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Interno con vista: RossoSegnale incontra Simona Palmieri
Il corpo è anche memoria. Nelle pieghe e nelle piaghe, nella raccolta di gravità, che lo modifica, il corpo scrive su stesso le storie cui ha partecipato.
Comunicato stampa
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Dimore della memoria
di Pedro Medina
Wer auf die Welt kommt, baut ein neues Haus,
Er geht und lasst es einem zweiten.
Der wird sich’s anders zubereiten
Und niemand baut es aus.
Goethe
Goethe raccoglie la metafora "costruire una casa" come aporia: tutti costruiremo una nuova casa, che sarà ereditata da un'altra persona che la cambierà, anche se nessuno la finirà. Il paradosso è presentato quando consideriamo che ognuno viene al mondo per costruire una nuova casa, e la stessa persona che eredita la casa lo fa soltanto per rinnovarla e ricostruirla.
Intervenire in uno spazio comporta sempre una forma di abitare che moltiplica i significati originali, attivando altre narrazioni all'interno delle quali ogni spettatore partecipa al gioco di estraneità e riconoscimento che presiede alla costruzione di storie d’identità.
Nel lavoro di Simona Palmieri questa immagine prende vita come il processo stratificato che ogni tempo convoglia in sé: le generazioni si sovrappongono, riverberano i suoi legami all’interno di un mise en abyme inquietante; tuttavia impone anche una certa familiarità che spinge ad appartenere a un ciclo di vita che prende posto come storia, una storia che si svolge in un nuovo alloggio, lo spazio comune e transito che è il 3001LAB. Questa mostra si compone di opere realizzate tra il 1999 e il 2013, e comprende pezzi per una retrospettiva di metà carriera.
Come tale diventa una visione tra passato e futuro, sapendo che colui che perde la sua eredità perde un tesoro, mentre coinvolge anche le nuove generazioni che abiteranno la casa, per portare la sua storia personale in un nuovo processo di rispecchiamenti di tradizioni e nuovi inizi. E come capita spesso nel suo percorso artistico, il corpo è il mezzo d'espressione favorito da Simona Palmieri, dato che innesca un processo archeologico in cui le vite si accumulano come sedimenti di un passato comune in progress; e come tracce di una realtà che cambia, essi prendono le parole del Derrida più freudiano: "Dobbiamo pensare alla vita come una traccia prima di determinare l'essere come presenza".
La struttura di un’identità si fa strada attraverso le stanze dello spazio che ospita, oggi trasformato in un campo generatore di emozioni, in cui il discorso non è chiuso. In effetti, si può vivere in armonia sotto una minaccia sempre in agguato?
Questa preoccupazione si deposita tra la memoria e il viaggio d’identità, e l’opera d’arte diventa lo spazio ove tutto accade una seconda volta, l’opportunità per strutturare il passato storico, che ora si ferma per testimoniare testualmente e iconicamente un viaggio vitale fin dall'infanzia.
Come se fossero sedimenti, le fasi della vita dell'artista e le modifiche formali legate all'espressione di queste ora abitano ogni stanza, creando la stessa unità che si verifica in ogni vita: un insieme di diversi frammenti, tracce di memoria, costituiscono nonostante tutto un percorso comune.
Tra le braccia del tempo e dello spettatore è esposta l’artista che descrive l'itinerario di un’impronta, intesa da Lévinas come il "passato che non è stato presente", l'enigma di un’alterità in continua ricerca e ora calma temporaneamente nello spazio espositivo.
Per questo si può parlare di un interno con vista, in cui si possono far convivere spazio e memoria personale per visualizzare quel proprio dell'animo, consapevole che apprezzare la grandezza dello spazio in cui viviamo è possibile soltanto se si percepisce l'importanza della sua eco.
SIMONA PALMIERI
(Rimini 1971) Si diploma in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Bologna, nel 1994. Nello stesso anno diventa attrice del gruppo Motus, col quale partecipa ad eventi in luoghi extra-teatrali (ex-scuole, ex-celle frigorifere, ex-ospedali) e al Festival Santarcangelo dei Teatri, in coppia con la gemella. Nel 1995 inizia la sua attività artistica nel campo delle installazioni fotografiche. Nelle sue opere convergono l’amore per la fotografia e il teatro, l’attenzione al corpo umano e al rapporto dell’opera con lo spazio, con un costante uso della luce, delle trasparenze e dei materiali, sperimentati passando dal plexiglass ai metalli, dal pvc ai tessuti. Il desiderio di un’arte totale la porta a realizzare numerose performances (tra le altre, quella alla “Milano Flash Art Fair” nel 2004, alla Galleria d’arte Contemporanea di Trento nel 2002 e alla Fondazione Pistoletto di Biella nel 2001), e a confrontarsi con la video arte (dal 2000, con “Mad woman’s vision”). La ricerca dell’artista verte sull’identità, che passa attraverso il corpo, (anche il proprio, a partire da “Ofelia nasce dall’acqua”, 1° premio al “Master e Premio d’Arte Mercedes Benz”, nel 1999) o la sua rappresentazione, “messo in scena”, nudo ma non violato, come mezzo attraverso cui guardare e narrare il mondo. Eventi selezionati: 2013 e 2012 “Il corpo solitario - L’autoscatto nella fotografia contemporanea” a cura di Giorgio Bonomi, Palazzo del Duca di Senigallia e Palazzo della Penna di Perugia; 2011 “Da verso”, a cura della sezione di grafica dell’Accademia di Brera e del poeta Italo Testa, Accademia di Belle Arti di Brera, Milano; 2010-2009 “Work to work” e “Pathos”, Galleria En Plein Air di Pinerolo (Torino) a cura di Elena Privitera. Nel 2008 col video “Penelope” partecipa alla collettiva di video-poesia “Il viaggio è iniziato” a Caracas, Venezuela; 2006 tiene diverse personali, tra cui “Vertigine” alla Galleria Art Nueve di Murcia (Spagna), “In viaggio” all’Aachen Art Hotel di Aquisgrana (Germania) e “Figurazioni” alla galleria Varart di Firenze. 2005 tiene la personale “Frames” alla Galleria Hexagone di Aachen e allo Spazio Arte di Castell'Arquato; 2004 partecipa alla collettiva “International ArtExpo” che si tiene a Morelia (Messico); 2003 Tiene la personale allo spazio “Amantes” di Torino a cura di Gabriella Serusi e la collettiva “3 artiste” alla Galleria i 4 gatti Arte di Reggio Emilia a cura di Marinella Paderni. 2002 partecipa alle collettive “Nicht mehr fur Ohren” a Kassel (Germania) e "Corpus" nei fondaci di Castelbasso (Teramo) a cura di Silvia Pegorararo e tiene la personale "Anatomica" alla Galleria Borderline di Vigevano a cura di Giovanna Fiorenza. Nel 2001 viene selezionato il suo progetto di opera luminosa al “Premio Targetti Art Light” e la sua opera, insieme alle altre realizzate per il premio, viene esposta alla Villa La Sfacciata di Firenze e al Contemporary Art Centre di Varsavia. Sempre nel 2001 partecipa alla “X Biennale d’Arte dei Giovani dell’Europa e del Mediterraneo” che si tiene a Sarajevo, dove conosce il poeta Italo Testa. Con Italo inizia un’intensa collaborazione ed una reciproca ispirazione/influenza, che vede vari frutti: i lavori di Palmieri nelle copertine delle opere di Testa (“Gli aspri inganni”, “Canti Ostili”, “Biometrie”, “Ragione impura”); performances ideate insieme; bookmarks e “santini” con testi ed opere di entrambi. 2000 tiene la personale "No border" nella chiesa sconsacrata di S. Maria delle Croci di Ravenna e partecipa alla collettiva itinerante “Junge Kunst aus Italien”, che tocca sette città tedesche nell’arco di un anno. 1999 Partecipa alla “Biennale d'Arte Romagnola”, Galleria d'Arte Moderna di Cesena e alla collettiva "Eliotropio", Galleria Paggeria 1 di Sassuolo (Modena). 1997 Partecipa alla collettiva di "Giovani artisti romagnoli per il progetto Euarca - Documenta X" Galleria Vero Stoppioni di Santa Sofia (Forlì). 1995 Partecipa alla collettiva "La posta in gioco - senza protezione" al Museo d'Arte Contemporanea (ex-ospedale) di Rimini.
di Pedro Medina
Wer auf die Welt kommt, baut ein neues Haus,
Er geht und lasst es einem zweiten.
Der wird sich’s anders zubereiten
Und niemand baut es aus.
Goethe
Goethe raccoglie la metafora "costruire una casa" come aporia: tutti costruiremo una nuova casa, che sarà ereditata da un'altra persona che la cambierà, anche se nessuno la finirà. Il paradosso è presentato quando consideriamo che ognuno viene al mondo per costruire una nuova casa, e la stessa persona che eredita la casa lo fa soltanto per rinnovarla e ricostruirla.
Intervenire in uno spazio comporta sempre una forma di abitare che moltiplica i significati originali, attivando altre narrazioni all'interno delle quali ogni spettatore partecipa al gioco di estraneità e riconoscimento che presiede alla costruzione di storie d’identità.
Nel lavoro di Simona Palmieri questa immagine prende vita come il processo stratificato che ogni tempo convoglia in sé: le generazioni si sovrappongono, riverberano i suoi legami all’interno di un mise en abyme inquietante; tuttavia impone anche una certa familiarità che spinge ad appartenere a un ciclo di vita che prende posto come storia, una storia che si svolge in un nuovo alloggio, lo spazio comune e transito che è il 3001LAB. Questa mostra si compone di opere realizzate tra il 1999 e il 2013, e comprende pezzi per una retrospettiva di metà carriera.
Come tale diventa una visione tra passato e futuro, sapendo che colui che perde la sua eredità perde un tesoro, mentre coinvolge anche le nuove generazioni che abiteranno la casa, per portare la sua storia personale in un nuovo processo di rispecchiamenti di tradizioni e nuovi inizi. E come capita spesso nel suo percorso artistico, il corpo è il mezzo d'espressione favorito da Simona Palmieri, dato che innesca un processo archeologico in cui le vite si accumulano come sedimenti di un passato comune in progress; e come tracce di una realtà che cambia, essi prendono le parole del Derrida più freudiano: "Dobbiamo pensare alla vita come una traccia prima di determinare l'essere come presenza".
La struttura di un’identità si fa strada attraverso le stanze dello spazio che ospita, oggi trasformato in un campo generatore di emozioni, in cui il discorso non è chiuso. In effetti, si può vivere in armonia sotto una minaccia sempre in agguato?
Questa preoccupazione si deposita tra la memoria e il viaggio d’identità, e l’opera d’arte diventa lo spazio ove tutto accade una seconda volta, l’opportunità per strutturare il passato storico, che ora si ferma per testimoniare testualmente e iconicamente un viaggio vitale fin dall'infanzia.
Come se fossero sedimenti, le fasi della vita dell'artista e le modifiche formali legate all'espressione di queste ora abitano ogni stanza, creando la stessa unità che si verifica in ogni vita: un insieme di diversi frammenti, tracce di memoria, costituiscono nonostante tutto un percorso comune.
Tra le braccia del tempo e dello spettatore è esposta l’artista che descrive l'itinerario di un’impronta, intesa da Lévinas come il "passato che non è stato presente", l'enigma di un’alterità in continua ricerca e ora calma temporaneamente nello spazio espositivo.
Per questo si può parlare di un interno con vista, in cui si possono far convivere spazio e memoria personale per visualizzare quel proprio dell'animo, consapevole che apprezzare la grandezza dello spazio in cui viviamo è possibile soltanto se si percepisce l'importanza della sua eco.
SIMONA PALMIERI
(Rimini 1971) Si diploma in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Bologna, nel 1994. Nello stesso anno diventa attrice del gruppo Motus, col quale partecipa ad eventi in luoghi extra-teatrali (ex-scuole, ex-celle frigorifere, ex-ospedali) e al Festival Santarcangelo dei Teatri, in coppia con la gemella. Nel 1995 inizia la sua attività artistica nel campo delle installazioni fotografiche. Nelle sue opere convergono l’amore per la fotografia e il teatro, l’attenzione al corpo umano e al rapporto dell’opera con lo spazio, con un costante uso della luce, delle trasparenze e dei materiali, sperimentati passando dal plexiglass ai metalli, dal pvc ai tessuti. Il desiderio di un’arte totale la porta a realizzare numerose performances (tra le altre, quella alla “Milano Flash Art Fair” nel 2004, alla Galleria d’arte Contemporanea di Trento nel 2002 e alla Fondazione Pistoletto di Biella nel 2001), e a confrontarsi con la video arte (dal 2000, con “Mad woman’s vision”). La ricerca dell’artista verte sull’identità, che passa attraverso il corpo, (anche il proprio, a partire da “Ofelia nasce dall’acqua”, 1° premio al “Master e Premio d’Arte Mercedes Benz”, nel 1999) o la sua rappresentazione, “messo in scena”, nudo ma non violato, come mezzo attraverso cui guardare e narrare il mondo. Eventi selezionati: 2013 e 2012 “Il corpo solitario - L’autoscatto nella fotografia contemporanea” a cura di Giorgio Bonomi, Palazzo del Duca di Senigallia e Palazzo della Penna di Perugia; 2011 “Da verso”, a cura della sezione di grafica dell’Accademia di Brera e del poeta Italo Testa, Accademia di Belle Arti di Brera, Milano; 2010-2009 “Work to work” e “Pathos”, Galleria En Plein Air di Pinerolo (Torino) a cura di Elena Privitera. Nel 2008 col video “Penelope” partecipa alla collettiva di video-poesia “Il viaggio è iniziato” a Caracas, Venezuela; 2006 tiene diverse personali, tra cui “Vertigine” alla Galleria Art Nueve di Murcia (Spagna), “In viaggio” all’Aachen Art Hotel di Aquisgrana (Germania) e “Figurazioni” alla galleria Varart di Firenze. 2005 tiene la personale “Frames” alla Galleria Hexagone di Aachen e allo Spazio Arte di Castell'Arquato; 2004 partecipa alla collettiva “International ArtExpo” che si tiene a Morelia (Messico); 2003 Tiene la personale allo spazio “Amantes” di Torino a cura di Gabriella Serusi e la collettiva “3 artiste” alla Galleria i 4 gatti Arte di Reggio Emilia a cura di Marinella Paderni. 2002 partecipa alle collettive “Nicht mehr fur Ohren” a Kassel (Germania) e "Corpus" nei fondaci di Castelbasso (Teramo) a cura di Silvia Pegorararo e tiene la personale "Anatomica" alla Galleria Borderline di Vigevano a cura di Giovanna Fiorenza. Nel 2001 viene selezionato il suo progetto di opera luminosa al “Premio Targetti Art Light” e la sua opera, insieme alle altre realizzate per il premio, viene esposta alla Villa La Sfacciata di Firenze e al Contemporary Art Centre di Varsavia. Sempre nel 2001 partecipa alla “X Biennale d’Arte dei Giovani dell’Europa e del Mediterraneo” che si tiene a Sarajevo, dove conosce il poeta Italo Testa. Con Italo inizia un’intensa collaborazione ed una reciproca ispirazione/influenza, che vede vari frutti: i lavori di Palmieri nelle copertine delle opere di Testa (“Gli aspri inganni”, “Canti Ostili”, “Biometrie”, “Ragione impura”); performances ideate insieme; bookmarks e “santini” con testi ed opere di entrambi. 2000 tiene la personale "No border" nella chiesa sconsacrata di S. Maria delle Croci di Ravenna e partecipa alla collettiva itinerante “Junge Kunst aus Italien”, che tocca sette città tedesche nell’arco di un anno. 1999 Partecipa alla “Biennale d'Arte Romagnola”, Galleria d'Arte Moderna di Cesena e alla collettiva "Eliotropio", Galleria Paggeria 1 di Sassuolo (Modena). 1997 Partecipa alla collettiva di "Giovani artisti romagnoli per il progetto Euarca - Documenta X" Galleria Vero Stoppioni di Santa Sofia (Forlì). 1995 Partecipa alla collettiva "La posta in gioco - senza protezione" al Museo d'Arte Contemporanea (ex-ospedale) di Rimini.
14
novembre 2013
Interno con vista: RossoSegnale incontra Simona Palmieri
Dal 14 novembre al 30 dicembre 2013
arte contemporanea
Location
3001LAB
Milano, Via Antonio Sacchini, 18, (Milano)
Milano, Via Antonio Sacchini, 18, (Milano)
Orario di apertura
da lunedi a venerdi ore 17.30 - 19.30
sabato e domenica su appuntamento
Vernissage
14 Novembre 2013, h 19.00
Autore