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Joachim Schmid Photoworks
P420 è lieta di presentare per la seconda volta una mostra personale dell’artista tedesco Joachim Schmid (Balingen, 1955) dal titolo Photoworks.
Comunicato stampa
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P420 è lieta di presentare per la seconda volta una mostra personale dell’artista tedesco Joachim Schmid (Balingen, 1955) dal titolo Photoworks.
Già attivo sulla scena tedesca dal 1980 come critico di fotografia, saggista ed editore, nel 1982 fonda Fotokritik, una rivista completamente autoprodotta che diventa da subito veicolo per la divulgazione delle sue teorie.
La sua riflessione si rivolge non verso la fotografia cosiddetta d’autore, bensì verso tutto ciò che è “lasciato fuori” e che quindi non è e non aspira ad essere fotografia “d’arte”, verso quella fotografia che si manifesta quando milioni di fotocamere producono miliardi di fotografie, e ne indaga, in maniera pionieristica, i tanti significati nascosti.
C’è stato un tempo in cui si usavano le fotografie. Non le fotografie come immagini, come files, da mostrare e scambiarsi sullo smartphone, ma fotografie vere e proprie, stampate, su carta, oggetti con un corpo, con un peso, che si potevano prendere in mano, accarezzare, baciare, strappare. Schmid comincia nei primissimi anni ’80 ad interessarsi alla massa di fotografie che la cultura popolare genera per un’infinità di scopi, nessuno dei quali artistico, e in particolare alla fotografia come oggetto, con il suo spessore, con un fronte e un retro. Le raccoglie ovunque sia possibile, nei mercatini, per strada, le richiede a chiunque abbia fotografie di cui potrebbe volersi liberare.
Una raccolta sistematica senza scopi scientifici o catalogatori ma con il solo intento di far emergere l’enorme potenziale nascosto che le fotografie portano con sè. Comincia da subito a dedicarsi (1982) ad uno tra i suoi progetti più vasti, Bilder von der Straße (Fotografie dalla strada), che comprende tutte le fotografie che ha potuto raccogliere in luoghi pubblici in un arco di trent’anni.
Trovate una dopo l’altra, archiviate e catalogate con un numero progressivo e l’indicazione di quando e dove siano state trovate, l’opera è un monumentale museo di immagini in bilico tra il contenuto che hanno conservato e quello
che hanno perduto, scartate, perdute, gettate, andate a un passo dall’essere definitivamente dimenticate. “Tutto quello che so di loro è il luogo e la data del ritrovamento, il resto è immaginazione” (Joachim Schmid).
“Nessuna nuova fotografia finchè tutte quelle esistenti non siano state utilizzate” è quanto egli stesso scrive in un suo testo nel 1989 che diventa immediatamente un’esemplare definizione di poetica.
La mostra raccoglie una selezione di lavori – dal più recente Il mare (2018)
a Zur Theorie der Fotografie (Sulla teoria della fotografia) del 1986, da R.Flick Collection (2017) e The Artist’s Model (2016) alla serie Statics (1995-2003) per citarne alcuni – attraverso i quali da quasi quarant’anni Schmid ironicamente cortocircuita i canoni riconosciuti della fotografia, ne allarga i confini, si interroga scetticamente sul ruolo dell’autore e sull’intenzione artistica rispetto al risultato ottenuto.
Orari di apertura martedì—sabato
10.30—13.30 / 15.00—19.30
Le opere di Joachim Schmid sono state esposte in musei di tutto il mondo e fanno parte di molte importanti collezioni internazionali. Nel 2007, in occasione della sua prima retrospettiva al Frances Young Tang Teaching Museum and
Art Gallery a Saratoga Springs (NY), Photoworks & Steidl ha pubblicato un’ampia monografia intitolata Joachim Schmid Photoworks 1982–2007. Oltre ad aver pubblicato più di 100 libri d’artista, alla fine del 2009 Schmid ha fondato
la ABC Artists’ Books Cooperative, un collettivo di artisti che autopubblicano le proprie opere utilizzando il metodo del print-on-demand, ossia la stampa su richiesta.
Già attivo sulla scena tedesca dal 1980 come critico di fotografia, saggista ed editore, nel 1982 fonda Fotokritik, una rivista completamente autoprodotta che diventa da subito veicolo per la divulgazione delle sue teorie.
La sua riflessione si rivolge non verso la fotografia cosiddetta d’autore, bensì verso tutto ciò che è “lasciato fuori” e che quindi non è e non aspira ad essere fotografia “d’arte”, verso quella fotografia che si manifesta quando milioni di fotocamere producono miliardi di fotografie, e ne indaga, in maniera pionieristica, i tanti significati nascosti.
C’è stato un tempo in cui si usavano le fotografie. Non le fotografie come immagini, come files, da mostrare e scambiarsi sullo smartphone, ma fotografie vere e proprie, stampate, su carta, oggetti con un corpo, con un peso, che si potevano prendere in mano, accarezzare, baciare, strappare. Schmid comincia nei primissimi anni ’80 ad interessarsi alla massa di fotografie che la cultura popolare genera per un’infinità di scopi, nessuno dei quali artistico, e in particolare alla fotografia come oggetto, con il suo spessore, con un fronte e un retro. Le raccoglie ovunque sia possibile, nei mercatini, per strada, le richiede a chiunque abbia fotografie di cui potrebbe volersi liberare.
Una raccolta sistematica senza scopi scientifici o catalogatori ma con il solo intento di far emergere l’enorme potenziale nascosto che le fotografie portano con sè. Comincia da subito a dedicarsi (1982) ad uno tra i suoi progetti più vasti, Bilder von der Straße (Fotografie dalla strada), che comprende tutte le fotografie che ha potuto raccogliere in luoghi pubblici in un arco di trent’anni.
Trovate una dopo l’altra, archiviate e catalogate con un numero progressivo e l’indicazione di quando e dove siano state trovate, l’opera è un monumentale museo di immagini in bilico tra il contenuto che hanno conservato e quello
che hanno perduto, scartate, perdute, gettate, andate a un passo dall’essere definitivamente dimenticate. “Tutto quello che so di loro è il luogo e la data del ritrovamento, il resto è immaginazione” (Joachim Schmid).
“Nessuna nuova fotografia finchè tutte quelle esistenti non siano state utilizzate” è quanto egli stesso scrive in un suo testo nel 1989 che diventa immediatamente un’esemplare definizione di poetica.
La mostra raccoglie una selezione di lavori – dal più recente Il mare (2018)
a Zur Theorie der Fotografie (Sulla teoria della fotografia) del 1986, da R.Flick Collection (2017) e The Artist’s Model (2016) alla serie Statics (1995-2003) per citarne alcuni – attraverso i quali da quasi quarant’anni Schmid ironicamente cortocircuita i canoni riconosciuti della fotografia, ne allarga i confini, si interroga scetticamente sul ruolo dell’autore e sull’intenzione artistica rispetto al risultato ottenuto.
Orari di apertura martedì—sabato
10.30—13.30 / 15.00—19.30
Le opere di Joachim Schmid sono state esposte in musei di tutto il mondo e fanno parte di molte importanti collezioni internazionali. Nel 2007, in occasione della sua prima retrospettiva al Frances Young Tang Teaching Museum and
Art Gallery a Saratoga Springs (NY), Photoworks & Steidl ha pubblicato un’ampia monografia intitolata Joachim Schmid Photoworks 1982–2007. Oltre ad aver pubblicato più di 100 libri d’artista, alla fine del 2009 Schmid ha fondato
la ABC Artists’ Books Cooperative, un collettivo di artisti che autopubblicano le proprie opere utilizzando il metodo del print-on-demand, ossia la stampa su richiesta.
01
gennaio 2021
Joachim Schmid Photoworks
Dal primo gennaio al 03 marzo 2021
arte contemporanea
Location
P420 ART GALLERY
Bologna, Via Azzo Gardino, 9, (Bologna)
Bologna, Via Azzo Gardino, 9, (Bologna)
Orario di apertura
Da martedì a sabato 10.30—13.30 / 15.00—19.30
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