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La disfatta dell’immagine
TRA Treviso Ricerca Arte inaugura “La disfatta dell’immagine” che presenta l’opera di sette autori che hanno concepito una serie di fotografie che unite insieme costituiscono un’unica installazione lunga 42 metri che crea una sorta di labirinto, una stanza in cui il visitatore è invitato a entrare.
Comunicato stampa
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La stagione espositiva a Ca' dei Ricchi continua con la mostra "La disfatta dell'immagine" curata da Carlo Sala che presenta l'opera di sette autori che hanno concepito una serie di fotografie che unite insieme costituiscono un'unica installazione lunga 42 metri che crea una sorta di labirinto, una stanza in cui il visitatore è invitato a entrare per rapportarsi con le immagini e a interrogarsi sul loro significato e la loro veste formale.
Il passaggio al digitale, il largo uso di tablet e smartphone, il rapporto quotidiano che si è instaurato con i social network e la disponibilità di giacimenti pressoché infiniti di immagini libere sulla rete, hanno portato ad una proliferazione di quest'ultime che presentano un carattere effimero. Lungo tutto il secolo scorso, invece, la fotografia generava delle vere e proprie "icone" che proponevano delle verità politiche, commerciali e storiche. Le immagini d'oggi all'opposto non possono avere la presunzione di essere autoreferenziali e immediatamente risolutive, ma devono problematizzare, alludere, interrogare e rimandare ad altre fonti del sapere. In mostra troveremo quindi delle immagini prive di "certezze" e connaturate da una natura ambigua che si manifesta anche nella loro forma: esse sono infatti realizzate attraverso glitch, errori consapevoli o dalla messa in relazione con altri apparati visivi che mischiano cultura autoriale e vernacolare. Nel compiere questo gesto di deflagrazione, manipolazione o collazione dell'immagine, l'autore si distacca dalla rappresentazione del reale per creare nuovi significati che sono una mera descrizione dell'oggettivo.
Tra gli approcci scelti dagli artisti, sia Alessandro Calabrese che il collettivo The Cool Couple si rivolgono al web alla ricerca di immagini anonime. Il progetto del 2015 A Failed Entertainment di Calabrese prende come punto di partenza una serie di scatti realizzati dall'autore nella città di Milano: grazie all'inserimento di questi su Google, il motore di ricerca ha trovato una costellazione di immagini correlate sulla base di criteri di verosimiglianza e la fotografia originale viene così integrata dalle nuove, creando un collage connotato dall'indeterminatezza visiva. Anche The Cool Couple con Rebus: Noti fotografi (2016) agisce attingendo al bacino della rete per compiere un intervento di carattere ludico, realizzando una serie di vignette contenenti dei rebus, in cui l'immagine che guida alla risoluzione coincide con il primo risultato della ricerca su Google, ottenuto inserendo la parola oggetto del quiz. Questo gioco ideato dagli autori è il pretesto per compiere una riflessione sulla reciproca connessione e codificazione tra le immagini e il linguaggio verbale, e creare così un'inversione paradigmatica nei rapporti di forza tra le due componenti della comunicazione di massa.
Irene Fenara, Enrico Smerilli e Lamberto Teotino, con modalità ed esiti dissimili, compiono invece un'opera di decostruzione dei caratteri formali dell'immagine. Smerilli, nella serie Here is where we meet (2013), propone un magma visivo alla ricerca di nuove ricombinazioni estetiche: le immagini, che per loro stessa natura dovrebbero essere una cristallizzazione permanente del visibile, sembrano in questo caso indicare una metamorfosi in divenire. Questa sensazione di instabilità è un implicito invito rivolto al fruitore a relazionarsi con i lavori e a compiere un ideale completamento della trasfigurazione. L'opera Mr and Mrs Smithee (2013) di Lamberto Teotino trasmette un senso di limite figurando l'attimo immediatamente precedente allo scoccare delle frecce che un uomo e una donna, protagonisti della fotografia, si scaglieranno addosso reciprocamente. Il clima della narrazione è sospeso in una precarietà emotiva che si intreccia con quella formale, dove una piccola crepa genera un cortocircuito percettivo. Irene Fenara, in Paesaggio mobile (2016), stravolge delle comuni fotografie montane attraverso un'azione analogica che prima deforma le stampe giocando sul loro carattere oggettuale, per poi scansionarle e riportale ad una bidimensionalità esasperata che le rende astrazioni. Anche Alberto Sinigaglia ragiona sui limiti del visibile: attraverso la collazione di immagini stranianti e di natura discorde i confini tra realtà e finzione sono resi labili, per cui, ad esempio, le associazioni compiute con la foto di un uomo tratta da un sito di ufologia ne avvalorano visivamente la supposta natura aliena. Infine Giorgio Di Noto, con il processo realizzativo che ha portato a Matrix (2013), tocca i due confini più lontani della riflessione condotta dall'esposizione: il materiale di partenza è difatti costituito da alcuni celebri scatti dei maestri della fotografia del Novecento, da Henri Cartier-Bresson a Elliott Erwitt, da Josef Koudelka a René Burri. Queste immagini di reportage, di fotografia sociale o di dialettica con il reale, capaci di cogliere l''instant décisif, nel lavoro di Di Noto perdono completamente il loro statuto di icone di massa grazie all'azione di alcuni algoritmi che ne smaterializzano la struttura esteriore, riducendole a superfici aniconiche dalle fattezze illeggibili.
Il passaggio al digitale, il largo uso di tablet e smartphone, il rapporto quotidiano che si è instaurato con i social network e la disponibilità di giacimenti pressoché infiniti di immagini libere sulla rete, hanno portato ad una proliferazione di quest'ultime che presentano un carattere effimero. Lungo tutto il secolo scorso, invece, la fotografia generava delle vere e proprie "icone" che proponevano delle verità politiche, commerciali e storiche. Le immagini d'oggi all'opposto non possono avere la presunzione di essere autoreferenziali e immediatamente risolutive, ma devono problematizzare, alludere, interrogare e rimandare ad altre fonti del sapere. In mostra troveremo quindi delle immagini prive di "certezze" e connaturate da una natura ambigua che si manifesta anche nella loro forma: esse sono infatti realizzate attraverso glitch, errori consapevoli o dalla messa in relazione con altri apparati visivi che mischiano cultura autoriale e vernacolare. Nel compiere questo gesto di deflagrazione, manipolazione o collazione dell'immagine, l'autore si distacca dalla rappresentazione del reale per creare nuovi significati che sono una mera descrizione dell'oggettivo.
Tra gli approcci scelti dagli artisti, sia Alessandro Calabrese che il collettivo The Cool Couple si rivolgono al web alla ricerca di immagini anonime. Il progetto del 2015 A Failed Entertainment di Calabrese prende come punto di partenza una serie di scatti realizzati dall'autore nella città di Milano: grazie all'inserimento di questi su Google, il motore di ricerca ha trovato una costellazione di immagini correlate sulla base di criteri di verosimiglianza e la fotografia originale viene così integrata dalle nuove, creando un collage connotato dall'indeterminatezza visiva. Anche The Cool Couple con Rebus: Noti fotografi (2016) agisce attingendo al bacino della rete per compiere un intervento di carattere ludico, realizzando una serie di vignette contenenti dei rebus, in cui l'immagine che guida alla risoluzione coincide con il primo risultato della ricerca su Google, ottenuto inserendo la parola oggetto del quiz. Questo gioco ideato dagli autori è il pretesto per compiere una riflessione sulla reciproca connessione e codificazione tra le immagini e il linguaggio verbale, e creare così un'inversione paradigmatica nei rapporti di forza tra le due componenti della comunicazione di massa.
Irene Fenara, Enrico Smerilli e Lamberto Teotino, con modalità ed esiti dissimili, compiono invece un'opera di decostruzione dei caratteri formali dell'immagine. Smerilli, nella serie Here is where we meet (2013), propone un magma visivo alla ricerca di nuove ricombinazioni estetiche: le immagini, che per loro stessa natura dovrebbero essere una cristallizzazione permanente del visibile, sembrano in questo caso indicare una metamorfosi in divenire. Questa sensazione di instabilità è un implicito invito rivolto al fruitore a relazionarsi con i lavori e a compiere un ideale completamento della trasfigurazione. L'opera Mr and Mrs Smithee (2013) di Lamberto Teotino trasmette un senso di limite figurando l'attimo immediatamente precedente allo scoccare delle frecce che un uomo e una donna, protagonisti della fotografia, si scaglieranno addosso reciprocamente. Il clima della narrazione è sospeso in una precarietà emotiva che si intreccia con quella formale, dove una piccola crepa genera un cortocircuito percettivo. Irene Fenara, in Paesaggio mobile (2016), stravolge delle comuni fotografie montane attraverso un'azione analogica che prima deforma le stampe giocando sul loro carattere oggettuale, per poi scansionarle e riportale ad una bidimensionalità esasperata che le rende astrazioni. Anche Alberto Sinigaglia ragiona sui limiti del visibile: attraverso la collazione di immagini stranianti e di natura discorde i confini tra realtà e finzione sono resi labili, per cui, ad esempio, le associazioni compiute con la foto di un uomo tratta da un sito di ufologia ne avvalorano visivamente la supposta natura aliena. Infine Giorgio Di Noto, con il processo realizzativo che ha portato a Matrix (2013), tocca i due confini più lontani della riflessione condotta dall'esposizione: il materiale di partenza è difatti costituito da alcuni celebri scatti dei maestri della fotografia del Novecento, da Henri Cartier-Bresson a Elliott Erwitt, da Josef Koudelka a René Burri. Queste immagini di reportage, di fotografia sociale o di dialettica con il reale, capaci di cogliere l''instant décisif, nel lavoro di Di Noto perdono completamente il loro statuto di icone di massa grazie all'azione di alcuni algoritmi che ne smaterializzano la struttura esteriore, riducendole a superfici aniconiche dalle fattezze illeggibili.
05
febbraio 2016
La disfatta dell’immagine
Dal 05 febbraio al 13 marzo 2016
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
TRA – CA’ DEI RICCHI
Treviso, Vicolo Barberia, (Treviso)
Treviso, Vicolo Barberia, (Treviso)
Orario di apertura
mart. - ven. ore 10-13 / 15.30-19.30
dom. 15.30-19.30
Vernissage
5 Febbraio 2016, ore 18.30
Autore