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Jocelyne Alloucherie – Una realtà fluttuante
Il percorso della mostra – all’inizio un “passaggio” che raggruppa degli schizzi tridimensionali, dei disegni, delle fotografie e dei bozzetti – prosegue con sculture e disegni di grandi dimensioni oltre a due installazioni composite, costituite per la maggior parte da fotografie
Comunicato stampa
Segnala l'evento
una realtà fluttuante: con questo
titolo la mostra presenta un
insieme di opere realizzate nel
2010 e 2011. il percorso della
mostra – all’inizio un “passaggio”
che raggruppa degli schizzi
tridimensionali, dei disegni,
delle fotografie e dei bozzetti –
prosegue con sculture e disegni
di grandi dimensioni oltre a
due installazioni composite,
costituite per la maggior parte
da fotografie. l’allestimento tiene
minuziosamente conto delle
caratteristiche dello spazio che
le accoglie stabilendo fra loro,
ma anche fra ciascuno dei loro
componenti, dei legami che si
orchestrano in ritmi. Questa
coerenza introduce la nozione di
suite, come viene chiamata un
ciclo di opere musicali.
mettendo in evidenza il punto
di vista di chi guarda, Jocelyne
Alloucherie, come è solita fare,
“inquadra” le sue foto appese
ai muri posizionando una
successione di volumi in forma
di u davanti o molto vicini a
esse. Questo “inscatolamento
fuori asse” frammenta lo spazio,
insinuandoci e facendoci
navigare fra le fotografie
e i volumi in uno spazio
discontinuo e il riquadrato.
Partendo da questa volontà di
destabilizzazione fisica, l’artista
sconvolge molto velocemente i
limiti non solo spaziali ma anche
sensoriali e persino mentali
di questo punto di partenza
generato dal minimalismo, per
fissare la sua sottile e inventiva
meditazione su altri fronti.
l’allestimento produce così per
contaminazione un insieme di
impressioni contraddittorie:
come per rispondere
all’incertezza di questa dinamica,
la fotografia rende manifesta
l’artificialità del suo presupposto
di realtà. Qui, secondo la storica
dell’arte Diana nemiroff, in un
testo pubblicato in occasione
della mostra in canada di
cui era la curatrice scrive:
«l’elasticità della fotografia
viene sperimentata per
ampliarne il potere espressivo
con mezzi elementari».1
in questo modo, la fotografia
non elaborata, risulta la posta
in gioco per una serie di
cambiamenti e trasformazioni,
mentre gli elementi
architettonici gli conferiscono
una propria monumentalità
e un nuovo stato. Queste
fotografie sono debitrici tanto
ai gesti delle mani e dei corpi
quanto alla fissità della loro
registrazione meccanica. la
scelta dell’iceberg e la maniera
stessa con cui l’artista ha
colto il soggetto, fa riferimento
alla tradizione della fotografia
d’esplorazione del XiX ° secolo
che annullava le frontiere del
mondo conosciuto trasformando
i suoi confini in fotografie.
Questi spostamenti, attraverso
l’allineamento sottilmente
non lineare delle strutture e i
diversi angoli e inquadrature
che s’interpongono davanti
alla fotografia, la molteplicità
delle sequenze all’interno della
stessa opera e la volontà di
posizionarsi fra “il qui e ora”
del dispositivo e “l’altrove”
dell’immagine fotografica, il
modo in cui vengono elaborate
dal corpo come fossero disegni
e il rapporto che stabiliscono
fra l’astratto e il documentario:
non facilita lo spettatore a
destreggiarsi fra queste soglie,
fra queste tensioni e fra alcuni
di questi paradossi come se
energie opposte si dessero
appuntamento a turno.
Terre de neige, 2010
si tratta piuttosto di
coalescenza persuasiva e di
pratiche di fusione.
Testimone di una “realtà
fluttuante”, questa strategia
rimanda sia all’evidente
incapacità dello sguardo
di cogliere la natura, sia
all’ambizione di voler tradurre
Terre de sable, 2010
anche l’aspetto indefinibile del
nostro rapporto con un luogo.
e questo, per riprendere lo
scritto di Diana nemiroff, «con
tutto quel che ciò presuppone
dell’andirivieni tra spazio aperto
e mondo intimo, tra percezione
immediata e memoria».
rené Viau
titolo la mostra presenta un
insieme di opere realizzate nel
2010 e 2011. il percorso della
mostra – all’inizio un “passaggio”
che raggruppa degli schizzi
tridimensionali, dei disegni,
delle fotografie e dei bozzetti –
prosegue con sculture e disegni
di grandi dimensioni oltre a
due installazioni composite,
costituite per la maggior parte
da fotografie. l’allestimento tiene
minuziosamente conto delle
caratteristiche dello spazio che
le accoglie stabilendo fra loro,
ma anche fra ciascuno dei loro
componenti, dei legami che si
orchestrano in ritmi. Questa
coerenza introduce la nozione di
suite, come viene chiamata un
ciclo di opere musicali.
mettendo in evidenza il punto
di vista di chi guarda, Jocelyne
Alloucherie, come è solita fare,
“inquadra” le sue foto appese
ai muri posizionando una
successione di volumi in forma
di u davanti o molto vicini a
esse. Questo “inscatolamento
fuori asse” frammenta lo spazio,
insinuandoci e facendoci
navigare fra le fotografie
e i volumi in uno spazio
discontinuo e il riquadrato.
Partendo da questa volontà di
destabilizzazione fisica, l’artista
sconvolge molto velocemente i
limiti non solo spaziali ma anche
sensoriali e persino mentali
di questo punto di partenza
generato dal minimalismo, per
fissare la sua sottile e inventiva
meditazione su altri fronti.
l’allestimento produce così per
contaminazione un insieme di
impressioni contraddittorie:
come per rispondere
all’incertezza di questa dinamica,
la fotografia rende manifesta
l’artificialità del suo presupposto
di realtà. Qui, secondo la storica
dell’arte Diana nemiroff, in un
testo pubblicato in occasione
della mostra in canada di
cui era la curatrice scrive:
«l’elasticità della fotografia
viene sperimentata per
ampliarne il potere espressivo
con mezzi elementari».1
in questo modo, la fotografia
non elaborata, risulta la posta
in gioco per una serie di
cambiamenti e trasformazioni,
mentre gli elementi
architettonici gli conferiscono
una propria monumentalità
e un nuovo stato. Queste
fotografie sono debitrici tanto
ai gesti delle mani e dei corpi
quanto alla fissità della loro
registrazione meccanica. la
scelta dell’iceberg e la maniera
stessa con cui l’artista ha
colto il soggetto, fa riferimento
alla tradizione della fotografia
d’esplorazione del XiX ° secolo
che annullava le frontiere del
mondo conosciuto trasformando
i suoi confini in fotografie.
Questi spostamenti, attraverso
l’allineamento sottilmente
non lineare delle strutture e i
diversi angoli e inquadrature
che s’interpongono davanti
alla fotografia, la molteplicità
delle sequenze all’interno della
stessa opera e la volontà di
posizionarsi fra “il qui e ora”
del dispositivo e “l’altrove”
dell’immagine fotografica, il
modo in cui vengono elaborate
dal corpo come fossero disegni
e il rapporto che stabiliscono
fra l’astratto e il documentario:
non facilita lo spettatore a
destreggiarsi fra queste soglie,
fra queste tensioni e fra alcuni
di questi paradossi come se
energie opposte si dessero
appuntamento a turno.
Terre de neige, 2010
si tratta piuttosto di
coalescenza persuasiva e di
pratiche di fusione.
Testimone di una “realtà
fluttuante”, questa strategia
rimanda sia all’evidente
incapacità dello sguardo
di cogliere la natura, sia
all’ambizione di voler tradurre
Terre de sable, 2010
anche l’aspetto indefinibile del
nostro rapporto con un luogo.
e questo, per riprendere lo
scritto di Diana nemiroff, «con
tutto quel che ciò presuppone
dell’andirivieni tra spazio aperto
e mondo intimo, tra percezione
immediata e memoria».
rené Viau
02
luglio 2011
Jocelyne Alloucherie – Una realtà fluttuante
Dal 02 luglio al 25 settembre 2011
arte contemporanea
Location
VILLA GIULIA
Verbania, Via Vittorio Veneto, (Verbano-cusio-ossola)
Verbania, Via Vittorio Veneto, (Verbano-cusio-ossola)
Biglietti
intero 5 euro, ridotto 3 euro (dai 6 ai 14 anni, maggiori di 65 anni
e gruppi oltre 10 persone, soci Touring club italia)
gratuito Abbonamento musei Torino Piemonte
e residenti nel comune di Verbania
Orario di apertura
da mercoledì a venerdì ore 14 – 19
sabato e domenica ore 11 – 19
Vernissage
2 Luglio 2011, ore 17
Ufficio stampa
TAI AGENCY
Autore