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La donna moderna dalla trasgressione al fascino 1920-1940
L’esposizione si articola in due sezioni, una al Museo del Merletto e l’altra al Museo Attilio e Cleofe Gaffoglio: la prima presenta una collezione di 15 abiti e una di 18 cappelli; la seconda una raccolta di 23 borsette e una di 28 bijoux.
Comunicato stampa
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L’esposizione si articola in due sezioni, una al Museo del Merletto e l’altra al Museo Attilio e Cleofe Gaffoglio: la prima presenta una collezione di 15 abiti e una di 18 cappelli; la seconda una raccolta di 23 borsette e una di 28 bijoux.
Il Museo del Merletto all’interno di Villa Tigullio, storico insediamento del Seicento della famiglia Spinola, si compone di otto sale che espongono merletti e manufatti antichi di provenienza italiana ed europea e una significativa campionatura di abiti d’alta moda dell’Ottocento e del Novecento di manifattura italiana.
Il Museo Attilio e Cleofe Gaffoglio, che ha sede nell’ex Convento delle Clarisse, contiene preziose collezioni di dipinti, porcellane, oreficeria e gioielli.
La Mostra trova, dunque, spazi prestigiosi e origine e motivazione tra le collezioni permanenti dei due Musei.
Gli abiti da sera e da cerimonia sono realizzati in merletto e preziosi tessuti con raffinati ricami, applicazioni e broches. Tra gli altri vale la pena di ricordarne tre, di recente donati al Museo del Merletto, di particolare stile ed eleganza per la foggia e la ricchezza dei particolari: un abito da sera della seconda metà degli Anni Venti corto a vita bassa in lamé con applicazioni in strass e perle, un abito da cerimonia in taffetas di seta rosa sempre di quel periodo e un abito da sera della fine degli anni Trenta in jersey di seta nera con profondissima scollatura posteriore che arriva alla vita.
I cappelli sono creazioni originali anche di grandi firme della moda (come il cappello da “Pierrette” di Ventura – e il cappello da giorno a tronco di cono Milano, Hattie Carnegie Inc. – New York) con aigrettes, ricami e fiocchi per la sera e i “tricorni” e le cloches per il giorno.
Le borsette in metallo prezioso, con pietre incastonate, in tessuto ricamato, in bachelite, in pelle di serpente e squalo, come la borsa a tracolla in pelle di squalo rosa realizzata per la grande vedette parigina Joséphine Baker, recentemente donata al Museo del Merletto, sono testimonianze di una donna che proprio in quel ventennio frequentava San Remo, Venezia e Rapallo e che per condizione sociale e stile di vita non temeva il confronto con le signore francesi e anglosassoni.
Tra i bijoux, di grandi dimensioni e di vivaci color,i in argento, cristallo, vetro e anche materiale plastico, fanno bella mostra di sé i bracciali in argento di proprietà del Museo Gaffoglio, le collane sautoir della metà degli anni Venti in tulle e maglina di perline di vetro rosse, nere e oro, di ispirazione egizia; che dire, poi, della spilla della fine degli anni Trenta costituita da una rosa alla quale sono appesi dodici ciondoli di colori contrastanti raffiguranti oggetti diversi con piccoli visi caricaturali e occhi retrattili.
L’icona della femme fatale sancita da Poiret prima della Grande Guerra era ormai stata travolta da venti di emancipazione e da profondi rivolgimenti sociali del dopoguerra, lasciando spazio ad una nuova immagine di donna moderna, attiva e più consapevole dei vari ruoli che poteva giocare con la propria consolidata personalità. Questo diffuso stereotipo poté attecchire soltanto in parte in Italia durante il ventennio compreso tra il 1920 e il 1940, corrispondente alla progressiva ascesa del Fascismo nel nostro paese.
La silhouette androgina e mascolina della “donna-crisi”, messa in risalto dal costume internazionale, parve da subito in contrapposizione con l’immagine prima della donna “mediterranea”, poi anche ”fattrice”, dedita in pratica solo alla procreazione e alla famiglia, delineata dalla politica demografica promossa in quel periodo. Solo una ristretta élite femminile, in prevalenza colta e appartenente all’alta borghesia, aveva l’autonomia e il coraggio di condividere con assiduità atteggiamenti e gusti più provocatori, in linea con i trends esteri. Le pubblicazioni periodiche di moda cercavano di orientare il gusto verso soluzioni stilistiche più consone allo stile di vita e al modello estetico italico.
Da una parte esisteva come realtà concreta e prestigiosa una moda “progettata” da artisti di chiara fama quali Fortuny, Gallenga, Giolli-Menni, accanto al nutrito stuolo dei provocatori futuristi, dall’altra si poneva la realtà meno rivoluzionaria e aulica della moda “portata” presentata dai sarti su misura. Attraverso questi si propagavano anche i filoni più seguiti, come quelli ispirati all’Egitto e alla Revue Nègre parigina, di cui era ineguagliata interprete Joséphine Baker.
Tra gli anni Venti e lo scoppio della seconda Guerra mondiale si assisteva alla grande diffusione dell’accessorio e alla crescita dell’interesse per cappelli, borse, scarpe e bijoux, pensati finalmente come indispensabili complementi dell’abito e, per la prima volta nella storia del costume, modernamente concepiti in un’ottica di insieme coordinato e dovuto ai profondi cambiamenti sociali che l’immagine della donna aveva subito durante il primo conflitto mondiale.
La donna degli anni Venti e degli anni Trenta era dinamica, sportiva, pratica nelle ore diurne della giornata come a simboleggiare la corrente funzionalista imperante e vamp misteriosa, incantatrice la notte, come ad incarnare la quintessenza del filone decorativo.
L’evoluzione del cappello, attraverso tutto l’arco di tempo tra il primo e il secondo conflitto, rivelava una grande varietà di tipologie, assumendo, un’importanza strategica nell’abbigliamento a seconda dell’occasione.
Anche la borsa subì una rapida metamorfosi e si potevano trovare borse piccole e geometriche in maglia di metallo oppure in cuoio lavorato e stampato, magari seguendo qualche tema dettato dall’attualità come gli scavi archeologici in Egitto, modelli increspati a sacchetto simili a grandi portafogli ricamati con la chiusura a scatto in metallo e forme dal vago sapore esotico nei nuovi materiali come la bachelite e la galalite. Compariva per la prima volta la borsa a tracolla.
Proprio questa nuova concezione dell’eleganza strettamente legata ad una riscoperta funzionalità portava a riconsiderare anche i significati di lusso e di ostentazione: i bijoux lentamente affiancarono e sostituirono i gioielli almeno per le occasioni più informali della giornata, lasciando alla sera lo sfarzo di preziose parures.
Broadway e Hollywood stavano vivendo negli anni Trenta momenti magici, le industrie di bijoux ingaggiavano le star più note per le loro pubblicità e Fred Astaire e Ginger Rogers ballavano il tip tap su lucidi pavimenti di bachelite e la donna italiana era anch’essa sedotta dalla novità.
Il Museo del Merletto all’interno di Villa Tigullio, storico insediamento del Seicento della famiglia Spinola, si compone di otto sale che espongono merletti e manufatti antichi di provenienza italiana ed europea e una significativa campionatura di abiti d’alta moda dell’Ottocento e del Novecento di manifattura italiana.
Il Museo Attilio e Cleofe Gaffoglio, che ha sede nell’ex Convento delle Clarisse, contiene preziose collezioni di dipinti, porcellane, oreficeria e gioielli.
La Mostra trova, dunque, spazi prestigiosi e origine e motivazione tra le collezioni permanenti dei due Musei.
Gli abiti da sera e da cerimonia sono realizzati in merletto e preziosi tessuti con raffinati ricami, applicazioni e broches. Tra gli altri vale la pena di ricordarne tre, di recente donati al Museo del Merletto, di particolare stile ed eleganza per la foggia e la ricchezza dei particolari: un abito da sera della seconda metà degli Anni Venti corto a vita bassa in lamé con applicazioni in strass e perle, un abito da cerimonia in taffetas di seta rosa sempre di quel periodo e un abito da sera della fine degli anni Trenta in jersey di seta nera con profondissima scollatura posteriore che arriva alla vita.
I cappelli sono creazioni originali anche di grandi firme della moda (come il cappello da “Pierrette” di Ventura – e il cappello da giorno a tronco di cono Milano, Hattie Carnegie Inc. – New York) con aigrettes, ricami e fiocchi per la sera e i “tricorni” e le cloches per il giorno.
Le borsette in metallo prezioso, con pietre incastonate, in tessuto ricamato, in bachelite, in pelle di serpente e squalo, come la borsa a tracolla in pelle di squalo rosa realizzata per la grande vedette parigina Joséphine Baker, recentemente donata al Museo del Merletto, sono testimonianze di una donna che proprio in quel ventennio frequentava San Remo, Venezia e Rapallo e che per condizione sociale e stile di vita non temeva il confronto con le signore francesi e anglosassoni.
Tra i bijoux, di grandi dimensioni e di vivaci color,i in argento, cristallo, vetro e anche materiale plastico, fanno bella mostra di sé i bracciali in argento di proprietà del Museo Gaffoglio, le collane sautoir della metà degli anni Venti in tulle e maglina di perline di vetro rosse, nere e oro, di ispirazione egizia; che dire, poi, della spilla della fine degli anni Trenta costituita da una rosa alla quale sono appesi dodici ciondoli di colori contrastanti raffiguranti oggetti diversi con piccoli visi caricaturali e occhi retrattili.
L’icona della femme fatale sancita da Poiret prima della Grande Guerra era ormai stata travolta da venti di emancipazione e da profondi rivolgimenti sociali del dopoguerra, lasciando spazio ad una nuova immagine di donna moderna, attiva e più consapevole dei vari ruoli che poteva giocare con la propria consolidata personalità. Questo diffuso stereotipo poté attecchire soltanto in parte in Italia durante il ventennio compreso tra il 1920 e il 1940, corrispondente alla progressiva ascesa del Fascismo nel nostro paese.
La silhouette androgina e mascolina della “donna-crisi”, messa in risalto dal costume internazionale, parve da subito in contrapposizione con l’immagine prima della donna “mediterranea”, poi anche ”fattrice”, dedita in pratica solo alla procreazione e alla famiglia, delineata dalla politica demografica promossa in quel periodo. Solo una ristretta élite femminile, in prevalenza colta e appartenente all’alta borghesia, aveva l’autonomia e il coraggio di condividere con assiduità atteggiamenti e gusti più provocatori, in linea con i trends esteri. Le pubblicazioni periodiche di moda cercavano di orientare il gusto verso soluzioni stilistiche più consone allo stile di vita e al modello estetico italico.
Da una parte esisteva come realtà concreta e prestigiosa una moda “progettata” da artisti di chiara fama quali Fortuny, Gallenga, Giolli-Menni, accanto al nutrito stuolo dei provocatori futuristi, dall’altra si poneva la realtà meno rivoluzionaria e aulica della moda “portata” presentata dai sarti su misura. Attraverso questi si propagavano anche i filoni più seguiti, come quelli ispirati all’Egitto e alla Revue Nègre parigina, di cui era ineguagliata interprete Joséphine Baker.
Tra gli anni Venti e lo scoppio della seconda Guerra mondiale si assisteva alla grande diffusione dell’accessorio e alla crescita dell’interesse per cappelli, borse, scarpe e bijoux, pensati finalmente come indispensabili complementi dell’abito e, per la prima volta nella storia del costume, modernamente concepiti in un’ottica di insieme coordinato e dovuto ai profondi cambiamenti sociali che l’immagine della donna aveva subito durante il primo conflitto mondiale.
La donna degli anni Venti e degli anni Trenta era dinamica, sportiva, pratica nelle ore diurne della giornata come a simboleggiare la corrente funzionalista imperante e vamp misteriosa, incantatrice la notte, come ad incarnare la quintessenza del filone decorativo.
L’evoluzione del cappello, attraverso tutto l’arco di tempo tra il primo e il secondo conflitto, rivelava una grande varietà di tipologie, assumendo, un’importanza strategica nell’abbigliamento a seconda dell’occasione.
Anche la borsa subì una rapida metamorfosi e si potevano trovare borse piccole e geometriche in maglia di metallo oppure in cuoio lavorato e stampato, magari seguendo qualche tema dettato dall’attualità come gli scavi archeologici in Egitto, modelli increspati a sacchetto simili a grandi portafogli ricamati con la chiusura a scatto in metallo e forme dal vago sapore esotico nei nuovi materiali come la bachelite e la galalite. Compariva per la prima volta la borsa a tracolla.
Proprio questa nuova concezione dell’eleganza strettamente legata ad una riscoperta funzionalità portava a riconsiderare anche i significati di lusso e di ostentazione: i bijoux lentamente affiancarono e sostituirono i gioielli almeno per le occasioni più informali della giornata, lasciando alla sera lo sfarzo di preziose parures.
Broadway e Hollywood stavano vivendo negli anni Trenta momenti magici, le industrie di bijoux ingaggiavano le star più note per le loro pubblicità e Fred Astaire e Ginger Rogers ballavano il tip tap su lucidi pavimenti di bachelite e la donna italiana era anch’essa sedotta dalla novità.
11
marzo 2005
La donna moderna dalla trasgressione al fascino 1920-1940
Dall'undici marzo al 07 maggio 2005
arti decorative e industriali
Location
MUSEO ATTILIO E CLEOFE GAFFOGLIO
Rapallo, Piazzale Libia, (Genova)
Rapallo, Piazzale Libia, (Genova)
Orario di apertura
martedì, mercoledì, venerdì e sabato 15-18,30; giovedì e domenica 10-12. Lunedì chiuso