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Jacob Cook / Robert Orchardson – Beyond
Qualcosa di fisico e/o ideale che suggerisce un possible punto di incontro di due pratiche artistiche diverse e che ben esemplifica le suggestioni e direzioni del lavoro dei giovanissimi Jacob Cook e Robert Orchadson, alla loro prima personale in Italia.
Comunicato stampa
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Beyond, oltre, al di là.
Qualcosa di fisico e/o ideale che suggerisce un possible punto di incontro di due pratiche artistiche diverse e che ben esemplifica le suggestioni e direzioni del lavoro dei giovanissimi Jacob Cook e Robert Orchadson, alla loro prima personale in Italia.
Lo studio di Robert Orchadson è un vero e proprio mondo a sè, dove un vassoio dagli angoli smussati comprato in un mercatino delle pulci o un contenitore vuoto di evidenziatori creano insospettabilmente un orizzonte di senso. Una scultura appoggiata ad un muro può ricordare un particolare architettonico di un edificio di Brasilia, dei fogli di carta piegati divenire uno strano oggetto dalle forme marine.
La coerenza che si percepisce nel caos del suo studio non è nelle singole parti, ma nella logica che sottende le relazioni spaziali tra gli oggetti e lo spazio tra le cose acquista, nel lavoro di Orchadson, un’ importanza quasi superiore agli oggetti stessi.
Non è un caso che l’artista non esponga mai un solo lavoro. Come nel linguaggio, un discorso si compone di parole e pause e non è mai concluso. Così l’opera dell’artista inglese si dà per frammenti, per tentativi. Le sculture di Orchadson – anche quando non lo sono – sembrano appoggiate ad un sostegno, in equilibrio precario. Come se l’indomani potessero occupare una diversa posizione e creare un’altra frase, un nuovo discorso. Come se alludessero ad un oltre, ad un significato segreto ed indecifrato, che va al di là della presenza materiale delle parole.
Il lavoro di Cook si contraddistingue per la forte componente ironica, come azionata da una sospensione di giudizio che l’artista impone al visitatore.
Le monumentali cupole geodetiche di Buckminster Fuller vengono ridotte ad una composizione di bolle di sapone, generate da un elemento del tutto casuale che paradossalmente innesca un meccanismo di riproduzione di precisione matematica; mentre vaghiamo in un bosco di giganteschi pilastri di plastica verde, quasi schiacciati da un soffitto troppo basso, veniamo sorpresi da una risata da sit-com, spaesante ed improvvisa.
Nello stesso tempo, da semplici panetti di burro si profilano piccole tavole imbandite dei cibi più diversi e da una struttura abitativa al limite dell’effimero e del provvisorio proviene il pianto stridulo di una piccola aquila.
Tramite un processo di sottrazione della funzione originaria, Cook trasforma un’architettura o un oggetto in una forma diversa ed inedita rivelando l’assurdità della contemplazione estetica.
Qualcosa di fisico e/o ideale che suggerisce un possible punto di incontro di due pratiche artistiche diverse e che ben esemplifica le suggestioni e direzioni del lavoro dei giovanissimi Jacob Cook e Robert Orchadson, alla loro prima personale in Italia.
Lo studio di Robert Orchadson è un vero e proprio mondo a sè, dove un vassoio dagli angoli smussati comprato in un mercatino delle pulci o un contenitore vuoto di evidenziatori creano insospettabilmente un orizzonte di senso. Una scultura appoggiata ad un muro può ricordare un particolare architettonico di un edificio di Brasilia, dei fogli di carta piegati divenire uno strano oggetto dalle forme marine.
La coerenza che si percepisce nel caos del suo studio non è nelle singole parti, ma nella logica che sottende le relazioni spaziali tra gli oggetti e lo spazio tra le cose acquista, nel lavoro di Orchadson, un’ importanza quasi superiore agli oggetti stessi.
Non è un caso che l’artista non esponga mai un solo lavoro. Come nel linguaggio, un discorso si compone di parole e pause e non è mai concluso. Così l’opera dell’artista inglese si dà per frammenti, per tentativi. Le sculture di Orchadson – anche quando non lo sono – sembrano appoggiate ad un sostegno, in equilibrio precario. Come se l’indomani potessero occupare una diversa posizione e creare un’altra frase, un nuovo discorso. Come se alludessero ad un oltre, ad un significato segreto ed indecifrato, che va al di là della presenza materiale delle parole.
Il lavoro di Cook si contraddistingue per la forte componente ironica, come azionata da una sospensione di giudizio che l’artista impone al visitatore.
Le monumentali cupole geodetiche di Buckminster Fuller vengono ridotte ad una composizione di bolle di sapone, generate da un elemento del tutto casuale che paradossalmente innesca un meccanismo di riproduzione di precisione matematica; mentre vaghiamo in un bosco di giganteschi pilastri di plastica verde, quasi schiacciati da un soffitto troppo basso, veniamo sorpresi da una risata da sit-com, spaesante ed improvvisa.
Nello stesso tempo, da semplici panetti di burro si profilano piccole tavole imbandite dei cibi più diversi e da una struttura abitativa al limite dell’effimero e del provvisorio proviene il pianto stridulo di una piccola aquila.
Tramite un processo di sottrazione della funzione originaria, Cook trasforma un’architettura o un oggetto in una forma diversa ed inedita rivelando l’assurdità della contemplazione estetica.
07
febbraio 2005
Jacob Cook / Robert Orchardson – Beyond
Dal 07 febbraio al 23 marzo 2005
giovane arte
Location
MONITOR
Roma, Via Sforza Cesarini, 43a-44 , (Roma)
Roma, Via Sforza Cesarini, 43a-44 , (Roma)
Orario di apertura
da martedì a sabato 15,30-20
Vernissage
7 Febbraio 2005, ore 18,30
Autore
Curatore