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Irradiazioni spaziali: Francesco Somaini e Luigi Caccia Dominioni al Teatro Filodrammatici
La mostra ripercorre un frammento di storia del teatro dei Filodrammatici: al momento della
rinascita e della riapertura nel 1969, dopo le distruzioni dovute ai bombardamenti della Seconda
Guerra Mondiale, si verifica un episodio di collaborazione tra l’architetto Luigi Caccia Dominioni,
autore dello straordinario progetto di ristrutturazione e lo scultore Francesco Somaini, che esegue
per l’amico i disegni per i mosaici pavimentali del nuovo spazio
Comunicato stampa
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La mostra ripercorre un frammento di storia del teatro dei Filodrammatici: al momento della
rinascita e della riapertura nel 1969, dopo le distruzioni dovute ai bombardamenti della Seconda
Guerra Mondiale, si verifica un episodio di collaborazione tra l’architetto Luigi Caccia Dominioni,
autore dello straordinario progetto di ristrutturazione e lo scultore Francesco Somaini, che esegue
per l’amico i disegni per i mosaici pavimentali del nuovo spazio.
Il cantiere di sistemazione interna del Filodrammatici ad opera di Caccia Dominioni e dell’Ing.
Dubini si protrae per quasi sette anni, dal 1963 al 1969. Al termine dei lavori, tra il 1968 e il ‘69
l’architetto riserva allo scultore Somaini l’ideazione dei mosaici pavimentali lapidei nell’atrio di
ingresso del teatro, al pianterreno, al primo e secondo piano sotterranei, negli spazi destinati alla
sosta o al passaggio.
Architetto e scultore convergono in una decorazione che superi l’idea di mosaico inquadrato in uno
spazio dato: come negli antichi mosaici lapidei della cattedrale di Otranto - un monumento che era
all’origine delle conversazioni tra i due maestri - anche i disegni di Somaini per i pavimenti
propongono elementi astratti, organici, che imprimono un movimento, suggeriscono delle
direzioni, sollecitano lo spettatore a percepire una instabilità spaziale.
Sono esposti in mostra 15 disegni originali di Francesco Somaini, fotografie dell’epoca e
documentazione bibliografica relativa ai pavimenti musivi.
Ricorda Luisa Somaini: “lo scultore era interessato a studiare nel disegno la metamorfosi di
elementi naturalistici e organici, abbandonava il graffito su tavola e il colore, per affidare i suoi
pensieri esclusivamente all’inchiostro di china, dapprima ricorrendo all’uso della penna e del
bambù, poi del pennello, mettendo a punto una tecnica (...) consistente nel riprendere con l’acqua
le stesure di inchiostro sulla carta, in modo da ottenere con una parziale erosione della macchia
margini di casualità e risultati di estrema raffinatezza”.
Nasce così la serie delle rare carte esposte in mostra per la prima volta nel loro insieme, eseguite
con la tecnica dell’inchiostro di china dilavata.
La serie dei bozzetti e degli schizzi elaborati nel 1969 per il Teatro Filodrammatici riporta un
motivo a gocce bianche o macchie di luce su fondo grigio scuro in movimento che sembrano
dominare gli spazi planimetrici, in ipotesi differenti, a volte non eseguite nella realizzazione finale.
Prevalenti sono i toni dei grigi e del bianco, combinati in modo da creare un effetto
tridimensionale.
Caccia Dominioni era solito avvalersi della collaborazione di Somaini per i pavimenti delle sue
architetture, anche per la singolare importanza che egli attribuiva alla planimetria e all’idea di
percorso, soprattutto negli spazi comuni. Sovente nelle sue abitazioni e nelle architetture civili le
piante subiscono, come ha ben sottolineato Fulvio Irace, una particolare metamorfosi, per cui gli
spazi si trasformano in percorsi sinuosi che ricordano elementi vegetali: in tale contesto
l’intervento dell’artista, che sottolinea l’elementarità organica, ma anche la natura dinamica dello
spazio, ben si accorda alle planimetrie dell’architetto, interpretandole secondo la sua personale
sensibilità scultorea.
Nella fase finale della progettazione, quella esecutiva, si nota il prevalere delle formule radiali, di
elementi più fitti che si inseguono diradandosi in una più chiara tensione dinamica: in particolare
il fulcro da cui hanno origine i motivi a gocce o macchie di luce è l’ingresso alla sala per tutti i piani
delle gallerie: questo è inteso come un punto di irradiazione centrifuga per chi deambula negli
spazi curvi pensati dall’architetto.
L’esecuzione dei pavimenti è avvenuta nel 1969 ad opera della ditta Bernasconi di Como, maestri
mosaicisti che per tanti anni hanno lavorato con Somaini e Caccia : questa ditta di artisti-artigiani,
che si tramandava il mestiere da generazioni, adottava l’antica tecnica del mosaico romano, con
cubetti di marmi diversi posti in opera direttamente al suolo da operai specializzati seguendo un
disegno in scala che veniva ingrandito mediante la quadrettatura. Venivano scelte le gamme di
fondo spesso separando manualmente le diverse vene del marmo onde accentuare sfumature.
Somaini collaborava con i maestri mosaicisti in un rapporto continuo, poiché l’esecuzione doveva
tradurre il segno grafico in una nuova materia, potendo intervenire ed operare modifiche nella
fase precedente alla stesura del cemento.
I pavimenti musivi di Caccia e Somaini attestano dunque una antica coralità di intenti, tra
progettazione architettonica, interpretazione artistica ed esecuzione alto-artigianale, che si oppone
alla morsa del funzionalismo più rigido in architettura e ripropone negli spazi contemporanei una
matrice culturale che risale alle origini della cultura architettonica, al momento della nascita del
Romanico lombardo, a una tradizione che nell’uso dei materiali fa coincidere il recupero di una
energia insieme spirituale ed umana.
Tra le principali architetture milanesi di Caccia Dominioni che presentano pavimenti disegnati da
Somaini ricordiamo l’edificio di abitazioni in via Nievo 28 (1955-56) , e in via Nievo 10 (1964-66) ,
l’edificio residenziale in Piazza Carbonari 2 (1960-61), la Galleria Strasburgo che collega via
Durini e corso Europa. Particolari affinità con i mosaici del Teatro dei Filodrammatici presentano i
pavimenti musivi realizzati per l’atrio di ingresso dell’edificio per abitazioni in via Tiziano 9 (1963-
1968), che propongono il medesimo motivo a gocce a indicare percorsi e tracciati nello spazio
vissuto.
rinascita e della riapertura nel 1969, dopo le distruzioni dovute ai bombardamenti della Seconda
Guerra Mondiale, si verifica un episodio di collaborazione tra l’architetto Luigi Caccia Dominioni,
autore dello straordinario progetto di ristrutturazione e lo scultore Francesco Somaini, che esegue
per l’amico i disegni per i mosaici pavimentali del nuovo spazio.
Il cantiere di sistemazione interna del Filodrammatici ad opera di Caccia Dominioni e dell’Ing.
Dubini si protrae per quasi sette anni, dal 1963 al 1969. Al termine dei lavori, tra il 1968 e il ‘69
l’architetto riserva allo scultore Somaini l’ideazione dei mosaici pavimentali lapidei nell’atrio di
ingresso del teatro, al pianterreno, al primo e secondo piano sotterranei, negli spazi destinati alla
sosta o al passaggio.
Architetto e scultore convergono in una decorazione che superi l’idea di mosaico inquadrato in uno
spazio dato: come negli antichi mosaici lapidei della cattedrale di Otranto - un monumento che era
all’origine delle conversazioni tra i due maestri - anche i disegni di Somaini per i pavimenti
propongono elementi astratti, organici, che imprimono un movimento, suggeriscono delle
direzioni, sollecitano lo spettatore a percepire una instabilità spaziale.
Sono esposti in mostra 15 disegni originali di Francesco Somaini, fotografie dell’epoca e
documentazione bibliografica relativa ai pavimenti musivi.
Ricorda Luisa Somaini: “lo scultore era interessato a studiare nel disegno la metamorfosi di
elementi naturalistici e organici, abbandonava il graffito su tavola e il colore, per affidare i suoi
pensieri esclusivamente all’inchiostro di china, dapprima ricorrendo all’uso della penna e del
bambù, poi del pennello, mettendo a punto una tecnica (...) consistente nel riprendere con l’acqua
le stesure di inchiostro sulla carta, in modo da ottenere con una parziale erosione della macchia
margini di casualità e risultati di estrema raffinatezza”.
Nasce così la serie delle rare carte esposte in mostra per la prima volta nel loro insieme, eseguite
con la tecnica dell’inchiostro di china dilavata.
La serie dei bozzetti e degli schizzi elaborati nel 1969 per il Teatro Filodrammatici riporta un
motivo a gocce bianche o macchie di luce su fondo grigio scuro in movimento che sembrano
dominare gli spazi planimetrici, in ipotesi differenti, a volte non eseguite nella realizzazione finale.
Prevalenti sono i toni dei grigi e del bianco, combinati in modo da creare un effetto
tridimensionale.
Caccia Dominioni era solito avvalersi della collaborazione di Somaini per i pavimenti delle sue
architetture, anche per la singolare importanza che egli attribuiva alla planimetria e all’idea di
percorso, soprattutto negli spazi comuni. Sovente nelle sue abitazioni e nelle architetture civili le
piante subiscono, come ha ben sottolineato Fulvio Irace, una particolare metamorfosi, per cui gli
spazi si trasformano in percorsi sinuosi che ricordano elementi vegetali: in tale contesto
l’intervento dell’artista, che sottolinea l’elementarità organica, ma anche la natura dinamica dello
spazio, ben si accorda alle planimetrie dell’architetto, interpretandole secondo la sua personale
sensibilità scultorea.
Nella fase finale della progettazione, quella esecutiva, si nota il prevalere delle formule radiali, di
elementi più fitti che si inseguono diradandosi in una più chiara tensione dinamica: in particolare
il fulcro da cui hanno origine i motivi a gocce o macchie di luce è l’ingresso alla sala per tutti i piani
delle gallerie: questo è inteso come un punto di irradiazione centrifuga per chi deambula negli
spazi curvi pensati dall’architetto.
L’esecuzione dei pavimenti è avvenuta nel 1969 ad opera della ditta Bernasconi di Como, maestri
mosaicisti che per tanti anni hanno lavorato con Somaini e Caccia : questa ditta di artisti-artigiani,
che si tramandava il mestiere da generazioni, adottava l’antica tecnica del mosaico romano, con
cubetti di marmi diversi posti in opera direttamente al suolo da operai specializzati seguendo un
disegno in scala che veniva ingrandito mediante la quadrettatura. Venivano scelte le gamme di
fondo spesso separando manualmente le diverse vene del marmo onde accentuare sfumature.
Somaini collaborava con i maestri mosaicisti in un rapporto continuo, poiché l’esecuzione doveva
tradurre il segno grafico in una nuova materia, potendo intervenire ed operare modifiche nella
fase precedente alla stesura del cemento.
I pavimenti musivi di Caccia e Somaini attestano dunque una antica coralità di intenti, tra
progettazione architettonica, interpretazione artistica ed esecuzione alto-artigianale, che si oppone
alla morsa del funzionalismo più rigido in architettura e ripropone negli spazi contemporanei una
matrice culturale che risale alle origini della cultura architettonica, al momento della nascita del
Romanico lombardo, a una tradizione che nell’uso dei materiali fa coincidere il recupero di una
energia insieme spirituale ed umana.
Tra le principali architetture milanesi di Caccia Dominioni che presentano pavimenti disegnati da
Somaini ricordiamo l’edificio di abitazioni in via Nievo 28 (1955-56) , e in via Nievo 10 (1964-66) ,
l’edificio residenziale in Piazza Carbonari 2 (1960-61), la Galleria Strasburgo che collega via
Durini e corso Europa. Particolari affinità con i mosaici del Teatro dei Filodrammatici presentano i
pavimenti musivi realizzati per l’atrio di ingresso dell’edificio per abitazioni in via Tiziano 9 (1963-
1968), che propongono il medesimo motivo a gocce a indicare percorsi e tracciati nello spazio
vissuto.
04
ottobre 2017
Irradiazioni spaziali: Francesco Somaini e Luigi Caccia Dominioni al Teatro Filodrammatici
Dal 04 ottobre 2017 al 09 gennaio 2018
architettura
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
TEATRO FILODRAMMATICI
Milano, Via Filodrammatici, 1, (Milano)
Milano, Via Filodrammatici, 1, (Milano)
Vernissage
4 Ottobre 2017, h 19
Autore
Curatore