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James Banta – Bollyworld
Personale
Comunicato stampa
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Bollyworld (di Viviana Siviero)
Finzioni, messe in scena al di là di uno schermo, ammaestratrice di un
popolo che ha saputo dare nuovo significato alla solitudine. Cattive
maestre, simulazioni spacciate per realtà.
Baudrillard ha teorizzato che alla fine, la realtà sarà ingoiata dalla
sua stessa immagine riprodotta; un "delitto perfetto" che porterà alla
"risoluzione anticipata"(1) del mondo per clonazione e conseguente
assassinio della realtà per opera del suo doppio. Il delitto perfetto,
però, non esiste: ogni crimine possiede il suo dettaglio stonato.
James Banta con una palpabile e delicata curiosità, avanza delle
ipotesi. Resta ad osservare, sulla soglia del nuovo tempio, il cinema;
ruba dettagli alla “settima arte” per condurci in un altrove speculare
all’unico mondo che ci è stato assegnato.
La sua è una saggezza tipica del viaggiatore: le sue opere sono fatte
di frame strappati alle sequenze, carta ritagliata, ricordi resi
bidimensionali, imprigionati poi in piccoli telai. Microscopiche
cornici, confini che definiscono esattamente il punto di vista
dell’artista, briciole di memoria che vanno ricomposte.
Quella di Banta è una produzione fatta di luccichii e trasparenze,
figurine che ritraggono madonne rinascimentali mischiate a divinità
induiste. Immagini importanti, che l’iconicità ha ridotto a
decorazioni, proprio come il medium televisivo fa quotidianamente con
l’accaduto.
Bollywood, realtà industriale quasi centenaria, è un po’ come il
Rococco, a partire dal nome, che emula quello più celebre e patinato
del mito americano. Ma è la solita storia quella che raccontiamo
adesso: confrontare i due Imperi è come scegliere fra il Mc Donald e il
Tandoori… James Banta ci descrive l’India moderna ed industriale
attraverso l’estetica kitsch ed innocenze della produzione
cinematografica locale, ormai kult mondiale: ci racconta tutto ciò che
non era riuscito a capire muovendosi per le vie dai passati antichi.
Partendo da un medium che è finzione, egli raggiunge il cuore più
profondo della realtà, evidenziando l’elemento incontrollabile che fa
diventare il delitto imperfetto; con un artificio degno di un mago,
rende il tempio cinematografico accessibile anche agli intellettuali
più radicali, avvicinandolo a quell’infinita Biblioteca di Babele di
cui parlava Borges, “i cui scaffali registrano tutte le possibili
combinazioni dei 25 simboli ortografici…cioè tutto ciò che è dato
esprimere, in tutte le lingue” (2).
Tutto sommato sempre di finzioni stiamo parlano.
(1) Jean Baudrillard, "Il delitto perfetto. La televisioneha ucciso la
realtà?" (1995), Raffaello Cortina editore.
(2) Jorge Luis Borges, "Finzioni" (1935-1944) Einaudi
Finzioni, messe in scena al di là di uno schermo, ammaestratrice di un
popolo che ha saputo dare nuovo significato alla solitudine. Cattive
maestre, simulazioni spacciate per realtà.
Baudrillard ha teorizzato che alla fine, la realtà sarà ingoiata dalla
sua stessa immagine riprodotta; un "delitto perfetto" che porterà alla
"risoluzione anticipata"(1) del mondo per clonazione e conseguente
assassinio della realtà per opera del suo doppio. Il delitto perfetto,
però, non esiste: ogni crimine possiede il suo dettaglio stonato.
James Banta con una palpabile e delicata curiosità, avanza delle
ipotesi. Resta ad osservare, sulla soglia del nuovo tempio, il cinema;
ruba dettagli alla “settima arte” per condurci in un altrove speculare
all’unico mondo che ci è stato assegnato.
La sua è una saggezza tipica del viaggiatore: le sue opere sono fatte
di frame strappati alle sequenze, carta ritagliata, ricordi resi
bidimensionali, imprigionati poi in piccoli telai. Microscopiche
cornici, confini che definiscono esattamente il punto di vista
dell’artista, briciole di memoria che vanno ricomposte.
Quella di Banta è una produzione fatta di luccichii e trasparenze,
figurine che ritraggono madonne rinascimentali mischiate a divinità
induiste. Immagini importanti, che l’iconicità ha ridotto a
decorazioni, proprio come il medium televisivo fa quotidianamente con
l’accaduto.
Bollywood, realtà industriale quasi centenaria, è un po’ come il
Rococco, a partire dal nome, che emula quello più celebre e patinato
del mito americano. Ma è la solita storia quella che raccontiamo
adesso: confrontare i due Imperi è come scegliere fra il Mc Donald e il
Tandoori… James Banta ci descrive l’India moderna ed industriale
attraverso l’estetica kitsch ed innocenze della produzione
cinematografica locale, ormai kult mondiale: ci racconta tutto ciò che
non era riuscito a capire muovendosi per le vie dai passati antichi.
Partendo da un medium che è finzione, egli raggiunge il cuore più
profondo della realtà, evidenziando l’elemento incontrollabile che fa
diventare il delitto imperfetto; con un artificio degno di un mago,
rende il tempio cinematografico accessibile anche agli intellettuali
più radicali, avvicinandolo a quell’infinita Biblioteca di Babele di
cui parlava Borges, “i cui scaffali registrano tutte le possibili
combinazioni dei 25 simboli ortografici…cioè tutto ciò che è dato
esprimere, in tutte le lingue” (2).
Tutto sommato sempre di finzioni stiamo parlano.
(1) Jean Baudrillard, "Il delitto perfetto. La televisioneha ucciso la
realtà?" (1995), Raffaello Cortina editore.
(2) Jorge Luis Borges, "Finzioni" (1935-1944) Einaudi
17
giugno 2005
James Banta – Bollyworld
Dal 17 giugno al 06 luglio 2005
arte contemporanea
Location
PASSO BLU
Genova, Vico Stella, 24R, (Genova)
Genova, Vico Stella, 24R, (Genova)
Orario di apertura
mart_sab 16-19
Vernissage
17 Giugno 2005, ore 18
Autore
Curatore