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La Materia, lo Spazio, il Tempo
Il tema che unisce e determina il titolo della mostra riguarda la materia, lo spazio e il tempo. La materia, con i suoi segreti ancestrali e imprevedibili potenzialità espressive, da sempre costituisce per l’artista un fecondo campo d’indagine per dare poi vita a opere d’arte in grado di ampliare i nostri orizzonti esistenziali.
Comunicato stampa
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Il 5 agosto 2004 alle ore 18,30 sarà inaugurata al Museo d’Arte Moderna Vittoria Colonna di Pescara
la mostra: La Materia, lo Spazio , il Tempo, a cura di Francesco Nuvolari.
La mostra fa parte dell’importante progetto Sensi Contemporanei voluto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalla Biennale di Venezia d’intesa con la Regione Abruzzo.
Tale proposta intende incentivare l’arte contemporanea e valorizzare strutture particolarmente significative del sud Italia. Per la prima volta la Biennale promuove la sua iniziativa, costituita dal ben 10 esposizioni con 150 artisti e 230 opere, in dieci diverse città italiane. Parallelamente a queste mostre la Biennale è presente con altre importanti esposizioni finalizzate allo sviluppo socio-economico delle sette regioni coinvolte. La mostra di Pescara è una di queste.
Sono esposte trenta opere costituite da dipinti, installazioni e sculture di 11 importanti artisti: Corrado Cagli (2), Gino De Dominicis (2), Michele De Luca (2), Lucio Fontana (2), Edgardo Mannucci (3), Fausto Melotti (2), Luca Maria Patella (6),
Attillio Pierelli (6), Paolo Piscitelli (1), Giò Pomodoro (2) e Walter Valentini (2).
Il tema che unisce e determina il titolo della mostra riguarda la materia, lo spazio e il tempo. La materia, con i suoi segreti ancestrali e imprevedibili potenzialità espressive, da sempre costituisce per l’artista un fecondo campo d’indagine per dare poi vita a opere d’arte in grado di ampliare i nostri orizzonti esistenziali.
Spazialità reale e spazialità immaginaria, determinate entrambe da un intenso percorso espressivo in continua evoluzione, si ritrovano nelle opere di Corrado Cagli. Protagonista indiscusso del risveglio dell’arte figurativa italiana tra le due grandi guerre percorre all’inizio le vie dei grandi miti da cui l’umanità affonda le sue radici, che raffigura negli affreschi, nei monumenti, nelle scene teatrali, con quella visione eroica che la nuda e perenne classicità esige. E’ tra i principali fautori della pittura tonale dei primi anni Trenta di cui è la mente più dinamica e ricca di iniziative. L’artista naviga poi nei mari del mondo, attratto da nuove suggestioni e trova il nuovo, lo spazio. Alla fine degli anni Sessanta Cagli si serve di complesse strutture labirintiche per sviluppare ulteriormente i principi della quarta dimensione, facendo sue, nell'addensarsi e diradarsi del reticolo spugnoso in bianco e nero, alcune ricerche analitiche proprie all'Op Art. Il suo fare, per sentirsi vivo, lo porta a spaziare dal realismo magico alla metafisica, dalla realtà del fantastico alle scienze esatte, dalle costruzioni geometriche alle rievocazioni storiche e per finire alle carte della quarta dimensione, pur toccando tutti questi punti, Cagli non si identificherà mai con nessuna di queste posizioni. La sua opera diventa così un monito per il nostro tempo che da tempo ha rinunciato alla cultura del
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valore, e quindi alla vita, frazionando l’unità dei saperi a favore di una galassia di micro specializzazioni che quanto più risultano sofisticate, tanto più perdono di vista il valore dell’unità nel suo insieme, dove logos e mythos convivono nella sacralità che è nell’uomo e nella natura. La sua è una saggezza antica, il mito e il simbolo, da lui studiati e riproposti, hanno illuminato le coscienze di chi guardava altrove.
Gino De Dominicis è uno degli artisti più sensibili e inquietanti dell’arte italiana. Attento sperimentatore utilizza le più disparate forme e tecniche espressive, tra cui, disegni a penna, grandi tavole a matita e gesso, dipinti ed opere tridimensionali, per portare l’osservatore su temi da lui particolarmente sentiti: “la morte” - “l'immortalità fisica” - “la fine della storia” - “la donna e l'artista” quali soggetti indispensabili della CREAZIONE quella CREAZIONE ARTISTICA capace, da sola, di fermare l'irreversibilità del tempo. Da sempre l'artista ha espresso, con la sua arte, il bisogno inalienabile e naturale di autoaffermazione dell'uomo contro l’oblio causato dalla morte. Il corpo è materia, in continua trasformazione, solo l’arte può quindi fissarlo per sempre in una dimensione voluta e atemporale. Le sue opere poco inclini al fascino della bellezza attraversano il tempo della quotidianità e come uno schiaffo ci portano di fronte al nudo specchio delle nostre confuse verità svelandoci in un attimo le imbarazzanti inquietudini della nostra vita. Il suo può definirsi un viaggio scomodo, ma voluto, all’interno dei nostri dubbi e incertezze.
Michele De Luca dalle sue prime opere di paesaggi, figure e ritratti, degli anni Settanta, di chiara ispirazione espressionista, nel corso del tempo passa ad una gestualità più marcata che richiama l’Action Painting, il Tachisme o il Nuclearismo, carica di una forte tensione psicologica, che diventa poi ossessiva e rituale. L’uso frequente del bitume e di altri materiali di recupero dai toni intensi e cupi lo porta a definire delle immagini cariche di una profonda inquietudine. Tra gli anni Ottanta e Novanta le sue opere si arricchiscono poi di frammenti geometrici di lamiera inchiodata e dipinta: il nero bituminoso è così ingentilito dal più tradizionale blu ad olio. LUCE E MATERIA prendono così forma attraverso l’esercizio della pittura, e definiscono “micro universi” che magnetizzano il nostro sguardo e lo proiettano con forza incontro all’Io dell’Artista.
Lucio Fontana negli anni 1949-’50 forando genialmente la tela, “i famosi suoi buchi”, presenta una ricerca di “ulteriorità spaziale” che proseguirà poi negli anni successivi nei cicli delle “Pietre” e poi dei “Barocchi”, con l’uso di interventi segnici e materici, tipicamente informali. Seguono le “Sculture su gambo” esposte alla Biennale di Venezia del 1958, le “Nature” in terracotta del 1950-’60, per arrivare dopo i cicli dei “Gessi” e degli “Inchiostri”, nel 1958 alla soluzione dei “Tagli” su tele monocromatiche. Nel 1960, contemporaneamente alle tele con i tagli, inizia il ciclo dei “Crateri” prodotti nella tela spalmata di colore ad olio, del 1962 è poi il periodo dei “Metalli”, lastre di ottone o acciaio squarciate. Nel 1963 realizza la famosa serie della “Fine di Dio”; seguono i “Teatrini”, dell’anno seguente, nel 1967 esegue le “Ellissi”, in metallo verniciato e le scenografie del “Ritratto di Don Chisciotte” per la Scala di Milano. Le sue opere, pur prive di un contenuto evidente, sono testimoni di gesti forti e risoluti ed esprimono sempre un’intensa drammaticità. La loro è una fuga simbolica e fisica dalla tradizionale superficie piatta della tela tesa e imprigionata dalla cornice di legno: il vedere oltre ci permette così di relazionare con lo spazio attraverso l’opera d’arte; quadro, osservatore e l’ambiente fanno quindi parte di un’unica realtà. Spazio, tempo e movimento sono di conseguenza per Fontana più importanti del colore, della prospettiva e della forma, soluzioni tipiche della pittura tradizionale.
Edgardo Mannucci può essere considerato uno dei più importanti esponenti dell’Informale plastico europeo. La sua materia, da informe e statica, si libera sprigionando l’energia che contiene per trasformarsi in puro moto. Tutto accade con grande potenza espressiva e assoluta originalità formale, pur collocandosi all’interno dell’informalismo materico-gestuale che vede in lui un antesignano. Le sue forme guizzanti nello spazio, nelle loro fughe vettoriali o spiraliformi, alla fine della sua intensa attività si convertiranno alla forma chiusa della circolarità archetipo dell’assoluta perfezione e della misura. ALFA E OMEGA, INIZIO E FINE, si confondono in una nuova dimensione atemporale. MATERIA, tanta MATERIA per un viaggio introspettivo dove l’uno incontra l’altro.
Musica, armonia, sottili equilibri li ritroviamo nelle maliziose sculture di Fausto Melotti che ci ricordano come si debba amare intensamente le cose che sono veramente serie e a ridere di quelle in apparenza serie ma che, al contrario, sono soltanto buffe se verificate semplicemente con l’arma infallibile dell'ironia. Un amore fragile, come è fragile la nostra condizione, suggerito da una saggezza verificata negli anni in cui si sono spente le numerose illusioni dell’artista. Fragilità e leggerezza, ironia e gioco sono le chiavi di lettura per comprendere la nostra esistenza, una realtà che si svela in continue allusioni fatte di parole e di immagini. Un gioco delicato di equilibri testimonia quanto sia fragile il nostro sistema: equilibri instabili che anticipano, ma solo di un attimo, il movimento.
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Spazialità, movimento, percezione e restituzione della realtà con l’uso di ogni opportunità espressiva: questa è l’opera di Luca Maria Patella, tra i più versatili artisti del panorama italiano. La sua arte passa dalla pittura, con i suoi ovali eseguiti negli anni ’70-’80, di soggetti sempre diversi realizzati con differenti tecniche, alle grandi installazioni degli anni ’80-’90. Delle sue originali e sorprendenti opere fotografiche, tutte di grandi dimensioni (170 x 130 cm.), quelle di “Montefolle/Madmountain” si riferiscono al paese toscano dove nella sua casa-laboratorio realizza le sue incredibili trasformazioni alchemiche del reale, con l’uso di particolari attrezzature da lui costruite: “Senza macchina fotografica, senza pellicola a colori e senza alcuna elaborazione o ritocco manuale né digitale”, richiamandosi solo alle tecniche della proto-fotografia di Ducos du Hauron e di Fox Talbot, come egli stesso afferma. Solo più recentemente ne …la costruzione di una “Maison de Plaisir (Cosmique)” da C. N. Ledoux, troviamo esempi di interventi digitali. Il libro in mostra è un grande volume di fotografia a colori, con testo quadrilingue, che documenta il mondo di Montefolle, intitolato “Montefolle” [in lùminis oras / loca nullìus ante: su lidi di luce / mai di nessuno prima (Lucrezio)].
Lo spazio che avvolge e attraversa l’opera coinvolgendola in un unicum espressivo è stato studiato nelle sue più disparate forme da un altro grande dell’arte italiana, Attilio Pierelli. Dalle prime sculture speculari, dove studia particolarmente il concetto di spazio in relazione alla quarta dimensione geometrica, l’artista passa alle geometrie curve (non euclidee), per approdare alle più avanzate conoscenze relative alle superfici stremali. Nel 1987 fonda a Roma il Movimento Artistico Internazionale Dimensionalista; questo nuovo movimento intellettuale e artistico intende superare la barriera delle tre dimensioni dello spazio. Affascinato dal progresso, dagli studi matematici e fisici sugli spazi a più dimensioni, rivolge poi la sua ricerca soprattutto agli iperspazi. costruendo sculture con l’acciaio speculare. Un video farà inoltre conoscere tutte le altre opere da lui realizzate nel corso dei suo 40 anni di intensa attività.
Paolo Piscitelli è creatore di suggestive “performances proteiformi” e numerose installazioni sonore che determinano un complesso di relazioni tra soggetti diversi apparentemente casuali ma che, al contrario, rispondono ad una rigorosa partitura progettuale. Ambientazioni disponibili sempre ad accogliere fattori ed eventi occasionali i cui apparati processuali tendono al conseguimento di un perfetto equilibrio tra logica ed intuizione poetica. Interessato allo spazio in continuo divenire, Piscitelli interpreta la scultura traducendola in oggetti, performances e installazioni sonore sempre intimamente legate allo spazio che le ospita, assunto come materia plastica complessa su cui interagire e dialogare.
Giò Pomodoro con le famosissime e originali Strutture in tensione, create tra il 1959 e il 1965, ci fa capire quanto sia importante la tecnica e la conoscenza dei materiali per realizzare perfettamente ciò che il pensiero in anticipo ha ben chiaro. Un sapere che viene da lontano e che lo ricollega ai grandi maestri del passato. Uno dei simboli più ricorrenti nei culti e nelle religioni è senz’altro il Sole che è raffigurato dall’artista nelle sue diverse forme e riferimenti. La materia da guardare con meraviglia, per il silenzio quasi irreale che si coglie e ci emoziona e per le continue scoperte che ci regala. Materia manipolata, contaminata da scritture, oggetti, disegni e forme liberamente assemblate che poi si riorganizzano liberamente ritrovando una nuova identità sospesa tra passato, presente e futuro.
Il tempo, la materia e lo spazio dai primi anni ’70 sono studiati anche da Walter Valentini. I suoi grandiosi cicli testimoniano quanto sia affascinato, questo grande artista dell’astrattismo lirico italiano, da questa iperscrutabile realtà e quanto sia vivo il suo desiderio di dare forma ideale allo spazio e al tempo. “Acqueforti” e “puntesecche” sono le tecniche che preferisce per rappresentare, come un antico cartografo rinascimentale, le sue immaginarie mappe celesti. Queste tecniche si alimentano costantemente dando vita a sperimentazioni e continue scoperte, tipiche di una cultura che trova nel Rinascimento la sua collocazione storica ideale. Armonia ed equilibrio dello spazio sono determinati da una mentalità razionale propria dell’architettura, mentre la composizione risente delle ricerche fatte dall’artista sui costruttivisti russi e sui grandi maestri dell'astrazione e dello spazialismo italiano e internazionale, a lungo frequentati da Valentini. Ed Einstein sentenziò: «Looking at the stars is looking at history of the Universe». (Osservando le stelle vediamo la storia dell’ universo).
la mostra: La Materia, lo Spazio , il Tempo, a cura di Francesco Nuvolari.
La mostra fa parte dell’importante progetto Sensi Contemporanei voluto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalla Biennale di Venezia d’intesa con la Regione Abruzzo.
Tale proposta intende incentivare l’arte contemporanea e valorizzare strutture particolarmente significative del sud Italia. Per la prima volta la Biennale promuove la sua iniziativa, costituita dal ben 10 esposizioni con 150 artisti e 230 opere, in dieci diverse città italiane. Parallelamente a queste mostre la Biennale è presente con altre importanti esposizioni finalizzate allo sviluppo socio-economico delle sette regioni coinvolte. La mostra di Pescara è una di queste.
Sono esposte trenta opere costituite da dipinti, installazioni e sculture di 11 importanti artisti: Corrado Cagli (2), Gino De Dominicis (2), Michele De Luca (2), Lucio Fontana (2), Edgardo Mannucci (3), Fausto Melotti (2), Luca Maria Patella (6),
Attillio Pierelli (6), Paolo Piscitelli (1), Giò Pomodoro (2) e Walter Valentini (2).
Il tema che unisce e determina il titolo della mostra riguarda la materia, lo spazio e il tempo. La materia, con i suoi segreti ancestrali e imprevedibili potenzialità espressive, da sempre costituisce per l’artista un fecondo campo d’indagine per dare poi vita a opere d’arte in grado di ampliare i nostri orizzonti esistenziali.
Spazialità reale e spazialità immaginaria, determinate entrambe da un intenso percorso espressivo in continua evoluzione, si ritrovano nelle opere di Corrado Cagli. Protagonista indiscusso del risveglio dell’arte figurativa italiana tra le due grandi guerre percorre all’inizio le vie dei grandi miti da cui l’umanità affonda le sue radici, che raffigura negli affreschi, nei monumenti, nelle scene teatrali, con quella visione eroica che la nuda e perenne classicità esige. E’ tra i principali fautori della pittura tonale dei primi anni Trenta di cui è la mente più dinamica e ricca di iniziative. L’artista naviga poi nei mari del mondo, attratto da nuove suggestioni e trova il nuovo, lo spazio. Alla fine degli anni Sessanta Cagli si serve di complesse strutture labirintiche per sviluppare ulteriormente i principi della quarta dimensione, facendo sue, nell'addensarsi e diradarsi del reticolo spugnoso in bianco e nero, alcune ricerche analitiche proprie all'Op Art. Il suo fare, per sentirsi vivo, lo porta a spaziare dal realismo magico alla metafisica, dalla realtà del fantastico alle scienze esatte, dalle costruzioni geometriche alle rievocazioni storiche e per finire alle carte della quarta dimensione, pur toccando tutti questi punti, Cagli non si identificherà mai con nessuna di queste posizioni. La sua opera diventa così un monito per il nostro tempo che da tempo ha rinunciato alla cultura del
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valore, e quindi alla vita, frazionando l’unità dei saperi a favore di una galassia di micro specializzazioni che quanto più risultano sofisticate, tanto più perdono di vista il valore dell’unità nel suo insieme, dove logos e mythos convivono nella sacralità che è nell’uomo e nella natura. La sua è una saggezza antica, il mito e il simbolo, da lui studiati e riproposti, hanno illuminato le coscienze di chi guardava altrove.
Gino De Dominicis è uno degli artisti più sensibili e inquietanti dell’arte italiana. Attento sperimentatore utilizza le più disparate forme e tecniche espressive, tra cui, disegni a penna, grandi tavole a matita e gesso, dipinti ed opere tridimensionali, per portare l’osservatore su temi da lui particolarmente sentiti: “la morte” - “l'immortalità fisica” - “la fine della storia” - “la donna e l'artista” quali soggetti indispensabili della CREAZIONE quella CREAZIONE ARTISTICA capace, da sola, di fermare l'irreversibilità del tempo. Da sempre l'artista ha espresso, con la sua arte, il bisogno inalienabile e naturale di autoaffermazione dell'uomo contro l’oblio causato dalla morte. Il corpo è materia, in continua trasformazione, solo l’arte può quindi fissarlo per sempre in una dimensione voluta e atemporale. Le sue opere poco inclini al fascino della bellezza attraversano il tempo della quotidianità e come uno schiaffo ci portano di fronte al nudo specchio delle nostre confuse verità svelandoci in un attimo le imbarazzanti inquietudini della nostra vita. Il suo può definirsi un viaggio scomodo, ma voluto, all’interno dei nostri dubbi e incertezze.
Michele De Luca dalle sue prime opere di paesaggi, figure e ritratti, degli anni Settanta, di chiara ispirazione espressionista, nel corso del tempo passa ad una gestualità più marcata che richiama l’Action Painting, il Tachisme o il Nuclearismo, carica di una forte tensione psicologica, che diventa poi ossessiva e rituale. L’uso frequente del bitume e di altri materiali di recupero dai toni intensi e cupi lo porta a definire delle immagini cariche di una profonda inquietudine. Tra gli anni Ottanta e Novanta le sue opere si arricchiscono poi di frammenti geometrici di lamiera inchiodata e dipinta: il nero bituminoso è così ingentilito dal più tradizionale blu ad olio. LUCE E MATERIA prendono così forma attraverso l’esercizio della pittura, e definiscono “micro universi” che magnetizzano il nostro sguardo e lo proiettano con forza incontro all’Io dell’Artista.
Lucio Fontana negli anni 1949-’50 forando genialmente la tela, “i famosi suoi buchi”, presenta una ricerca di “ulteriorità spaziale” che proseguirà poi negli anni successivi nei cicli delle “Pietre” e poi dei “Barocchi”, con l’uso di interventi segnici e materici, tipicamente informali. Seguono le “Sculture su gambo” esposte alla Biennale di Venezia del 1958, le “Nature” in terracotta del 1950-’60, per arrivare dopo i cicli dei “Gessi” e degli “Inchiostri”, nel 1958 alla soluzione dei “Tagli” su tele monocromatiche. Nel 1960, contemporaneamente alle tele con i tagli, inizia il ciclo dei “Crateri” prodotti nella tela spalmata di colore ad olio, del 1962 è poi il periodo dei “Metalli”, lastre di ottone o acciaio squarciate. Nel 1963 realizza la famosa serie della “Fine di Dio”; seguono i “Teatrini”, dell’anno seguente, nel 1967 esegue le “Ellissi”, in metallo verniciato e le scenografie del “Ritratto di Don Chisciotte” per la Scala di Milano. Le sue opere, pur prive di un contenuto evidente, sono testimoni di gesti forti e risoluti ed esprimono sempre un’intensa drammaticità. La loro è una fuga simbolica e fisica dalla tradizionale superficie piatta della tela tesa e imprigionata dalla cornice di legno: il vedere oltre ci permette così di relazionare con lo spazio attraverso l’opera d’arte; quadro, osservatore e l’ambiente fanno quindi parte di un’unica realtà. Spazio, tempo e movimento sono di conseguenza per Fontana più importanti del colore, della prospettiva e della forma, soluzioni tipiche della pittura tradizionale.
Edgardo Mannucci può essere considerato uno dei più importanti esponenti dell’Informale plastico europeo. La sua materia, da informe e statica, si libera sprigionando l’energia che contiene per trasformarsi in puro moto. Tutto accade con grande potenza espressiva e assoluta originalità formale, pur collocandosi all’interno dell’informalismo materico-gestuale che vede in lui un antesignano. Le sue forme guizzanti nello spazio, nelle loro fughe vettoriali o spiraliformi, alla fine della sua intensa attività si convertiranno alla forma chiusa della circolarità archetipo dell’assoluta perfezione e della misura. ALFA E OMEGA, INIZIO E FINE, si confondono in una nuova dimensione atemporale. MATERIA, tanta MATERIA per un viaggio introspettivo dove l’uno incontra l’altro.
Musica, armonia, sottili equilibri li ritroviamo nelle maliziose sculture di Fausto Melotti che ci ricordano come si debba amare intensamente le cose che sono veramente serie e a ridere di quelle in apparenza serie ma che, al contrario, sono soltanto buffe se verificate semplicemente con l’arma infallibile dell'ironia. Un amore fragile, come è fragile la nostra condizione, suggerito da una saggezza verificata negli anni in cui si sono spente le numerose illusioni dell’artista. Fragilità e leggerezza, ironia e gioco sono le chiavi di lettura per comprendere la nostra esistenza, una realtà che si svela in continue allusioni fatte di parole e di immagini. Un gioco delicato di equilibri testimonia quanto sia fragile il nostro sistema: equilibri instabili che anticipano, ma solo di un attimo, il movimento.
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Spazialità, movimento, percezione e restituzione della realtà con l’uso di ogni opportunità espressiva: questa è l’opera di Luca Maria Patella, tra i più versatili artisti del panorama italiano. La sua arte passa dalla pittura, con i suoi ovali eseguiti negli anni ’70-’80, di soggetti sempre diversi realizzati con differenti tecniche, alle grandi installazioni degli anni ’80-’90. Delle sue originali e sorprendenti opere fotografiche, tutte di grandi dimensioni (170 x 130 cm.), quelle di “Montefolle/Madmountain” si riferiscono al paese toscano dove nella sua casa-laboratorio realizza le sue incredibili trasformazioni alchemiche del reale, con l’uso di particolari attrezzature da lui costruite: “Senza macchina fotografica, senza pellicola a colori e senza alcuna elaborazione o ritocco manuale né digitale”, richiamandosi solo alle tecniche della proto-fotografia di Ducos du Hauron e di Fox Talbot, come egli stesso afferma. Solo più recentemente ne …la costruzione di una “Maison de Plaisir (Cosmique)” da C. N. Ledoux, troviamo esempi di interventi digitali. Il libro in mostra è un grande volume di fotografia a colori, con testo quadrilingue, che documenta il mondo di Montefolle, intitolato “Montefolle” [in lùminis oras / loca nullìus ante: su lidi di luce / mai di nessuno prima (Lucrezio)].
Lo spazio che avvolge e attraversa l’opera coinvolgendola in un unicum espressivo è stato studiato nelle sue più disparate forme da un altro grande dell’arte italiana, Attilio Pierelli. Dalle prime sculture speculari, dove studia particolarmente il concetto di spazio in relazione alla quarta dimensione geometrica, l’artista passa alle geometrie curve (non euclidee), per approdare alle più avanzate conoscenze relative alle superfici stremali. Nel 1987 fonda a Roma il Movimento Artistico Internazionale Dimensionalista; questo nuovo movimento intellettuale e artistico intende superare la barriera delle tre dimensioni dello spazio. Affascinato dal progresso, dagli studi matematici e fisici sugli spazi a più dimensioni, rivolge poi la sua ricerca soprattutto agli iperspazi. costruendo sculture con l’acciaio speculare. Un video farà inoltre conoscere tutte le altre opere da lui realizzate nel corso dei suo 40 anni di intensa attività.
Paolo Piscitelli è creatore di suggestive “performances proteiformi” e numerose installazioni sonore che determinano un complesso di relazioni tra soggetti diversi apparentemente casuali ma che, al contrario, rispondono ad una rigorosa partitura progettuale. Ambientazioni disponibili sempre ad accogliere fattori ed eventi occasionali i cui apparati processuali tendono al conseguimento di un perfetto equilibrio tra logica ed intuizione poetica. Interessato allo spazio in continuo divenire, Piscitelli interpreta la scultura traducendola in oggetti, performances e installazioni sonore sempre intimamente legate allo spazio che le ospita, assunto come materia plastica complessa su cui interagire e dialogare.
Giò Pomodoro con le famosissime e originali Strutture in tensione, create tra il 1959 e il 1965, ci fa capire quanto sia importante la tecnica e la conoscenza dei materiali per realizzare perfettamente ciò che il pensiero in anticipo ha ben chiaro. Un sapere che viene da lontano e che lo ricollega ai grandi maestri del passato. Uno dei simboli più ricorrenti nei culti e nelle religioni è senz’altro il Sole che è raffigurato dall’artista nelle sue diverse forme e riferimenti. La materia da guardare con meraviglia, per il silenzio quasi irreale che si coglie e ci emoziona e per le continue scoperte che ci regala. Materia manipolata, contaminata da scritture, oggetti, disegni e forme liberamente assemblate che poi si riorganizzano liberamente ritrovando una nuova identità sospesa tra passato, presente e futuro.
Il tempo, la materia e lo spazio dai primi anni ’70 sono studiati anche da Walter Valentini. I suoi grandiosi cicli testimoniano quanto sia affascinato, questo grande artista dell’astrattismo lirico italiano, da questa iperscrutabile realtà e quanto sia vivo il suo desiderio di dare forma ideale allo spazio e al tempo. “Acqueforti” e “puntesecche” sono le tecniche che preferisce per rappresentare, come un antico cartografo rinascimentale, le sue immaginarie mappe celesti. Queste tecniche si alimentano costantemente dando vita a sperimentazioni e continue scoperte, tipiche di una cultura che trova nel Rinascimento la sua collocazione storica ideale. Armonia ed equilibrio dello spazio sono determinati da una mentalità razionale propria dell’architettura, mentre la composizione risente delle ricerche fatte dall’artista sui costruttivisti russi e sui grandi maestri dell'astrazione e dello spazialismo italiano e internazionale, a lungo frequentati da Valentini. Ed Einstein sentenziò: «Looking at the stars is looking at history of the Universe». (Osservando le stelle vediamo la storia dell’ universo).
05
agosto 2004
La Materia, lo Spazio, il Tempo
Dal 05 agosto al 31 ottobre 2004
arte contemporanea
Location
MUSEO D’ARTE MODERNA VITTORIA COLONNA
Pescara, Piazza I Maggio, 10, (Pescara)
Pescara, Piazza I Maggio, 10, (Pescara)
Vernissage
5 Agosto 2004, ore 18,30
Autore
Curatore