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La favola del cibo (abbondanza e privazione)
Collettiva di opere di piccolo formato sul tema del Cibo, in particolare alla sua abbondanza oppure privazione, con riferimento alla trattazione dell’argomento nelle Fiabe Italiane di Italo Calvino. A cura di Milli Gandini.
Comunicato stampa
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Lo Spazio Anfossi inaugura un’altra collettiva di opere di piccolo formato, portando avanti la sua scelta di abbinare a uno specifico materiale una storia vera. In questo caso artisti invitati sono stati chiamati ad esprimersi sul cibo. La collettiva è a cura di Milli Gandini.
Negli anni sessanta, a Venezia una nobildonna, contessa Amalia Nani Mocenigo, a causa di una misteriosa malattia, non potendosi più nutrire di carne cotta, si rivolse al mago Cipriani del mitico Harry’s Bar. Questi, ispiratosi a Vittore Carpaccio –il grandissimo pittore veneziano ricordato anche per le tonalità dei suoi rossi- inventò il piatto che tutti conoscono appunto come “carpaccio”.
E questa è storia da ricchi.
Negli ultimi tempi, il cibo è divenuto protagonista di ininterrotto spettacolo: cinema, televisione, mostre, giornali… Ma in tutto ciò c’è ben poco d’innovativo. Infatti, nelle Fiabe italiane raccolte dalla tradizione popolare e trascritte da Calvino –in abbondanza o per privazione- il cibo è l’oggetto di tutte le storie inventate e tramandate soprattutto da chi ne aveva proprio poco. Da chi non sa cosa mettere in pentola e s’avvia a battere la campagna “per minestra”; un cavolo più grosso degli altri sradicato apre lo spiraglio d’un mondo sotterraneo dove si può trovare uno sposo o una strega o un barbablù antropofago.(…) Ma la situazione “realistica”della miseria non è solo un motivo d’apertura della fiaba, una specie di trampolino di lancio per il salto nel meraviglioso, un termine di contrasto col regale e il sovrannaturale. C’è la fiaba contadina dal principio alla fine…*
E questa è una storia di poveri alla ventura, alla perigliosa ricerca della tavola imbandita, è una storia che rimanda sì a qualche vecchio pescatore che quasi alla fine della sua vita trova il pesce d’oro, ma la contemporaneità è soprattutto nei figli, nei giovani di tutto il mondo che vengono mandati ad affrontare foreste e montagne impervie orchi inganni e re crudeli.
Del suo lavoro di raccolta, Calvino dice: “Ogni poco mi pareva che la scatola magica che avevo aperto la perduta logica che governava il mondo delle fiabe si fosse scatenata, ritornando a dominare sulla terra. Ora posso dire che non è stata un’allucinazione. E’ stata piuttosto una conferma di qualcosa che sapevo già in partenza (…) ed è che io credo questo: le fiabe sono vere”*
*(dall’ introduzione di Italo Calvino Fiabe italiane, Giulio Einaudi Editore, Torino 1956)
Negli anni sessanta, a Venezia una nobildonna, contessa Amalia Nani Mocenigo, a causa di una misteriosa malattia, non potendosi più nutrire di carne cotta, si rivolse al mago Cipriani del mitico Harry’s Bar. Questi, ispiratosi a Vittore Carpaccio –il grandissimo pittore veneziano ricordato anche per le tonalità dei suoi rossi- inventò il piatto che tutti conoscono appunto come “carpaccio”.
E questa è storia da ricchi.
Negli ultimi tempi, il cibo è divenuto protagonista di ininterrotto spettacolo: cinema, televisione, mostre, giornali… Ma in tutto ciò c’è ben poco d’innovativo. Infatti, nelle Fiabe italiane raccolte dalla tradizione popolare e trascritte da Calvino –in abbondanza o per privazione- il cibo è l’oggetto di tutte le storie inventate e tramandate soprattutto da chi ne aveva proprio poco. Da chi non sa cosa mettere in pentola e s’avvia a battere la campagna “per minestra”; un cavolo più grosso degli altri sradicato apre lo spiraglio d’un mondo sotterraneo dove si può trovare uno sposo o una strega o un barbablù antropofago.(…) Ma la situazione “realistica”della miseria non è solo un motivo d’apertura della fiaba, una specie di trampolino di lancio per il salto nel meraviglioso, un termine di contrasto col regale e il sovrannaturale. C’è la fiaba contadina dal principio alla fine…*
E questa è una storia di poveri alla ventura, alla perigliosa ricerca della tavola imbandita, è una storia che rimanda sì a qualche vecchio pescatore che quasi alla fine della sua vita trova il pesce d’oro, ma la contemporaneità è soprattutto nei figli, nei giovani di tutto il mondo che vengono mandati ad affrontare foreste e montagne impervie orchi inganni e re crudeli.
Del suo lavoro di raccolta, Calvino dice: “Ogni poco mi pareva che la scatola magica che avevo aperto la perduta logica che governava il mondo delle fiabe si fosse scatenata, ritornando a dominare sulla terra. Ora posso dire che non è stata un’allucinazione. E’ stata piuttosto una conferma di qualcosa che sapevo già in partenza (…) ed è che io credo questo: le fiabe sono vere”*
*(dall’ introduzione di Italo Calvino Fiabe italiane, Giulio Einaudi Editore, Torino 1956)
15
gennaio 2008
La favola del cibo (abbondanza e privazione)
Dal 15 gennaio al 15 febbraio 2008
arte contemporanea
Location
SPAZIO ANFOSSI
Milano, Via Augusto Anfossi, (Milano)
Milano, Via Augusto Anfossi, (Milano)
Orario di apertura
Lunedì – Venerdì dalle 15 alle 19 e su appuntamento
Vernissage
15 Gennaio 2008, ore 19
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