Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Juanni Wang – 69 Studi d’Artista
Andare a vedere una mostra spesso è un punto di arrivo ma non sempre si riesce a leggere il lavoro che esiste dietro alla nascita di un’opera d’arte. Da qui Juanni ha focalizzato il suo interesse nel conoscere gli artisti nei luoghi dove lavorano, studi, laboratori, rifugi.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La mostra si completa con la proiezione di un video di brevi interviste ai 69 artisti.
La realtà di un sogno
Le fotografie di Juanni Wang, artista cinese da qualche anno a Roma, raccontano di luoghi molto particolari: gli studi degli artisti. 69, per la precisione. 69 incontri, attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica, in cui Wang scopre il mondo indecifrabile che circonda la creazione di un’opera d’arte. Cos’è e cosa significa per un artista il suo ambiente di lavoro? In verità non lo sappiamo, perché quando osserviamo l’opera compiuta, sia un quadro, una scultura, un’installazione o una grafica, poco conosciamo della personalità dell’autore.
Il pregio e la bellezza delle immagini di Juanni Wang sono di entrare nella sfera privata di ogni artista, e di indagare, oltre ai volti di ognuno, la scenografia ambientale che si presentava davanti a lei: una scenografia composta da tutti quegli svariati oggetti che ad esempio un pittore usa, disposti così, per caso, come lei li trovava al momento delle sue visite. Una confusione si potrebbe dire “organizzata” dai movimenti dell’artista, ma non una messa in scena artefatta per la fotografia. In questo senso gli scatti fotografici di Wang sono senza trucchi o artifici, ma ci rivelano, appunto, quella personalità intima di cui non avremmo mai notizia, né da un catalogo patinato né da una mostra già perfettamente allestita. E la scelta di un raffinatissimo bianco e nero non è casuale; com’è noto, la fotografia con bianchi, neri e grigi non indulge alla gioia di un selfie o di una festa. Infatti, lo spazio di lavoro di un artista è tutto meno che vacanza e allegria: lo testimoniano le definizioni di se stessi che ognuno dei 69 ha rilasciato alla fotografa.
Personalmente non figuro tra i 69 artisti che Juanni Wang ha mirabilmente ritratto; quelle foto sarebbero forse entrate in conflitto con questo testo. Ma dirò cos’è per me quel posto così pieno di contraddizioni, eppure visceralmente amato, che rappresenta uno studio: è il posto del coraggio e del tormento allo stesso tempo. Credo che dalle fotografie di Wang anche queste formulazioni escano prepotentemente fuori: l’artista non è un avvocato, non è un medico, non è uno scienziato o un economista, ma vive sempre a fianco e dentro le sue incoerenze di uomo libero. Chiediamoci però cosa sarebbe il mondo senza gli artisti e, appunto, le loro salutari antinomie. Sarebbe un mondo svuotato e senza la possibilità di sognare. Le magiche fotografie che Juanni Wang regala ai nostri occhi sono per l’appunto piene di questa forza onirica e misteriosa.
Andrea Attardi
“Io c’ero!”
Artista poliedrica, entusiasta. Chi ha avuto la fortuna di incontrare e conoscere Juanni Wang, si rende subito conto di essere di fronte ad un’inarrestabile forza della natura, un vulcano.
Divisa tra due mondi, vivendo nell’incertezza di non poter restare, Juanni insegue, compulsivamente, ogni istante con la sua macchina fotografica, vivendo come se non ci fosse un domani, con l’urgenza di lasciare un segno.
Un giorno i 69 studi d’Artista ci aiuteranno a capire la nostra epoca, perché sono una ricerca psicologica su cosa significa essere artista, anche se le sue non sono solo delle inquadrature ben fatte, sono “oggetti” a cavallo tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere, sono cardini, cerniere tra il prima e il dopo, con cui Juanni si oppone all’inevitabile, indagando il processo di trasformazione causato dall'azione che il tempo esercita su tutti i corpi, dichiarando: “Io c’ero”.
Per questo il corpus artistico, di Juanni Wang, tutto incentrato su una profonda ricerca spirituale è da considerarsi come un unico memento mori.
La sua riflessione nasce dalla consapevolezza che tutto è destinato a trasformarsi, a finire, se non si sono lasciati di sé sufficienti “documenti”.
Del resto “La fotografia ha qualcosa a che vedere con la rissurrezione” , e con i suoi scatti, con le sue interviste, Juanni stringe un patto con i suoi interlocutori, promettendo a tutti: “sarete ricordati”. Le sue foto non sono “certo una piramide, o una illustre tomba etrusca, ma è pur sempre una piccola sfida all’eternità”.
Laura Giovanna Bevione
R. Barthes, La camera Chiara, Einaudi, Torino 2016, pp.83
F. Scianna, Lo specchio vuoto, La Terza, Bari 2017, pp.39
La realtà di un sogno
Le fotografie di Juanni Wang, artista cinese da qualche anno a Roma, raccontano di luoghi molto particolari: gli studi degli artisti. 69, per la precisione. 69 incontri, attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica, in cui Wang scopre il mondo indecifrabile che circonda la creazione di un’opera d’arte. Cos’è e cosa significa per un artista il suo ambiente di lavoro? In verità non lo sappiamo, perché quando osserviamo l’opera compiuta, sia un quadro, una scultura, un’installazione o una grafica, poco conosciamo della personalità dell’autore.
Il pregio e la bellezza delle immagini di Juanni Wang sono di entrare nella sfera privata di ogni artista, e di indagare, oltre ai volti di ognuno, la scenografia ambientale che si presentava davanti a lei: una scenografia composta da tutti quegli svariati oggetti che ad esempio un pittore usa, disposti così, per caso, come lei li trovava al momento delle sue visite. Una confusione si potrebbe dire “organizzata” dai movimenti dell’artista, ma non una messa in scena artefatta per la fotografia. In questo senso gli scatti fotografici di Wang sono senza trucchi o artifici, ma ci rivelano, appunto, quella personalità intima di cui non avremmo mai notizia, né da un catalogo patinato né da una mostra già perfettamente allestita. E la scelta di un raffinatissimo bianco e nero non è casuale; com’è noto, la fotografia con bianchi, neri e grigi non indulge alla gioia di un selfie o di una festa. Infatti, lo spazio di lavoro di un artista è tutto meno che vacanza e allegria: lo testimoniano le definizioni di se stessi che ognuno dei 69 ha rilasciato alla fotografa.
Personalmente non figuro tra i 69 artisti che Juanni Wang ha mirabilmente ritratto; quelle foto sarebbero forse entrate in conflitto con questo testo. Ma dirò cos’è per me quel posto così pieno di contraddizioni, eppure visceralmente amato, che rappresenta uno studio: è il posto del coraggio e del tormento allo stesso tempo. Credo che dalle fotografie di Wang anche queste formulazioni escano prepotentemente fuori: l’artista non è un avvocato, non è un medico, non è uno scienziato o un economista, ma vive sempre a fianco e dentro le sue incoerenze di uomo libero. Chiediamoci però cosa sarebbe il mondo senza gli artisti e, appunto, le loro salutari antinomie. Sarebbe un mondo svuotato e senza la possibilità di sognare. Le magiche fotografie che Juanni Wang regala ai nostri occhi sono per l’appunto piene di questa forza onirica e misteriosa.
Andrea Attardi
“Io c’ero!”
Artista poliedrica, entusiasta. Chi ha avuto la fortuna di incontrare e conoscere Juanni Wang, si rende subito conto di essere di fronte ad un’inarrestabile forza della natura, un vulcano.
Divisa tra due mondi, vivendo nell’incertezza di non poter restare, Juanni insegue, compulsivamente, ogni istante con la sua macchina fotografica, vivendo come se non ci fosse un domani, con l’urgenza di lasciare un segno.
Un giorno i 69 studi d’Artista ci aiuteranno a capire la nostra epoca, perché sono una ricerca psicologica su cosa significa essere artista, anche se le sue non sono solo delle inquadrature ben fatte, sono “oggetti” a cavallo tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere, sono cardini, cerniere tra il prima e il dopo, con cui Juanni si oppone all’inevitabile, indagando il processo di trasformazione causato dall'azione che il tempo esercita su tutti i corpi, dichiarando: “Io c’ero”.
Per questo il corpus artistico, di Juanni Wang, tutto incentrato su una profonda ricerca spirituale è da considerarsi come un unico memento mori.
La sua riflessione nasce dalla consapevolezza che tutto è destinato a trasformarsi, a finire, se non si sono lasciati di sé sufficienti “documenti”.
Del resto “La fotografia ha qualcosa a che vedere con la rissurrezione” , e con i suoi scatti, con le sue interviste, Juanni stringe un patto con i suoi interlocutori, promettendo a tutti: “sarete ricordati”. Le sue foto non sono “certo una piramide, o una illustre tomba etrusca, ma è pur sempre una piccola sfida all’eternità”.
Laura Giovanna Bevione
R. Barthes, La camera Chiara, Einaudi, Torino 2016, pp.83
F. Scianna, Lo specchio vuoto, La Terza, Bari 2017, pp.39
01
marzo 2019
Juanni Wang – 69 Studi d’Artista
Dal primo al 27 marzo 2019
fotografia
Location
TRALEVOLTE
Roma, Piazza Di Porta San Giovanni, 10, (ROMA)
Roma, Piazza Di Porta San Giovanni, 10, (ROMA)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì ore 17 - 20
Vernissage
1 Marzo 2019, ore 18
Autore