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La lupa e la sfinge. Roma e l’Egitto dalla storia al mito
Quale città oltre Roma ha un rapporto così intenso e secolare con l’Egitto? In quale altro luogo troviamo così tanti obelischi? Sul Campidoglio il “Tevere” e il “Nilo” uniscono nel mito le due lontane sponde, come nei versi di un poeta dell’Arcadia, e i leoni egizi accolgono i visitatori alla base della lunga scalinata.
Comunicato stampa
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LA MOSTRA
Quale città oltre Roma ha un rapporto così intenso e secolare con l’Egitto? In quale altro luogo troviamo così tanti obelischi? Sul Campidoglio il “Tevere” e il “Nilo” uniscono nel mito le due lontane sponde, come nei versi di un poeta dell’Arcadia, e i leoni egizi accolgono i visitatori alla base della lunga scalinata. Nel rione Campo Marzio, dove ora sorgono i palazzi del Governo, il sottosuolo è disseminato di reperti del tempio di Iside e poco più in là, verso le pendici del Quirinale, si trova il Serapeo. Tutta la cultura romana porta il segno di questa indelebile influenza. Nel Tempio della Fortuna a Palestrina risplende il grande mosaico del Nilo, realizzato da artigiani alessandrini. A Tivoli, nella Villa di Adriano, l’imperatore ricostruì un braccio del delta del Nilo, il famoso Canopo, luogo di svaghi e delizie della corte ellenistica. E la Meta Romuli divenne nel Medioevo uno dei simboli della città della Lupa, così come la Piramide Cestia lo fu dal Seicento. Il Rinascimento si innamorò degli antichi profeti, di Ermete Trismegisto, degli incomprensibili segni geroglifici. I Borgia vollero la storia del bue Api dipinta nelle loro Sale in Vaticano. Raffaello utilizzò le sembianze di Artemide Efesia (ritenendola Iside) per decorare la volta della Stanza della Segnatura. A Roma rinacquero gli studi sulla religione e sui riti misterici e le vie dei pellegrini furono segnate dall’alta mole degli obelischi.
Fu un amore di straordinaria durata. Nel Seicento Bernini innalzò la Fontana dei Fiumi, epitome della Roma Triumphans, e Athanasius Kircher, il genio gesuita, dedicò molti volumi alla civiltà nilotica. Nel secolo successivo le ombre si allungarono, mentre di giorno si parlava di Luce e di Ragione, di notte gli altri lumi svolgevano i loro riti misterici, le loro cerimonie di iniziazione.
A Roma, se da un lato si faceva arrestare Cagliostro, il fondatore della massoneria egiziaca, dall’altro si cercavano oggetti e decoratori per le stanze del principe Borghese. Perfino un cardinale, il Borgia di Velletri, nella cui casa passava il fior fiore della massoneria europea, cedette al fascino enigmatico dell’ermetismo e collezionò oggetti falsi e veri per il suo enciclopedico museo.
Una passione intensa per l’Egitto attraversò tutto il Settecento. Stregò gli americani che vollero una piramide sul dollaro e i francesi che finalmente svelarono il mistero dei geroglifici. Roma si era ormai ritirata in un modesto tran tran ai margini meridionali dell’Europa, i miti faraonici, con la crisi finanziaria, sembravano ormai sogni di un glorioso passato.
PRINCIPALI OPERE IN ESPOSIZIONE
Le opere esposte documentano, con qualche straordinaria eccezione, l’ampio arco cronologico che va dal I secolo a.C. sino alla Età dei Lumi, durante il quale l’Egitto da “storia” diventa mito e da “Egittomania” si trasforma in “Egittofilia”. La mostra, particolarmente ricca di sculture, perché di pietra fu la civiltà nilotica, si apre con il tema della “doppia immagine”, egizia e classica, in cui si fecero raffigurare, imitando Alessandro Magno, gli imperatori romani. I busti e le statue di Nerone e di Domiziano e del giovane Antinoo rappresenteranno questa singolare iconografia. Del resto, trovandosi nel Mausoleo di Adriano, come non ricordare la tragica storia d’amore dell’imperatore con il giovanetto che annegò nelle acque del Nilo? Il bellissimo fanciullo si incarnerà a grandezza naturale nella splendida statua della collezione Farnese del Museo Archeologico Nazionale di Napoli; svetterà nelle vesti di Osiride nella famosa scultura conservata ai Musei Vaticani (calco appositamente realizzato), che ispirò Raffaello, Pirro Logorio, e Piranesi; apparirà, infine, divinizzato nel busto in pietra rossa, proveniente da Dresda.
Un’altra famosissima storia d’amore, quella tra Antonio e Cleopatra, ricorda gli intensissimi rapporti intercorsi. La battaglia di Azio del 31 a.C mise fine ai sogni della coppia “egizia”, rappresentata da due rare teste marmoree. Roma si riempì di capolavori, di tesori e dei primi obelischi. Si riaffermarono anche i culti orientali rappresentati dalla più antica figura di Iside (terracotta del I sec. A.C.), da uno splendido sacerdote in marmo rosso e dalla enigmatica statua del Cronocrator, trovato alle pendici del Gianicolo e appartenente alle collezioni di Palazzo Altemps.
Villa Adriana a Tivoli ha sempre avuto un ruolo fondamentale nelle memorie del rapporto tra le due civiltà. Da lì provengono le statue-personificazioni del sacro fiume egizio, simboleggiato dalla sfinge, e del Tevere, con la lupa Romolo e Remo, testimoni, fra le altre, della passione dell’imperatore Adriano per la terra dei faraoni.
L’eredità e la fascinazione del mondo egizio a Roma e della sua imperitura carica estetico-simbolica è tracciata anche durante il Medioevo: leoni egittizzanti e sfingi, come quella del Museo civico di Viterbo, impreziosiscono chiostri e monumenti sacri del Patrimonium Petri. Il mito di Ermete Trismegisto e di Iside, rinvigorito dal ritrovamento della splendida Tabula Bembina o Mensa Iliaca - uno dei pezzi più famosi del Museo Egizio di Torino - per la prima volta a Roma dai tempi del sacco del 1527, seduce committenti e artisti del Rinascimento, trovando spazio alla corte papale, come testimoniano i disegni (Francoforte, Städel Museum) utilizzati da Pinturicchio per gli affreschi degli appartamenti Borgia in Vaticano e il raffinatissimo Messale Colonna, conservato a Manchester. Passando per i molti testi ritrovati o pubblicati, come gli Ieroglifica di Orapollo, la Hypnerotomachia Poliphili, I misteri degli egizi di Giamblico, le Antichità di Annio da Viterbo, si giunge ai disegni di raffinati artisti della maniera come Pirro Logorio e Primaticcio. Chiudono la sezione le suggestive immagini dell’innalzamento, ad opera di Sisto V, degli obelischi che diverranno, insieme a sfingi e piramidi, un elemento caratterizzante del paesaggio romano, splendidamente dipinto in una estatica tavola di Benvenuto Tisi, detto il Garofalo, e in seguito da pittori stranieri come l’eccelso Nicolas Poussin.
Una tela del celeberrimo artista francese, raffigurante La fuga in Egitto (Hermitage, San Pietroburgo), in cui si riprendono alcune ieratiche immagini del famoso mosaico nilotico di Palestrina, eseguito nel II sec. a.C., aprirà la sezione dedicata al Seicento e al primo grande egittologo Athanasius Kircher. Di quest’ultimo si esporranno, fra i diversi pezzi, la statua magica in basalto nero divisa in due frammenti (uno a Torino e l’altro a Firenze) e riunita esclusivamente per la mostra, le incisioni tratte dall’Oedipus Aegyptiacus e i modelli lignei degli obelischi romani (Roma, Liceo Visconti). Notevole sarà anche la presenza della celebre immagine di Artemide Efesia (alabastro da Roma, Musei Capitolini), la cui iconografia ha suscitato l’interesse di Raffaello, Pirro Logorio, Giulio Romano e anche del poliedrico gesuita.
Il Settecento, secolo dei Lumi, verrà documentato dalle note incisioni di Piranesi, tratte dall’opera: “Diverse maniere di decorare i camini...” (Roma, Istituto Nazionale per la Grafica), in cui i “capricci” egittizzanti attestano la diffusione dell’“Egittomania”. La mostra concederà, inoltre, l’occasione di ammirare reperti ed opere provenienti dalla straordinaria Collezione Borgiana (Napoli, Museo Archeologico), di cui si esporranno antichissimi pezzi dal 2700 a.C. (III Dinastia), come la cosiddetta “Dama di Napoli”, (in realtà raffigurante un funzionario), sino ad alcuni più recenti, tra cui alcuni curiosi falsi settecenteschi.
La suggestiva esposizione si concluderà, con una chiara allusione alle atmosfere del Flauto Magico, con la ricostruzione della sala egizia della Galleria Borghese, la più nota tra le molte realizzate nel Settecento, presente in mostra con tre interessanti tele di Tommaso Conca, dipinte per il principe Marco Antonio Borghese, e due statue di Antoine-Guillaume Grandjacquet, espressioni di un singolare gusto neoclassico e provenienti dal Louvre.
Quale città oltre Roma ha un rapporto così intenso e secolare con l’Egitto? In quale altro luogo troviamo così tanti obelischi? Sul Campidoglio il “Tevere” e il “Nilo” uniscono nel mito le due lontane sponde, come nei versi di un poeta dell’Arcadia, e i leoni egizi accolgono i visitatori alla base della lunga scalinata. Nel rione Campo Marzio, dove ora sorgono i palazzi del Governo, il sottosuolo è disseminato di reperti del tempio di Iside e poco più in là, verso le pendici del Quirinale, si trova il Serapeo. Tutta la cultura romana porta il segno di questa indelebile influenza. Nel Tempio della Fortuna a Palestrina risplende il grande mosaico del Nilo, realizzato da artigiani alessandrini. A Tivoli, nella Villa di Adriano, l’imperatore ricostruì un braccio del delta del Nilo, il famoso Canopo, luogo di svaghi e delizie della corte ellenistica. E la Meta Romuli divenne nel Medioevo uno dei simboli della città della Lupa, così come la Piramide Cestia lo fu dal Seicento. Il Rinascimento si innamorò degli antichi profeti, di Ermete Trismegisto, degli incomprensibili segni geroglifici. I Borgia vollero la storia del bue Api dipinta nelle loro Sale in Vaticano. Raffaello utilizzò le sembianze di Artemide Efesia (ritenendola Iside) per decorare la volta della Stanza della Segnatura. A Roma rinacquero gli studi sulla religione e sui riti misterici e le vie dei pellegrini furono segnate dall’alta mole degli obelischi.
Fu un amore di straordinaria durata. Nel Seicento Bernini innalzò la Fontana dei Fiumi, epitome della Roma Triumphans, e Athanasius Kircher, il genio gesuita, dedicò molti volumi alla civiltà nilotica. Nel secolo successivo le ombre si allungarono, mentre di giorno si parlava di Luce e di Ragione, di notte gli altri lumi svolgevano i loro riti misterici, le loro cerimonie di iniziazione.
A Roma, se da un lato si faceva arrestare Cagliostro, il fondatore della massoneria egiziaca, dall’altro si cercavano oggetti e decoratori per le stanze del principe Borghese. Perfino un cardinale, il Borgia di Velletri, nella cui casa passava il fior fiore della massoneria europea, cedette al fascino enigmatico dell’ermetismo e collezionò oggetti falsi e veri per il suo enciclopedico museo.
Una passione intensa per l’Egitto attraversò tutto il Settecento. Stregò gli americani che vollero una piramide sul dollaro e i francesi che finalmente svelarono il mistero dei geroglifici. Roma si era ormai ritirata in un modesto tran tran ai margini meridionali dell’Europa, i miti faraonici, con la crisi finanziaria, sembravano ormai sogni di un glorioso passato.
PRINCIPALI OPERE IN ESPOSIZIONE
Le opere esposte documentano, con qualche straordinaria eccezione, l’ampio arco cronologico che va dal I secolo a.C. sino alla Età dei Lumi, durante il quale l’Egitto da “storia” diventa mito e da “Egittomania” si trasforma in “Egittofilia”. La mostra, particolarmente ricca di sculture, perché di pietra fu la civiltà nilotica, si apre con il tema della “doppia immagine”, egizia e classica, in cui si fecero raffigurare, imitando Alessandro Magno, gli imperatori romani. I busti e le statue di Nerone e di Domiziano e del giovane Antinoo rappresenteranno questa singolare iconografia. Del resto, trovandosi nel Mausoleo di Adriano, come non ricordare la tragica storia d’amore dell’imperatore con il giovanetto che annegò nelle acque del Nilo? Il bellissimo fanciullo si incarnerà a grandezza naturale nella splendida statua della collezione Farnese del Museo Archeologico Nazionale di Napoli; svetterà nelle vesti di Osiride nella famosa scultura conservata ai Musei Vaticani (calco appositamente realizzato), che ispirò Raffaello, Pirro Logorio, e Piranesi; apparirà, infine, divinizzato nel busto in pietra rossa, proveniente da Dresda.
Un’altra famosissima storia d’amore, quella tra Antonio e Cleopatra, ricorda gli intensissimi rapporti intercorsi. La battaglia di Azio del 31 a.C mise fine ai sogni della coppia “egizia”, rappresentata da due rare teste marmoree. Roma si riempì di capolavori, di tesori e dei primi obelischi. Si riaffermarono anche i culti orientali rappresentati dalla più antica figura di Iside (terracotta del I sec. A.C.), da uno splendido sacerdote in marmo rosso e dalla enigmatica statua del Cronocrator, trovato alle pendici del Gianicolo e appartenente alle collezioni di Palazzo Altemps.
Villa Adriana a Tivoli ha sempre avuto un ruolo fondamentale nelle memorie del rapporto tra le due civiltà. Da lì provengono le statue-personificazioni del sacro fiume egizio, simboleggiato dalla sfinge, e del Tevere, con la lupa Romolo e Remo, testimoni, fra le altre, della passione dell’imperatore Adriano per la terra dei faraoni.
L’eredità e la fascinazione del mondo egizio a Roma e della sua imperitura carica estetico-simbolica è tracciata anche durante il Medioevo: leoni egittizzanti e sfingi, come quella del Museo civico di Viterbo, impreziosiscono chiostri e monumenti sacri del Patrimonium Petri. Il mito di Ermete Trismegisto e di Iside, rinvigorito dal ritrovamento della splendida Tabula Bembina o Mensa Iliaca - uno dei pezzi più famosi del Museo Egizio di Torino - per la prima volta a Roma dai tempi del sacco del 1527, seduce committenti e artisti del Rinascimento, trovando spazio alla corte papale, come testimoniano i disegni (Francoforte, Städel Museum) utilizzati da Pinturicchio per gli affreschi degli appartamenti Borgia in Vaticano e il raffinatissimo Messale Colonna, conservato a Manchester. Passando per i molti testi ritrovati o pubblicati, come gli Ieroglifica di Orapollo, la Hypnerotomachia Poliphili, I misteri degli egizi di Giamblico, le Antichità di Annio da Viterbo, si giunge ai disegni di raffinati artisti della maniera come Pirro Logorio e Primaticcio. Chiudono la sezione le suggestive immagini dell’innalzamento, ad opera di Sisto V, degli obelischi che diverranno, insieme a sfingi e piramidi, un elemento caratterizzante del paesaggio romano, splendidamente dipinto in una estatica tavola di Benvenuto Tisi, detto il Garofalo, e in seguito da pittori stranieri come l’eccelso Nicolas Poussin.
Una tela del celeberrimo artista francese, raffigurante La fuga in Egitto (Hermitage, San Pietroburgo), in cui si riprendono alcune ieratiche immagini del famoso mosaico nilotico di Palestrina, eseguito nel II sec. a.C., aprirà la sezione dedicata al Seicento e al primo grande egittologo Athanasius Kircher. Di quest’ultimo si esporranno, fra i diversi pezzi, la statua magica in basalto nero divisa in due frammenti (uno a Torino e l’altro a Firenze) e riunita esclusivamente per la mostra, le incisioni tratte dall’Oedipus Aegyptiacus e i modelli lignei degli obelischi romani (Roma, Liceo Visconti). Notevole sarà anche la presenza della celebre immagine di Artemide Efesia (alabastro da Roma, Musei Capitolini), la cui iconografia ha suscitato l’interesse di Raffaello, Pirro Logorio, Giulio Romano e anche del poliedrico gesuita.
Il Settecento, secolo dei Lumi, verrà documentato dalle note incisioni di Piranesi, tratte dall’opera: “Diverse maniere di decorare i camini...” (Roma, Istituto Nazionale per la Grafica), in cui i “capricci” egittizzanti attestano la diffusione dell’“Egittomania”. La mostra concederà, inoltre, l’occasione di ammirare reperti ed opere provenienti dalla straordinaria Collezione Borgiana (Napoli, Museo Archeologico), di cui si esporranno antichissimi pezzi dal 2700 a.C. (III Dinastia), come la cosiddetta “Dama di Napoli”, (in realtà raffigurante un funzionario), sino ad alcuni più recenti, tra cui alcuni curiosi falsi settecenteschi.
La suggestiva esposizione si concluderà, con una chiara allusione alle atmosfere del Flauto Magico, con la ricostruzione della sala egizia della Galleria Borghese, la più nota tra le molte realizzate nel Settecento, presente in mostra con tre interessanti tele di Tommaso Conca, dipinte per il principe Marco Antonio Borghese, e due statue di Antoine-Guillaume Grandjacquet, espressioni di un singolare gusto neoclassico e provenienti dal Louvre.
11
luglio 2008
La lupa e la sfinge. Roma e l’Egitto dalla storia al mito
Dall'undici luglio al 09 novembre 2008
archeologia
arte antica
arte antica
Location
CASTEL SANT’ANGELO
Roma, Lungotevere Castello, 50, (Roma)
Roma, Lungotevere Castello, 50, (Roma)
Biglietti
Integrato Mostra / Museo Intero € 8.50 Ridotto € 6.00
Orario di apertura
Dal martedì alla domenica, dalle ore 9.00 alle 19.00; la biglietteria chiude alle 18.30
Chiuso il lunedì, il 25 dicembre ed il 1° gennaio
Editore
ELECTA
Ufficio stampa
CIVITA GROUP
Curatore