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It Must Be Abstract
It must be abstract è all’origine il titolo assegnato da Wallace Stevens (1879-1955) a una sezione del suo celebre poema Notes Toward a Supreme Fiction, opera composta nel 1940, una sorta di trattato di estetica modernista risolto in versi. It must be abstract prelevato da quel contesto lirico, è qui utilizzato per introdurre un nucleo di opere di matrice astratta e astratta-informe.
Comunicato stampa
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Sabato 3 aprile la galleria Cardi presenterà nel suo spazio in Pietrasanta nove grandi opere a parete di Domenico Bianchi (1955), Lawrence Carroll (1954), Helmut Dorner (1952), Bernard Frize (1954), Günther Förg (1952), Jonathan Lasker (1948), Jason Martin (1970), Nunzio (1954) e Anselm Reyle (1970). La mostra è organizzata in collaborazione con la galleria Christian Stein di Milano.
It must be abstract è all’origine il titolo assegnato da Wallace Stevens (1879-1955) a una sezione del suo celebre poema Notes Toward a Supreme Fiction, opera composta nel 1940, una sorta di trattato di estetica modernista risolto in versi. It must be abstract prelevato da quel contesto lirico, è qui utilizzato per introdurre un nucleo di opere di matrice astratta e astratta-informe.
La ricerca di Bianchi, Carroll, Dorner, Frize, Förg, Lasker, Martin, Nunzio, Reyle, si svolge essenzialmente nel segno della pittura, in particolare della pittura astratta e astratta-informe, cioè di un linguaggio non rappresentativo e non narrativo, anche se Förg ad esempio si cimenta nella fotografia e nella scultura, Reyle in scultura e installazioni, Carroll in opere tridimensionali cariche di materia, mentre Nunzio produce sculture o forme aggettanti dalla parete trattate come quadri monocromi.
Mentre Jason Martin e Anselm Reyle sono nati nel ’70 e maturati in epoca di avanzato post-modernismo, Bianchi, Carroll, Dorner, Frize, Förg, Lasker e Nunzio si sono affermati tra la fine degli anni Settanta e gl i anni Ottanta, quando, esauritasi la fase eroica-pionieristica delle avanguardie, si è trattato di ri-definire, o replicare alle pratiche e ai modelli dei movimenti precedenti con la certezza o la sensazione di fondare un corpus di storie condivisibili che fossero basate sulla propria sensibilità e le proprie ossessioni (a differenza delle avanguardie che avevano invece ritenuto di fondare la Storia in base all’affermazione e penetrazione universale di una fede o verità assoluta).
L’approccio alla grammatica astratta e ai modi della pittura astratta-informe (griglia, assi verticali e orizzontali, campiture, monocromie, cadute di colore, entropia) da parte di questi artisti è però metodologico, non solo linguistico o strutturale. Al tempo stesso il processo formativo, generativo e inventivo è sempre tenuto concettualmente sotto controllo, in modo che il furor segnico o l’enfasi materica non prenda il sopravvento sulla purezza linguistica e sulla leggibilità della grammatica formale. La pratica pittorica associata a gesti e strumenti peculiari, la predilezione di metodi e di materie, al fine di soddisfare il desiderio di unicità e di singolarità, di storicità e di modernità, oltre che di bellezza e di musicalità, di energia e di profondità, di espressività e di liricità, è elemento caratterizzante la ricerca di questi artisti: dalla cera e dall’intarsio di Bianchi, allo sgocciolamento di Dorner su plexiglass, dalla ‘pettinatura’ di strati di colore monocromo assai denso in Martin, alla lenta stratificazione di pigmento, tela, garze ed altro su oggetti e forme primarie di Carroll, dalla ‘stesura’ a pennello di Frize, alla ‘tela macchiata di colori stesi, cancellati, ripassati’ di Förg,
Ciò che accomuna infatti Bianchi, Carroll, Dorner, Frize, Förg, Lasker, Martin, Nunzio, Reyle è la ricerca, la scoperta e la continua sperimentazioni di metodi operativi personalizzati attraverso i quali re-inventare le forme dell’astrazione, per rimetterle in discussione (in rapporto alle nuove o singolari urgenze di una soggettività post-moderna), per ricrearle, e perfino per ri-definirle con minime ma sostanziali differenze, riconducibili però ad un soggetto unico, a una singolare e speciale biografia.
Così il titolo It must be abstract di Wallace Stevens suona ancora oggi come l’imperativo di un secolo che ha visto nell’astrazione e nella sublimazione del linguaggio, delle materie e dei contenuti, una via non dogmatica, né prosaica alla ricongiunzione tra soggetto e oggetto, tra facoltà umane e eventi della vita, tra mondo delle sensazioni e universo delle leggi naturali.
It must be abstract è all’origine il titolo assegnato da Wallace Stevens (1879-1955) a una sezione del suo celebre poema Notes Toward a Supreme Fiction, opera composta nel 1940, una sorta di trattato di estetica modernista risolto in versi. It must be abstract prelevato da quel contesto lirico, è qui utilizzato per introdurre un nucleo di opere di matrice astratta e astratta-informe.
La ricerca di Bianchi, Carroll, Dorner, Frize, Förg, Lasker, Martin, Nunzio, Reyle, si svolge essenzialmente nel segno della pittura, in particolare della pittura astratta e astratta-informe, cioè di un linguaggio non rappresentativo e non narrativo, anche se Förg ad esempio si cimenta nella fotografia e nella scultura, Reyle in scultura e installazioni, Carroll in opere tridimensionali cariche di materia, mentre Nunzio produce sculture o forme aggettanti dalla parete trattate come quadri monocromi.
Mentre Jason Martin e Anselm Reyle sono nati nel ’70 e maturati in epoca di avanzato post-modernismo, Bianchi, Carroll, Dorner, Frize, Förg, Lasker e Nunzio si sono affermati tra la fine degli anni Settanta e gl i anni Ottanta, quando, esauritasi la fase eroica-pionieristica delle avanguardie, si è trattato di ri-definire, o replicare alle pratiche e ai modelli dei movimenti precedenti con la certezza o la sensazione di fondare un corpus di storie condivisibili che fossero basate sulla propria sensibilità e le proprie ossessioni (a differenza delle avanguardie che avevano invece ritenuto di fondare la Storia in base all’affermazione e penetrazione universale di una fede o verità assoluta).
L’approccio alla grammatica astratta e ai modi della pittura astratta-informe (griglia, assi verticali e orizzontali, campiture, monocromie, cadute di colore, entropia) da parte di questi artisti è però metodologico, non solo linguistico o strutturale. Al tempo stesso il processo formativo, generativo e inventivo è sempre tenuto concettualmente sotto controllo, in modo che il furor segnico o l’enfasi materica non prenda il sopravvento sulla purezza linguistica e sulla leggibilità della grammatica formale. La pratica pittorica associata a gesti e strumenti peculiari, la predilezione di metodi e di materie, al fine di soddisfare il desiderio di unicità e di singolarità, di storicità e di modernità, oltre che di bellezza e di musicalità, di energia e di profondità, di espressività e di liricità, è elemento caratterizzante la ricerca di questi artisti: dalla cera e dall’intarsio di Bianchi, allo sgocciolamento di Dorner su plexiglass, dalla ‘pettinatura’ di strati di colore monocromo assai denso in Martin, alla lenta stratificazione di pigmento, tela, garze ed altro su oggetti e forme primarie di Carroll, dalla ‘stesura’ a pennello di Frize, alla ‘tela macchiata di colori stesi, cancellati, ripassati’ di Förg,
Ciò che accomuna infatti Bianchi, Carroll, Dorner, Frize, Förg, Lasker, Martin, Nunzio, Reyle è la ricerca, la scoperta e la continua sperimentazioni di metodi operativi personalizzati attraverso i quali re-inventare le forme dell’astrazione, per rimetterle in discussione (in rapporto alle nuove o singolari urgenze di una soggettività post-moderna), per ricrearle, e perfino per ri-definirle con minime ma sostanziali differenze, riconducibili però ad un soggetto unico, a una singolare e speciale biografia.
Così il titolo It must be abstract di Wallace Stevens suona ancora oggi come l’imperativo di un secolo che ha visto nell’astrazione e nella sublimazione del linguaggio, delle materie e dei contenuti, una via non dogmatica, né prosaica alla ricongiunzione tra soggetto e oggetto, tra facoltà umane e eventi della vita, tra mondo delle sensazioni e universo delle leggi naturali.
03
aprile 2010
It Must Be Abstract
Dal 03 aprile al 30 maggio 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA CARDI
Pietrasanta, Via Padre Eugenio Barsanti, 45, (Lucca)
Pietrasanta, Via Padre Eugenio Barsanti, 45, (Lucca)
Orario di apertura
ven - dom 10 - 13 / 15.30 – 19.30
Vernissage
3 Aprile 2010, ore 18
Autore
Curatore