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La Mezzadria in Toscana
Un percorso espositivo ricco e suggestivo che si propone con 90 quadri, 20 opere grafiche e 10 scultore di raccontare la campagna italiana e in particolare quella toscana nel secondo Ottocento e primo Novecento contraddistinta dalla mezzadria, un termine latino che deriva dal tardo latino e che indica “colui che divide a metà”.
Comunicato stampa
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La campagna italiana nell’arte dell’Ottocento e Novecento. Una grande mostra nelle sale del Palazzo Mediceo di Seravezza in Versilia
Fino al 29 settembre si possono ammirare più di 100 opere di Fattori, Lega, Viani, Soffici, Rosai e tanti altri. Un suggestivo itinerario artistico che attraverso stili diversi racconta un secolo di vita contadina contraddistinto dalla “mezzadria”.
Dai campi della Maremma flagellati dalla malaria, ai poderi ben ordinati delle campagna senese fino alle immagini di fatica e miseria, solitudine e svago, attimi di quotidianità destinati a sparire per sempre da lì a pochi anni. E’ questa la mostra “Cultura della terra in Toscana, mezzadri e coltivatori diretti nell’arte dell’Ottocento e Novecento”, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Seravezza (Lu) e curata da Enrico Dei in collaborazione con Andrea Baldinotti che rimarrà aperta fino al 29 settembre nelle sale del prestigioso Palazzo Mediceo della città versiliese. Un mondo contadino con la sua vita, i costumi e le abitudini delle popolazioni contraddistinto dalla “mezzadria” e raccontato - in modo diverso e talvolta antitetico - attraverso stili diversi da artisti come Fattori, Lega, Viani, Soffici, Rosai, Ferroni e tanti altri in un suggestivo itinerario artistico con oltre cento opere tra quadri, sculture e disegni. Un percorso espositivo ricco e suggestivo, che si snoda partendo dai “macchiaioli” fino ad attraversare la crisi di questo movimento e l’approdo alla pittura naturalistica, finalizzato a descrivere oggettivamente, in tele spesso di grandi dimensioni, la vita delle classi rurali in tono rassicurante. In questo contesto si può ammirare nella prima sala “Le ultime vangate” di Angiolo Tommasi, imponente opera post macchiaiola (oltre due metri per tre) del 1892 di cui si erano perse le tracce dal 1927 e di proprietà della Cassa di Risparmio di Firenze. Ma a partire dell’ultimo decennio del secolo si fa sempre più strada una tendenza alternativa, intenzionata a denunciare le condizioni di miseria e di sfruttamento. Si pensi ad esempio alla monumentale tela di Niccolò Cannicci “Inverno triste” del 1899 in cui l’autore alza il proprio sguardo commosso su una giovane guardiana di pecore intenta ad allattare il suo bambino. Questo anche in una situazione sociale tutto sommato “favorevole” come quella toscana, dove il sistema economico fondato sui principi della mezzadria aveva consentito condizioni di vita certamente migliori rispetto alla media nazionale. La parte centrale della mostra è dedicata ai principali momenti della vita quotidiana delle campagne: le feste campestri, i battesimi, i matrimoni, i funerali, le occasioni di religiosità, gli strumenti e i diversi momenti del lavoro nei campi, gli animali e i paesaggi rurali. E in questa sezione incontriamo, tra gli altri, artisti come Giovanni Fattori con il capolavoro “Casa colonica con la Porta Rossa” (1862), Raffaele De Grada con “La fuga in Egitto” (1920) e Memo Vagaggini con “Traghetto in Maremma” (1939). Poi due autori che hanno rappresentato il rinnovamento nella pittura italiana della prima metà del Novecento. Lorenzo Viani con il suo espressionismo rappresentato da “La tosatura delle pecore” (1927- 28) e “Campagna versiliese e contadina” (1905 – 1907), e Ardengo Soffici con “La potatura” (1907) e “Contadini” (1928), un’artista ormai di respiro europeo. Si arriva infine al ritorno di quello che viene considerato “l’ordine formale”, dove tra gli altri si può vedere la grande tela “Il grano della bonifica lucchese” (1940) di Alfredo Catarsini. Una parte della mostra riguarda poi l’iconografia statuaria grazie ad artisti come Ugo Guidi, Quinto Martini e Libero Andreotti. “Si tratta di un viaggio nella mezzadria e nel mondo contadino attraverso stili diversi che vanno dalla macchia, al naturalismo fino all’espressionismo –spiega il curatore Enrico Dei – ma il filo conduttore che lega tutti questi artisti è la sensibilità verso il lato umano e lo sforzo, tipico dell’arte toscana di quel periodo, per dare dignità ai personaggi che sono raffigurati nelle opere. Un'altra novità è la rivalutazione di un certo tipo di scultura lontana dai canoni di quella di tipo monumentale più in voga oggi”. La mostra è stata realizzata grazie al contributo e i patrocini di: Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Regione Toscana, Provincia di Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Banca di Credito Cooperativo della Versilia e della Lunigiana, Henraux e Coldiretti.
Fino al 29 settembre si possono ammirare più di 100 opere di Fattori, Lega, Viani, Soffici, Rosai e tanti altri. Un suggestivo itinerario artistico che attraverso stili diversi racconta un secolo di vita contadina contraddistinto dalla “mezzadria”.
Dai campi della Maremma flagellati dalla malaria, ai poderi ben ordinati delle campagna senese fino alle immagini di fatica e miseria, solitudine e svago, attimi di quotidianità destinati a sparire per sempre da lì a pochi anni. E’ questa la mostra “Cultura della terra in Toscana, mezzadri e coltivatori diretti nell’arte dell’Ottocento e Novecento”, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Seravezza (Lu) e curata da Enrico Dei in collaborazione con Andrea Baldinotti che rimarrà aperta fino al 29 settembre nelle sale del prestigioso Palazzo Mediceo della città versiliese. Un mondo contadino con la sua vita, i costumi e le abitudini delle popolazioni contraddistinto dalla “mezzadria” e raccontato - in modo diverso e talvolta antitetico - attraverso stili diversi da artisti come Fattori, Lega, Viani, Soffici, Rosai, Ferroni e tanti altri in un suggestivo itinerario artistico con oltre cento opere tra quadri, sculture e disegni. Un percorso espositivo ricco e suggestivo, che si snoda partendo dai “macchiaioli” fino ad attraversare la crisi di questo movimento e l’approdo alla pittura naturalistica, finalizzato a descrivere oggettivamente, in tele spesso di grandi dimensioni, la vita delle classi rurali in tono rassicurante. In questo contesto si può ammirare nella prima sala “Le ultime vangate” di Angiolo Tommasi, imponente opera post macchiaiola (oltre due metri per tre) del 1892 di cui si erano perse le tracce dal 1927 e di proprietà della Cassa di Risparmio di Firenze. Ma a partire dell’ultimo decennio del secolo si fa sempre più strada una tendenza alternativa, intenzionata a denunciare le condizioni di miseria e di sfruttamento. Si pensi ad esempio alla monumentale tela di Niccolò Cannicci “Inverno triste” del 1899 in cui l’autore alza il proprio sguardo commosso su una giovane guardiana di pecore intenta ad allattare il suo bambino. Questo anche in una situazione sociale tutto sommato “favorevole” come quella toscana, dove il sistema economico fondato sui principi della mezzadria aveva consentito condizioni di vita certamente migliori rispetto alla media nazionale. La parte centrale della mostra è dedicata ai principali momenti della vita quotidiana delle campagne: le feste campestri, i battesimi, i matrimoni, i funerali, le occasioni di religiosità, gli strumenti e i diversi momenti del lavoro nei campi, gli animali e i paesaggi rurali. E in questa sezione incontriamo, tra gli altri, artisti come Giovanni Fattori con il capolavoro “Casa colonica con la Porta Rossa” (1862), Raffaele De Grada con “La fuga in Egitto” (1920) e Memo Vagaggini con “Traghetto in Maremma” (1939). Poi due autori che hanno rappresentato il rinnovamento nella pittura italiana della prima metà del Novecento. Lorenzo Viani con il suo espressionismo rappresentato da “La tosatura delle pecore” (1927- 28) e “Campagna versiliese e contadina” (1905 – 1907), e Ardengo Soffici con “La potatura” (1907) e “Contadini” (1928), un’artista ormai di respiro europeo. Si arriva infine al ritorno di quello che viene considerato “l’ordine formale”, dove tra gli altri si può vedere la grande tela “Il grano della bonifica lucchese” (1940) di Alfredo Catarsini. Una parte della mostra riguarda poi l’iconografia statuaria grazie ad artisti come Ugo Guidi, Quinto Martini e Libero Andreotti. “Si tratta di un viaggio nella mezzadria e nel mondo contadino attraverso stili diversi che vanno dalla macchia, al naturalismo fino all’espressionismo –spiega il curatore Enrico Dei – ma il filo conduttore che lega tutti questi artisti è la sensibilità verso il lato umano e lo sforzo, tipico dell’arte toscana di quel periodo, per dare dignità ai personaggi che sono raffigurati nelle opere. Un'altra novità è la rivalutazione di un certo tipo di scultura lontana dai canoni di quella di tipo monumentale più in voga oggi”. La mostra è stata realizzata grazie al contributo e i patrocini di: Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Regione Toscana, Provincia di Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Banca di Credito Cooperativo della Versilia e della Lunigiana, Henraux e Coldiretti.
04
luglio 2009
La Mezzadria in Toscana
Dal 04 luglio al 29 settembre 2009
arte moderna e contemporanea
Location
PALAZZO MEDICEO
Seravezza, viale A. Amadei, (Lucca)
Seravezza, viale A. Amadei, (Lucca)
Biglietti
5 euro intero e 3 euro ridotto.
Orario di apertura
tutti i giorni compreso il giorno di Ferragosto con orario dalle 10 alle 13, dalle 17 alle 23.
Vernissage
4 Luglio 2009, ore 17.30
Editore
PACINI
Autore
Curatore