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Katarina Zdjelar – Becoming alphabet
SpazioA è lieta di presentare, Sabato 18 Novembre 2023, “Becoming alphabet”, un focus sul lavoro di KATARINA ZDJELAR nella project space della galleria.
Comunicato stampa
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SpazioA è lieta di presentare, Sabato 18 Novembre 2023, "Becoming alphabet", un focus sul lavoro di KATARINA ZDJELAR nella project space della galleria. Le opere in mostra approfondiscono la ricerca dell’artista attraverso un’ampia selezione di video che ripercorrono le tematiche principali del suo lavoro, insieme ad una scultura in vetro.
Il corpo sonoro, la voce, il linguaggio sono da sempre interessi centrali della pratica di Zdjelar, insieme alle idee di estraneità, estraniazione e normalizzazione. Zdjelar esplora i processi di autorealizzazione con tutti i loro paradossi, promesse e fallimenti. Si occupa nello specifico di voci non autoritarie che abitano sistemi regolati (conoscenza, lingua, ideologia), mettendo in discussione il sistema in cui appaiono in termini di etica, valore e diffusione. Zdjelar articola queste idee in primo luogo con il suono e l’immagine in movimento, ma si avvale anche di altri medium, come sculture di vetro, fotografia, scrittura.
L’interesse di Zdjelar per il linguaggio è emerso dalle applicazioni pratiche di un “controllo amorevole” imposto dai sistemi regolati di adozione e inclusione sociale nelle società sviluppate e liberali del mondo. La dialettica di individuo e comunità è centrale nella sua pratica, e si esprime nella frattura tra un linguaggio astratto e universalmente valido e una voce concreta, immancabilmente fisica.
L’apprendimento, l’esercizio, la prova hanno un significato particolare per Zdjelar in quanto metodo codificato di integrazione culturale che coinvolge non solo un simbolico “rito di passaggio” dell’individuo sradicato, ma anche gli stessi affetti materiali e corporei che plasmano il “corpo parlante”. “Non c’è voce senza uno stampo” scrive Mladen Dolar. “Non c’è voce senza contraddizione, e non esiste un modo semplice di uscire da questo dilemma, il conflitto che fa convergere l’individuale e il sociale, il singolare e l’universale, il corpo e la cultura, il godimento e il codice, la saliva e i fonemi...”.
Molti lavori delineano il limite, la vulnerabilità o il fallimento, ma anche le potenzialità e sfide insite nel mettere in atto le convenzioni estetiche o sociali o le esigenze imposte dai sistemi regolati di potere. Nell’arte di Zdjelar, spesso la musica e la musicalità sfiorano e avvolgono queste idee. Come scrive David Marcus sulla rivista “Art in America”, parlando della sua pratica: “La musica funge da punto di accesso alla sfera sociale, un mezzo per misurare, o meglio sondare, le dimensioni complesse della soggettività, della differenza culturale e della reazione affettiva condivisa”.
Nel lavoro di Zdjelar sono spesso le interruzioni a parlare, mentre si esplorano narrazioni che non possono essere esposte in un continuum. Spesso, nei suoi lavori in video, l’artista usa la modalità delle prove come strumento metodologico. Forse richiamando le idee di Brecht e Müller che concepivano sceneggiature per il lavoro e il non-lavoro, nella sua pratica video Zdjelar interpreta il copione come combinazione di due forze in gioco: caso e controllo, ovvero sistema e improvvisazione. Di recente ha approfondito questo concetto nei lavori Gaze is a bridge (2023) e Europe, where have you displaced love? (2019) ma in precedenza anche, per
esempio, in My Lifetime (Malaika) (2012), Shoum (2009), Untitled (A Song) (2016) per nominarne solo alcuni.
Il corpo sonoro, la voce, il linguaggio sono da sempre interessi centrali della pratica di Zdjelar, insieme alle idee di estraneità, estraniazione e normalizzazione. Zdjelar esplora i processi di autorealizzazione con tutti i loro paradossi, promesse e fallimenti. Si occupa nello specifico di voci non autoritarie che abitano sistemi regolati (conoscenza, lingua, ideologia), mettendo in discussione il sistema in cui appaiono in termini di etica, valore e diffusione. Zdjelar articola queste idee in primo luogo con il suono e l’immagine in movimento, ma si avvale anche di altri medium, come sculture di vetro, fotografia, scrittura.
L’interesse di Zdjelar per il linguaggio è emerso dalle applicazioni pratiche di un “controllo amorevole” imposto dai sistemi regolati di adozione e inclusione sociale nelle società sviluppate e liberali del mondo. La dialettica di individuo e comunità è centrale nella sua pratica, e si esprime nella frattura tra un linguaggio astratto e universalmente valido e una voce concreta, immancabilmente fisica.
L’apprendimento, l’esercizio, la prova hanno un significato particolare per Zdjelar in quanto metodo codificato di integrazione culturale che coinvolge non solo un simbolico “rito di passaggio” dell’individuo sradicato, ma anche gli stessi affetti materiali e corporei che plasmano il “corpo parlante”. “Non c’è voce senza uno stampo” scrive Mladen Dolar. “Non c’è voce senza contraddizione, e non esiste un modo semplice di uscire da questo dilemma, il conflitto che fa convergere l’individuale e il sociale, il singolare e l’universale, il corpo e la cultura, il godimento e il codice, la saliva e i fonemi...”.
Molti lavori delineano il limite, la vulnerabilità o il fallimento, ma anche le potenzialità e sfide insite nel mettere in atto le convenzioni estetiche o sociali o le esigenze imposte dai sistemi regolati di potere. Nell’arte di Zdjelar, spesso la musica e la musicalità sfiorano e avvolgono queste idee. Come scrive David Marcus sulla rivista “Art in America”, parlando della sua pratica: “La musica funge da punto di accesso alla sfera sociale, un mezzo per misurare, o meglio sondare, le dimensioni complesse della soggettività, della differenza culturale e della reazione affettiva condivisa”.
Nel lavoro di Zdjelar sono spesso le interruzioni a parlare, mentre si esplorano narrazioni che non possono essere esposte in un continuum. Spesso, nei suoi lavori in video, l’artista usa la modalità delle prove come strumento metodologico. Forse richiamando le idee di Brecht e Müller che concepivano sceneggiature per il lavoro e il non-lavoro, nella sua pratica video Zdjelar interpreta il copione come combinazione di due forze in gioco: caso e controllo, ovvero sistema e improvvisazione. Di recente ha approfondito questo concetto nei lavori Gaze is a bridge (2023) e Europe, where have you displaced love? (2019) ma in precedenza anche, per
esempio, in My Lifetime (Malaika) (2012), Shoum (2009), Untitled (A Song) (2016) per nominarne solo alcuni.
18
novembre 2023
Katarina Zdjelar – Becoming alphabet
Dal 18 novembre 2023 al 20 gennaio 2024
arte contemporanea
Location
SPAZIOA GALLERY
Pistoia, Via Amati, 13, (Pistoia)
Pistoia, Via Amati, 13, (Pistoia)
Orario di apertura
MART - SAB 11 - 14 / 15 -19 o su appuntamento
Vernissage
18 Novembre 2023, 15 - 20
Sito web
Autore