Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Iván Navarro – The Missing Monument for Washington DC or a Proposal for Monument for Victor Jara
Nella parete bianca di una piccola stanza si proietta un video realizzato dall’ artista Iván Navarro, dove una coppia con il volto mascherato recita l’ultimo brano scritto da Víctor Jara (1932 – 1973), cantautore, musicista e regista teatrale cileno.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Nell’ambito di Señales Rojas 2010 - L’arte contro la proliferazione della barbarie, un progetto dell’IILA – Istituto Italo-Latino Americano in collaborazione con Fondazione Volume!
Nella parete bianca di una piccola stanza si proietta un video realizzato dall’ artista Iván Navarro, dove una coppia con il volto mascherato recita l'ultimo brano scritto da Víctor Jara (1932 - 1973), cantautore, musicista e regista teatrale cileno.
Sostenitore del presidente Salvador Allende, Jara venne catturato e condotto nello stadio di Santiago del Cile. Vi rimase, vivo, per un paio di settimane. Durante la prigionia, in quello stadio che ora porta il suo nome, non aveva la sua chitarra ma una penna, con la quale scrisse poesie e canzoni. L’ultima, datata 23 settembre, s’intitola “Estadio Chile”. Víctor Jara non poté mai musicarla.
Un testamento per metà arcano. Una testimonianza consapevole della morte che sta per arrivare e della paura che l’accompagna. Un racconto partecipato di quel sangue che si riversa dai corpi: “Canto, che cattivo sapore hai Quando devo cantar la paura. Paura come quella che vivo, Come quella che muoio, paura. Di vedermi fra tanti e tanti momenti di infinito in cui il silenzio e il grido sono i fini di questo canto”.
Iván Navarro (Cile, 1972) vive e lavora a New York.
È tra gli artisti cileni più interessanti della scena internazionale, recentemente è stato il rappresentante del Cile nella passata edizione della Biennale di Venezia. Tra le sue mostre recenti si ricordano quelle presso The Whitney Museum, New York; MOCA, Miami; Witte de With, Rotterdam; Union Gallery, Londra; Roebling Hall, New York; Matucana 100, Santiago del Cile; Galerie Daniel Templon, Parigi; Art Rock Rockefeller plaza, New York; Prague Biennale 2, Praga.
Estadio Chile
Siamo cinquemila qui,
in questo punto della città.
Siamo cinquemila.
Quanti saremo in totale nelle città
e nell’intero paese?
Soltanto qui,
siamo diecimila mani che seminano
e che fanno funzionare le fabbriche.
Quanta umanità
in preda alla fame, al freddo, al panico, al dolore, alla pressione morale, al terrore e alla follia!
Sei dei nostri già perduti
nello spazio stellato.
Uno ucciso, uno picchiato come non avrei mai pensato
si potesse picchiare un essere umano.
Gli altri quattro hanno preferito togliersi
ogni paura-
uno saltando nel vuoto,
un altro dando testate contro il muro,
ma tutti con lo sguardo fisso della morte.
Che orrore provoca il volto del fascismo!
Portano a compimento i loro piani con meticolosa precisione
senza guardare in faccia nessuno.
Il sangue per loro equivale a medaglie,
il massacro è un atto di eroismo.
E’ questo il mondo che hai creato, Dio mio?
Per questo i tuoi sette giorni di lavoro e di meraviglia?
Dentro queste quattro mura c’è soltanto
un numero
che non progredisce.
Che lentamente vorrebbe altre morti.
Ma all’improvviso la mia coscienza si risveglia
e vedo questa marea senza vita
e vedo le macchine pulsare
e i militari che mostrano i loro volti da matrone
pieni di dolcezza.
E il Messico e Cuba e il mondo?
Che denuncino questo abominio!
Siamo diecimila mani di meno,
mani che non producono.
Quanti siamo nell’intero paese?
Il sangue del compagno Presidente
batte più forte delle bombe e delle mitragliatrici.
Così batterà il nostro pugno nuovamente.
Canto, che stonato mi sgorghi
quando devo cantare l’orrore!
Orrore come quello che vivo,
come quello che muoio, orrore.
Di vedermi fra così tanti
momenti di un infinito
in cui il silenzio e il grido
sono le mete di questo mio canto.
Quel che vedo non l’ho mai visto,
quel che ho provato e che provo
faranno nascere il momento…
(Traduzione di Vittoria Martinetto)
Scritto da Víctor Jara, 1973 (poesia incompiuta, mai messa in musica). Traduzione inglese di Joan Jara. Pubblicata per la prima volta in “Víctor Jara – Manifiesto”, Xtea Records, Regno Unito, 1974.
Víctor Jara era un cantautore cileno che fu torturato e ucciso dai militari, allo Estadio Chile, nel settembre del 1973. Questo stadio venne utilizzato come campo di concentramento agli inizi della dittatura di Pinochet.
Nella parete bianca di una piccola stanza si proietta un video realizzato dall’ artista Iván Navarro, dove una coppia con il volto mascherato recita l'ultimo brano scritto da Víctor Jara (1932 - 1973), cantautore, musicista e regista teatrale cileno.
Sostenitore del presidente Salvador Allende, Jara venne catturato e condotto nello stadio di Santiago del Cile. Vi rimase, vivo, per un paio di settimane. Durante la prigionia, in quello stadio che ora porta il suo nome, non aveva la sua chitarra ma una penna, con la quale scrisse poesie e canzoni. L’ultima, datata 23 settembre, s’intitola “Estadio Chile”. Víctor Jara non poté mai musicarla.
Un testamento per metà arcano. Una testimonianza consapevole della morte che sta per arrivare e della paura che l’accompagna. Un racconto partecipato di quel sangue che si riversa dai corpi: “Canto, che cattivo sapore hai Quando devo cantar la paura. Paura come quella che vivo, Come quella che muoio, paura. Di vedermi fra tanti e tanti momenti di infinito in cui il silenzio e il grido sono i fini di questo canto”.
Iván Navarro (Cile, 1972) vive e lavora a New York.
È tra gli artisti cileni più interessanti della scena internazionale, recentemente è stato il rappresentante del Cile nella passata edizione della Biennale di Venezia. Tra le sue mostre recenti si ricordano quelle presso The Whitney Museum, New York; MOCA, Miami; Witte de With, Rotterdam; Union Gallery, Londra; Roebling Hall, New York; Matucana 100, Santiago del Cile; Galerie Daniel Templon, Parigi; Art Rock Rockefeller plaza, New York; Prague Biennale 2, Praga.
Estadio Chile
Siamo cinquemila qui,
in questo punto della città.
Siamo cinquemila.
Quanti saremo in totale nelle città
e nell’intero paese?
Soltanto qui,
siamo diecimila mani che seminano
e che fanno funzionare le fabbriche.
Quanta umanità
in preda alla fame, al freddo, al panico, al dolore, alla pressione morale, al terrore e alla follia!
Sei dei nostri già perduti
nello spazio stellato.
Uno ucciso, uno picchiato come non avrei mai pensato
si potesse picchiare un essere umano.
Gli altri quattro hanno preferito togliersi
ogni paura-
uno saltando nel vuoto,
un altro dando testate contro il muro,
ma tutti con lo sguardo fisso della morte.
Che orrore provoca il volto del fascismo!
Portano a compimento i loro piani con meticolosa precisione
senza guardare in faccia nessuno.
Il sangue per loro equivale a medaglie,
il massacro è un atto di eroismo.
E’ questo il mondo che hai creato, Dio mio?
Per questo i tuoi sette giorni di lavoro e di meraviglia?
Dentro queste quattro mura c’è soltanto
un numero
che non progredisce.
Che lentamente vorrebbe altre morti.
Ma all’improvviso la mia coscienza si risveglia
e vedo questa marea senza vita
e vedo le macchine pulsare
e i militari che mostrano i loro volti da matrone
pieni di dolcezza.
E il Messico e Cuba e il mondo?
Che denuncino questo abominio!
Siamo diecimila mani di meno,
mani che non producono.
Quanti siamo nell’intero paese?
Il sangue del compagno Presidente
batte più forte delle bombe e delle mitragliatrici.
Così batterà il nostro pugno nuovamente.
Canto, che stonato mi sgorghi
quando devo cantare l’orrore!
Orrore come quello che vivo,
come quello che muoio, orrore.
Di vedermi fra così tanti
momenti di un infinito
in cui il silenzio e il grido
sono le mete di questo mio canto.
Quel che vedo non l’ho mai visto,
quel che ho provato e che provo
faranno nascere il momento…
(Traduzione di Vittoria Martinetto)
Scritto da Víctor Jara, 1973 (poesia incompiuta, mai messa in musica). Traduzione inglese di Joan Jara. Pubblicata per la prima volta in “Víctor Jara – Manifiesto”, Xtea Records, Regno Unito, 1974.
Víctor Jara era un cantautore cileno che fu torturato e ucciso dai militari, allo Estadio Chile, nel settembre del 1973. Questo stadio venne utilizzato come campo di concentramento agli inizi della dittatura di Pinochet.
11
novembre 2010
Iván Navarro – The Missing Monument for Washington DC or a Proposal for Monument for Victor Jara
Dall'undici al 12 novembre 2010
arte contemporanea
presentazione
serata - evento
presentazione
serata - evento
Location
CASA DELLA MEMORIA E DELLA STORIA
Roma, Via Di San Francesco Di Sales, 5, (Roma)
Roma, Via Di San Francesco Di Sales, 5, (Roma)
Orario di apertura
11 novembre 2010: ore 18.00-23.00 12 novembre 2010: ore 15.00-19.00
Vernissage
11 Novembre 2010, ore 18-23
Autore
Curatore