistica, immagini tratte da un mondo in cui è la realtà stessa a farsi surreale attraverso il micidiale cocktail di superficialità ed idiozia di cui si compone.
17
marzo 2006
Inquietudini
Dal 17 marzo al 07 aprile 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA GARD
Roma, Via Dei Conciatori, 3/I, (Roma)
Roma, Via Dei Conciatori, 3/I, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 16-20
Vernissage
17 Marzo 2006, ore 18.30
Autore