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Julia Frank – Fine corsa
Julia Frank è un’esploratrice di ambienti naturali, sociali e antropici. In questi luoghi va alla ricerca degli elementi contaminanti (xenofobia, nazionalismo, strutture di potere, interventi antropici e politici) che ne modificano la percezione e l’esperienza (quindi la vita).
Comunicato stampa
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Le geodi sono rocce cave, generalmente di forma sferica o leggermente ovoidale, il cui interno è tappezzato da cristalli. Il termine può essere declinato sia al maschile (il geode), sia al femminile (la geode), e la sua etimologia riporta direttamente alla dea primordiale, la madre terra (Gea, Geo o Ge, in greco antico: Γῆ, Ghê).
Fine corsa, la mostra di Julia Frank, si apre con un grande tendaggio sui cui è stampata l’immagine di un occhio azzurro. Sembra la terra (Gea) vista dallo spazio. Oltrepassato il diaframma iniziale, ci si trova in una geode artificiale che racchiude sia la cosmogonia, la nascita dell’universo, che la sua morte, la cosmo-agonia. Al suo interno, al posto dei cristalli, l’artista innesta pellicole sintetiche in disfacimento, ghiaccio contaminato in scioglimento, parole che invitano al cambiamento (delle abitudini e del clima), diodi luminosi (in passato era il dio a portare la luce, ora sono i led).
Dal panorama sintetico di Fine corsa spuntano, infine, alcuni elementi naturali: una serie di cristalli e un’ametista. Affinché questi si formino sono essenziali particolari condizioni di temperatura, pressione, presenza di fluidi ed elementi chimico-fisici. C’è bisogno anche di tempo, moltissimo tempo. Insomma, è necessaria la stessa miscela di elementi che hanno generato la vita umana. Per la cosmo-agonia, al contrario, bastano poca poesia, poco tempo, poca attenzione. Proprio per questo, i cristalli sono custoditi in una crepa nel muro, raggiungibile solo alla vista e non al tatto. Ciò che gli esseri umani toccano, infatti, rischia di essere irreparabilmente rovinato. La purezza dei minerali indica allora una possibile via verso la salvezza o, al contrario, ricorda agli umani la loro impurità.
Dalla mostra-geode di Julia Frank si esce affascinati e dubbiosi. Un po’ come quando si visita la geode (reale) di Pulpì, la più grande al mondo: all’entrata un cartello avverte che per proteggere i cristalli dal deterioramento il numero di visitatori è limitato e la temperatura, l’umidità e l’anidride carbonica sono mantenute stabili da appositi macchinari. Per vedere una meraviglia della natura, l’essere umano ha rotto l’equilibrio biologico e lo ha ricostruito artificialmente. Fingendo che nulla si sia infranto, non si chiede però quanto a lungo questo equilibrio fasullo potrà reggere.
A porci questa domanda è Julia Frank.
Stefano Riba
Fine corsa, la mostra di Julia Frank, si apre con un grande tendaggio sui cui è stampata l’immagine di un occhio azzurro. Sembra la terra (Gea) vista dallo spazio. Oltrepassato il diaframma iniziale, ci si trova in una geode artificiale che racchiude sia la cosmogonia, la nascita dell’universo, che la sua morte, la cosmo-agonia. Al suo interno, al posto dei cristalli, l’artista innesta pellicole sintetiche in disfacimento, ghiaccio contaminato in scioglimento, parole che invitano al cambiamento (delle abitudini e del clima), diodi luminosi (in passato era il dio a portare la luce, ora sono i led).
Dal panorama sintetico di Fine corsa spuntano, infine, alcuni elementi naturali: una serie di cristalli e un’ametista. Affinché questi si formino sono essenziali particolari condizioni di temperatura, pressione, presenza di fluidi ed elementi chimico-fisici. C’è bisogno anche di tempo, moltissimo tempo. Insomma, è necessaria la stessa miscela di elementi che hanno generato la vita umana. Per la cosmo-agonia, al contrario, bastano poca poesia, poco tempo, poca attenzione. Proprio per questo, i cristalli sono custoditi in una crepa nel muro, raggiungibile solo alla vista e non al tatto. Ciò che gli esseri umani toccano, infatti, rischia di essere irreparabilmente rovinato. La purezza dei minerali indica allora una possibile via verso la salvezza o, al contrario, ricorda agli umani la loro impurità.
Dalla mostra-geode di Julia Frank si esce affascinati e dubbiosi. Un po’ come quando si visita la geode (reale) di Pulpì, la più grande al mondo: all’entrata un cartello avverte che per proteggere i cristalli dal deterioramento il numero di visitatori è limitato e la temperatura, l’umidità e l’anidride carbonica sono mantenute stabili da appositi macchinari. Per vedere una meraviglia della natura, l’essere umano ha rotto l’equilibrio biologico e lo ha ricostruito artificialmente. Fingendo che nulla si sia infranto, non si chiede però quanto a lungo questo equilibrio fasullo potrà reggere.
A porci questa domanda è Julia Frank.
Stefano Riba
07
marzo 2020
Julia Frank – Fine corsa
Dal 07 marzo al primo aprile 2020
arte contemporanea
Location
GALLERIA DORIS GHETTA
Ortisei, Pontives, 8, (Bolzano)
Ortisei, Pontives, 8, (Bolzano)
Orario di apertura
martedì a venerdì ore 15-18
Vernissage
7 Marzo 2020, h 17.00
Sito web
Autore
Autore testo critico