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La luce delle Marche. 9 fotografi raccontano il loro territorio
Tre generazioni di autori che tracciano – in maniera simbolica e tutt’altro che esaustiva – dei precisi segmenti paesaggistici e interiori e che offrono uno spunto di riflessione alla nostra ricerca di senso e bellezza
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Mostra “La luce delle Marche. 9 fotografi raccontano il loro territorio”
A cura di Simona Guerra
L’idea di questa mostra nasce dalla convinzione che le Marche siano una regione da
generazioni molto attiva e impegnata sul fronte fotografico; impegno che ha nel tempo
proposto nuovi autori così apprezzati da far meritare loro un posto d’onore nei più autorevoli
testi di Storia della fotografia italiana e internazionale.
Scelti fra i più significativi autori marchigiani, ho voluto rendere omaggio alla mia terra
attraverso la magistrale opera di questi fotografi, offrendo al visitatore una rosa di
interpretazioni visive ed emotive del territorio tanto diverse fra loro quanto vicine nel comune
senso di appartenenza alle Marche.
Tre generazioni di autori che tracciano - in maniera simbolica e tutt’altro che esaustiva - dei
precisi segmenti paesaggistici e interiori e che offrono uno spunto di riflessione alla nostra
ricerca di senso e bellezza. Immagini che si aprono nel loro silenzio per accompagnarci tra
quiete e contrasti, al di fuori del documento, in noi stessi, tra il cielo e la nostra bella terra.
La cornice espositiva della mostra poi - “partita” da Morro d’Alba, piccolo borgo antico adagiato
su una collina nei pressi di Senigallia - non è stata casuale in quanto il ritrovarsi nell'immagine,
nel paesaggio stesso, una volta usciti dalla sala espositiva, deve per me rappresentare una
parte integrante dell’esperienza della mostra.
Naturalmente il "ritrovarsi" è da intendere anche come riconoscersi, nella propria terra e
nell'identità presente, se pur troppo spesso abbandonata tra le abitudini che alterano la
memoria; questa è la magia delle immagini scelte!
Il “passaggio del testimone” a Fermo di questa esposizione ora, non può che aggiungere
senso alla mostra, dato che i centri di massimo interesse e attività fotografica sono da sempre
proprio quello senigalliese e fermano.
Del più noto fra gli autori in mostra, mi piace qui riportare un appunto scritto da Mario
Giacomelli sull’importanza della terra nelle sue fotografie.
In queste sue parole egli riesce a esprimere - con semplicità - la mia gioia e fortuna di essere
nata in questo meraviglioso luogo:
“…A me interessano i segni che fa l'uomo senza saperlo, ma senza far morire la terra.
Solo allora hanno un significato per me, diventano emozione. In fondo fotografare è come
scrivere: il paesaggio è pieno di segni, di simboli, di ferite, di cose nascoste. È un linguaggio
sconosciuto che si comincia a leggere, a conoscere nel momento in cui si comincia ad amarlo,
a fotografarlo. Così il segno viene a essere voce: chiarisce a me certe cose, per altri invece
rimane una macchia”. Mario Giacomelli (dal sito www.mariogiacomelli.it).
Alla mostra fotografica è stata inclusa IN-CON-TRA Fotografia dove sono previste una
serie di conversazioni curate e condotte da Danilo Cognigni con relatori esperti di linguaggio
fotografico.
Programma IN-CON-TRA Fotografia:
Sabato 4 febbraio 2012
Conversazione con Marco Andreani
Le logie della fotografia nella fermanità; dal referenziale alla funzione interpretativa.
Da Fermo a Senigallia; continuità e punti di non ritorno...
Affrontare un discorso critico sulla fotografia implica un’attenta analisi delle trasformazioni
linguistiche che hanno aggiunto, stratificandoli nella successione del tempo, altri elementi non
secondari fino al punto di mettere a riposo altri fattori (stilistici, tecnici, espressivi), considerati
sorpassati.
Investigando a partire da Giuseppe Cavalli, interpolando Luigi Crocenzi, fino a giungere a Mario
Giacomelli, per proseguire verso le nuove sponde della fotografia: emerge il coraggio di aver
rotto con gli schemi e le convenzioni estetiche, e la volontà di superamento dei limiti locali,
spesso circoscritti nel paradosso dell’autoreferenzialità.
Un “modo” della fotografia inteso come testimonianza di condizioni reali dell’esistenza, e
restituito fino alla costruzione di una presa logica sul mondo, talvolta uscendo dal precetto
manualistico per accedere ad una nuova dimensione interpretativa.
Sabato 11 febbraio 2012
Conversazione con Daniele Cinciripini
Considerando la foto come una memoria significata, quanto il processo genetico
incide nella ricostruzione di una memoria?
La resa delle immagini su diversi tipi di supporto e sulle tecniche dell’apporto permette di
rendere significativa la sostanza dell’espressione e non solo la forma dell’espressione.
Ogni fotografia è ciò che resta di una reazione alla luce di un materiale sensibile, di qualcosa
che “è stato”.
L’obiettivo si immerge nell’intimità stessa della fisionomia, facendo risaltare l’espressione
caratteristica di ogni uomo.
Ed ecco la “doppia traccia” del sè reso in sovrapposizione, fotografo e soggetto posti di fronte,
con impressioni sovrapposte nel medesimo istante, regolate da un livello vibrazionale che vuol
condurre al minimo spazio di separazione.
Sabato 18 febbraio 2012
Conversazione con Ennio Brilli e Pacifico D’Ercoli
Metarappresentazione e reportage; ricostruzione o servizio di scrittura documentale
oggettiva?
I metodi d’inchiesta, gli strumenti, la direzione ideologicopolitica e l’onestà
intellettuale.
Esiste ancora la fotografia, oppure esistono soltanto le immagini? Contenitore o contenuto?
Esiste sempre uno scopo nascosto dietro lo scatto?
Fotografia di reportage sociale; quale è “la reale connessione” tra immagine e referente?
Oggettivo oppure aggettivo? Quale di questi due elementi lessicali dovrebbero caratterizzare la
fotografia giornalistica?
Il saper vedere oppure il saper guardare? Esiste un’ambiguità fra oggettività e soggettività?
Testimonianza o menzogna; quanto la fotografia è strumentalizzata ad hoc dai vari poteri, e
quali sono le responsabilità dei suoi operatori? I metodi d’inchiesta, gli strumenti, la direzione
ideologicopolitica e l’onestà intellettuale.
Sabato 25 febbraio 2012
Conversazione Luca Blast Forlani e Monica Caputo
I processi di rinnovamento della fotografia documentaria.
Il paesaggio “reale” , la fotografia intesa come confine limite di una lettura che apre
la natura temporale dei luoghi.
Il paesaggio non è un “luogo” distaccato, uno scenario dove l’uomo si muove solamente come
unità di superficie, esso piuttosto è un insieme di aspetti percepito dagli individui.
I terrain vague, sono spazi lasciati all’abbandono, esterni, estranei, aree residuali a margine
che appaiono come improvvisi vuoti urbani. Sono luoghi dove ospedali e sanatori, parchi
acquatici, cartiere, orfanotrofi, ville, cinema, colonie, campi di concentramento, ecc. sono già
stati depredati, danneggiati e talvolta abbattuti. Quando l'uomo abbandona questi luoghi essi
cominciano a vivere una vita biologica propria entrando in simbiosi con la natura circostante.
E poi tutto si trasforma in altro, come le ossa o il legno o la pietra, cambiano forma, colore e
odore, e seguono un ciclo che solo l'uomo può nuovamente interrompere o modificare. Essi ci
appaiono come articolazioni menomate delle città funzionali.
La fotografia può essere testimone e autrice di una forma letteraria che sa narrare l’effetto
dell’indefinito che evolve nel paesaggio contemporaneo e la scena dell’indefinibile per il futuro.
A cura di Simona Guerra
L’idea di questa mostra nasce dalla convinzione che le Marche siano una regione da
generazioni molto attiva e impegnata sul fronte fotografico; impegno che ha nel tempo
proposto nuovi autori così apprezzati da far meritare loro un posto d’onore nei più autorevoli
testi di Storia della fotografia italiana e internazionale.
Scelti fra i più significativi autori marchigiani, ho voluto rendere omaggio alla mia terra
attraverso la magistrale opera di questi fotografi, offrendo al visitatore una rosa di
interpretazioni visive ed emotive del territorio tanto diverse fra loro quanto vicine nel comune
senso di appartenenza alle Marche.
Tre generazioni di autori che tracciano - in maniera simbolica e tutt’altro che esaustiva - dei
precisi segmenti paesaggistici e interiori e che offrono uno spunto di riflessione alla nostra
ricerca di senso e bellezza. Immagini che si aprono nel loro silenzio per accompagnarci tra
quiete e contrasti, al di fuori del documento, in noi stessi, tra il cielo e la nostra bella terra.
La cornice espositiva della mostra poi - “partita” da Morro d’Alba, piccolo borgo antico adagiato
su una collina nei pressi di Senigallia - non è stata casuale in quanto il ritrovarsi nell'immagine,
nel paesaggio stesso, una volta usciti dalla sala espositiva, deve per me rappresentare una
parte integrante dell’esperienza della mostra.
Naturalmente il "ritrovarsi" è da intendere anche come riconoscersi, nella propria terra e
nell'identità presente, se pur troppo spesso abbandonata tra le abitudini che alterano la
memoria; questa è la magia delle immagini scelte!
Il “passaggio del testimone” a Fermo di questa esposizione ora, non può che aggiungere
senso alla mostra, dato che i centri di massimo interesse e attività fotografica sono da sempre
proprio quello senigalliese e fermano.
Del più noto fra gli autori in mostra, mi piace qui riportare un appunto scritto da Mario
Giacomelli sull’importanza della terra nelle sue fotografie.
In queste sue parole egli riesce a esprimere - con semplicità - la mia gioia e fortuna di essere
nata in questo meraviglioso luogo:
“…A me interessano i segni che fa l'uomo senza saperlo, ma senza far morire la terra.
Solo allora hanno un significato per me, diventano emozione. In fondo fotografare è come
scrivere: il paesaggio è pieno di segni, di simboli, di ferite, di cose nascoste. È un linguaggio
sconosciuto che si comincia a leggere, a conoscere nel momento in cui si comincia ad amarlo,
a fotografarlo. Così il segno viene a essere voce: chiarisce a me certe cose, per altri invece
rimane una macchia”. Mario Giacomelli (dal sito www.mariogiacomelli.it).
Alla mostra fotografica è stata inclusa IN-CON-TRA Fotografia dove sono previste una
serie di conversazioni curate e condotte da Danilo Cognigni con relatori esperti di linguaggio
fotografico.
Programma IN-CON-TRA Fotografia:
Sabato 4 febbraio 2012
Conversazione con Marco Andreani
Le logie della fotografia nella fermanità; dal referenziale alla funzione interpretativa.
Da Fermo a Senigallia; continuità e punti di non ritorno...
Affrontare un discorso critico sulla fotografia implica un’attenta analisi delle trasformazioni
linguistiche che hanno aggiunto, stratificandoli nella successione del tempo, altri elementi non
secondari fino al punto di mettere a riposo altri fattori (stilistici, tecnici, espressivi), considerati
sorpassati.
Investigando a partire da Giuseppe Cavalli, interpolando Luigi Crocenzi, fino a giungere a Mario
Giacomelli, per proseguire verso le nuove sponde della fotografia: emerge il coraggio di aver
rotto con gli schemi e le convenzioni estetiche, e la volontà di superamento dei limiti locali,
spesso circoscritti nel paradosso dell’autoreferenzialità.
Un “modo” della fotografia inteso come testimonianza di condizioni reali dell’esistenza, e
restituito fino alla costruzione di una presa logica sul mondo, talvolta uscendo dal precetto
manualistico per accedere ad una nuova dimensione interpretativa.
Sabato 11 febbraio 2012
Conversazione con Daniele Cinciripini
Considerando la foto come una memoria significata, quanto il processo genetico
incide nella ricostruzione di una memoria?
La resa delle immagini su diversi tipi di supporto e sulle tecniche dell’apporto permette di
rendere significativa la sostanza dell’espressione e non solo la forma dell’espressione.
Ogni fotografia è ciò che resta di una reazione alla luce di un materiale sensibile, di qualcosa
che “è stato”.
L’obiettivo si immerge nell’intimità stessa della fisionomia, facendo risaltare l’espressione
caratteristica di ogni uomo.
Ed ecco la “doppia traccia” del sè reso in sovrapposizione, fotografo e soggetto posti di fronte,
con impressioni sovrapposte nel medesimo istante, regolate da un livello vibrazionale che vuol
condurre al minimo spazio di separazione.
Sabato 18 febbraio 2012
Conversazione con Ennio Brilli e Pacifico D’Ercoli
Metarappresentazione e reportage; ricostruzione o servizio di scrittura documentale
oggettiva?
I metodi d’inchiesta, gli strumenti, la direzione ideologicopolitica e l’onestà
intellettuale.
Esiste ancora la fotografia, oppure esistono soltanto le immagini? Contenitore o contenuto?
Esiste sempre uno scopo nascosto dietro lo scatto?
Fotografia di reportage sociale; quale è “la reale connessione” tra immagine e referente?
Oggettivo oppure aggettivo? Quale di questi due elementi lessicali dovrebbero caratterizzare la
fotografia giornalistica?
Il saper vedere oppure il saper guardare? Esiste un’ambiguità fra oggettività e soggettività?
Testimonianza o menzogna; quanto la fotografia è strumentalizzata ad hoc dai vari poteri, e
quali sono le responsabilità dei suoi operatori? I metodi d’inchiesta, gli strumenti, la direzione
ideologicopolitica e l’onestà intellettuale.
Sabato 25 febbraio 2012
Conversazione Luca Blast Forlani e Monica Caputo
I processi di rinnovamento della fotografia documentaria.
Il paesaggio “reale” , la fotografia intesa come confine limite di una lettura che apre
la natura temporale dei luoghi.
Il paesaggio non è un “luogo” distaccato, uno scenario dove l’uomo si muove solamente come
unità di superficie, esso piuttosto è un insieme di aspetti percepito dagli individui.
I terrain vague, sono spazi lasciati all’abbandono, esterni, estranei, aree residuali a margine
che appaiono come improvvisi vuoti urbani. Sono luoghi dove ospedali e sanatori, parchi
acquatici, cartiere, orfanotrofi, ville, cinema, colonie, campi di concentramento, ecc. sono già
stati depredati, danneggiati e talvolta abbattuti. Quando l'uomo abbandona questi luoghi essi
cominciano a vivere una vita biologica propria entrando in simbiosi con la natura circostante.
E poi tutto si trasforma in altro, come le ossa o il legno o la pietra, cambiano forma, colore e
odore, e seguono un ciclo che solo l'uomo può nuovamente interrompere o modificare. Essi ci
appaiono come articolazioni menomate delle città funzionali.
La fotografia può essere testimone e autrice di una forma letteraria che sa narrare l’effetto
dell’indefinito che evolve nel paesaggio contemporaneo e la scena dell’indefinibile per il futuro.
28
gennaio 2012
La luce delle Marche. 9 fotografi raccontano il loro territorio
Dal 28 gennaio al 25 febbraio 2012
fotografia
Location
VILLA VITALI
Fermo, Viale Trento, (Fermo)
Fermo, Viale Trento, (Fermo)
Orario di apertura
Mattino: dal lunedì al Venerdì ore 9/12.30. Pomeriggio: Lunedì, Mercoledì e Venerdì ore 15.30/18.30. Sabato ore 15.30/18.30. Domenica e Festivi ore 15.30/19
Vernissage
28 Gennaio 2012, ore 17
Sito web
www.petitemaison.it
Autore
Curatore