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La Dolce Vita. 1950 – 1960. Stars and celebrities in the Italian Fifties
Esposizione di fotografie provenienti dall’Archivio Luce
Comunicato stampa
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E’ il 1949 quando, sotto gli occhi della stampa internazionale, si sposano a Roma Linda Christian e Tyrone Power. Nel 1950 la Metro Goldwyn Mayer sceglie Cinecittà per girare Quo Vadis. Nasce la Cafè-Society, con riti, caratteri e personaggi che Fellini racconterà ne La Dolce Vita; fascino, bellezza, divismo, celebrità e pettegolezzo entrano così nel quotidiano.
Tutto questo viene raccontato nella mostra La Dolce Vita. 1950-1960. Stars and Celebrities in the Italian Fifties, a cura di Marco Panella e promossa dal Comune di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione - Sovraintendenza ai Beni Culturali, da Artix e Cinecittà Luce con il supporto organizzativo e i servizi museali di Zètema Progetto Cultura ospitata dal 4 agosto al 14 novembre dai Mercati di Traiano.
Il percorso raccoglie 100 foto selezionate dall’Archivio Luce e 100 rotocalchi degli anni ‘50, un racconto per immagini con i volti ed i personaggi entrati nell’immaginario degli italiani, filtrati dalla leggerezza mondana dell’epoca.
Set naturale di questa vita è Roma, ma tutta l’Italia ne è contagiata. Quell’Italia degli anni ’50 dove più della metà della popolazione parla solo il dialetto e dove sono oltre 6 milioni gli analfabeti. La stessa Italia dove però si vendono tantissimi dischi (18 milioni solo nel ’58) e si frequenta quasi ogni giorno il cinematografo (nel ’53 ce n’è uno ogni 33.000 abitanti per una spesa complessiva di 93 miliardi di lire), dove si beve Coca Cola, si balla il rock’n roll, si risparmia e si guarda al futuro.
Tutto sta per cambiare: i ritmi, gli stili di vita, l’abbigliamento. La guerra è finita da poco e la gente comune vuole sognare. Nella nascente società dell’immagine, il cinema, gli amori, i vizi e gli scandali dei divi vengono seguiti con passione sui rotocalchi (ogni settimana Oggi vende più di un milione di copie, Epoca cinquecentomila) dove storie, matrimoni e divorzi si rincorrono con il ritmo dei tempi nuovi.
Nel ‘49 nasce la passione tra Ingrid Bergman e Roberto Rossellini sul set di Stromboli terra di Dio e la stampa internazionale grida allo scandalo; nel ‘54 il principe Massimo sposa, per non troppo tempo, la bella attrice inglese Dawn Addams, Charlie Chaplin come testimone di nozze; sempre nel ‘54 Vittorio Gassman divorzia dalla seconda moglie Shelley Winters ed inizia una fotografatissima storia con Anna Maria Ferrero; nel ’55 Lucia Bosè, dopo la love story con Walter Chiari, si innamora del torero Luis Miguel Dominguin; nel ‘56 il matrimonio tra Grace Kelly e Ranieri di Monaco viene trasmesso in diretta televisiva; Maria Callas lascia il marito Battista Meneghini per l’armatore greco Aristotele Onassis; nel ‘60 il matrimonio tra Virna Lisi e Franco Pesci è uno degli eventi più fotografati dell’anno.
E la mostra dei Mercati di Traiano racconta queste celebrità nella loro vita mondana con una selezione di alcune delle fotografie che hanno contribuito al loro mito, facendoli entrare nell’immaginario collettivo dell’epoca, e non solo.
A PROPOSITO DEGLI ANNI CINQUANTA…
Una ragazza occhieggia e sorride affacciata da un balcone. E’ il 1946 e la copertina del settimanale Tempo non lascia dubbi: anche in via Veneto la guerra è finita.
La vera sorpresa è leggere, oltre sessant’anni dopo, Paolo Monelli raccontare nel suo articolo le vocazioni di una strada che ha appena ricominciato a vivere…piccolo mondo fuori dal corso del tempo, dove …le ore sono al rallentatore, odorose di brillantina, vissute a tempo di carrozzella e persino l’asfalto ha un suo particolare luccichio, come se un parrucchiere gli avesse fatto lo shampooing...la polvere sembra di cipria e rimmel...e nei caffè non ci si va solo a prendere l’aperitivo ma anche a mostrare i propri vestiti…al bar si parla di quanto è accaduto la sera prima e di quanto forse accadrà la sera dopo…importanti discorsi tra un vermut-gin e l’altro.
Non è ancora tempo di dolce vita, eppure è tutta qui, in un’anteprima passata inosservata, preziosa come una dichiarazione all’amore che verrà, il prossimo, quello buono che non ti lascerà per tutta la vita.
Qualche anno dopo, nel 1950, Epoca, altro rotocalco che avrà grande successo, arriva in edicola e dedica la sua prima copertina a Liliana. Ragazza italiana, che vende gelati da Motta in piazza Duomo a Milano, ogni giorno è in pausa dall’una alle cinque e ha la domenica libera.
Con grande intuizione, la sua copertina Epoca la dedica a una ragazza come tante, una delle tante che sul quel giornale, leggendo di divi, fidanzamenti o matrimoni famosi sognerà una vita migliore anche per lei.
I sogni, nel 1950, hanno il costo di cento lire, il biglietto per uno spettacolo al cinematografo, che ancora non si abbrevia in cinema.
E l’Italia che sogna al cinema, segue vita, amori e scandali di divi e aspiranti tali sui rotocalchi, fenomeno editoriale in un Paese che compra pochissimi libri ma che, a metà anni cinquanta, ogni settimana fa vendere un milione di copie ad Oggi e cinquecentomila ad Epoca.
I rotocalchi, prima ancora della televisione che arriverà nel 1954, amplificano la realtà, spesso la costruiscono, sicuramente rendono più vicina quella inarrivabile del divo del momento, di cui scompongono la vita in gioie e dolori, rivalità e pruderie proibite.
Al censimento del 1951 l’Italia è ancora un Paese dove ventisette milioni di persone, su una popolazione di quarantasette milioni, parlano solo il dialetto ed oltre sei milioni sono gli analfabeti. Quarantadue italiani su cento lavorano in agricoltura, mediamente si mangia un chilo di carne al mese e solo due italiani su cento hanno i denti sani; i dentisti sono uno su quindicimila contro uno ogni millecinquecento della Germania. Sempre nel 1951 si vendono tre milioni di dischi, inizia il Festival di Sanremo, Nilla Pizzi vince la prima edizione con Grazie dei fior e la seconda con Vola colomba : nel 1958 di dischi se ne venderanno diciotto milioni. Il caffè è ancora un lusso, sostituito il più delle volte da surrogati come la Miscela Leone o la Miscela Frank e la nostra industria produce solo diciottomilacinquecento frigoriferi l’anno.
Il risparmio è un valore in questo Paese, il tempo grigio della fame e delle rinunce è ancora troppo vicino per perderne le abitudini: un’indagine Doxa del 1953 ci dice che 92 italiani su 100, anche se il loro stipendio aumenta, non sono disposti a spendere di più per vestire meglio.
Possiamo rinunciare a molto, in questo 1953, ma non al cinema: abbiamo una sala ogni 33.000 abitanti, secondi solo alla Svezia con la quale però non c’è paragone per densità di popolazione, e per vedere film in prima, seconda o terza visione, spendiamo 93 miliardi di lire.
Mentre la sartoria italiana inizia a vestire celebrità di tutto il mondo e a diventare alta moda, nel 1953 Dior irrompe nel dettaglio dei canoni estetici e alza l’orlo delle gonne da 24 a 38 centimetri da terra. L’Italia entrata negli anni cinquanta con la bellezza generosa delle maggiorate ringrazia e, al tempo stesso, assiste perplessa al taglio dei capelli alla maschietta che solo Audrey Hepburn in Vacanze Romane – il film del 1953 di William Wiler, celebrato con grande merito ma di cui non si è sottolineato abbastanza che il plot riguarda una principessa, un giornalista, un fotografo, un grande amore ed uno scoop scandalistico, ovvero il format per eccellenza della gossip society degli anni cinquanta - può permettersi.
Autori come Scerbanenco, futuro maestro del noir italiano, Paolo Emilio D’Emilio e Marco Mortara scrivono centinaia di romanzi e novelle d’amore per rotocalchi e fotoromanzi; le protagoniste hanno nomi esotici per il Paese delle Marie e si chiamano Consuelo, Dianora, Giana, Carola.
Importiamo Coca Cola, bikini, juke box, flipper e rock’n roll, ci muoviamo in Vespa o in Seicento sognando la fuoriserie, ritmi e riti della vita quotidiana, dal tempo libero al corteggiamento, iniziano a cambiare.
L’Italia è in movimento, è ottimista, si rimbocca le maniche, risparmia, sogna e guarda al futuro: le generazioni cresciute negli anni venti e trenta la cambieranno come non avevano mai immaginato di fare.
Iniziano così gli anni cinquanta, e l’Italia raccontata dalle statistiche trova una sua straordinaria rappresentazione nel talento di registi, sceneggiatori e attori che animano una produzione cinematografica vastissima.
Tra i tanti, cinque film in particolare ci restituiscono forse più di altri la trama sociale del periodo, vere e proprie icone per capire l’Italia che fa da sfondo al divismo.
Primo tra questi, del 1951, Bellissima di Luchino Visconti, struggente e verissimo, con Anna Magnani che dà volto, carattere, lacrime e cuore a Maddalena Cecconi, madre di buone speranze che, immaginando se stessa, cerca un futuro nel cinema per la sua bambina di 8 anni: non sarà così e non poteva essere diversamente.
Una storia che corre quasi parallela con Lo sceicco bianco, che Federico Fellini gira nel 1952 con Alberto Sordi. Anche qui protagonista silenziosa del film è l’illusione di una ragazza di provincia, sposina in viaggio di nozze a Roma, che si allontana dal marito per andare a cercare il suo idolo dei fotoromanzi. Lo troverà, l’incontro non sarà come lei aveva sognato, sopraffatta dalla vergogna per se stessa tenterà un non riuscito suicidio e tornerà dal marito giusto in tempo per non mancare la programmata visita a San Pietro con tutti i parenti.
Nel 1956 una gioventù intera, si ritrova nel neorealismo romantico di Poveri ma belli, il film di Dino Risi il cui titolo - nell’Italia che cerca di farcela e che si riconosce nei volti e nei modi di Maurizio Arena, Marisa Allasio e Renato Salvatori - , ha un’efficacia rara ed è già di per sé una garanzia di successo.
Nel 1958 Mario Monicelli con I soliti ignoti probabilmente segna l’inizio della commedia all’italiana, sarcastica, ironica e graffiante, capace al tempo stesso di far sorridere ai vizi comuni e di dare volto anche alle criticità di chi, nella dilagante corsa al benessere, rimaneva comunque marginale.
Marginale, però non è solo chi non ce la fa a rincorrere il successo, ma anche quella borghesia che nella scalata sociale, perde il senso morale di se stessa e del suo valore. Federico Fellini lo racconta da maestro, nel 1960, con La dolce vita, film crepuscolare, di critica lucida e amara che guarda al futuro solo quando Mastroianni, in una festa che finisce quasi all’alba, a chi gli chiede quale lavoro stesse facendo ora, risponde faccio il pubblicitario. Carosello nasce nel 1957, la società del consumo è agli esordi e Fellini, con una geniale noncuranza, butta lì una battuta che anticipa il mondo che verrà.
Questi cinque film la raccontano veramente tutta l’Italia degli anni cinquanta, che non è più un luogo o un periodo, ma un modello sociale e di vita che, fuori quota e seguendo sempre le icone cinematografiche, arriva all’epilogo nel 1963 con un altro film di Dino Risi, Il sorpasso, dove Vittorio Gassman e Jean Louis Trintignant sono maschere sociali di rara intensità. Amarissimo, simbolico all’eccesso e di bellezza straordinaria.
In questa Italia - della quale possiamo aprire parentesi con il matrimonio che sotto gli occhi del mondo Linda Christian e Tyrone Power celebrano a Roma nel 1949, per chiuderla, appunto, nel 1963 con Il sorpasso -, divismo e celebrità sono vere categorie comportamentali, creano strutture complesse di ambizione ed imitazione nella dinamica delle relazioni sociali, assumono forme e trovano percorsi propri, sul filo del fascino e della seduzione giocano con le prime avvisaglie della società dell’immagine che tra poco arriverà.
E’ in questi anni che concorsi di bellezza, cinema e copertine dei rotocalchi si referenziano come sistema di riconoscimento sociale - che, amplificato ed evoluto, vive ancora oggi - e lo scorrere del quotidiano trova la sua unità di misura in gusti, capricci, vizi e virtù delle celebrità del momento.
Dal titolo di reginetta, conquistato o mancato di un soffio e quindi contestato e reclamato, iniziano, ad esempio, carriere celebrate come quelle di Lucia Bosè, Silvana Pampanini, Gina Lollobrigida e Sophia Loren, così come anche quella di Anita Ekberg che, prima di trovare l’America in Italia, avrà porte aperte a Hollywood dopo il titolo di miss Svezia 1950.
L’arrivo delle grandi produzioni americane a Cinecittà – i colossi come si scriveva allora, detti poi kolossal – fa diventare Via Veneto, con gli alberghi di lusso dove scendono i divi, le poltroncine colorate dei caffè, le edicole aperte tutta la notte – uniche a vendere giornali stranieri - un vero salotto del mondo, dove registi, attori e attrici, affermati o in cerca di successo, animano giornate e notti dal sonno breve, fanno fiorire aneddoti e cronache mondane, scandali e amori a cui un’umanità varia che copre l’intero arco sociale, dall’intellettuale all’artista, dall’arrampicatore al play boy, guarda ed ambisce di partecipare.
Roma è il set naturale di questa vita, ma l’Italia intera ne è contagiata.
Pur lavorando moltissimo a Cinecittà, molti sono i luoghi di grande bellezza che attraggono produzioni in cerca di ambientazioni o, semplicemente, divi in vacanza. E così, un immaginario percorso della mondanità risale l’Italia da Taormina, passa per Capri, Ischia e costiera amalfitana, fa tappa in Toscana, raggiunge Portofino e poi vira per Venezia, dove il Festival è un appuntamento imperdibile, l’unico, in quegli anni, di vera notorietà internazionale.
Alla cronaca mondana degli anni cinquanta non manca nulla: fans in delirio, matrimoni eccellenti, amori contrastati, divorzi annunciati, scandali dalle tinte fosche, nebbie giudiziarie.
Il Rallye del Cinema, ad esempio, organizzato con una formula originale e di grande popolarità da Ezio Radaelli, porta attori e celebrità varie in una corsa a tappe che attraversa l’Italia per la felicità di case di produzione e fans a caccia di autografi, e che, il 15 aprile del1956, fa parlare Mino Guerrini di carneficina mancata nel suo articolo su L’Espresso, che titola a denti stretti 28 pazzi sfioravano cinque milioni d’italiani impazziti.
E la cronaca rosa, non raramente si tinge di nero.
Famoso su tutti il caso di Wilma Montesi, la ragazza trovata morta l’11 aprile del 1953 sulla spiaggia di Torvajanica, vicino Roma. Frettolosamente archiviato come suicidio, da subito sulla stampa scandalistica cominciarono a correre voci e interrogativi sino a quando, nell’ottobre, il caso scoppierà dopo un’inchiesta giornalistica a firma di Silvano Muto sul periodico Attualità e nella quale prendevano corpo scenari di droga, orge, nobiltà gaudente e politici conniventi. Nelle indagini giudiziarie saranno coinvolti il musicista Piero Piccioni, figlio di un ministro in carica e allora fidanzato con Alida Valli, il marchese Ugo Montagna – uno dei cosiddetti ciampinari, così chiamati perché potevano vantare un titolo nobiliare assegnato in extremis dal Re prima della sua partenza per l’esilio dall’aeroporto di Ciampino - ed alcune aspiranti attrici dalla alterne confessioni, come Anna Maria Moneta Caglio. Con un fragore di cronaca che durerà anni il processo si concluderà nel 1957 con l’assoluzione piena per Piccioni mentre, nel 1964 Silvano Muto e Anna Maria Moneta Caglio saranno condannati per calunnia.
Amori, matrimoni e divorzi si rincorrono con il ritmo dei tempi nuovi.
Linda Cristian e Tyrone Power, sposi nel 1949 divorziano nel 1956; nel 1949, sul set di Stromboli terra di Dio, nasce con grande scandalo della stampa americana la passione tra Ingrid Bergman e Roberto Rossellini che, nel ruolo e nella vita, preferisce l’attrice svedese ad Anna Magnani, almeno sino al 1956, quando il regista andrà in India da dove tornerà con una nuova compagna, Sonali Das Gupta; il principe Massimo, nel 1954, sposa per non troppo tempo la bella attrice inglese Dawn Addams, con Charlie Chaplin testimone di nozze; sempre nel 1954, direttamente da Hollywood, arriva il gossip sulla relazione di Anna Maria Pierangeli con James Dean e grande è la sorpresa che accoglie il suo matrimonio con il cantante Vic Damone; ancora nel 1954 Vittorio Gassman divorzia dalla seconda moglie Shelley Winters ed inizia una fotografatissima storia con Anna Maria Ferrero; nel 1955 fa notizia sui rotocalchi il matrimonio a Firenze tra Anita Ekberg ad Anthony Steel; nel 1956 il matrimonio tra Grace Kelly e Ranieri di Monaco viene trasmesso in diretta televisiva sul canale nazionale, l’unico, della RAI con una partecipazione popolare corale ma che non fa mancare, a L’Espresso, di titolare ora devono innamorarsi; nel 1955 il settimanale Le Ore parla di Gina Lollobrigida come la signora Skofic, dal nome del marito che aveva sposato nel 1949 e la sua maternità, nel 1957, si trasformerà in un vero evento mediatico; Lucia Bosè, dopo la love story con Walter Chiari, nel 1955 lascia il cuore al torero Luis Miguel Dominguin; Sophia Loren ed Ettore Ponti sono costretti al matrimonio per procura in Messico nel 1957, prima che il produttore ottenga il divorzio per potersi sposare nuovamente e legalmente in Italia nel 1966; il format sentimentale attrice-produttore si perpetua con il matrimonio di Silvana Mangano e Dino De Laurentis, nel 1957, e trova una versione contrastata nel rapporto di Claudia Cardinale con Franco Cristaldi; Federico Fellini e Giuletta Masina vivono l’amore di tutta una vita; Belinda Lee tenterà il suicidio come epilogo della sua storia con il principe Filippo Orsini; Elsa Martinelli, attrice di grande eleganza, sposa nel 1957 il conte Franco Mancinelli Scotti; complice la giornalista americana Elsa Maxwell che li fa incontrare a Venezia, Maria Callas lascerà il marito Battista Meneghini per l’armatore greco Aristotele Onassis; nel 1960 il matrimonio tra Virna Lisi e Franco Pesci sarà uno degli eventi più fotografati dell’anno; Walter Chiari e Maurizio Arena si distinguono per una serie infinita di love affairs, alcuni con dive dello star system hollywoodiano come Ava Gardner e Linda Christian, ed alimentano cronaca rosa e pettegolezzo. Tra le dive straniere, tengono banco Elizabeth Taylor e Joan Collins.
Fascino e bellezza, spesso più del talento, sono i protagonisti indiscussi della celebrità e della mondanità.
Le nostre attrici – Sophia Loren, Gina Lollobrigida, Silvana Pampanini, Silvana Mangano, Claudia Cardinale, Elsa Martinelli - sono brave, bellissime e more.
Il sex-symbol, però, nell’Italia ingenua degli anni cinquanta, è straniera e, possibilmente, bionda.
A questo appellativo rispondono i nomi di Kim Novak, Belinda Lee, Anita Ekberg, Diana Dors, Mamie van Doren, Abbe Lane, Zsa Zsa Gabor, Jayne Mansfield, Brigitte Bardot, Angie Dickinson Marilyn Monroe – la più sola di Hollywood come titola già nel 1955 La Settimana Incom-, con qualche eccezione come nel caso della cubana Chelo Alonso.
La fatalità, invece, ha il colore rosso dei capelli di Rita Hayworth.
Si può avere nostalgia di quegli anni?
Nello scrivere i testi e nel selezionare le foto da pubblicare me lo sono chiesto più volte e, solo alla fine, ho capito che non era quella la domanda giusta.
Io credo che un racconto debba emozionare e giocare con sensibilità sottili.
La fotografia, in questo, ha una possibilità in più perché il suo contenuto emozionale arriva al lettore non filtrato da mediazioni concettuali: è diretto, immediato, emotivo, spesso riesce a fissare nell’attimo rubato il senso compiuto di una vita.
Il racconto degli anni cinquanta - io che non li ho vissuti, visto che sono un baby boomer arrivato qualche anno dopo – lo trovo emozionante perché vedo quegli anni come una sorta di adolescenza collettiva, quando quasi tutto era possibile in un Paese dove famiglie generalmente di cultura non ampia e molte anche di scarsa alfabetizzazione, rigiravano il cappotto per far studiare i figli, compravano a rate, spesso con vergogna, il frigorifero o il televisore e onoravano sempre i debiti.
Quell’adolescenza collettiva ha gli occhi trasognati di Marcello Mastroianni che, guardando Anita Ekberg nell’acqua di Fontana di Trevi, si lascia andare al richiamo dell’ultima tentazione ingenua e dice…ma sì...vengo..vengo..
Un’ingenuità che, nel 1963, la metafora della via Aurelia percorsa sotto il sole di Ferragosto da Vittorio Gassman e Jean Louis Trintignant ne Il Sorpasso si porta via tragicamente alla curva di Calafuria, sul lungomare Toscano.
Dopo, tutto sarà diverso.
Tutto questo viene raccontato nella mostra La Dolce Vita. 1950-1960. Stars and Celebrities in the Italian Fifties, a cura di Marco Panella e promossa dal Comune di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione - Sovraintendenza ai Beni Culturali, da Artix e Cinecittà Luce con il supporto organizzativo e i servizi museali di Zètema Progetto Cultura ospitata dal 4 agosto al 14 novembre dai Mercati di Traiano.
Il percorso raccoglie 100 foto selezionate dall’Archivio Luce e 100 rotocalchi degli anni ‘50, un racconto per immagini con i volti ed i personaggi entrati nell’immaginario degli italiani, filtrati dalla leggerezza mondana dell’epoca.
Set naturale di questa vita è Roma, ma tutta l’Italia ne è contagiata. Quell’Italia degli anni ’50 dove più della metà della popolazione parla solo il dialetto e dove sono oltre 6 milioni gli analfabeti. La stessa Italia dove però si vendono tantissimi dischi (18 milioni solo nel ’58) e si frequenta quasi ogni giorno il cinematografo (nel ’53 ce n’è uno ogni 33.000 abitanti per una spesa complessiva di 93 miliardi di lire), dove si beve Coca Cola, si balla il rock’n roll, si risparmia e si guarda al futuro.
Tutto sta per cambiare: i ritmi, gli stili di vita, l’abbigliamento. La guerra è finita da poco e la gente comune vuole sognare. Nella nascente società dell’immagine, il cinema, gli amori, i vizi e gli scandali dei divi vengono seguiti con passione sui rotocalchi (ogni settimana Oggi vende più di un milione di copie, Epoca cinquecentomila) dove storie, matrimoni e divorzi si rincorrono con il ritmo dei tempi nuovi.
Nel ‘49 nasce la passione tra Ingrid Bergman e Roberto Rossellini sul set di Stromboli terra di Dio e la stampa internazionale grida allo scandalo; nel ‘54 il principe Massimo sposa, per non troppo tempo, la bella attrice inglese Dawn Addams, Charlie Chaplin come testimone di nozze; sempre nel ‘54 Vittorio Gassman divorzia dalla seconda moglie Shelley Winters ed inizia una fotografatissima storia con Anna Maria Ferrero; nel ’55 Lucia Bosè, dopo la love story con Walter Chiari, si innamora del torero Luis Miguel Dominguin; nel ‘56 il matrimonio tra Grace Kelly e Ranieri di Monaco viene trasmesso in diretta televisiva; Maria Callas lascia il marito Battista Meneghini per l’armatore greco Aristotele Onassis; nel ‘60 il matrimonio tra Virna Lisi e Franco Pesci è uno degli eventi più fotografati dell’anno.
E la mostra dei Mercati di Traiano racconta queste celebrità nella loro vita mondana con una selezione di alcune delle fotografie che hanno contribuito al loro mito, facendoli entrare nell’immaginario collettivo dell’epoca, e non solo.
A PROPOSITO DEGLI ANNI CINQUANTA…
Una ragazza occhieggia e sorride affacciata da un balcone. E’ il 1946 e la copertina del settimanale Tempo non lascia dubbi: anche in via Veneto la guerra è finita.
La vera sorpresa è leggere, oltre sessant’anni dopo, Paolo Monelli raccontare nel suo articolo le vocazioni di una strada che ha appena ricominciato a vivere…piccolo mondo fuori dal corso del tempo, dove …le ore sono al rallentatore, odorose di brillantina, vissute a tempo di carrozzella e persino l’asfalto ha un suo particolare luccichio, come se un parrucchiere gli avesse fatto lo shampooing...la polvere sembra di cipria e rimmel...e nei caffè non ci si va solo a prendere l’aperitivo ma anche a mostrare i propri vestiti…al bar si parla di quanto è accaduto la sera prima e di quanto forse accadrà la sera dopo…importanti discorsi tra un vermut-gin e l’altro.
Non è ancora tempo di dolce vita, eppure è tutta qui, in un’anteprima passata inosservata, preziosa come una dichiarazione all’amore che verrà, il prossimo, quello buono che non ti lascerà per tutta la vita.
Qualche anno dopo, nel 1950, Epoca, altro rotocalco che avrà grande successo, arriva in edicola e dedica la sua prima copertina a Liliana. Ragazza italiana, che vende gelati da Motta in piazza Duomo a Milano, ogni giorno è in pausa dall’una alle cinque e ha la domenica libera.
Con grande intuizione, la sua copertina Epoca la dedica a una ragazza come tante, una delle tante che sul quel giornale, leggendo di divi, fidanzamenti o matrimoni famosi sognerà una vita migliore anche per lei.
I sogni, nel 1950, hanno il costo di cento lire, il biglietto per uno spettacolo al cinematografo, che ancora non si abbrevia in cinema.
E l’Italia che sogna al cinema, segue vita, amori e scandali di divi e aspiranti tali sui rotocalchi, fenomeno editoriale in un Paese che compra pochissimi libri ma che, a metà anni cinquanta, ogni settimana fa vendere un milione di copie ad Oggi e cinquecentomila ad Epoca.
I rotocalchi, prima ancora della televisione che arriverà nel 1954, amplificano la realtà, spesso la costruiscono, sicuramente rendono più vicina quella inarrivabile del divo del momento, di cui scompongono la vita in gioie e dolori, rivalità e pruderie proibite.
Al censimento del 1951 l’Italia è ancora un Paese dove ventisette milioni di persone, su una popolazione di quarantasette milioni, parlano solo il dialetto ed oltre sei milioni sono gli analfabeti. Quarantadue italiani su cento lavorano in agricoltura, mediamente si mangia un chilo di carne al mese e solo due italiani su cento hanno i denti sani; i dentisti sono uno su quindicimila contro uno ogni millecinquecento della Germania. Sempre nel 1951 si vendono tre milioni di dischi, inizia il Festival di Sanremo, Nilla Pizzi vince la prima edizione con Grazie dei fior e la seconda con Vola colomba : nel 1958 di dischi se ne venderanno diciotto milioni. Il caffè è ancora un lusso, sostituito il più delle volte da surrogati come la Miscela Leone o la Miscela Frank e la nostra industria produce solo diciottomilacinquecento frigoriferi l’anno.
Il risparmio è un valore in questo Paese, il tempo grigio della fame e delle rinunce è ancora troppo vicino per perderne le abitudini: un’indagine Doxa del 1953 ci dice che 92 italiani su 100, anche se il loro stipendio aumenta, non sono disposti a spendere di più per vestire meglio.
Possiamo rinunciare a molto, in questo 1953, ma non al cinema: abbiamo una sala ogni 33.000 abitanti, secondi solo alla Svezia con la quale però non c’è paragone per densità di popolazione, e per vedere film in prima, seconda o terza visione, spendiamo 93 miliardi di lire.
Mentre la sartoria italiana inizia a vestire celebrità di tutto il mondo e a diventare alta moda, nel 1953 Dior irrompe nel dettaglio dei canoni estetici e alza l’orlo delle gonne da 24 a 38 centimetri da terra. L’Italia entrata negli anni cinquanta con la bellezza generosa delle maggiorate ringrazia e, al tempo stesso, assiste perplessa al taglio dei capelli alla maschietta che solo Audrey Hepburn in Vacanze Romane – il film del 1953 di William Wiler, celebrato con grande merito ma di cui non si è sottolineato abbastanza che il plot riguarda una principessa, un giornalista, un fotografo, un grande amore ed uno scoop scandalistico, ovvero il format per eccellenza della gossip society degli anni cinquanta - può permettersi.
Autori come Scerbanenco, futuro maestro del noir italiano, Paolo Emilio D’Emilio e Marco Mortara scrivono centinaia di romanzi e novelle d’amore per rotocalchi e fotoromanzi; le protagoniste hanno nomi esotici per il Paese delle Marie e si chiamano Consuelo, Dianora, Giana, Carola.
Importiamo Coca Cola, bikini, juke box, flipper e rock’n roll, ci muoviamo in Vespa o in Seicento sognando la fuoriserie, ritmi e riti della vita quotidiana, dal tempo libero al corteggiamento, iniziano a cambiare.
L’Italia è in movimento, è ottimista, si rimbocca le maniche, risparmia, sogna e guarda al futuro: le generazioni cresciute negli anni venti e trenta la cambieranno come non avevano mai immaginato di fare.
Iniziano così gli anni cinquanta, e l’Italia raccontata dalle statistiche trova una sua straordinaria rappresentazione nel talento di registi, sceneggiatori e attori che animano una produzione cinematografica vastissima.
Tra i tanti, cinque film in particolare ci restituiscono forse più di altri la trama sociale del periodo, vere e proprie icone per capire l’Italia che fa da sfondo al divismo.
Primo tra questi, del 1951, Bellissima di Luchino Visconti, struggente e verissimo, con Anna Magnani che dà volto, carattere, lacrime e cuore a Maddalena Cecconi, madre di buone speranze che, immaginando se stessa, cerca un futuro nel cinema per la sua bambina di 8 anni: non sarà così e non poteva essere diversamente.
Una storia che corre quasi parallela con Lo sceicco bianco, che Federico Fellini gira nel 1952 con Alberto Sordi. Anche qui protagonista silenziosa del film è l’illusione di una ragazza di provincia, sposina in viaggio di nozze a Roma, che si allontana dal marito per andare a cercare il suo idolo dei fotoromanzi. Lo troverà, l’incontro non sarà come lei aveva sognato, sopraffatta dalla vergogna per se stessa tenterà un non riuscito suicidio e tornerà dal marito giusto in tempo per non mancare la programmata visita a San Pietro con tutti i parenti.
Nel 1956 una gioventù intera, si ritrova nel neorealismo romantico di Poveri ma belli, il film di Dino Risi il cui titolo - nell’Italia che cerca di farcela e che si riconosce nei volti e nei modi di Maurizio Arena, Marisa Allasio e Renato Salvatori - , ha un’efficacia rara ed è già di per sé una garanzia di successo.
Nel 1958 Mario Monicelli con I soliti ignoti probabilmente segna l’inizio della commedia all’italiana, sarcastica, ironica e graffiante, capace al tempo stesso di far sorridere ai vizi comuni e di dare volto anche alle criticità di chi, nella dilagante corsa al benessere, rimaneva comunque marginale.
Marginale, però non è solo chi non ce la fa a rincorrere il successo, ma anche quella borghesia che nella scalata sociale, perde il senso morale di se stessa e del suo valore. Federico Fellini lo racconta da maestro, nel 1960, con La dolce vita, film crepuscolare, di critica lucida e amara che guarda al futuro solo quando Mastroianni, in una festa che finisce quasi all’alba, a chi gli chiede quale lavoro stesse facendo ora, risponde faccio il pubblicitario. Carosello nasce nel 1957, la società del consumo è agli esordi e Fellini, con una geniale noncuranza, butta lì una battuta che anticipa il mondo che verrà.
Questi cinque film la raccontano veramente tutta l’Italia degli anni cinquanta, che non è più un luogo o un periodo, ma un modello sociale e di vita che, fuori quota e seguendo sempre le icone cinematografiche, arriva all’epilogo nel 1963 con un altro film di Dino Risi, Il sorpasso, dove Vittorio Gassman e Jean Louis Trintignant sono maschere sociali di rara intensità. Amarissimo, simbolico all’eccesso e di bellezza straordinaria.
In questa Italia - della quale possiamo aprire parentesi con il matrimonio che sotto gli occhi del mondo Linda Christian e Tyrone Power celebrano a Roma nel 1949, per chiuderla, appunto, nel 1963 con Il sorpasso -, divismo e celebrità sono vere categorie comportamentali, creano strutture complesse di ambizione ed imitazione nella dinamica delle relazioni sociali, assumono forme e trovano percorsi propri, sul filo del fascino e della seduzione giocano con le prime avvisaglie della società dell’immagine che tra poco arriverà.
E’ in questi anni che concorsi di bellezza, cinema e copertine dei rotocalchi si referenziano come sistema di riconoscimento sociale - che, amplificato ed evoluto, vive ancora oggi - e lo scorrere del quotidiano trova la sua unità di misura in gusti, capricci, vizi e virtù delle celebrità del momento.
Dal titolo di reginetta, conquistato o mancato di un soffio e quindi contestato e reclamato, iniziano, ad esempio, carriere celebrate come quelle di Lucia Bosè, Silvana Pampanini, Gina Lollobrigida e Sophia Loren, così come anche quella di Anita Ekberg che, prima di trovare l’America in Italia, avrà porte aperte a Hollywood dopo il titolo di miss Svezia 1950.
L’arrivo delle grandi produzioni americane a Cinecittà – i colossi come si scriveva allora, detti poi kolossal – fa diventare Via Veneto, con gli alberghi di lusso dove scendono i divi, le poltroncine colorate dei caffè, le edicole aperte tutta la notte – uniche a vendere giornali stranieri - un vero salotto del mondo, dove registi, attori e attrici, affermati o in cerca di successo, animano giornate e notti dal sonno breve, fanno fiorire aneddoti e cronache mondane, scandali e amori a cui un’umanità varia che copre l’intero arco sociale, dall’intellettuale all’artista, dall’arrampicatore al play boy, guarda ed ambisce di partecipare.
Roma è il set naturale di questa vita, ma l’Italia intera ne è contagiata.
Pur lavorando moltissimo a Cinecittà, molti sono i luoghi di grande bellezza che attraggono produzioni in cerca di ambientazioni o, semplicemente, divi in vacanza. E così, un immaginario percorso della mondanità risale l’Italia da Taormina, passa per Capri, Ischia e costiera amalfitana, fa tappa in Toscana, raggiunge Portofino e poi vira per Venezia, dove il Festival è un appuntamento imperdibile, l’unico, in quegli anni, di vera notorietà internazionale.
Alla cronaca mondana degli anni cinquanta non manca nulla: fans in delirio, matrimoni eccellenti, amori contrastati, divorzi annunciati, scandali dalle tinte fosche, nebbie giudiziarie.
Il Rallye del Cinema, ad esempio, organizzato con una formula originale e di grande popolarità da Ezio Radaelli, porta attori e celebrità varie in una corsa a tappe che attraversa l’Italia per la felicità di case di produzione e fans a caccia di autografi, e che, il 15 aprile del1956, fa parlare Mino Guerrini di carneficina mancata nel suo articolo su L’Espresso, che titola a denti stretti 28 pazzi sfioravano cinque milioni d’italiani impazziti.
E la cronaca rosa, non raramente si tinge di nero.
Famoso su tutti il caso di Wilma Montesi, la ragazza trovata morta l’11 aprile del 1953 sulla spiaggia di Torvajanica, vicino Roma. Frettolosamente archiviato come suicidio, da subito sulla stampa scandalistica cominciarono a correre voci e interrogativi sino a quando, nell’ottobre, il caso scoppierà dopo un’inchiesta giornalistica a firma di Silvano Muto sul periodico Attualità e nella quale prendevano corpo scenari di droga, orge, nobiltà gaudente e politici conniventi. Nelle indagini giudiziarie saranno coinvolti il musicista Piero Piccioni, figlio di un ministro in carica e allora fidanzato con Alida Valli, il marchese Ugo Montagna – uno dei cosiddetti ciampinari, così chiamati perché potevano vantare un titolo nobiliare assegnato in extremis dal Re prima della sua partenza per l’esilio dall’aeroporto di Ciampino - ed alcune aspiranti attrici dalla alterne confessioni, come Anna Maria Moneta Caglio. Con un fragore di cronaca che durerà anni il processo si concluderà nel 1957 con l’assoluzione piena per Piccioni mentre, nel 1964 Silvano Muto e Anna Maria Moneta Caglio saranno condannati per calunnia.
Amori, matrimoni e divorzi si rincorrono con il ritmo dei tempi nuovi.
Linda Cristian e Tyrone Power, sposi nel 1949 divorziano nel 1956; nel 1949, sul set di Stromboli terra di Dio, nasce con grande scandalo della stampa americana la passione tra Ingrid Bergman e Roberto Rossellini che, nel ruolo e nella vita, preferisce l’attrice svedese ad Anna Magnani, almeno sino al 1956, quando il regista andrà in India da dove tornerà con una nuova compagna, Sonali Das Gupta; il principe Massimo, nel 1954, sposa per non troppo tempo la bella attrice inglese Dawn Addams, con Charlie Chaplin testimone di nozze; sempre nel 1954, direttamente da Hollywood, arriva il gossip sulla relazione di Anna Maria Pierangeli con James Dean e grande è la sorpresa che accoglie il suo matrimonio con il cantante Vic Damone; ancora nel 1954 Vittorio Gassman divorzia dalla seconda moglie Shelley Winters ed inizia una fotografatissima storia con Anna Maria Ferrero; nel 1955 fa notizia sui rotocalchi il matrimonio a Firenze tra Anita Ekberg ad Anthony Steel; nel 1956 il matrimonio tra Grace Kelly e Ranieri di Monaco viene trasmesso in diretta televisiva sul canale nazionale, l’unico, della RAI con una partecipazione popolare corale ma che non fa mancare, a L’Espresso, di titolare ora devono innamorarsi; nel 1955 il settimanale Le Ore parla di Gina Lollobrigida come la signora Skofic, dal nome del marito che aveva sposato nel 1949 e la sua maternità, nel 1957, si trasformerà in un vero evento mediatico; Lucia Bosè, dopo la love story con Walter Chiari, nel 1955 lascia il cuore al torero Luis Miguel Dominguin; Sophia Loren ed Ettore Ponti sono costretti al matrimonio per procura in Messico nel 1957, prima che il produttore ottenga il divorzio per potersi sposare nuovamente e legalmente in Italia nel 1966; il format sentimentale attrice-produttore si perpetua con il matrimonio di Silvana Mangano e Dino De Laurentis, nel 1957, e trova una versione contrastata nel rapporto di Claudia Cardinale con Franco Cristaldi; Federico Fellini e Giuletta Masina vivono l’amore di tutta una vita; Belinda Lee tenterà il suicidio come epilogo della sua storia con il principe Filippo Orsini; Elsa Martinelli, attrice di grande eleganza, sposa nel 1957 il conte Franco Mancinelli Scotti; complice la giornalista americana Elsa Maxwell che li fa incontrare a Venezia, Maria Callas lascerà il marito Battista Meneghini per l’armatore greco Aristotele Onassis; nel 1960 il matrimonio tra Virna Lisi e Franco Pesci sarà uno degli eventi più fotografati dell’anno; Walter Chiari e Maurizio Arena si distinguono per una serie infinita di love affairs, alcuni con dive dello star system hollywoodiano come Ava Gardner e Linda Christian, ed alimentano cronaca rosa e pettegolezzo. Tra le dive straniere, tengono banco Elizabeth Taylor e Joan Collins.
Fascino e bellezza, spesso più del talento, sono i protagonisti indiscussi della celebrità e della mondanità.
Le nostre attrici – Sophia Loren, Gina Lollobrigida, Silvana Pampanini, Silvana Mangano, Claudia Cardinale, Elsa Martinelli - sono brave, bellissime e more.
Il sex-symbol, però, nell’Italia ingenua degli anni cinquanta, è straniera e, possibilmente, bionda.
A questo appellativo rispondono i nomi di Kim Novak, Belinda Lee, Anita Ekberg, Diana Dors, Mamie van Doren, Abbe Lane, Zsa Zsa Gabor, Jayne Mansfield, Brigitte Bardot, Angie Dickinson Marilyn Monroe – la più sola di Hollywood come titola già nel 1955 La Settimana Incom-, con qualche eccezione come nel caso della cubana Chelo Alonso.
La fatalità, invece, ha il colore rosso dei capelli di Rita Hayworth.
Si può avere nostalgia di quegli anni?
Nello scrivere i testi e nel selezionare le foto da pubblicare me lo sono chiesto più volte e, solo alla fine, ho capito che non era quella la domanda giusta.
Io credo che un racconto debba emozionare e giocare con sensibilità sottili.
La fotografia, in questo, ha una possibilità in più perché il suo contenuto emozionale arriva al lettore non filtrato da mediazioni concettuali: è diretto, immediato, emotivo, spesso riesce a fissare nell’attimo rubato il senso compiuto di una vita.
Il racconto degli anni cinquanta - io che non li ho vissuti, visto che sono un baby boomer arrivato qualche anno dopo – lo trovo emozionante perché vedo quegli anni come una sorta di adolescenza collettiva, quando quasi tutto era possibile in un Paese dove famiglie generalmente di cultura non ampia e molte anche di scarsa alfabetizzazione, rigiravano il cappotto per far studiare i figli, compravano a rate, spesso con vergogna, il frigorifero o il televisore e onoravano sempre i debiti.
Quell’adolescenza collettiva ha gli occhi trasognati di Marcello Mastroianni che, guardando Anita Ekberg nell’acqua di Fontana di Trevi, si lascia andare al richiamo dell’ultima tentazione ingenua e dice…ma sì...vengo..vengo..
Un’ingenuità che, nel 1963, la metafora della via Aurelia percorsa sotto il sole di Ferragosto da Vittorio Gassman e Jean Louis Trintignant ne Il Sorpasso si porta via tragicamente alla curva di Calafuria, sul lungomare Toscano.
Dopo, tutto sarà diverso.
03
agosto 2010
La Dolce Vita. 1950 – 1960. Stars and celebrities in the Italian Fifties
Dal 03 agosto al 14 novembre 2010
fotografia
Location
MERCATI DI TRAIANO
Roma, Via IV Novembre, 94, (Roma)
Roma, Via IV Novembre, 94, (Roma)
Biglietti
€ 9,00 intero
€ 7,00 ridotto: cittadini della comunità Europea di età compresa tra i 6 e i 25 anni e superiore ai 65 anni; cittadini residenti a Roma tra i 18 e i 25 anni; per le categorie previste dalla tariffazione vigente
gratuito: sotto i 6 anni di età; cittadini residenti a Roma di età inferiore ai 18 e superiore ai 65 anni; per le categorie previste dalla tariffazione vigente
Orario di apertura
da martedì a domenica 9.00-19.00 (la biglietteria chiude un'ora prima) chiuso il lunedì
Vernissage
3 Agosto 2010, ore 21 su invito
Ufficio stampa
ZETEMA
Curatore