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Jiki – porcellana giapponese tra Oriente e Occidente dal 1610 al 1760
JIKI (il termine significa porcellana) è un viaggio all’interno della porcellana giapponese prodotta nei secoli XVII e XVIII, oltre 110 opere, in cui vengono messe a confronto per la prima volta la porcellana prodotta per i nobili giapponesi (più elegante, pensata come oggetto d’uso, detta Nabeshima), con quella che nello stesso periodo veniva prodotta su commissione per il mercato europeo.
Comunicato stampa
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Jiki, porcellana giapponese tra Oriente e Occidente dal 1610 al 1760 è il titolo della mostra che sarà possibile visitare al MIC di Faenza dal 26 giugno al 7 novembre 2004. Jiki (il termine significa porcellana) è un viaggio all’interno della porcellana giapponese prodotta nei secoli XVII e XVIII, oltre 110 opere, in cui vengono messe a confronto per la prima volta la porcellana prodotta per i nobili giapponesi (più elegante, pensata come oggetto d’uso), con quella che nello stesso periodo veniva prodotta su commissione per il mercato europeo (dai disegni più vistosi e colorati e fondamentalmente pensata per arredare e decorare).
La ceramica di questo periodo viene definita genericamente ARITA, dalla cittadina in cui venivano prodotte, e viene suddivisa in due gruppi, la cui opera è per entrambi di inestimabile valore artistico e culturale. Un primo gruppo è costituito dalla porcellana NABESHIMA, così denominata dalla famiglia nobile che governava quel territorio e sotto la cui cura veniva prodotta la più alta porcellana per Shôgun (letteralmente il Governatore e qui inteso in senso lato come le nobili famiglie). E’ questa una ceramica di altissimo livello per materiali, disegno e ricerca stilistica. Cromatismi per lo più tendenti al blu e agli azzurri, asimmetria nel decoro, soggetti inerenti alla natura (piante, animali, la luna) e ampi spazi vuoti che si armonizzano con il semplice segno stilistico, secondo uno spirito di ricerca che potremmo definire, anche se non del tutto propriamente, “Zen”.
Un secondo gruppo di porcellane è invece comunemente conosciuto come KAKIEMON, dal nome del particolare rosso a base ferrosa che ne ha caratterizzato la produzione e che in seguito ha dato nome anche alla famiglia di artisti che la produceva, attiva ancora ai giorni nostri. La porcellana Kakiemon era una ceramica meno raffinata, eseguita in foggia giapponese ma su commessa di mercanti olandesi per il mercato europeo. Questa produzione è fortemente caratterizzata dalla geometrica simmetria del disegno. In questo secondo gruppo, pensato per l’esportazione, le fogge sono spesso completamente sconosciute alla produzione della tradizione giapponese (come ad esempio caffettiere, vasellame da arredo e non d’uso, ciotole da barbiere…). Talvolta gli stessi disegni riproducono paesaggi ignoti al Giappone o elementi della mitologia europea (come i centauri). Fra le curiosità, ad esempio, gli enormi vasi d’arredo alti 1 metro e più, che spesso ornano le residenze nobili di tanta parte d’Europa, sono oggetti totalmente sconosciuti alle nobili casate del Sol Levante, essendo state create appositamente per il mercato del vecchio continente.
Il commercio e il giro di affari che la porcellana giapponese andava a coprire in Europa non poteva lasciare indifferenti i produttori europei. Così quando a partire dal 1708, dopo due secoli di tentativi, si riesce anche in Europa a produrre la porcellana, ha inizio, prima in Germania e poi in Francia e in Inghilterra una significativa produzione di copie. Di questa tendenza, in mostra sarà possibile ammirare una decina di originali giapponesi Kakiemon affiancati alle rispettive copie europee.
Il periodo di splendore della porcellana Arita inizia nel 1610, e si conclude nel 1760 con la fine della dinastia Nabeshima. Sarà nel 1650 che la porcellana Kakiemon giunge alla più completa elaborazione del suo stile ed è fra il 1660 e il 1730 che la porcellana Arita vive il periodo di massimo splendore.
Un dato può rendere in maniera significativa il livello produttivo e il movimento economico che ne conseguiva: di porcellana Nabeshima, cioè per il solo uso interno giapponese, venivano prodotti non più di 5.000 pezzi all’anno, di porcellana Kakiemon ne venivano prodotti oltre 100.000 .
Una differenza questa che è giustificata da un importantissimo fattore sociale e culturale. Coloro che producevano ceramica Nabeshima erano di fatto protetti dai nobili governanti, mantenuti a vita per produrre in esclusiva le più alte opere, mentre gli artigiani Kakiemon dovevano sostenersi con il proprio lavoro.
La mostra è suddivisa in quattro aree e si sviluppa secondo un percorso cronologico. Un primo periodo in cui la ceramica giapponese risente dell’influenza cinese; una seconda fase di apparente chiusura al mondo esterno, nella quale, in realtà, attraverso i mercanti olandesi, il Giappone diffonderà in tutto il mondo occidentale un’arte di rara bellezza creata appositamente per essere esportata (Arita/Kakiemon), che si affianca a quella esclusiva riservata ai nobili giapponesi (Arita/Nabeshima). Si conclude con una terza e una quarta sezione in cui verrà approfondita la produzione per l’estero nel periodo 1650/1750, e dove sarà possibile ammirare accanto agli originali giapponesi, i tentativi coevi di imitazione, sempre di altissima fattura, realizzati da artisti e artigiani occidentali.
La mostra Jiki è organizzata dal Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza - Fondazione, dall’ Assessorato alle politiche culturali del Comune di Faenza in collaborazione con la Japan Foundation.
Le opere che verranno esposte, sono state selezionate da Kojo Ohashi, vice direttore del Kyushu Ceramic Museum di Arita, che ha curato la parte scientifica della mostra, mentre l’artista giapponese, che vive e lavora a Faenza da 25 anni, Tomokazu Hirai, segue la parte progettuale.
La mostra si presenta come uno dei più importanti eventi culturali europei del biennio.
Jiki sarà presentata per la prima volta a Faenza, per proseguire nel 2005 con esposizioni a Parigi e Bruxelles.
La mostra sarà, inoltre l’occasione per conoscere la tradizione di questa cultura antichissima, secondo un ricco cartellone di eventi organizzati dal MIC insieme all’Istituto di Cultura Giapponese di Roma.
Sono previste due ulteriori esposizioni: la prima consiste in una raccolta di opere di porcellana giapponese provenienti dalle collezioni del MIC, datate 1620/1690, circa una trentina di opere, fra cui spiccano un paio di interessanti vasellami Nabeshima, la seconda esposizione sarà di abiti di scena per la Madama Butterfly (entrambe le mostre sono in via di definizione).
Sono inoltre previsti, all’interno dei verdi cortili del museo, concerti di musica giapponese, letture di poesia, cene di cucina del Sol Levante, eventi di cui sarà presto disponibile il calendario sul sito www.micfaenza.org.
• Ceramiche italiane datate dal XV al XIX sec.
per il "Corpus della maiolica italiana" di Gaetano Ballardini
(25 giugno - 7 novembre)
Accanto alla esposizione di porcellana giapponese, il MIC ha previsto una mostra rivolta a un pubblico di conoscitori della ceramica, ma pensata per essere fruita anche dai neofiti dell’argomento.
E’ questo infatti un titolo complesso per un’idea affascinante e un modo nuovo per scoprire l’arte della ceramica: la data della produzione.
Al mondo, infatti, sono pochi e rari i reperti e i pezzi in ceramica che recano una data scritta sull’opera stessa e pertanto certa.
La mostra parte da questa particolarità e va a creare un percorso di rara bellezza utilizzando opere appositamente estratte dai caveau del MIC, un patrimonio costruito in anni di ricerca attraverso i principali musei e centri di produzione ceramica mondiali.
Il pretesto per la realizzazione di questo percorso è dato dall’omaggio al padre della storia della ceramica mondiale e fondatore del MIC, Gaetano Ballardini, di cui nel 2004 ricorre il 50° anniversario della scomparsa.
La ceramica di questo periodo viene definita genericamente ARITA, dalla cittadina in cui venivano prodotte, e viene suddivisa in due gruppi, la cui opera è per entrambi di inestimabile valore artistico e culturale. Un primo gruppo è costituito dalla porcellana NABESHIMA, così denominata dalla famiglia nobile che governava quel territorio e sotto la cui cura veniva prodotta la più alta porcellana per Shôgun (letteralmente il Governatore e qui inteso in senso lato come le nobili famiglie). E’ questa una ceramica di altissimo livello per materiali, disegno e ricerca stilistica. Cromatismi per lo più tendenti al blu e agli azzurri, asimmetria nel decoro, soggetti inerenti alla natura (piante, animali, la luna) e ampi spazi vuoti che si armonizzano con il semplice segno stilistico, secondo uno spirito di ricerca che potremmo definire, anche se non del tutto propriamente, “Zen”.
Un secondo gruppo di porcellane è invece comunemente conosciuto come KAKIEMON, dal nome del particolare rosso a base ferrosa che ne ha caratterizzato la produzione e che in seguito ha dato nome anche alla famiglia di artisti che la produceva, attiva ancora ai giorni nostri. La porcellana Kakiemon era una ceramica meno raffinata, eseguita in foggia giapponese ma su commessa di mercanti olandesi per il mercato europeo. Questa produzione è fortemente caratterizzata dalla geometrica simmetria del disegno. In questo secondo gruppo, pensato per l’esportazione, le fogge sono spesso completamente sconosciute alla produzione della tradizione giapponese (come ad esempio caffettiere, vasellame da arredo e non d’uso, ciotole da barbiere…). Talvolta gli stessi disegni riproducono paesaggi ignoti al Giappone o elementi della mitologia europea (come i centauri). Fra le curiosità, ad esempio, gli enormi vasi d’arredo alti 1 metro e più, che spesso ornano le residenze nobili di tanta parte d’Europa, sono oggetti totalmente sconosciuti alle nobili casate del Sol Levante, essendo state create appositamente per il mercato del vecchio continente.
Il commercio e il giro di affari che la porcellana giapponese andava a coprire in Europa non poteva lasciare indifferenti i produttori europei. Così quando a partire dal 1708, dopo due secoli di tentativi, si riesce anche in Europa a produrre la porcellana, ha inizio, prima in Germania e poi in Francia e in Inghilterra una significativa produzione di copie. Di questa tendenza, in mostra sarà possibile ammirare una decina di originali giapponesi Kakiemon affiancati alle rispettive copie europee.
Il periodo di splendore della porcellana Arita inizia nel 1610, e si conclude nel 1760 con la fine della dinastia Nabeshima. Sarà nel 1650 che la porcellana Kakiemon giunge alla più completa elaborazione del suo stile ed è fra il 1660 e il 1730 che la porcellana Arita vive il periodo di massimo splendore.
Un dato può rendere in maniera significativa il livello produttivo e il movimento economico che ne conseguiva: di porcellana Nabeshima, cioè per il solo uso interno giapponese, venivano prodotti non più di 5.000 pezzi all’anno, di porcellana Kakiemon ne venivano prodotti oltre 100.000 .
Una differenza questa che è giustificata da un importantissimo fattore sociale e culturale. Coloro che producevano ceramica Nabeshima erano di fatto protetti dai nobili governanti, mantenuti a vita per produrre in esclusiva le più alte opere, mentre gli artigiani Kakiemon dovevano sostenersi con il proprio lavoro.
La mostra è suddivisa in quattro aree e si sviluppa secondo un percorso cronologico. Un primo periodo in cui la ceramica giapponese risente dell’influenza cinese; una seconda fase di apparente chiusura al mondo esterno, nella quale, in realtà, attraverso i mercanti olandesi, il Giappone diffonderà in tutto il mondo occidentale un’arte di rara bellezza creata appositamente per essere esportata (Arita/Kakiemon), che si affianca a quella esclusiva riservata ai nobili giapponesi (Arita/Nabeshima). Si conclude con una terza e una quarta sezione in cui verrà approfondita la produzione per l’estero nel periodo 1650/1750, e dove sarà possibile ammirare accanto agli originali giapponesi, i tentativi coevi di imitazione, sempre di altissima fattura, realizzati da artisti e artigiani occidentali.
La mostra Jiki è organizzata dal Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza - Fondazione, dall’ Assessorato alle politiche culturali del Comune di Faenza in collaborazione con la Japan Foundation.
Le opere che verranno esposte, sono state selezionate da Kojo Ohashi, vice direttore del Kyushu Ceramic Museum di Arita, che ha curato la parte scientifica della mostra, mentre l’artista giapponese, che vive e lavora a Faenza da 25 anni, Tomokazu Hirai, segue la parte progettuale.
La mostra si presenta come uno dei più importanti eventi culturali europei del biennio.
Jiki sarà presentata per la prima volta a Faenza, per proseguire nel 2005 con esposizioni a Parigi e Bruxelles.
La mostra sarà, inoltre l’occasione per conoscere la tradizione di questa cultura antichissima, secondo un ricco cartellone di eventi organizzati dal MIC insieme all’Istituto di Cultura Giapponese di Roma.
Sono previste due ulteriori esposizioni: la prima consiste in una raccolta di opere di porcellana giapponese provenienti dalle collezioni del MIC, datate 1620/1690, circa una trentina di opere, fra cui spiccano un paio di interessanti vasellami Nabeshima, la seconda esposizione sarà di abiti di scena per la Madama Butterfly (entrambe le mostre sono in via di definizione).
Sono inoltre previsti, all’interno dei verdi cortili del museo, concerti di musica giapponese, letture di poesia, cene di cucina del Sol Levante, eventi di cui sarà presto disponibile il calendario sul sito www.micfaenza.org.
• Ceramiche italiane datate dal XV al XIX sec.
per il "Corpus della maiolica italiana" di Gaetano Ballardini
(25 giugno - 7 novembre)
Accanto alla esposizione di porcellana giapponese, il MIC ha previsto una mostra rivolta a un pubblico di conoscitori della ceramica, ma pensata per essere fruita anche dai neofiti dell’argomento.
E’ questo infatti un titolo complesso per un’idea affascinante e un modo nuovo per scoprire l’arte della ceramica: la data della produzione.
Al mondo, infatti, sono pochi e rari i reperti e i pezzi in ceramica che recano una data scritta sull’opera stessa e pertanto certa.
La mostra parte da questa particolarità e va a creare un percorso di rara bellezza utilizzando opere appositamente estratte dai caveau del MIC, un patrimonio costruito in anni di ricerca attraverso i principali musei e centri di produzione ceramica mondiali.
Il pretesto per la realizzazione di questo percorso è dato dall’omaggio al padre della storia della ceramica mondiale e fondatore del MIC, Gaetano Ballardini, di cui nel 2004 ricorre il 50° anniversario della scomparsa.
25
giugno 2004
Jiki – porcellana giapponese tra Oriente e Occidente dal 1610 al 1760
Dal 25 giugno al 07 novembre 2004
arte antica
Location
MIC – MUSEO INTERNAZIONALE DELLE CERAMICHE
Faenza, Viale Alfredo Baccarini, 19, (Ravenna)
Faenza, Viale Alfredo Baccarini, 19, (Ravenna)
Biglietti
6€
Orario di apertura
Mart-Sab: 9,00-19,00. domenica festivi continuato dalle 9.30/18.30
Lun chiuso
Vernissage
25 Giugno 2004, ore 20.30