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Jack Frankfurter – Le archeologie urbane. Retrospettiva e selezione di dipinti dal 1958 al 2011
La mostra qui in discorso costituisce un momento importante di sintesi, e, insieme, ridefinizione. L’artista si e’ conquistato da tempo un luogo personale nella tradizione della vedutistica fantastica .
Comunicato stampa
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Polvere d'imperi.
Note sulla pittura di Jack Frankfurter
Nella lunga carriera artistica di Jack Frankfurter la nuova mostra qui
in discorso costituisce un momento importante di sintesi, e, insieme,
ridefinizione. Se, infatti, Frankfurter si è conquistato da tempo un
luogo personale nella tradizione della vedutistica fantastica –
tradizione che, non a caso, era già stata autorevolmente richiamata da
Mario Praz per introdurre un'esposizione dell'artista nell'ormai
lontano 1967 – le Urban Archaeologies, realizzate con appartata
dedizione nel corso dell'ultimo decennio, forzano i soggetti del
paesaggio e della rovina per condurre un'intensa meditazione intorno
alle questioni del tempo e della storia.
Scenografo teatrale come lo fu Giovanni Pannini, pittore americano
innamorato dell'Italia al pari di Thomas Cole, Frankfurter ha sempre
dimostrato di saper padroneggiare con gusto l'attitudine barocca alla
meraviglia e il senso trascinante del paesaggio rispettivamente tipici
dei due capiscuola appena citati. Le nuove opere, nondimeno, pur
mantenendo della pittura precedente il virtuosismo compositivo e la
felicità coloristica, mutuano dalla contemporaneità un inedito
sentimento di declino. Di fatto, le archeologie urbane di Frankfurter
costituiscono studi di cadute, cadute d'imperi, evocative ricognizioni
di quanto resta dopo lo schianto, quando i fasti e le vestigia più
riconoscibili di tali imperi – le statue e le pietre di Roma, le
insegne pubblicitarie di Las Vegas – hanno concluso la loro
permutazione in detriti, e, riunite sotto lo sguardo penetrante
dell'artista, divengono memento di disarmata bellezza.
La natura, sovranamente indifferente agli umani sogni e destini di
grandezza, si fa qui largo tra la notte di neon ormai spenti per
sempre e la lucentezza spezzata di colonne cadute, ne lambisce le
spoglie materiali, lentamente si riappropria dello spazio intorno;
quanto agli uomini, se vi sono essi sono al più figuranti, comparse di
una rappresentazione teatralmente lasciata a se stessa. A tendere lo
sguardo a questi quadri, quel che s'intende è soprattutto silenzio: un
silenzio da ritiro, più ancora che d'abbandono. Compagno ideale,
dunque, come nella migliore invenzione romantica, di un sentimento
interno di meditata quiete, a cui Frankfurter finalmente c'introduce.
Luca Arnaudo
Note sulla pittura di Jack Frankfurter
Nella lunga carriera artistica di Jack Frankfurter la nuova mostra qui
in discorso costituisce un momento importante di sintesi, e, insieme,
ridefinizione. Se, infatti, Frankfurter si è conquistato da tempo un
luogo personale nella tradizione della vedutistica fantastica –
tradizione che, non a caso, era già stata autorevolmente richiamata da
Mario Praz per introdurre un'esposizione dell'artista nell'ormai
lontano 1967 – le Urban Archaeologies, realizzate con appartata
dedizione nel corso dell'ultimo decennio, forzano i soggetti del
paesaggio e della rovina per condurre un'intensa meditazione intorno
alle questioni del tempo e della storia.
Scenografo teatrale come lo fu Giovanni Pannini, pittore americano
innamorato dell'Italia al pari di Thomas Cole, Frankfurter ha sempre
dimostrato di saper padroneggiare con gusto l'attitudine barocca alla
meraviglia e il senso trascinante del paesaggio rispettivamente tipici
dei due capiscuola appena citati. Le nuove opere, nondimeno, pur
mantenendo della pittura precedente il virtuosismo compositivo e la
felicità coloristica, mutuano dalla contemporaneità un inedito
sentimento di declino. Di fatto, le archeologie urbane di Frankfurter
costituiscono studi di cadute, cadute d'imperi, evocative ricognizioni
di quanto resta dopo lo schianto, quando i fasti e le vestigia più
riconoscibili di tali imperi – le statue e le pietre di Roma, le
insegne pubblicitarie di Las Vegas – hanno concluso la loro
permutazione in detriti, e, riunite sotto lo sguardo penetrante
dell'artista, divengono memento di disarmata bellezza.
La natura, sovranamente indifferente agli umani sogni e destini di
grandezza, si fa qui largo tra la notte di neon ormai spenti per
sempre e la lucentezza spezzata di colonne cadute, ne lambisce le
spoglie materiali, lentamente si riappropria dello spazio intorno;
quanto agli uomini, se vi sono essi sono al più figuranti, comparse di
una rappresentazione teatralmente lasciata a se stessa. A tendere lo
sguardo a questi quadri, quel che s'intende è soprattutto silenzio: un
silenzio da ritiro, più ancora che d'abbandono. Compagno ideale,
dunque, come nella migliore invenzione romantica, di un sentimento
interno di meditata quiete, a cui Frankfurter finalmente c'introduce.
Luca Arnaudo
17
novembre 2011
Jack Frankfurter – Le archeologie urbane. Retrospettiva e selezione di dipinti dal 1958 al 2011
Dal 17 novembre al 10 dicembre 2011
arte contemporanea
Location
GALLERIA LE OPERE
Roma, Via Di Monte Giordano, 27, (Roma)
Roma, Via Di Monte Giordano, 27, (Roma)
Orario di apertura
Dal Mercoledì al Sabato ore 16.30 - 20.00
Vernissage
17 Novembre 2011, ore 18.00
Autore
Curatore