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Kim Joon – Tattoo dimension
La prima personale italiana di Kim Joon mostra il lavoro dell’artista coreano che partendo da corpi virtuali, in grafica 3D, disegna i contorni dell’umanoide futuro, rivestito di loghi, come uno spazio pubblicitario, ma caratterizzato anche dall’ndelebile marchio della tradizione.
Comunicato stampa
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“Mi interessano i tatuaggi come metafora di un desiderio nascosto o una sorta di pulsione imprigionata nella coscienza umana. Io vedo la pelle, o in alcuni casi il monitor, come un’estensione della tela.”Kim Joon
Questa la poetica di Kim Joon, artista coreano nato a Seoul (1966), già attivo in USA, Cina, Giappone e in Europa, dove il suo lavoro è stato esposto nelle maggiori capitali (Madrid, Londra, Amsterdam, Parigi). Di recente la celebre casa d’aste Phillips de Pury ha dedicato a uno dei suoi accattivanti Duets (Duetti) la cover della sessione fotografica newyorkese.
L’interesse primordiale di Kim Joon per l’arte del tatuaggio è nato ai tempi del college e durante i tre anni di servizio militare a Seoul, in Korea. Mentre era studente e soldato, Kim Joon iniziò a realizzare tatuaggi fatti in casa per i suoi amici, rischiando di incorrere nell’intervento del governo coreano per cui il tattoo è tuttora taboo per i civili, “indossato” solo da militari o fuorilegge.
Proprio il carattere permanente del tatuaggio affascina l’artista e lo porta a esplorare le dinamiche d’interazione tra dimensione mentale e fisica.
In Italia il fotografo, videomaker, è alla sua prima personale. L’evento, inaugura il primo sabato di Giugno alla Galleria Boxart, già da anni attenta al panorama orientale in ebollizione. La personale di Kim Joon si colloca infatti un anno dopo la prima rassegna italiana dei Gao Brothers, pionieri dell’Avanguardia contemporanea cinese dai loro studi radicati nel Distretto 798.
Il mezzo privilegiato da Kim Joon è lo stesso dei fratelli Gao: la fotografia digitale. Partendo da una formazione pittorica, Kim Joon conia il neologismo di “mouse paintings” (body painting realizzati al pc) per definire le sue immagini di corpi nudi tatuati. Corpi virtuali, immersi in sfondi stranianti - che ripetono il motivo del tattoo - o semplicemente sospesi nel vuoto irreale. La magistrale elaborazione fotografica nel sovrapporre il tatuaggio alle membra ammicca però alla verosimiglianza di una generazione futura di umanoidi.
Tattoo dimension è infatti il panorama in cui si stagliano anatomie perfette, ma senza volto, in pose accattivanti da magazine di moda, spesso avvinghiate in un conturbante erotismo. Come nella serie dei Duetti del 2006, da cui parte la rassegna per arrivare alle più recenti variazioni sul tema: un moltiplicarsi di membra contorte da Dea Khali, spuntano nelle foto della sezione Party (2007).
A prima vista, l’appeal di questi umanoidi è accentuato dagli splendidi arabeschi che rivestono i corpi, sotto forma di tatuaggio, spesso motivi tratti da tessuti tradizionali coreani. Di contro, talvolta sono i loghi di multinazionali globalizzate (BMW, STARBUCKS, GUCCI) a ricoprire i corpi “in affitto”, come nell’emblematica We (Noi). Ad uno sguardo più attento, tuttavia, la pelle appare danneggiata, come un’unica cicatrice, e non c’è contatto fisico tra individui. L’afflato vitale è venuto meno, i corpi diventano inerti, torsi privi di linfa ripetuti in sovrapposizioni omologate e infinite (vedi le serie Ebony-Ebano e Bird land-Terra degli uccelli del 2008).
Non c’è vita nella (futura?) Dimensione Tattoo.
In mostra, oltre alla ventina di immagini fotografiche di grandi dimensioni, anche un video dove ancora una volta, la pelle è al centro della ricerca. Una sequenza di close up su braccia e gambe vede il formarsi di bolle deformanti sulle membra, probabile frutto di un contagio o di anormale mutazioni genetiche.
Questa la poetica di Kim Joon, artista coreano nato a Seoul (1966), già attivo in USA, Cina, Giappone e in Europa, dove il suo lavoro è stato esposto nelle maggiori capitali (Madrid, Londra, Amsterdam, Parigi). Di recente la celebre casa d’aste Phillips de Pury ha dedicato a uno dei suoi accattivanti Duets (Duetti) la cover della sessione fotografica newyorkese.
L’interesse primordiale di Kim Joon per l’arte del tatuaggio è nato ai tempi del college e durante i tre anni di servizio militare a Seoul, in Korea. Mentre era studente e soldato, Kim Joon iniziò a realizzare tatuaggi fatti in casa per i suoi amici, rischiando di incorrere nell’intervento del governo coreano per cui il tattoo è tuttora taboo per i civili, “indossato” solo da militari o fuorilegge.
Proprio il carattere permanente del tatuaggio affascina l’artista e lo porta a esplorare le dinamiche d’interazione tra dimensione mentale e fisica.
In Italia il fotografo, videomaker, è alla sua prima personale. L’evento, inaugura il primo sabato di Giugno alla Galleria Boxart, già da anni attenta al panorama orientale in ebollizione. La personale di Kim Joon si colloca infatti un anno dopo la prima rassegna italiana dei Gao Brothers, pionieri dell’Avanguardia contemporanea cinese dai loro studi radicati nel Distretto 798.
Il mezzo privilegiato da Kim Joon è lo stesso dei fratelli Gao: la fotografia digitale. Partendo da una formazione pittorica, Kim Joon conia il neologismo di “mouse paintings” (body painting realizzati al pc) per definire le sue immagini di corpi nudi tatuati. Corpi virtuali, immersi in sfondi stranianti - che ripetono il motivo del tattoo - o semplicemente sospesi nel vuoto irreale. La magistrale elaborazione fotografica nel sovrapporre il tatuaggio alle membra ammicca però alla verosimiglianza di una generazione futura di umanoidi.
Tattoo dimension è infatti il panorama in cui si stagliano anatomie perfette, ma senza volto, in pose accattivanti da magazine di moda, spesso avvinghiate in un conturbante erotismo. Come nella serie dei Duetti del 2006, da cui parte la rassegna per arrivare alle più recenti variazioni sul tema: un moltiplicarsi di membra contorte da Dea Khali, spuntano nelle foto della sezione Party (2007).
A prima vista, l’appeal di questi umanoidi è accentuato dagli splendidi arabeschi che rivestono i corpi, sotto forma di tatuaggio, spesso motivi tratti da tessuti tradizionali coreani. Di contro, talvolta sono i loghi di multinazionali globalizzate (BMW, STARBUCKS, GUCCI) a ricoprire i corpi “in affitto”, come nell’emblematica We (Noi). Ad uno sguardo più attento, tuttavia, la pelle appare danneggiata, come un’unica cicatrice, e non c’è contatto fisico tra individui. L’afflato vitale è venuto meno, i corpi diventano inerti, torsi privi di linfa ripetuti in sovrapposizioni omologate e infinite (vedi le serie Ebony-Ebano e Bird land-Terra degli uccelli del 2008).
Non c’è vita nella (futura?) Dimensione Tattoo.
In mostra, oltre alla ventina di immagini fotografiche di grandi dimensioni, anche un video dove ancora una volta, la pelle è al centro della ricerca. Una sequenza di close up su braccia e gambe vede il formarsi di bolle deformanti sulle membra, probabile frutto di un contagio o di anormale mutazioni genetiche.
07
giugno 2008
Kim Joon – Tattoo dimension
Dal 07 giugno al 31 luglio 2008
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
BOXART GALLERY
Verona, Via Dei Mutilati, 7a, (Verona)
Verona, Via Dei Mutilati, 7a, (Verona)
Orario di apertura
10-12.30 e 15.30-19.30
Vernissage
7 Giugno 2008, ore 18.30
Autore
Curatore