Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Jérome Bel – 76’38’’ + …..
Prima mostra personale in un museo del coreografo francese Jérôme Bel
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Si può “fare danza” in un contesto museale? Come si fa a lasciarsi coinvolgere dalla potenza di
questa disciplina in un luogo per definizione dedicato (anche se con minore esclusività di un
tempo) alle arti visive? E come si può mantenerne l’intensità per un periodo di tempo esteso
quanto gli orari di apertura dell’istituzione? E come la danza interagisce con i rumori di fondo
del museo, con la mobilità continua dei suoi visitatori, con la rigidità delle sue architetture?
La domanda finale potrebbe essere: cosa “produce” il museo sulla danza? E, specularmente,
la danza sul museo?
76’38’’ + ∞ è la prima mostra personale in un museo del coreografo francese Jérôme Bel,
che si confronta direttamente con questo genere di questioni, legate profondamente ad una ri-
cerca artistica da sempre impegnata nel mettere in discussione l’ontologia stessa della danza
e delle sue convenzioni. Percorso che lo ha visto talvolta includere nei suoi lavori ballerini non
professionisti, bambini, anziani o persone con disabilità. La natura conversazionale di molte
sue opere, tra l’altro, ha in alcuni casi liberato i danzatori anche dal loro ruolo di puri interpreti,
rendendoli protagonisti effettivi o addirittura co-autori, con il posizionare la loro biografia, la
loro storia professionale, la loro “realtà”, al centro dello sviluppo drammaturgico delle opere
stesse. In questo senso, il concetto di emancipazione, etica quanto estetica, del corpo e della
mente del danzatore è uno degli aspetti più importanti della sua ricerca, divenendo anche
metafora più ampia della necessità - e della difficoltà - di liberazione dei singoli dai ritmi e dai
dogmi della società post-fordista.
Il titolo 76’38’’ + ∞ si riferisce alla durata complessiva “ideale” della mostra. Un incoraggia-
mento a osservare i lavori - tutti con una temporalità ben precisa - dall’inizio alla fine, norma
classica all’interno del teatro, comportamento inconsueto nel museo. L’infinito è invece un
riferimento alla possibilità di una “nuova danza”, un loop creato solo per il museo e per le sue
necessità: un’opera senza fine realizzata per essere esperita dai pochi secondi all’eternità.
La mostra 76’38’’ + ∞ si presenta come quella che Jérôme Bel stesso definisce una “dramma-
turgia della dis-alienazione”, articolandosi intorno a cinque opere chiave realizzate negli ultimi
venti anni. Diaporama (1994-2017) è uno slide-show che presenta l’archivio in fieri di Bel, una
collezione di immagini di strutture teatrali dei generi più vari e che illustra lo sviluppo, la meta-
morfosi e le molteplici forme assunte dallo spazio teatrale nel mondo. Il rapporto tra la cultura
capitalistica e l’individuo, una riflessione sul ruolo del segno (il brand) e della sua influenza
determinante sulle nostre azioni quotidiane è affrontato da Shirtology (1997/2015). Un’opera
che evidenzia l’alienazione causata dalla gerarchia e dalle condizioni di lavoro imposte nel con-
testo della danza classica è Vèronique Doisneau (2004), la storia della vita di una ballerina del
corpo di ballo dell’Opera di Parigi. All’opposto, in Compagnia Compagnia (2015) un corpo di
ballo emancipato, composto da non professionisti di ogni età provenienti dal tessuto sociale di
Prato e della provincia di Firenze, demolisce gerarchie e convenzioni teatrali. Danzare come se
nessuno stesse guardando (2017) è un’opera appositamente concepita per la mostra al Centro
Pecci: un ballo continuo per un/a solo/a ballerino/a alla ricerca di un concetto di danza privato
di gravità, desiderio, cultura e aspettative, una danza che inghiotte i suoi spettatori, ma che esi-
ste anche senza di loro, una danza, più che ispirata, alimentata direttamente dal museo, dalla
sua infrastruttura, dai suoi protocolli.
Da un punto di vista formale, 76’38’’ + ∞ ha una componente performativa e una filmica,
con performance presentate live ogni weekend all’interno dello spazio espositivo, ed
altre che si svolgono durante l’intero orario di apertura del museo. Tutti gli altri lavori in
mostra sono stati espressamente realizzati per la video-camera, un mezzo che Bel adotta da
sempre per riproporre i suoi lavori, legandosi alla storia della danza contemporanea e al suo rapporto con l’immagine in movimento.
Antonia Alampi
Jérôme Bel (n.1964) vive a Parigi, ma lavora in tutto il mondo. Ha studiato al Centro Nazionale
della Danza di Angers.
I suoi film e spettacoli sono stati presentati in musei di arte contemporanea e biennali di tutto
il mondo, tra cui la Yokohama Triennale, il MoMA di New York, dOCUMENTA(13), Tate Modern,
Centre Pompidou Paris, Malaga e Metz, la Biennale di Lione, la Biennale di Porto Alegre e la
Biennale di Tirana, il Palais de Tokyo, Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, MABA Buenos
Aires, Performa New York e Fondation Bernardo Lisboa.
Il suo primo lavoro da coreografo, dal titolo nom donné par l’auteur (1994) è una coreografia di
oggetti. Il secondo, Jerome Bel (1995), ruota intorno all’identità e totale nudità dei suoi inter-
preti. Il terzo, Shirtology (1997), è stato commissionato dal Centro Cultural de Belem (Lisbona)
e Victoria (Ghent). Nel 2000 una versione giapponese di questo lavoro è stata prodotta a Kyoto
e a Tokyo. Shirtology presenta un attore che veste e si fa guidare dai brand di molte T-shirts.
The last performance (1998), citando la coreografa tedesca Susanne Linke, l’Amleto e André
Agassi, cerca di definire un’ontologia della performance. Nel 1999 chiede a Myriam Gourfink di
coreografare un solo per lui: Glossolalie (1999). Il lavoro Xavier Le Roy (2000) è stato firmato da
Jérôme Bel ma in realtà è stato coreografato da Xavier Le Roy stesso.
The show must go on (2001) coinvolge un cast di venti performer, diciannove canzoni pop e un
DJ. Il lavoro è stato parte del repertorio del Deutsches Schauspielhaus di Amburgo dal 2000 al
2005 e nel repertorio della Lyon Opera Ballet dal 2007 al 2014. Nel 2004, Bel è stato invitato a
produrre un nuovo lavoro per la Paris Opera ballet: Veronique Doisneau (2004), un documen-
tario teatrale sul lavoro della ballerina Véronique Doisneau, parte del corpo di balletto della
compagnia. Lo stesso anno produce The show must go on 2 (2004), un’opera che Bel conside-
ra un fallimento e che ha cancellato dal suo repertorio dopo averlo mostrato a Bruxelles, Parigi,
Berlino e Singapore.
L’anno dopo, Bel è invitato a lavorare a Bangkok dal curatore Tang Fu Kuen,
e lì produce Pichet Klunchun and myself (2005) con il ballerino di danza tradizionale tailandese
Pichet Klunchun. In questo lavoro Pichet Klunchun e Jérôme Bel discutono delle loro prati-
che artistiche nonostante le differenze culturali abissali che li dividono. Isabel Torres (2005),
realizzato per il Teatro Municipal di Rio de Janeiro è la versione brasiliana della produzione per
l’Opera di Parigi. Nel 2009, Bel produce Cédric Andrieux (2009), nel contesto di una serie di
performance che mettono in discussione l’esperienza e il sapere degli interpreti stessi, che
include Véronique Doisneau (2004), Isabel Torres (2005), Pichet Klunchun and myself (2005)
e Cédric Andrieux (2009). Nel 2009 produce A spectator, un monologo di un’ora in cui Bel
racconta agli spettatori alcune sue esperienze come spettatore. Nel 2010, con Anne Teresa De
Keersmaeker, realizza 3Abschied, una performance basata su The song of the Earth di Gustav
Malher. Nel 2012, produce Disabled Theater, un lavoro realizzato con il Theater Hora di Zurigo,
un compagnia di attori con disabilità.
In Cour d’honneur (2013) quattordici persone parlano della loro esperienza come spettatori di
Cour d’honneur del Palais des Papes al Festival di Avignone. In Gala (2015), Bel mette insieme
ballerini professionisti e non. In Tombe (2016), una performance realizzata su invito dell’Opéra
National de Paris, Jérôme Bel propone ad alcuni ballerini di invitare, per un duetto, una persona
con la quale non condividerebbero mai la scena.
Nel 2005 Jérôme Bel ha ricevuto il Bessie Award a New York per la performance The show
must go on. Nel 2008 ha ricevuto il Routes Princess Margriet Award for Cultural Diversity
(European Cultural Foundation) per Pichet Klunchun and myself. Nel 2013, Disabled Theater
è stato selezionato per il Theatertreffen a Berlino ed ha vinto il Swiss Dance Awards - Current Dance Works.
Antonia Alampi è storica dell’arte, curatrice e scrittrice, membro della direzione artistica di
Extra City ad Anversa, co-direttore artistico di SAVVY Contemporary a Berlino e co-fondatri-
ce della piattaforma curatoriale Future Climates, che ha appena debuttato ad Atene con The
School of Redistribution.
Dal 2012 al 2015 ha vissuto al Cairo, dove era curatrice del centro espositivo Beirut e direttrice
del progetto di ricerca sperimentale The Imaginary School Program.
In passato ha lavorato per Manifesta 7, la Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento e lo
Studio Stefania Miscetti. Nel 2012 è stata uno dei giovani curatori internazionali selezionati dal
Palais de Tokyo per la sua Young Curators Season.
Ha curato progetti in diverse istituzioni internazionali tra cui: Palais de Tokyo, Fondation
D’Entreprise Ricard e Kadist Art Foundation (Parigi); Stedelijk Museum e de Appel Arts Centre
(Amsterdam); Beirut, American University in Cairo, Townhouse Gallery e CIC (Cairo); Centre
for Contemporary Art (Derry); 98weeks (Beirut); Camera Austria e Sterischers Herbst (Graz);
CoCA (Torun); Studio Stefania Miscetti (Roma); e Galleria Astuni (Bologna). Suoi testi sono ap-
parsi su riviste tra cui Art-Agenda, Ibraaz, Arte e Critica, Flash Art International, e Frieze blog,
e in pubblicazioni tra cui Réalités du commissariat d’exposition (ed. C.E.A.), Palais de Tokyo
Magazine (ed. PDT), Performing the Insitutional III (ed. Kunsthalle Lissabon), Active Withdrawal
(ed. Guangdong Times Museum). Alampi ha partecipato al prestigioso de Appel Curatorial
Program di Amsterdam.
questa disciplina in un luogo per definizione dedicato (anche se con minore esclusività di un
tempo) alle arti visive? E come si può mantenerne l’intensità per un periodo di tempo esteso
quanto gli orari di apertura dell’istituzione? E come la danza interagisce con i rumori di fondo
del museo, con la mobilità continua dei suoi visitatori, con la rigidità delle sue architetture?
La domanda finale potrebbe essere: cosa “produce” il museo sulla danza? E, specularmente,
la danza sul museo?
76’38’’ + ∞ è la prima mostra personale in un museo del coreografo francese Jérôme Bel,
che si confronta direttamente con questo genere di questioni, legate profondamente ad una ri-
cerca artistica da sempre impegnata nel mettere in discussione l’ontologia stessa della danza
e delle sue convenzioni. Percorso che lo ha visto talvolta includere nei suoi lavori ballerini non
professionisti, bambini, anziani o persone con disabilità. La natura conversazionale di molte
sue opere, tra l’altro, ha in alcuni casi liberato i danzatori anche dal loro ruolo di puri interpreti,
rendendoli protagonisti effettivi o addirittura co-autori, con il posizionare la loro biografia, la
loro storia professionale, la loro “realtà”, al centro dello sviluppo drammaturgico delle opere
stesse. In questo senso, il concetto di emancipazione, etica quanto estetica, del corpo e della
mente del danzatore è uno degli aspetti più importanti della sua ricerca, divenendo anche
metafora più ampia della necessità - e della difficoltà - di liberazione dei singoli dai ritmi e dai
dogmi della società post-fordista.
Il titolo 76’38’’ + ∞ si riferisce alla durata complessiva “ideale” della mostra. Un incoraggia-
mento a osservare i lavori - tutti con una temporalità ben precisa - dall’inizio alla fine, norma
classica all’interno del teatro, comportamento inconsueto nel museo. L’infinito è invece un
riferimento alla possibilità di una “nuova danza”, un loop creato solo per il museo e per le sue
necessità: un’opera senza fine realizzata per essere esperita dai pochi secondi all’eternità.
La mostra 76’38’’ + ∞ si presenta come quella che Jérôme Bel stesso definisce una “dramma-
turgia della dis-alienazione”, articolandosi intorno a cinque opere chiave realizzate negli ultimi
venti anni. Diaporama (1994-2017) è uno slide-show che presenta l’archivio in fieri di Bel, una
collezione di immagini di strutture teatrali dei generi più vari e che illustra lo sviluppo, la meta-
morfosi e le molteplici forme assunte dallo spazio teatrale nel mondo. Il rapporto tra la cultura
capitalistica e l’individuo, una riflessione sul ruolo del segno (il brand) e della sua influenza
determinante sulle nostre azioni quotidiane è affrontato da Shirtology (1997/2015). Un’opera
che evidenzia l’alienazione causata dalla gerarchia e dalle condizioni di lavoro imposte nel con-
testo della danza classica è Vèronique Doisneau (2004), la storia della vita di una ballerina del
corpo di ballo dell’Opera di Parigi. All’opposto, in Compagnia Compagnia (2015) un corpo di
ballo emancipato, composto da non professionisti di ogni età provenienti dal tessuto sociale di
Prato e della provincia di Firenze, demolisce gerarchie e convenzioni teatrali. Danzare come se
nessuno stesse guardando (2017) è un’opera appositamente concepita per la mostra al Centro
Pecci: un ballo continuo per un/a solo/a ballerino/a alla ricerca di un concetto di danza privato
di gravità, desiderio, cultura e aspettative, una danza che inghiotte i suoi spettatori, ma che esi-
ste anche senza di loro, una danza, più che ispirata, alimentata direttamente dal museo, dalla
sua infrastruttura, dai suoi protocolli.
Da un punto di vista formale, 76’38’’ + ∞ ha una componente performativa e una filmica,
con performance presentate live ogni weekend all’interno dello spazio espositivo, ed
altre che si svolgono durante l’intero orario di apertura del museo. Tutti gli altri lavori in
mostra sono stati espressamente realizzati per la video-camera, un mezzo che Bel adotta da
sempre per riproporre i suoi lavori, legandosi alla storia della danza contemporanea e al suo rapporto con l’immagine in movimento.
Antonia Alampi
Jérôme Bel (n.1964) vive a Parigi, ma lavora in tutto il mondo. Ha studiato al Centro Nazionale
della Danza di Angers.
I suoi film e spettacoli sono stati presentati in musei di arte contemporanea e biennali di tutto
il mondo, tra cui la Yokohama Triennale, il MoMA di New York, dOCUMENTA(13), Tate Modern,
Centre Pompidou Paris, Malaga e Metz, la Biennale di Lione, la Biennale di Porto Alegre e la
Biennale di Tirana, il Palais de Tokyo, Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, MABA Buenos
Aires, Performa New York e Fondation Bernardo Lisboa.
Il suo primo lavoro da coreografo, dal titolo nom donné par l’auteur (1994) è una coreografia di
oggetti. Il secondo, Jerome Bel (1995), ruota intorno all’identità e totale nudità dei suoi inter-
preti. Il terzo, Shirtology (1997), è stato commissionato dal Centro Cultural de Belem (Lisbona)
e Victoria (Ghent). Nel 2000 una versione giapponese di questo lavoro è stata prodotta a Kyoto
e a Tokyo. Shirtology presenta un attore che veste e si fa guidare dai brand di molte T-shirts.
The last performance (1998), citando la coreografa tedesca Susanne Linke, l’Amleto e André
Agassi, cerca di definire un’ontologia della performance. Nel 1999 chiede a Myriam Gourfink di
coreografare un solo per lui: Glossolalie (1999). Il lavoro Xavier Le Roy (2000) è stato firmato da
Jérôme Bel ma in realtà è stato coreografato da Xavier Le Roy stesso.
The show must go on (2001) coinvolge un cast di venti performer, diciannove canzoni pop e un
DJ. Il lavoro è stato parte del repertorio del Deutsches Schauspielhaus di Amburgo dal 2000 al
2005 e nel repertorio della Lyon Opera Ballet dal 2007 al 2014. Nel 2004, Bel è stato invitato a
produrre un nuovo lavoro per la Paris Opera ballet: Veronique Doisneau (2004), un documen-
tario teatrale sul lavoro della ballerina Véronique Doisneau, parte del corpo di balletto della
compagnia. Lo stesso anno produce The show must go on 2 (2004), un’opera che Bel conside-
ra un fallimento e che ha cancellato dal suo repertorio dopo averlo mostrato a Bruxelles, Parigi,
Berlino e Singapore.
L’anno dopo, Bel è invitato a lavorare a Bangkok dal curatore Tang Fu Kuen,
e lì produce Pichet Klunchun and myself (2005) con il ballerino di danza tradizionale tailandese
Pichet Klunchun. In questo lavoro Pichet Klunchun e Jérôme Bel discutono delle loro prati-
che artistiche nonostante le differenze culturali abissali che li dividono. Isabel Torres (2005),
realizzato per il Teatro Municipal di Rio de Janeiro è la versione brasiliana della produzione per
l’Opera di Parigi. Nel 2009, Bel produce Cédric Andrieux (2009), nel contesto di una serie di
performance che mettono in discussione l’esperienza e il sapere degli interpreti stessi, che
include Véronique Doisneau (2004), Isabel Torres (2005), Pichet Klunchun and myself (2005)
e Cédric Andrieux (2009). Nel 2009 produce A spectator, un monologo di un’ora in cui Bel
racconta agli spettatori alcune sue esperienze come spettatore. Nel 2010, con Anne Teresa De
Keersmaeker, realizza 3Abschied, una performance basata su The song of the Earth di Gustav
Malher. Nel 2012, produce Disabled Theater, un lavoro realizzato con il Theater Hora di Zurigo,
un compagnia di attori con disabilità.
In Cour d’honneur (2013) quattordici persone parlano della loro esperienza come spettatori di
Cour d’honneur del Palais des Papes al Festival di Avignone. In Gala (2015), Bel mette insieme
ballerini professionisti e non. In Tombe (2016), una performance realizzata su invito dell’Opéra
National de Paris, Jérôme Bel propone ad alcuni ballerini di invitare, per un duetto, una persona
con la quale non condividerebbero mai la scena.
Nel 2005 Jérôme Bel ha ricevuto il Bessie Award a New York per la performance The show
must go on. Nel 2008 ha ricevuto il Routes Princess Margriet Award for Cultural Diversity
(European Cultural Foundation) per Pichet Klunchun and myself. Nel 2013, Disabled Theater
è stato selezionato per il Theatertreffen a Berlino ed ha vinto il Swiss Dance Awards - Current Dance Works.
Antonia Alampi è storica dell’arte, curatrice e scrittrice, membro della direzione artistica di
Extra City ad Anversa, co-direttore artistico di SAVVY Contemporary a Berlino e co-fondatri-
ce della piattaforma curatoriale Future Climates, che ha appena debuttato ad Atene con The
School of Redistribution.
Dal 2012 al 2015 ha vissuto al Cairo, dove era curatrice del centro espositivo Beirut e direttrice
del progetto di ricerca sperimentale The Imaginary School Program.
In passato ha lavorato per Manifesta 7, la Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento e lo
Studio Stefania Miscetti. Nel 2012 è stata uno dei giovani curatori internazionali selezionati dal
Palais de Tokyo per la sua Young Curators Season.
Ha curato progetti in diverse istituzioni internazionali tra cui: Palais de Tokyo, Fondation
D’Entreprise Ricard e Kadist Art Foundation (Parigi); Stedelijk Museum e de Appel Arts Centre
(Amsterdam); Beirut, American University in Cairo, Townhouse Gallery e CIC (Cairo); Centre
for Contemporary Art (Derry); 98weeks (Beirut); Camera Austria e Sterischers Herbst (Graz);
CoCA (Torun); Studio Stefania Miscetti (Roma); e Galleria Astuni (Bologna). Suoi testi sono ap-
parsi su riviste tra cui Art-Agenda, Ibraaz, Arte e Critica, Flash Art International, e Frieze blog,
e in pubblicazioni tra cui Réalités du commissariat d’exposition (ed. C.E.A.), Palais de Tokyo
Magazine (ed. PDT), Performing the Insitutional III (ed. Kunsthalle Lissabon), Active Withdrawal
(ed. Guangdong Times Museum). Alampi ha partecipato al prestigioso de Appel Curatorial
Program di Amsterdam.
28
aprile 2017
Jérome Bel – 76’38’’ + …..
Dal 28 aprile al 25 giugno 2017
arte contemporanea
Location
CENTRO PER L’ARTE CONTEMPORANEA LUIGI PECCI
Prato, Viale Della Repubblica, 277, (Prato)
Prato, Viale Della Repubblica, 277, (Prato)
Orario di apertura
martedì, mercoledì, ore 12.00 – 20.00
giovedì, venerdì, sabato, domenica ore 12.00 – 24.00
chiuso lunedì
Vernissage
28 Aprile 2017, ore 18
Autore
Curatore