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Ketty La Rocca
Artista completa, aveva anche studiato anche musica contemporanea a Firenze, ha iniziato a lavorare nella cosiddetta ”poesia visiva”, combinando insieme frammenti di testi ma anche immagini, tratte da giornali (da Il Messaggero)
Comunicato stampa
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Questa mostra è curata da Elizabeth Janus, una curatrice indipendente che vive e lavora a Roma ed ha scritto molti articoli e saggi sulla fotografia e su video. Ha curato la mostra di Tony Ousler presso il MACRO.
L’arte di Ketty La Rocca è tipica dell’attivismo politico, della protesta femminista, della sperimentazione artistica interdisciplinare e dello spirito critico di fine anni ’60 e ’70, tutti fenomeni che si sono verificati sia in Europa che negli Stati Uniti. Dopo aver studiato musica contemporanea a Firenze, iniziò a scrivere poesia visiva a metà degli anni ’60, combinando fra loro frammenti di testo e immagini tratte dai mass media, in particolar modo quelle relative a donne appartenenti alla società italiana. Dal 1965 al 1975 (morì di cancro nel 1976), al fine di studiare il rapporto fra parole e gesti, fra parole ed immagini, La Rocca ha usato una gran varietà di generi che vanno dalla fotografia alla performance art, dal film alla scultura e fino al disegno. Le sue prime opere d’arte furono create nell’ambito del Gruppo 70, influenzato dal Fluxus, collettivo politicamente attivo di cui facevano parte artisti, poeti e musicisti; tali opere esprimono riflessioni sul linguaggio della strada, così come sul potenziale estetico di lettere isolate, parole, segni di punteggiatura e frasi incomplete.
In quel periodo, Firenze si rivelò un centro di inaspettata attività creativa. Oltre al Gruppo 70, la città ospitava Pietro Grossi, uno dei principali pionieri della musica computerizzata (fu anche insegnante di La Rocca), che fondò l’Associazione “Vita Musicale Contemporanea”, grazie alla quale furono presentate in Italia le opere di John Cage. Nel 1966, la mostra “Superarchitettura” rappresentò il punto di partenza per un gruppo di architetti e designer fiorentini liberamente riunitisi sotto il nome di “architettura radicale”; essi intrapresero la ricerca di una forma alternativa di edilizia e di progettazione, più socialmente impegnata, che avrebbe minato il consumismo di massa e avrebbe presentato una soluzione diversa dallo stile predominante del modernismo, usato nell’edilizia corporativa. Famose ditte di design, note come Archizoom Associati e Superstudio, furono le pietre angolari del movimento e furono fonte d’ispirazione per i designer di Memphis, Ettore Sottsass e Marco Zanini.
In questo ricco ambiente e sotto l’influsso della Performance e della Body Art, nel 1972 La Rocca iniziò alcune delle sue opere più importanti, che si presentarono sotto diverse forme: dai libri alle performance, dai video alle fotografie. In queste opere cominciò ad esplorare il potenziale creativo di mani e gesti, andando alla ricerca di quello che lei chiamava un linguaggio più “autentico”, un linguaggio che non fosse una scelta fatta dagli operatori della pubblicità e da coloro che influiscono sulle convenzioni del mercato. Si può citare, fra queste opere, il video “Appendice per una Supplica”, in cui movimenti semplici ed isolati di mani, come ad esempio, un paio di mani aperte con i palmi rivolti verso l’alto, o come due pugni, esprimono supplica e sfida. Collegati a questo video, La Rocca ha fatto una serie di fotografie in bianco e nero, intitolata “Le Mie parole, e Tu?”, in cui la mano di un uomo afferra in modo aggressivo quella di una donna, con la parola “tu” scritta più volte in inglese attraverso le loro superfici. Attraverso il suo frequente uso della seconda persona “tu”, in queste e nelle seguenti opere, l’artista ha tentato di creare un rapporto diretto con l’osservatore e in qualche modo ha cercato di coinvolgerlo o coinvolgerla più intensamente nella visione dell’immagine. (Durante quel periodo ha anche collaborato ad un programma per non udenti per la RAI,).
Nel 1972-1973 La Rocca iniziò anche la serie “Riduzioni”, che sono riproduzioni fotografiche di personaggi politici, di figure di spicco dell’arte mondiale del suo tempo, di icone storico-artistiche (trovate nei famosi archivi fotografici Alinari di Firenze), e di poster di film, che, attraverso il processo di scrittura assurdo ed automatico, vengono gradualmente ridotte a vaghi profili e forme astratte. Questa deliberata riduzione di icone visive, quale la Pietà di Michelangelo, resa dalla serie di pannelli posti l’uno dopo l’altro, induce a riflettere sui modi in cui le riproduzioni di massa delle opere d’arte possano sminuire l’effetto degli originali: un’idea che numerosi anni più tardi avrebbe attratto, in modo molto simile, l’interesse dell’artista americano Sherrie Levine e sarebbe diventata un’importante punto di partenza per i suoi studi riguardanti la paternità di un’opera e la sua originalità.
Nella mostra all’Accademia Americana di Roma verrà presentato un gruppo rappresentativo di opere dell’arte composita di La Rocca, privilegiando il suo istinto estetico e linguistico, così come la sua importanza in veste di critico socio-politico. La Rocca fu una delle rare artiste donne ad emergere durante un periodo particolarmente fertile nell’arte italiana della seconda metà del XX secolo. Sebbene la sua opera sia poco conosciuta fuori dall’Italia, La Rocca è stata una delle poche artiste italiane ad essere citata nel libro pionieristico di Lucy Lippard sul femminismo e sull’arte From the Center: Feminist Essays on Women’s Art (1976) (Saggi Femministi sull’Arte delle Donne). La Rocca è anche la rappresentante di una generazione di artisti italiani che furono significativamente influenzati dall’arte Americana di quel periodo, uno dei cui esempi è la Pop Art, soprattutto dopo la mostra di Robert Rauschenberg, vincitrice del premio alla Biennale di Venezia del 1964.
L’arte di Ketty La Rocca è tipica dell’attivismo politico, della protesta femminista, della sperimentazione artistica interdisciplinare e dello spirito critico di fine anni ’60 e ’70, tutti fenomeni che si sono verificati sia in Europa che negli Stati Uniti. Dopo aver studiato musica contemporanea a Firenze, iniziò a scrivere poesia visiva a metà degli anni ’60, combinando fra loro frammenti di testo e immagini tratte dai mass media, in particolar modo quelle relative a donne appartenenti alla società italiana. Dal 1965 al 1975 (morì di cancro nel 1976), al fine di studiare il rapporto fra parole e gesti, fra parole ed immagini, La Rocca ha usato una gran varietà di generi che vanno dalla fotografia alla performance art, dal film alla scultura e fino al disegno. Le sue prime opere d’arte furono create nell’ambito del Gruppo 70, influenzato dal Fluxus, collettivo politicamente attivo di cui facevano parte artisti, poeti e musicisti; tali opere esprimono riflessioni sul linguaggio della strada, così come sul potenziale estetico di lettere isolate, parole, segni di punteggiatura e frasi incomplete.
In quel periodo, Firenze si rivelò un centro di inaspettata attività creativa. Oltre al Gruppo 70, la città ospitava Pietro Grossi, uno dei principali pionieri della musica computerizzata (fu anche insegnante di La Rocca), che fondò l’Associazione “Vita Musicale Contemporanea”, grazie alla quale furono presentate in Italia le opere di John Cage. Nel 1966, la mostra “Superarchitettura” rappresentò il punto di partenza per un gruppo di architetti e designer fiorentini liberamente riunitisi sotto il nome di “architettura radicale”; essi intrapresero la ricerca di una forma alternativa di edilizia e di progettazione, più socialmente impegnata, che avrebbe minato il consumismo di massa e avrebbe presentato una soluzione diversa dallo stile predominante del modernismo, usato nell’edilizia corporativa. Famose ditte di design, note come Archizoom Associati e Superstudio, furono le pietre angolari del movimento e furono fonte d’ispirazione per i designer di Memphis, Ettore Sottsass e Marco Zanini.
In questo ricco ambiente e sotto l’influsso della Performance e della Body Art, nel 1972 La Rocca iniziò alcune delle sue opere più importanti, che si presentarono sotto diverse forme: dai libri alle performance, dai video alle fotografie. In queste opere cominciò ad esplorare il potenziale creativo di mani e gesti, andando alla ricerca di quello che lei chiamava un linguaggio più “autentico”, un linguaggio che non fosse una scelta fatta dagli operatori della pubblicità e da coloro che influiscono sulle convenzioni del mercato. Si può citare, fra queste opere, il video “Appendice per una Supplica”, in cui movimenti semplici ed isolati di mani, come ad esempio, un paio di mani aperte con i palmi rivolti verso l’alto, o come due pugni, esprimono supplica e sfida. Collegati a questo video, La Rocca ha fatto una serie di fotografie in bianco e nero, intitolata “Le Mie parole, e Tu?”, in cui la mano di un uomo afferra in modo aggressivo quella di una donna, con la parola “tu” scritta più volte in inglese attraverso le loro superfici. Attraverso il suo frequente uso della seconda persona “tu”, in queste e nelle seguenti opere, l’artista ha tentato di creare un rapporto diretto con l’osservatore e in qualche modo ha cercato di coinvolgerlo o coinvolgerla più intensamente nella visione dell’immagine. (Durante quel periodo ha anche collaborato ad un programma per non udenti per la RAI,).
Nel 1972-1973 La Rocca iniziò anche la serie “Riduzioni”, che sono riproduzioni fotografiche di personaggi politici, di figure di spicco dell’arte mondiale del suo tempo, di icone storico-artistiche (trovate nei famosi archivi fotografici Alinari di Firenze), e di poster di film, che, attraverso il processo di scrittura assurdo ed automatico, vengono gradualmente ridotte a vaghi profili e forme astratte. Questa deliberata riduzione di icone visive, quale la Pietà di Michelangelo, resa dalla serie di pannelli posti l’uno dopo l’altro, induce a riflettere sui modi in cui le riproduzioni di massa delle opere d’arte possano sminuire l’effetto degli originali: un’idea che numerosi anni più tardi avrebbe attratto, in modo molto simile, l’interesse dell’artista americano Sherrie Levine e sarebbe diventata un’importante punto di partenza per i suoi studi riguardanti la paternità di un’opera e la sua originalità.
Nella mostra all’Accademia Americana di Roma verrà presentato un gruppo rappresentativo di opere dell’arte composita di La Rocca, privilegiando il suo istinto estetico e linguistico, così come la sua importanza in veste di critico socio-politico. La Rocca fu una delle rare artiste donne ad emergere durante un periodo particolarmente fertile nell’arte italiana della seconda metà del XX secolo. Sebbene la sua opera sia poco conosciuta fuori dall’Italia, La Rocca è stata una delle poche artiste italiane ad essere citata nel libro pionieristico di Lucy Lippard sul femminismo e sull’arte From the Center: Feminist Essays on Women’s Art (1976) (Saggi Femministi sull’Arte delle Donne). La Rocca è anche la rappresentante di una generazione di artisti italiani che furono significativamente influenzati dall’arte Americana di quel periodo, uno dei cui esempi è la Pop Art, soprattutto dopo la mostra di Robert Rauschenberg, vincitrice del premio alla Biennale di Venezia del 1964.
03
febbraio 2004
Ketty La Rocca
Dal 03 al 26 febbraio 2004
arte contemporanea
Location
AMERICAN ACADEMY IN ROME
Roma, Via Angelo Masina, 5, (Roma)
Roma, Via Angelo Masina, 5, (Roma)
Orario di apertura
giovedì e sabato, dalle 16 alle 19