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Jiangsu Modern Chinese Ink Painting
Arte contemporanea dalla Cina in mostra a Vinci al Museo Leonardiano
Comunicato stampa
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Nell’ambito degli scambi interculturali instaurati dalla Regione Toscana con la Cina, il Museo Leonardiano, ospiterà, nelle sale adibite alle esposizioni temporanee, le opere di una ventina di artisti provenienti dalla provincia dello Jiangsu.
Un’occasione particolare per affacciarsi sulla complessa realtà dell’arte contemporanea cinese. I lavori presentati, una selezione di circa cinquanta dipinti, permetteranno di osservare le evoluzioni contemporanee della tecnica relativa alla pittura ad inchiostro e acqua, un’arte antica che diventa in questo caso spazio di confronto e di sperimentazione con gli stili occidentali e con la tradizione, una elaborazione di modi di visione differenti.
Attraverso gli artisti scelti, rappresentativi della produzione artistica della regione e in specifico delle ricerche svolte dall’Accademia d’arte di Nanchino (Nanjing), -alcuni dei quali già affermati a livello internazionale-, si proporrà un percorso possibile nell’attualità culturale cinese.
L’iniziativa è organizzata dal Museo Leonardiano di Vinci in collaborazione con il Governo della Provincia dello Jiangsu e con la Regione Toscana.
La pittura a inchiostro in Cina
(Filippo Salviati, Facoltà di Studi Orientali, Università ‘La Sapienza’, Roma)
Agli artisti cinesi sono bastati tre semplici strumenti, pennello, inchiostro e carta, per dare piena espressione al proprio genio e creare così, nel corso dei secoli, assoluti capolavori: prima con le sperimentazioni condotte nel campo della calligrafia, sin dal IV secolo, poi con la realizzazione di pitture soprattutto a soggetto paesaggistico, a partire dal X-XI secolo. La pittura a inchiostro, monocroma o che prevedesse l’utilizzo del colore, può dunque essere considerata come la tecnica maggiormente rappresentativa dell’intera produzione artistica cinese, utilizzata nei secoli dagli artisti-letterati per produrre capolavori indiscussi che la zelante cura di illustri collezionisti del passato, tra cui molti imperatori, ha permesso giungessero anche a noi moderni. E proprio gli imperatori sono stati tra i più autorevoli mecenati che, sin dall’epoca Song (960-1279) hanno promosso la costituzione delle Accademie, antesignane delle moderne scuole d’arte, per garantire una adeguata formazione professionale degli artisti-letterati, basata non solo su un meticoloso apprendimento delle tecniche pittoriche ma anche su uno scrupoloso studio dei maestri del passato al fine di trasmettere alle generazioni successive, grazie alla realizzazione di copie delle opere più importanti, la sapienza di riconosciuti maestri.
Con il venir meno, all’inizio del secolo XX e con la fine della dinastia Qing (1644-1911), della istituzione di governo imperiale che aveva per oltre un millennio garantito la coltivazione e sopravvivenza della pittura a inchiostro, questa antica tecnica conobbe momenti di profonda crisi, sparendo addirittura, fino alla fine degli anni Trenta, dall’insegnamento nelle scuole d’arte. Le subentrò la pittura a olio, estranea alla tradizione cinese e introdotta per la prima volta nel paese dai missionari gesuiti nel secolo XVIII, tecnica che stava conoscendo un momento di particolare successo grazie alla diffusione promossa in Cina da artisti come Xu Beihong (1895-1953) e Lin Fengmian (1900-1991), sostenitori della necessità di riformare l’arte cinese e renderla più permeabile agli influssi della cultura artistica europea, come parte del processo di svecchiamento e modernizzazione che la Cina stava conoscendo in quel periodo. Non miglior sorte toccò alla pittura a inchiostro negli anni successivi, soprattutto durante il periodo maoista, quando la pittura a olio, che garantiva una migliore adesione ai principi del realismo socialista propugnati dai teorici della rivoluzione, scalzò nuovamente la tradizionale tecnica, considerata adesso –insieme a coloro che la praticavano- come retrograda espressione della vecchia società confuciana, di quel passato feudale dal quale la ‘nuova Cina’ desiderava ardentemente liberarsi. La ‘riabilitazione’ avvenne comunque ancora una volta ad opera di Mao, quando la pittura a inchiostro, purché limitata nei soggetti a quelli di sapore più schiettamente popolare, fu ritenuta in grado di assurgere al livello di guohua, ‘pittura nazionale’, rappresentativa cioè dell’anima del popolo cinese nel suo insieme e non più degli ideali di una ristretta cerchia di persone, i wenren o letterati del passato.
L’ultimo dei grandi rischi corso dalla pittura a inchiostro è storia recente, anzi attuale. A partire dagli anni Ottanta la Cina è infatti stata protagonista di un processo di modernizzazione, industrializzazione e apertura a influssi culturali esterni che non ha precedenti nella storia del paese e che ha interessato da vicino anche l’evoluzione delle arti. La modernità incalza, trasforma radicalmente il volto della Cina, proiettata nei suoi scenari urbani verso soluzioni avveniristiche che non lasciano spazio a nostalgie del passato: anche gli artisti, specie quelli dell’ultima generazione, sperimentano nuove soluzioni espressive e linguaggi ricorrendo ai mezzi offerti dalla tecnologia attuale –fotografia digitale, video, computer-art- o utilizzando forme espressive mediate dalle avanguardie artistiche occidentali, quali la performance e le installazioni. Eppure, come questa mostra vinciana ben dimostra, pennello, carta e inchiostro sopravvivono ancora nella pratica artistica cinese odierna: nonostante le numerose vicissitudini, essi costituiscono ancora gli strumenti prediletti da una folta schiera di artisti che ad essi si rivolgono non per un gusto retrogrado o volontà ‘passatista’, non per un tenace abbarbicamento alla tradizione che si opponga all’avanzare della modernizzazione, come già fu nelle prime decadi del secolo XX: ma perché questi strumenti, solo in apparenza limitati, contengono ancora in sé una potenzialità che gli artisti cinesi non possono ignorare e che anzi continuano a esplorare con tenacia, dedizione, passione. Del resto, quando si esaminino con attenzione i capolavori del passato realizzati con la tecnica della pittura a inchiostro, non è difficile scorgere in essi una sensibilità estetica vicina al nostro sentire, percepibile nella ricerca della immediatezza e essenzialità, specie nelle calligrafie o pitture di paesaggio ove con pochi tratti e giocando sulle infinite sfumature e tonalità dell’inchiostro gli artisti del passato seppero infondere straordinaria vitalità alle loro composizioni, sapendo delineare con sapienza e in pochi tratti figure umane, animali, paesaggi di grandiosa bellezza. In queste opere si sente vibrare quel principio che ha caratterizzato una parte importante dell’esperienza artistica moderna e contemporanea occidentale: il massimo dell’espressione con il minimo del tratto, principio germinato dalla calligrafia, dalla celebrazione dunque del tratto, del segno, della sua potenza espressiva. Se poi si guardi a figure chiave del passato, come il monaco buddhista del secolo VIII, Haisu, celebre per la sua calligrafia in ‘corsivo selvaggio’ indecifrabile anche agli occhi dei più esperti, il quale nei momenti di assoluta creatività artistica gettava il pennello per intingere la lunga chioma di capelli nell’inchiostro e con essa tracciare le proprie artistiche calligrafie, non si può fare a meno di ravvisare in lui un antesignano della moderna action painting e un gusto per la performance che riaffiora proprio nell’opera di molti artisti cinesi contemporanei.
Le opere presentate in mostra offrono una buona panoramica della varietà di soggetti e trattazione degli stessi nella pratica attuale della pittura a inchiostro. Espliciti richiami alla essenzialità della pittura monocroma e alla celebrazione del tratto quasi calligrafico sono evidenti nelle composizioni dal sapore astratto di Nie Weigu, mentre il tema del paesaggio, caro a tanti artisti del passato, viene reinterpretato in chiave moderna nei dipinti di Zhou Jingxin, Cui Jian, Zhu Jianzhong, Liang Yuan e Zhu Doping: le pitture su ventaglio di quest’ultimo costituiscono inoltre una esplicita citazione di uno dei supporti pittorici tradizionali maggiormente diffusi nella Cina classica a partire dall’epoca Song. Di sapore più moderno, vuoi per i ricercati effetti coloristici come anche per la trattazione dei soggetti, ci appaiono le opere di Jin Weihong, Qin Xiuping o Zhou Jumin: in esse la lezione appresa dall’Occidente traspare con maggior forza, senza tuttavia che lo spirito di immediatezza e la forza espressiva tipici della pittura cinese siano sacrificati. Esemplificativi della produzione pittorica del Novecento che ha trovato massima espressione nelle opere di artisti del calibro di Qi Baishi (1864-1957) sono inoltre i dipinti di Gao Made e Gai Maosen: all’estremo opposto, per ricchezza di dettagli e utilizzo del colore, possono collocarsi le opere di Hu Ningna, ove il virtuosismo con cui sono realizzate ci fa quasi dimenticare il fatto che ci si trova di fronte a dipinti realizzati non a olio ma con la tradizionalissima tecnica della pittura a inchiostro.
Un’occasione particolare per affacciarsi sulla complessa realtà dell’arte contemporanea cinese. I lavori presentati, una selezione di circa cinquanta dipinti, permetteranno di osservare le evoluzioni contemporanee della tecnica relativa alla pittura ad inchiostro e acqua, un’arte antica che diventa in questo caso spazio di confronto e di sperimentazione con gli stili occidentali e con la tradizione, una elaborazione di modi di visione differenti.
Attraverso gli artisti scelti, rappresentativi della produzione artistica della regione e in specifico delle ricerche svolte dall’Accademia d’arte di Nanchino (Nanjing), -alcuni dei quali già affermati a livello internazionale-, si proporrà un percorso possibile nell’attualità culturale cinese.
L’iniziativa è organizzata dal Museo Leonardiano di Vinci in collaborazione con il Governo della Provincia dello Jiangsu e con la Regione Toscana.
La pittura a inchiostro in Cina
(Filippo Salviati, Facoltà di Studi Orientali, Università ‘La Sapienza’, Roma)
Agli artisti cinesi sono bastati tre semplici strumenti, pennello, inchiostro e carta, per dare piena espressione al proprio genio e creare così, nel corso dei secoli, assoluti capolavori: prima con le sperimentazioni condotte nel campo della calligrafia, sin dal IV secolo, poi con la realizzazione di pitture soprattutto a soggetto paesaggistico, a partire dal X-XI secolo. La pittura a inchiostro, monocroma o che prevedesse l’utilizzo del colore, può dunque essere considerata come la tecnica maggiormente rappresentativa dell’intera produzione artistica cinese, utilizzata nei secoli dagli artisti-letterati per produrre capolavori indiscussi che la zelante cura di illustri collezionisti del passato, tra cui molti imperatori, ha permesso giungessero anche a noi moderni. E proprio gli imperatori sono stati tra i più autorevoli mecenati che, sin dall’epoca Song (960-1279) hanno promosso la costituzione delle Accademie, antesignane delle moderne scuole d’arte, per garantire una adeguata formazione professionale degli artisti-letterati, basata non solo su un meticoloso apprendimento delle tecniche pittoriche ma anche su uno scrupoloso studio dei maestri del passato al fine di trasmettere alle generazioni successive, grazie alla realizzazione di copie delle opere più importanti, la sapienza di riconosciuti maestri.
Con il venir meno, all’inizio del secolo XX e con la fine della dinastia Qing (1644-1911), della istituzione di governo imperiale che aveva per oltre un millennio garantito la coltivazione e sopravvivenza della pittura a inchiostro, questa antica tecnica conobbe momenti di profonda crisi, sparendo addirittura, fino alla fine degli anni Trenta, dall’insegnamento nelle scuole d’arte. Le subentrò la pittura a olio, estranea alla tradizione cinese e introdotta per la prima volta nel paese dai missionari gesuiti nel secolo XVIII, tecnica che stava conoscendo un momento di particolare successo grazie alla diffusione promossa in Cina da artisti come Xu Beihong (1895-1953) e Lin Fengmian (1900-1991), sostenitori della necessità di riformare l’arte cinese e renderla più permeabile agli influssi della cultura artistica europea, come parte del processo di svecchiamento e modernizzazione che la Cina stava conoscendo in quel periodo. Non miglior sorte toccò alla pittura a inchiostro negli anni successivi, soprattutto durante il periodo maoista, quando la pittura a olio, che garantiva una migliore adesione ai principi del realismo socialista propugnati dai teorici della rivoluzione, scalzò nuovamente la tradizionale tecnica, considerata adesso –insieme a coloro che la praticavano- come retrograda espressione della vecchia società confuciana, di quel passato feudale dal quale la ‘nuova Cina’ desiderava ardentemente liberarsi. La ‘riabilitazione’ avvenne comunque ancora una volta ad opera di Mao, quando la pittura a inchiostro, purché limitata nei soggetti a quelli di sapore più schiettamente popolare, fu ritenuta in grado di assurgere al livello di guohua, ‘pittura nazionale’, rappresentativa cioè dell’anima del popolo cinese nel suo insieme e non più degli ideali di una ristretta cerchia di persone, i wenren o letterati del passato.
L’ultimo dei grandi rischi corso dalla pittura a inchiostro è storia recente, anzi attuale. A partire dagli anni Ottanta la Cina è infatti stata protagonista di un processo di modernizzazione, industrializzazione e apertura a influssi culturali esterni che non ha precedenti nella storia del paese e che ha interessato da vicino anche l’evoluzione delle arti. La modernità incalza, trasforma radicalmente il volto della Cina, proiettata nei suoi scenari urbani verso soluzioni avveniristiche che non lasciano spazio a nostalgie del passato: anche gli artisti, specie quelli dell’ultima generazione, sperimentano nuove soluzioni espressive e linguaggi ricorrendo ai mezzi offerti dalla tecnologia attuale –fotografia digitale, video, computer-art- o utilizzando forme espressive mediate dalle avanguardie artistiche occidentali, quali la performance e le installazioni. Eppure, come questa mostra vinciana ben dimostra, pennello, carta e inchiostro sopravvivono ancora nella pratica artistica cinese odierna: nonostante le numerose vicissitudini, essi costituiscono ancora gli strumenti prediletti da una folta schiera di artisti che ad essi si rivolgono non per un gusto retrogrado o volontà ‘passatista’, non per un tenace abbarbicamento alla tradizione che si opponga all’avanzare della modernizzazione, come già fu nelle prime decadi del secolo XX: ma perché questi strumenti, solo in apparenza limitati, contengono ancora in sé una potenzialità che gli artisti cinesi non possono ignorare e che anzi continuano a esplorare con tenacia, dedizione, passione. Del resto, quando si esaminino con attenzione i capolavori del passato realizzati con la tecnica della pittura a inchiostro, non è difficile scorgere in essi una sensibilità estetica vicina al nostro sentire, percepibile nella ricerca della immediatezza e essenzialità, specie nelle calligrafie o pitture di paesaggio ove con pochi tratti e giocando sulle infinite sfumature e tonalità dell’inchiostro gli artisti del passato seppero infondere straordinaria vitalità alle loro composizioni, sapendo delineare con sapienza e in pochi tratti figure umane, animali, paesaggi di grandiosa bellezza. In queste opere si sente vibrare quel principio che ha caratterizzato una parte importante dell’esperienza artistica moderna e contemporanea occidentale: il massimo dell’espressione con il minimo del tratto, principio germinato dalla calligrafia, dalla celebrazione dunque del tratto, del segno, della sua potenza espressiva. Se poi si guardi a figure chiave del passato, come il monaco buddhista del secolo VIII, Haisu, celebre per la sua calligrafia in ‘corsivo selvaggio’ indecifrabile anche agli occhi dei più esperti, il quale nei momenti di assoluta creatività artistica gettava il pennello per intingere la lunga chioma di capelli nell’inchiostro e con essa tracciare le proprie artistiche calligrafie, non si può fare a meno di ravvisare in lui un antesignano della moderna action painting e un gusto per la performance che riaffiora proprio nell’opera di molti artisti cinesi contemporanei.
Le opere presentate in mostra offrono una buona panoramica della varietà di soggetti e trattazione degli stessi nella pratica attuale della pittura a inchiostro. Espliciti richiami alla essenzialità della pittura monocroma e alla celebrazione del tratto quasi calligrafico sono evidenti nelle composizioni dal sapore astratto di Nie Weigu, mentre il tema del paesaggio, caro a tanti artisti del passato, viene reinterpretato in chiave moderna nei dipinti di Zhou Jingxin, Cui Jian, Zhu Jianzhong, Liang Yuan e Zhu Doping: le pitture su ventaglio di quest’ultimo costituiscono inoltre una esplicita citazione di uno dei supporti pittorici tradizionali maggiormente diffusi nella Cina classica a partire dall’epoca Song. Di sapore più moderno, vuoi per i ricercati effetti coloristici come anche per la trattazione dei soggetti, ci appaiono le opere di Jin Weihong, Qin Xiuping o Zhou Jumin: in esse la lezione appresa dall’Occidente traspare con maggior forza, senza tuttavia che lo spirito di immediatezza e la forza espressiva tipici della pittura cinese siano sacrificati. Esemplificativi della produzione pittorica del Novecento che ha trovato massima espressione nelle opere di artisti del calibro di Qi Baishi (1864-1957) sono inoltre i dipinti di Gao Made e Gai Maosen: all’estremo opposto, per ricchezza di dettagli e utilizzo del colore, possono collocarsi le opere di Hu Ningna, ove il virtuosismo con cui sono realizzate ci fa quasi dimenticare il fatto che ci si trova di fronte a dipinti realizzati non a olio ma con la tradizionalissima tecnica della pittura a inchiostro.
16
ottobre 2006
Jiangsu Modern Chinese Ink Painting
Dal 16 ottobre 2006 al 07 gennaio 2007
arte contemporanea
Location
MUSEO LEONARDIANO – PALAZZINA UZIELLI
Vinci, Via Della Torre, 2, (Firenze)
Vinci, Via Della Torre, 2, (Firenze)
Biglietti
intero € 5; ridotto € 3,50; ridotto speciale € 2,00
Orario di apertura
9.30 – 19.00 (ottobre)
9.30 – 18.00 (novembre – gennaio)
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