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Kutlug Ataman – Dictionary
La mostra Dictionary di Kutlug Ataman è la seconda delle tre che compongono la serie Insight Turkey, curata da Maurizio Bortolotti per la galleria Francesca Minini. Presenterà una parte del nuovo progetto Mesopotamian Dramaturgies con al centro il tema del linguaggio nell’era della globalizzazione.
Comunicato stampa
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La mostra "Dictionary" di Kutlug Ataman - uno dei più importanti artisti turchi contemporanei - è la seconda delle tre che compongono la serie “Insight Turkey”, curata da Maurizio Bortolotti per la galleria Francesca Minini e fa seguito a “Obstructions”, dedicata nel 2008 ad Ali Kazma. Sarà inaugurata il 18 Settembre 2009 e presenterà una parte del nuovo progetto di Ataman “Mesopotamian Dramaturgies” con al centro il tema del linguaggio nell’era della globalizzazione.
Nel suo lavoro Ataman utilizza il mezzo del video per realizzare progetti e installazioni che esplorano lo spazio sociale turco, mettendo in luce le contraddizioni tra questo e gli stili di vita omologata che attraverso la globalizzazione s'impongono nei paesi più tecnologizzati. Come nel video dedicato alla cantante d'opera turca Seminha Berksoy o Küba, un’installazione video con i racconti di 40 abitanti della comunità che vive in una shantytown nella zona dell'aeroporto di Istanbul. I loro racconti ricostruiscono lo stato personale e affettivo delle relazioni umane, ricreando uno spazio sociale ed emotivo che si sovrappone a quello abitativo estremamente povero. Nella serie “Mesopotamian Dramaturgies” una delle questioni principali affrontate è l'incontro tra modernità e tradizione, della loro reciproca attrazione e del trauma causato da questo incontro. Le contraddizioni tra la modernizzazione e la tradizione turca, all'interno della quale affonda le sue radici la stessa identità europea, sono alla base del lavoro dell’artista e declinano l'idea di modernità in un modo originale.
La mostra “Dictionary” affronta la questione dell’uso del linguaggio come principale forma di comunicazione nell’età della globalizzazione; in particolare, come in esso la comunicazione e l'incomunicabilità siano aspetti primari della nostra esperienza quotidiana.
Ataman riflette sul fatto che l'inglese come lingua globale che favorisce la comunicazione è in realtà solo uno strumento per aumentare l'incomprensione reciproca, perché non è in grado di assimilare aspetti dell'identità che rimangono inevitabilmente nelle pieghe delle lingue locali.
La modernizzazione, dunque, porta con sé momenti di contraddizione che interessano la vita locale. Il nucleo interno della globalizzazione è infatti una condizione ibrida, di non completa appartenenza a un territorio ma di vita in una condizione di creolizzazione, secondo il punto di vista di Edouard Glissant, cioè in un processo di continua perdita d'identità.
Nel video The Complete Works of William Shakespeare l’intero corpus delle opere del padre della lingua e letteratura inglese è stato trascritto a mano dall’artista coadiuvato da altre persone. Rilette in questo modo, le opere diventano l’immagine viva della lingua di Shakespeare,, che l’artista decostruisce in un processo di rappresentazione totale. Lo scorrere della calligrafia sullo schermo è l’immagine della lingua parlata, il più potente mezzo di comunicazione del mondo contemporaneo, di cui l’artista si è appropriato. In esso, la visualizzazione del testo trascritto a mano rappresenta un gesto di radicale personalizzazione della lingua inglese.
English as a Second Language, presenta un punto di vista rovesciato. In questo video due giovani turchi che non conoscono l’inglese leggono a voce alta i testi senza senso del poeta Edward Lear. Il problema dell’incomunicabilità è ancora più evidente perché il testo è del tutto incomprensibile. L’apparente trasparenza della lingua rivela in quest’opera quanto per le realtà locali la globalizzazione crei una grande quantità di non senso.
Nel caso di Ataman, la condizione della globalizzazione lo spinge a interrogarsi continuamente e a scavare all'interno dell'identità turca, alla ricerca dell'universalità del valore della cultura occidentale situata al crocevia tra Oriente e Occidente. In questo senso, la Turchia contemporanea rappresenta un'ideale piattaforma dove affiorano tutte queste contraddizioni se, paragonate all'universalità illusoria della globalizzazione.
Anche le immagini sono linguaggio e l’origine di questo in tempi moderni è data dalla fotografia. Il manifesto della mostra è costituito da Frame, un lightbox di una fotografia scattata in Turchia agli inizi del XX secolo che ritrae un gruppo di militari. La scelta dell’inquadratura da parte del fotografo sfida l’idea dello spazio rinascimentale per creare uno spazio gerarchico bizantino nella disposizione delle figure. È questa condizione ibrida dell’incontro tra la cultura occidentale impersonata dalla modernità della fotografia e la cultura del fotografo di matrice bizantina a generare ancora una volta una riflessione sui fraintendimenti del linguaggio.
Il percorso di Dictionary si chiude con la video installazione Strange Space. Girato in un’area desertica della Turchia orientale, il video mostra l’artista che cammina bendato all’interno di un grande spazio. È la storia dell’eroe che vaga alla ricerca dell’amata in preda alla passione.
Il tema della cecità esprime anche qui l’idea dell‘incomunicabilità, poiché il vedere è all’origine del linguaggio visivo. L’artista in questo lavoro rappresenta la metafora della condizione moderna del camminare sui margini di un baratro.
Il video è la profezia del vivere la vita moderna in un mondo globalizzato.
Il progetto di Kutlug Ataman, Mesopotamian Dramaturgies, composto di otto lavori, sarà presentato in una personale al MAXXI_Museo nazionale delle arti del XXI secolo a Roma, per l’inaugurazione del nuovo museo nella primavera del 2010. La mostra sarà curata da Cristiana Perrella e prodotta insieme ad UniCredit Group che acquisirà una delle opere per la collezione del museo.
Nel suo lavoro Ataman utilizza il mezzo del video per realizzare progetti e installazioni che esplorano lo spazio sociale turco, mettendo in luce le contraddizioni tra questo e gli stili di vita omologata che attraverso la globalizzazione s'impongono nei paesi più tecnologizzati. Come nel video dedicato alla cantante d'opera turca Seminha Berksoy o Küba, un’installazione video con i racconti di 40 abitanti della comunità che vive in una shantytown nella zona dell'aeroporto di Istanbul. I loro racconti ricostruiscono lo stato personale e affettivo delle relazioni umane, ricreando uno spazio sociale ed emotivo che si sovrappone a quello abitativo estremamente povero. Nella serie “Mesopotamian Dramaturgies” una delle questioni principali affrontate è l'incontro tra modernità e tradizione, della loro reciproca attrazione e del trauma causato da questo incontro. Le contraddizioni tra la modernizzazione e la tradizione turca, all'interno della quale affonda le sue radici la stessa identità europea, sono alla base del lavoro dell’artista e declinano l'idea di modernità in un modo originale.
La mostra “Dictionary” affronta la questione dell’uso del linguaggio come principale forma di comunicazione nell’età della globalizzazione; in particolare, come in esso la comunicazione e l'incomunicabilità siano aspetti primari della nostra esperienza quotidiana.
Ataman riflette sul fatto che l'inglese come lingua globale che favorisce la comunicazione è in realtà solo uno strumento per aumentare l'incomprensione reciproca, perché non è in grado di assimilare aspetti dell'identità che rimangono inevitabilmente nelle pieghe delle lingue locali.
La modernizzazione, dunque, porta con sé momenti di contraddizione che interessano la vita locale. Il nucleo interno della globalizzazione è infatti una condizione ibrida, di non completa appartenenza a un territorio ma di vita in una condizione di creolizzazione, secondo il punto di vista di Edouard Glissant, cioè in un processo di continua perdita d'identità.
Nel video The Complete Works of William Shakespeare l’intero corpus delle opere del padre della lingua e letteratura inglese è stato trascritto a mano dall’artista coadiuvato da altre persone. Rilette in questo modo, le opere diventano l’immagine viva della lingua di Shakespeare,, che l’artista decostruisce in un processo di rappresentazione totale. Lo scorrere della calligrafia sullo schermo è l’immagine della lingua parlata, il più potente mezzo di comunicazione del mondo contemporaneo, di cui l’artista si è appropriato. In esso, la visualizzazione del testo trascritto a mano rappresenta un gesto di radicale personalizzazione della lingua inglese.
English as a Second Language, presenta un punto di vista rovesciato. In questo video due giovani turchi che non conoscono l’inglese leggono a voce alta i testi senza senso del poeta Edward Lear. Il problema dell’incomunicabilità è ancora più evidente perché il testo è del tutto incomprensibile. L’apparente trasparenza della lingua rivela in quest’opera quanto per le realtà locali la globalizzazione crei una grande quantità di non senso.
Nel caso di Ataman, la condizione della globalizzazione lo spinge a interrogarsi continuamente e a scavare all'interno dell'identità turca, alla ricerca dell'universalità del valore della cultura occidentale situata al crocevia tra Oriente e Occidente. In questo senso, la Turchia contemporanea rappresenta un'ideale piattaforma dove affiorano tutte queste contraddizioni se, paragonate all'universalità illusoria della globalizzazione.
Anche le immagini sono linguaggio e l’origine di questo in tempi moderni è data dalla fotografia. Il manifesto della mostra è costituito da Frame, un lightbox di una fotografia scattata in Turchia agli inizi del XX secolo che ritrae un gruppo di militari. La scelta dell’inquadratura da parte del fotografo sfida l’idea dello spazio rinascimentale per creare uno spazio gerarchico bizantino nella disposizione delle figure. È questa condizione ibrida dell’incontro tra la cultura occidentale impersonata dalla modernità della fotografia e la cultura del fotografo di matrice bizantina a generare ancora una volta una riflessione sui fraintendimenti del linguaggio.
Il percorso di Dictionary si chiude con la video installazione Strange Space. Girato in un’area desertica della Turchia orientale, il video mostra l’artista che cammina bendato all’interno di un grande spazio. È la storia dell’eroe che vaga alla ricerca dell’amata in preda alla passione.
Il tema della cecità esprime anche qui l’idea dell‘incomunicabilità, poiché il vedere è all’origine del linguaggio visivo. L’artista in questo lavoro rappresenta la metafora della condizione moderna del camminare sui margini di un baratro.
Il video è la profezia del vivere la vita moderna in un mondo globalizzato.
Il progetto di Kutlug Ataman, Mesopotamian Dramaturgies, composto di otto lavori, sarà presentato in una personale al MAXXI_Museo nazionale delle arti del XXI secolo a Roma, per l’inaugurazione del nuovo museo nella primavera del 2010. La mostra sarà curata da Cristiana Perrella e prodotta insieme ad UniCredit Group che acquisirà una delle opere per la collezione del museo.
18
settembre 2009
Kutlug Ataman – Dictionary
Dal 18 settembre al 07 novembre 2009
arte contemporanea
Location
GALLERIA FRANCESCA MININI
Milano, Via Massimiano, 25, (Milano)
Milano, Via Massimiano, 25, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 11-19.30
Vernissage
18 Settembre 2009, ore 19
Autore
Curatore