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La Danza delle Avanguardie
Dipinti, scene e costumi: da Degas a Picasso, da Matisse a Keith Haring
Comunicato stampa
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Oltre mille opere tra dipinti, sculture, costumi, scenografie, disegni, fotografie per raccontare la magica storia dell’arte e della danza
Partendo dagli artisti che hanno dipinto il teatro di danza, come Edgar Degas, Henri Toulouse-Lautrec e gli italiani Federico Zandomeneghi e Giovanni Boldini, la mostra documenta i sodalizi artistici di un mondo che ha visto lavorare fianco a fianco pittori, coreografi, impresari teatrali e danzatori. Dai lavori di Matisse, Goncharova, Larionov, Balla e Depero per i Ballets Russes di Serge Diaghilev, i progetti degli anni Venti di Giorgio de Chirico e Fernand Léger per i Ballets Suédois, e quelli che Alexandra Exter, Kasimir Malevich e El Lissizky idearono per i teatri in Russia, le scenografie e i costumi di Pablo Picasso, le rivoluzionarie invenzioni “africane” che Fernand Léger realizzò per La Création du monde, e il Balletto Triadico di Oskar Schlemmer. Si giunge poi alle creazioni degli anni Trenta di Joan Miró per Serge Lifar, alle innovazioni teatrali di Isamu Noguchi per Martha Graham negli anni Quaranta.
Per il secondo dopoguerra, la mostra presenta una sintesi di alcuni tra gli episodi più interessanti: dalle sperimentazioni di Robert Rauschenberg per Merce Cunningham, a quelle di Keith Haring per Bill T. Jones e Arnie Zane, per finire con quelli di David Salle e Jeff Koons per Karole Armitage, di Giulio Paolini per Davide Bombana, di Grazia Toderi per Virgilio Sieni, e di Jan Fabre, artista e coreografo lui stesso.
Le curatrici della mostra, Gabriella Belli e Elisa Guzzo Vaccarino, hanno voluto evidenziare i grandi cambiamenti avvenuti nel teatro di danza e nella ricerca artistica nel corso di oltre un secolo. I più importanti artisti dell’epoca in esame si trasformano negli scenografi più innovativi, trasferendo sul palcoscenico le loro nuove valenze creative.
Per il teatro, la collaborazione con le sperimentazioni delle avanguardie storiche è stata importante e feconda. Il rapporto tra le arti visive e plastiche da un lato e il balletto dall' altro, si è svolto su un doppio binario espressivo: pittori, stilisti, architetti sono intervenuti direttamente all'interno della rappresentazione scenica.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
La mostra si apre con una sala dedicata agli artisti di fine Ottocento che dipingono il teatro e il suo mondo. Edgar Degas e Federico Zandomeneghi rappresentano i momenti più salienti della vita del palcoscenico: le quinte, le prove e il proscenio, mostrando il volto umano e sociale del balletto parigino fin de siécle. Henri Toulouse-Lautrec, Jules Chéret e Giovanni Boldini, negli stessi anni, entrano in questo mondo, condividendo le vicende dei loro protagonisti; un coinvolgimento che anticipa la sensibilità delle avanguardie del ‘900, particolarmente attente alla rappresentazione del movimento e del dinamismo. Nei primi anni del secolo scorso gli artisti non si limitano più a rappresentare il teatro ma salgono direttamente sul palcoscenico, realizzando scenografie e costumi, cercando nuovi linguaggi per la coreografia, la musica e il teatro. Il palcoscenico si trasforma in un grande laboratorio nel quale sperimentare le più audaci soluzioni del linguaggio artistico. Non esiste alcun movimento d’avanguardia, entro la fine degli anni Venti del ‘900, che non contribuisca all'innovazione della scena, in sintonia con la trasformazione della visione e della teoria e pratica del balletto e della danza.
Saranno pioniere di questa rivoluzione teatrale le protagoniste della modern dance americana, Isadora Duncan e Loïe Fuller, muse ispiratrici di disegnatori, fotografi e scultori, come prima di loro le ballerine del varietà, della danza di sala e di intrattenimento, avevano ispirato Toulouse-Lautrec, Bourdelle, Severini.
Non c’è dubbio che il grande innovatore è stato però Serge Diaghilev, l’impresario dei Ballets Russes. Arrivato a Parigi nel 1908, nell’enfasi prebellica che vede la capitale francese al centro di grandi cambiamenti – dalla pittura, alla musica, allo stesso stile di vita – Diaghilev rivoluziona l’idea del balletto e della scena con la lungimiranza di chi da subito aveva capito che nel nuovo secolo nulla del passato si doveva salvare, lanciandosi così alla scoperta di nuove frontiere artistiche e nuovi talenti. Con un’inedita alchimia di esotismo, folklore russo –
un titolo scandaloso tra tutti, il Sacre du Printemps primitivista, ampiamente documentato in mostra – e linguaggi dell’avanguardia, Diaghilev mette in subbuglio le platee dei teatri di Parigi, Londra, Montecarlo, New York e Buenos Aires.
Tra il 1909 e il 1929 Diaghilev rompe con la tradizione del balletto a serata intera e invita Matisse, Picasso, Bakst, Goncharova, Larionov a realizzare le scene e i costumi di balletti brevi, d’autore, per la sua compagnia parigina. Chiama a sé anche i protagonisti del Futurismo: Balla, Prampolini e Depero. Ed è proprio con quest’ultimo che lavora alla preparazione di alcuni importanti progetti, tra cui Le Chant du Rossignol, in una versione purtroppo mai andata in scena, seguita da una più fortunata realizzazione di Henri Matisse nel 1920.
Alla celebre figura di Diaghilev si contrappone quella di Rolf de Maré, impresario dei “rivali” Ballets Suedois, attivi a Parigi tra il 1920 e il 1925, coi quali collaborano, oltre ad artisti già presenti nei Balletti Russi, come Jean Cocteau, anche Fernand Léger (La Création du monde) e Giorgio de Chirico (La Jarre).
In questi stessi anni, nel clima di straordinario rinnovamento dell’arte russa che segue la rivoluzione d’ottobre, alcuni dei maggiori artisti, rimasti in patria, focalizzano gran parte della loro attività nella sperimentazione teatrale, che diventa il luogo di proposte fortemente innovatrici: futurismo, suprematismo e costruttivismo trovano nel teatro il loro banco di prova con Alexandra Exter, El Lissitsky, Kasimir Malevich e Vladimir Tatlin.
Nell’ambito della Bauhaus primeggia la figura e il lavoro di ricerca di Oskar Schlemmer a cui la mostra dedica una importante sezione. Faro di una battaglia radicale contro l’estetica conformista del teatro, a lui si deve una delle più folgoranti pagine della storia artistica e culturale dell’Europa degli anni venti. Fu infatti grazie alla sua sperimentazione che chiamò in gioco tutte le arti, dalla scenografia alla coreografia, dall’architettura al linguaggio, dalle arti visive alla scultura, che si poterono gettare basi solide per la rinascita etica ed estetica dell’arte e del teatro del secondo dopoguerra.
L’ultimo capitolo della mostra – curato da Giorgio Verzotti – è riservato allo scenario coreografico della seconda metà del Novecento. Qui sono documentati i sodalizi di Joan Miró con Serge Lifar e Léonide Massine, le opere realizzate negli anni Quaranta da Isamu Noguchi per Martha Graham, la grande protagonista della nuova danza americana, e le combine paintings di Robert Rauschenberg che diventano scenografia per Merce Cunningham.
A seguire il visitatore potrà soffermarsi su alcuni lavori di Lucio Fontana, che interpreta il Ritratto di Don Chisciotte di Petrassi-Milloss, incontrerà gli inconfondibili segni grafici di Keith Haring, tra cui un grande Sipario per Interrupted River del 1987, le scenografie di David Salle e Jeff Koons per Karole Armitage, i bozzetti di scena di Giulio Paolini per Teorema di Davide Bombana, il video di Grazia Toderi per Il fiore delle Mille e una notte di Virgilio Sieni. Non manca infine la figura di Jan Fabre, scultore ma anche coreografo e regista delle proprie opere-performance teatrali.
La mostra La Danza delle Avanguardie è arricchita da una sezione dedicata al mondo della moda: i disegni e i costumi realizzati da Gianni Versace per Maurice Béjart e per William Forsythe; sempre per Forsythe le creazioni di Issey Miyake; Christian Lacroix ha collaborato con la coreografa Bianca Li, di Yves Saint-Laurent i bozzetti e i costumi per Roland Petit, e i costumi di Jean-Paul Gaultier per Regine Chopinot.
Vicino a queste creazioni, gli scatti dei fotografi di moda, che sperimentano curiose incursioni nel mondo della danza. Bruce Weber, Peter Lindbergh, Deborah Turbeville, Ellen Von Unwerth, Koto Bolofo fissano sulla pellicola immagini forti e inedite di questo mondo in movimento.
"Fashion-danza-fotografia. Tre universi che si intrecciano profondamente - scrive Franca Sozzani nel saggio in catalogo sulla sezione finale della mostra, da lei curata - e che si contaminano di continuo, fin da quel lontano 1924 cui data l'incontro, sulle scene, dei Ballets Russes e di Coco Chanel, complici Pablo Picasso, Henri Laurens, Darius Milhaud e Bronislava Nijinska per la creazione di Train Bleu, balletto nato da una idea di Jean Cocteau. Milieux sovrapposti che si snodano raccontando storie e "riflessi fatati", incantando anche l'occhio più cinico e smaliziato."
Si ringrazia per la collaborazione:
DansMuseet di Stoccolma, Bibliothèque-Musée de l’Opéra de Paris, Musée National Picasso di Parigi, Festival Oriente Occidente, Museo Teatrale del Teatro alla Scala, Teatro dell’Opera di Roma, MaggioDanza/Teatro Comunale di Firenze, Museo centrale statale Bakhrushin dell’arte teatrale, The Pushkin Museum of Fine Arts, The State Tretyakov Gallery di Mosca, The State Russian Museum di San Pietroburgo, Victoria & Albert Museum di Londra.
Coordinamento di: Margherita de Pilati, Elisabetta Barisoni
Progetto grafico di: Leonardo Sonnoli, Tassinari/Vetta
Partendo dagli artisti che hanno dipinto il teatro di danza, come Edgar Degas, Henri Toulouse-Lautrec e gli italiani Federico Zandomeneghi e Giovanni Boldini, la mostra documenta i sodalizi artistici di un mondo che ha visto lavorare fianco a fianco pittori, coreografi, impresari teatrali e danzatori. Dai lavori di Matisse, Goncharova, Larionov, Balla e Depero per i Ballets Russes di Serge Diaghilev, i progetti degli anni Venti di Giorgio de Chirico e Fernand Léger per i Ballets Suédois, e quelli che Alexandra Exter, Kasimir Malevich e El Lissizky idearono per i teatri in Russia, le scenografie e i costumi di Pablo Picasso, le rivoluzionarie invenzioni “africane” che Fernand Léger realizzò per La Création du monde, e il Balletto Triadico di Oskar Schlemmer. Si giunge poi alle creazioni degli anni Trenta di Joan Miró per Serge Lifar, alle innovazioni teatrali di Isamu Noguchi per Martha Graham negli anni Quaranta.
Per il secondo dopoguerra, la mostra presenta una sintesi di alcuni tra gli episodi più interessanti: dalle sperimentazioni di Robert Rauschenberg per Merce Cunningham, a quelle di Keith Haring per Bill T. Jones e Arnie Zane, per finire con quelli di David Salle e Jeff Koons per Karole Armitage, di Giulio Paolini per Davide Bombana, di Grazia Toderi per Virgilio Sieni, e di Jan Fabre, artista e coreografo lui stesso.
Le curatrici della mostra, Gabriella Belli e Elisa Guzzo Vaccarino, hanno voluto evidenziare i grandi cambiamenti avvenuti nel teatro di danza e nella ricerca artistica nel corso di oltre un secolo. I più importanti artisti dell’epoca in esame si trasformano negli scenografi più innovativi, trasferendo sul palcoscenico le loro nuove valenze creative.
Per il teatro, la collaborazione con le sperimentazioni delle avanguardie storiche è stata importante e feconda. Il rapporto tra le arti visive e plastiche da un lato e il balletto dall' altro, si è svolto su un doppio binario espressivo: pittori, stilisti, architetti sono intervenuti direttamente all'interno della rappresentazione scenica.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
La mostra si apre con una sala dedicata agli artisti di fine Ottocento che dipingono il teatro e il suo mondo. Edgar Degas e Federico Zandomeneghi rappresentano i momenti più salienti della vita del palcoscenico: le quinte, le prove e il proscenio, mostrando il volto umano e sociale del balletto parigino fin de siécle. Henri Toulouse-Lautrec, Jules Chéret e Giovanni Boldini, negli stessi anni, entrano in questo mondo, condividendo le vicende dei loro protagonisti; un coinvolgimento che anticipa la sensibilità delle avanguardie del ‘900, particolarmente attente alla rappresentazione del movimento e del dinamismo. Nei primi anni del secolo scorso gli artisti non si limitano più a rappresentare il teatro ma salgono direttamente sul palcoscenico, realizzando scenografie e costumi, cercando nuovi linguaggi per la coreografia, la musica e il teatro. Il palcoscenico si trasforma in un grande laboratorio nel quale sperimentare le più audaci soluzioni del linguaggio artistico. Non esiste alcun movimento d’avanguardia, entro la fine degli anni Venti del ‘900, che non contribuisca all'innovazione della scena, in sintonia con la trasformazione della visione e della teoria e pratica del balletto e della danza.
Saranno pioniere di questa rivoluzione teatrale le protagoniste della modern dance americana, Isadora Duncan e Loïe Fuller, muse ispiratrici di disegnatori, fotografi e scultori, come prima di loro le ballerine del varietà, della danza di sala e di intrattenimento, avevano ispirato Toulouse-Lautrec, Bourdelle, Severini.
Non c’è dubbio che il grande innovatore è stato però Serge Diaghilev, l’impresario dei Ballets Russes. Arrivato a Parigi nel 1908, nell’enfasi prebellica che vede la capitale francese al centro di grandi cambiamenti – dalla pittura, alla musica, allo stesso stile di vita – Diaghilev rivoluziona l’idea del balletto e della scena con la lungimiranza di chi da subito aveva capito che nel nuovo secolo nulla del passato si doveva salvare, lanciandosi così alla scoperta di nuove frontiere artistiche e nuovi talenti. Con un’inedita alchimia di esotismo, folklore russo –
un titolo scandaloso tra tutti, il Sacre du Printemps primitivista, ampiamente documentato in mostra – e linguaggi dell’avanguardia, Diaghilev mette in subbuglio le platee dei teatri di Parigi, Londra, Montecarlo, New York e Buenos Aires.
Tra il 1909 e il 1929 Diaghilev rompe con la tradizione del balletto a serata intera e invita Matisse, Picasso, Bakst, Goncharova, Larionov a realizzare le scene e i costumi di balletti brevi, d’autore, per la sua compagnia parigina. Chiama a sé anche i protagonisti del Futurismo: Balla, Prampolini e Depero. Ed è proprio con quest’ultimo che lavora alla preparazione di alcuni importanti progetti, tra cui Le Chant du Rossignol, in una versione purtroppo mai andata in scena, seguita da una più fortunata realizzazione di Henri Matisse nel 1920.
Alla celebre figura di Diaghilev si contrappone quella di Rolf de Maré, impresario dei “rivali” Ballets Suedois, attivi a Parigi tra il 1920 e il 1925, coi quali collaborano, oltre ad artisti già presenti nei Balletti Russi, come Jean Cocteau, anche Fernand Léger (La Création du monde) e Giorgio de Chirico (La Jarre).
In questi stessi anni, nel clima di straordinario rinnovamento dell’arte russa che segue la rivoluzione d’ottobre, alcuni dei maggiori artisti, rimasti in patria, focalizzano gran parte della loro attività nella sperimentazione teatrale, che diventa il luogo di proposte fortemente innovatrici: futurismo, suprematismo e costruttivismo trovano nel teatro il loro banco di prova con Alexandra Exter, El Lissitsky, Kasimir Malevich e Vladimir Tatlin.
Nell’ambito della Bauhaus primeggia la figura e il lavoro di ricerca di Oskar Schlemmer a cui la mostra dedica una importante sezione. Faro di una battaglia radicale contro l’estetica conformista del teatro, a lui si deve una delle più folgoranti pagine della storia artistica e culturale dell’Europa degli anni venti. Fu infatti grazie alla sua sperimentazione che chiamò in gioco tutte le arti, dalla scenografia alla coreografia, dall’architettura al linguaggio, dalle arti visive alla scultura, che si poterono gettare basi solide per la rinascita etica ed estetica dell’arte e del teatro del secondo dopoguerra.
L’ultimo capitolo della mostra – curato da Giorgio Verzotti – è riservato allo scenario coreografico della seconda metà del Novecento. Qui sono documentati i sodalizi di Joan Miró con Serge Lifar e Léonide Massine, le opere realizzate negli anni Quaranta da Isamu Noguchi per Martha Graham, la grande protagonista della nuova danza americana, e le combine paintings di Robert Rauschenberg che diventano scenografia per Merce Cunningham.
A seguire il visitatore potrà soffermarsi su alcuni lavori di Lucio Fontana, che interpreta il Ritratto di Don Chisciotte di Petrassi-Milloss, incontrerà gli inconfondibili segni grafici di Keith Haring, tra cui un grande Sipario per Interrupted River del 1987, le scenografie di David Salle e Jeff Koons per Karole Armitage, i bozzetti di scena di Giulio Paolini per Teorema di Davide Bombana, il video di Grazia Toderi per Il fiore delle Mille e una notte di Virgilio Sieni. Non manca infine la figura di Jan Fabre, scultore ma anche coreografo e regista delle proprie opere-performance teatrali.
La mostra La Danza delle Avanguardie è arricchita da una sezione dedicata al mondo della moda: i disegni e i costumi realizzati da Gianni Versace per Maurice Béjart e per William Forsythe; sempre per Forsythe le creazioni di Issey Miyake; Christian Lacroix ha collaborato con la coreografa Bianca Li, di Yves Saint-Laurent i bozzetti e i costumi per Roland Petit, e i costumi di Jean-Paul Gaultier per Regine Chopinot.
Vicino a queste creazioni, gli scatti dei fotografi di moda, che sperimentano curiose incursioni nel mondo della danza. Bruce Weber, Peter Lindbergh, Deborah Turbeville, Ellen Von Unwerth, Koto Bolofo fissano sulla pellicola immagini forti e inedite di questo mondo in movimento.
"Fashion-danza-fotografia. Tre universi che si intrecciano profondamente - scrive Franca Sozzani nel saggio in catalogo sulla sezione finale della mostra, da lei curata - e che si contaminano di continuo, fin da quel lontano 1924 cui data l'incontro, sulle scene, dei Ballets Russes e di Coco Chanel, complici Pablo Picasso, Henri Laurens, Darius Milhaud e Bronislava Nijinska per la creazione di Train Bleu, balletto nato da una idea di Jean Cocteau. Milieux sovrapposti che si snodano raccontando storie e "riflessi fatati", incantando anche l'occhio più cinico e smaliziato."
Si ringrazia per la collaborazione:
DansMuseet di Stoccolma, Bibliothèque-Musée de l’Opéra de Paris, Musée National Picasso di Parigi, Festival Oriente Occidente, Museo Teatrale del Teatro alla Scala, Teatro dell’Opera di Roma, MaggioDanza/Teatro Comunale di Firenze, Museo centrale statale Bakhrushin dell’arte teatrale, The Pushkin Museum of Fine Arts, The State Tretyakov Gallery di Mosca, The State Russian Museum di San Pietroburgo, Victoria & Albert Museum di Londra.
Coordinamento di: Margherita de Pilati, Elisabetta Barisoni
Progetto grafico di: Leonardo Sonnoli, Tassinari/Vetta
16
dicembre 2005
La Danza delle Avanguardie
Dal 16 dicembre 2005 al 07 maggio 2006
arte moderna e contemporanea
arti decorative e industriali
arti decorative e industriali
Location
MART – Museo di Arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto
Rovereto, Corso Angelo Bettini, 43, (Trento)
Rovereto, Corso Angelo Bettini, 43, (Trento)
Biglietti
Intero: 8 € Ridotto: 5 €
Ridotto scolaresche: 1€ a studente
Orario di apertura
martedì, mercoledì, giovedì, sabato e domenica 10:00 - 18:00
venerdì 10:00 – 21:00
Chiuso il lunedì
Editore
SKIRA
Autore
Curatore