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Inviati di guerra
Dopo la mostra “New York Kabul”, presentata con successo a Verona in occasione del primo anniversario dell’11 settembre 2001, i fotografi dell’agenzia VII sono stati invitati a scegliere, tra i diversi tipi di reportage che hanno realizzato, un soggetto che illustrasse il loro lavoro di corrispondenti di guerra.
Comunicato stampa
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Otto ³corrispondenze² saranno quindi disposte negli spazi del Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri e intratterranno i visitatori in un percorso che li porterà dalla Jugoslavia all¹Irak, in un periodo che va dal 1991 al 2003.
Gli otto reportage differiscono nella loro durata: alcuni per esempio sono stati realizzati nel corso delle prime settimane di intervento americano in Irak, mentre altri sono frutto di un lavoro di più anni
(Ron Haviv nella ex-Jugoslavia). La guerra è il tema principale di questi reportage, anche se essa assume forme diverse: sofisticate e convenzionali al tempo stesso (vedere le immagini di Gary Knight in Irak), o più primitive come a Gaza (Christopher Anderson). Una guerra tra nazioni (Cecenia) o tra membri di comunità etniche e religiose diverse (Afganistan, Jugoslavia), gli scontri di piazza tra la polizia e gli oppositori del regime in cui la violenza supera quella delle normali manifestazioni (Indonesia). Molto vicino a noi, il conflitto nei Balcani intacca durevolmente la costruzione europea; altri sembrano più lontani, ma questo senso di lontananza è talvolta soltanto geografico.
La mostra aprirà su tre conflitti importanti degli anni novanta: Jugoslavia, Cecenia e Afganistan. Dal 1991 Ron Haviv fotografa le conseguenze dello scioglimento della federazione jugoslava e l¹intensificazione della guerra, della quale i bosniaci pagheranno il prezzo più caro, fino all¹arresto di Slobodan Milosevic dieci anni più tardi. Christopher Morris documenta la guerra in Cecenia che i Russi conducono dalla fine del ¹94 e che terminerà temporaneamente nel 1997. Il 1996 segna l¹entrata dei Talibani a Kabul e l¹instaurazione del loro regime in un paese che non sembra avere altro avvenire che la guerra: James Nachtwey ne fotografa le cicatrici.
Ma non è solo in Cecenia o in Afganistan che la storia si ripete: tre anni dopo la prima guerra delle pietre (1987), negli stessi territori occupati dove opera Christopher Anderson (la striscia di Gaza) si sviluppa quella che è stata chiamata la seconda intifada.
E¹ sempre nella sollevazione della folla che il movimento sorto in Indonesia alla destituzione del presidente Suharto (1998) trova la sua origine: John Stanmeyer ne segue l¹evoluzione ed anche le implicazioni nella regione di Timor Est mostrando l¹estrema brutalità della repressione.
L¹America di George W. Bush ha designato l¹Irak tra i paesi che costituiscono una minaccia per la sua sicurezza. Dopo il suo intervento in Afganistan essa formula il progetto di liberare gli iracheni da Saddam Hussein e dal regime che egli aveva instaurato. Alexandra Boulat è inviata nella regione, all¹inizio del 2003, per documentare la vita quotidiana all¹avvicinarsi della guerra; fotograferà poi Bagdad e i suoi abitanti sottoposti alla dura prova dei bombardamenti. Da parte sua, Gary Knight segue da vicino l¹intervento delle forze militari su terra: l¹episodio che ha intitolato ³The Bridge² potrebbe ricordare il ritmo e l¹atmosfera delle fiction cinematografiche, ma qui tutto è vero. Quanto a Antonin Kratochvil, egli mostra nel deserto, intorno alle città o ai bordi delle strade, un paesaggio terribilmente devastato, le tracce fisiche, sia umane sia materiali, lasciate da questa guerra.
Gabriel Bauret, curatore della mostra
Gli otto reportage differiscono nella loro durata: alcuni per esempio sono stati realizzati nel corso delle prime settimane di intervento americano in Irak, mentre altri sono frutto di un lavoro di più anni
(Ron Haviv nella ex-Jugoslavia). La guerra è il tema principale di questi reportage, anche se essa assume forme diverse: sofisticate e convenzionali al tempo stesso (vedere le immagini di Gary Knight in Irak), o più primitive come a Gaza (Christopher Anderson). Una guerra tra nazioni (Cecenia) o tra membri di comunità etniche e religiose diverse (Afganistan, Jugoslavia), gli scontri di piazza tra la polizia e gli oppositori del regime in cui la violenza supera quella delle normali manifestazioni (Indonesia). Molto vicino a noi, il conflitto nei Balcani intacca durevolmente la costruzione europea; altri sembrano più lontani, ma questo senso di lontananza è talvolta soltanto geografico.
La mostra aprirà su tre conflitti importanti degli anni novanta: Jugoslavia, Cecenia e Afganistan. Dal 1991 Ron Haviv fotografa le conseguenze dello scioglimento della federazione jugoslava e l¹intensificazione della guerra, della quale i bosniaci pagheranno il prezzo più caro, fino all¹arresto di Slobodan Milosevic dieci anni più tardi. Christopher Morris documenta la guerra in Cecenia che i Russi conducono dalla fine del ¹94 e che terminerà temporaneamente nel 1997. Il 1996 segna l¹entrata dei Talibani a Kabul e l¹instaurazione del loro regime in un paese che non sembra avere altro avvenire che la guerra: James Nachtwey ne fotografa le cicatrici.
Ma non è solo in Cecenia o in Afganistan che la storia si ripete: tre anni dopo la prima guerra delle pietre (1987), negli stessi territori occupati dove opera Christopher Anderson (la striscia di Gaza) si sviluppa quella che è stata chiamata la seconda intifada.
E¹ sempre nella sollevazione della folla che il movimento sorto in Indonesia alla destituzione del presidente Suharto (1998) trova la sua origine: John Stanmeyer ne segue l¹evoluzione ed anche le implicazioni nella regione di Timor Est mostrando l¹estrema brutalità della repressione.
L¹America di George W. Bush ha designato l¹Irak tra i paesi che costituiscono una minaccia per la sua sicurezza. Dopo il suo intervento in Afganistan essa formula il progetto di liberare gli iracheni da Saddam Hussein e dal regime che egli aveva instaurato. Alexandra Boulat è inviata nella regione, all¹inizio del 2003, per documentare la vita quotidiana all¹avvicinarsi della guerra; fotograferà poi Bagdad e i suoi abitanti sottoposti alla dura prova dei bombardamenti. Da parte sua, Gary Knight segue da vicino l¹intervento delle forze militari su terra: l¹episodio che ha intitolato ³The Bridge² potrebbe ricordare il ritmo e l¹atmosfera delle fiction cinematografiche, ma qui tutto è vero. Quanto a Antonin Kratochvil, egli mostra nel deserto, intorno alle città o ai bordi delle strade, un paesaggio terribilmente devastato, le tracce fisiche, sia umane sia materiali, lasciate da questa guerra.
Gabriel Bauret, curatore della mostra
18
febbraio 2004
Inviati di guerra
Dal 18 febbraio al 18 aprile 2004
Location
CENTRO INTERNAZIONALE DI FOTOGRAFIA SCAVI SCALIGERI
Verona, Piazza Francesco Viviani, (Verona)
Verona, Piazza Francesco Viviani, (Verona)
Biglietti
Biglietto intero: 4,10 Eu; ridotto: 2,10 Eu; militari, ragazzi, scolaresche: 1,50 Eu
Orario di apertura
da martedì a domenica : 10.00 -19.00 (la biglietteria chiude alle ore 18,30)
Lunedì chiuso
Vernissage
18 Febbraio 2004, ore 18.30