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La natura morta nell’arte moderna
L’esposizione ha l’obiettivo di ripercorrere lo sviluppo tematico e stilistico dell’arte che ha come soggetto la Natura Morta, dagli ultimi anni dell’Ottocento agli anni settanta del Novecento, attraverso una selezione di opere di pittori europei.
Comunicato stampa
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Genere di grande rilievo all'interno delle ricerche dei vari movimenti artistici, la Natura Morta si afferma come genere autonomo solo nel XVII secolo, quasi esclusivamente in opere dai contenuti simbolici e moraleggianti.
Già dalla metà del Seicento la Natura Morta comincia a risentire dello spirito barocco e si allontana gradualmente dalle connotazioni emblematiche che l’avevano caratterizzata precedentemente.
Il termine vero e proprio è però introdotto in Italia soltanto nel XIX secolo, per tradurre dall'olandese: "Still-Leven" (Natura in quiete), vocabolo che già dal 1650 indicava la rappresentazione pittorica di soggetti inanimati.
Durante il periodo Neoclassico, nella raffigurazione della Natura Morta prevalgono schematismi, sintesi ed equilibri formali mentre, con la sopraggiunta libertà creativa del Romanticismo e più ancora nel XX secolo, essa perde progressivamente lo specifico carattere di pittura di genere per assurgere a pretesto per l’esercizio di nuovi valori pittorici e strutture grammaticali. Di volta in volta, la natura morta sarà infatti l’espressione di una determinata avanguardia storica.
Cronologicamente l’esposizione comincia con due preziose opere di Jacques-Emile Blanche (Parigi, 1861 – Offranville, Francia, 1942) che paiono un omaggio alla pittura fiamminga del Seicento. La prima, Natura morta con oca e prugne mostra la classica tavola imbandita ottocentesca dove l’argenteria, le porcellane e le sete esibiscono la tipica ricchezza dello status borghese, mentre la seconda presenta un’elegante e raffinata composizione di Dalie e speronelle.
Con un trionfo di Crisantemi di grande intensità cromatica e leggerezza, realizzato verso la fine del XIX secolo da Edmond Van Coppenolle (Gand, Belgio, 1846 – Chateau-Landon, Francia, 1914) si chiude la breve sezione dedicata all’Ottocento.
La composizione con vasellame e frutta di Georges D’Espagnat (Melun, Parigi, 1870 - Parigi, 1950) datata 1905 già presenta alcune evoluzioni, evidenti soprattutto nel tocco più sfaldato e materico, mentre il Vaso di fiori del 1911 di Pierre Dumont (Parigi, 1884 – 1936) risente chiaramente della visione cromatica e compositiva espressionista.
Per restare in quest’ambito si segnala la vivace Natura morta con cucchiaio e fruttiera (1913) di André Wilder (Parigi 1871-1965) dove oltre al colore, l’elemento decisivo che dà carattere all’insieme è il tratto scuro a contorno di ogni oggetto, che riprende la tecnica “cloisonniste”.
Gli anni venti sono rappresentati dalla Composizione con vaso di fiori e tazza su un tavolino, 1927-28 di Roger Bissière (Villeréal, Francia, 1886 - Boissiérettes, Francia, 1964); alla fine degli anni dieci l’artista comincia a frequentare André Favory, André Lhote, Georges Braque con i quali scopre il Cubismo. L’eco di tale stile pittorico, che contrassegna la produzione di gran parte della sua carriera, si avverte profondamente anche in quest’opera.
Vicina al gusto classico per precisa scelta pittorica è la Natura Morta con brocca bianca datata 1933, eseguita dall'artista Emile Bernard (Lille, 1868 – Parigi, 1941) rivoluzionario Simbolista in gioventù ma più sobrio e tradizionale nella maturità.
Nell’anno 1940 Emile-Othon Friesz (Le Havre, 1879 – Parigi, 1949) dipinge la Natura morta con caffettiera, composizione dalle morbide e dense pennellate che rappresenta perfettamente la produzione della maturità dell’artista esponente di spicco del gruppo Fauve insieme a Matisse, Vlaminck, Derain, Van Dongen, Manguin. Di Henri Manguin (Parigi, 1874 – Saint Tropez, 1949) la mostra presenta un singolare Mazzo di asparagi del 1946, trattato con cromatismi poco convenzionali, che conferma la predilezione dell’artista per gli elementi della quotidianità.
Appartiene agli anni ’50 una serie di opere degne di attenzione: la bizzarra e atipica tavola imbandita di Louis Latapie (Tolosa, Francia, 1891 – Avignone, Francia, 1972) intitolata Bon Appetit! (1950); La poltrona nell’Atelier (1952) del russo Pinchus Krémègne (Zaloudock, Vilnia, Bielorussia, 1890- Céret, Francia, 1981) che tra gli artisti emigrati dall’Europa Centrale, ebbe il merito di introdurre una corrente di natura espressionista nell’Ecole de Paris; infine Henri Wormser (Parigi, 1909) ci introduce nel suo Atelier dipingendo Les outils du peintre (Gli attrezzi del pittore), opera esposta al Salon des Artistes Indépendants del 1954.
Gli anni Sessanta conducono verso una sempre maggiore libertà compositiva con la Composizione, del 1961 appartenente al Periodo Floreale di Oscar Gauthier (Fours, Francia, 1921); e quella dello stesso anno eseguita dallo scozzese Alan Davie (Grangemouth, Scozia, 1920) artista che fu tra i prediletti della collezionista/gallerista Peggy Guggenhein; a seguire, la grande tela Ananas del 1966 di Bruno Cassinari (Gropparello, Piacenza, 1912 – Milano, 1992) artista italiano tra i più attivi e riconosciuti, il cui successo ha portato le opere dalla essenziale costruzione e generosa cromia, in tutte le più prestigiose raccolte museali italiane.
L’artista Vittorio Bellini (Vertova, Bergamo, 1936) rappresenta gli anni ’70 con un’interessante Composizione ispirata al periodo della Poesia Visiva, anni di sperimentazione nei quali l’artista era alla costante ricerca di nuove fonti d’ispirazione.
Già dalla metà del Seicento la Natura Morta comincia a risentire dello spirito barocco e si allontana gradualmente dalle connotazioni emblematiche che l’avevano caratterizzata precedentemente.
Il termine vero e proprio è però introdotto in Italia soltanto nel XIX secolo, per tradurre dall'olandese: "Still-Leven" (Natura in quiete), vocabolo che già dal 1650 indicava la rappresentazione pittorica di soggetti inanimati.
Durante il periodo Neoclassico, nella raffigurazione della Natura Morta prevalgono schematismi, sintesi ed equilibri formali mentre, con la sopraggiunta libertà creativa del Romanticismo e più ancora nel XX secolo, essa perde progressivamente lo specifico carattere di pittura di genere per assurgere a pretesto per l’esercizio di nuovi valori pittorici e strutture grammaticali. Di volta in volta, la natura morta sarà infatti l’espressione di una determinata avanguardia storica.
Cronologicamente l’esposizione comincia con due preziose opere di Jacques-Emile Blanche (Parigi, 1861 – Offranville, Francia, 1942) che paiono un omaggio alla pittura fiamminga del Seicento. La prima, Natura morta con oca e prugne mostra la classica tavola imbandita ottocentesca dove l’argenteria, le porcellane e le sete esibiscono la tipica ricchezza dello status borghese, mentre la seconda presenta un’elegante e raffinata composizione di Dalie e speronelle.
Con un trionfo di Crisantemi di grande intensità cromatica e leggerezza, realizzato verso la fine del XIX secolo da Edmond Van Coppenolle (Gand, Belgio, 1846 – Chateau-Landon, Francia, 1914) si chiude la breve sezione dedicata all’Ottocento.
La composizione con vasellame e frutta di Georges D’Espagnat (Melun, Parigi, 1870 - Parigi, 1950) datata 1905 già presenta alcune evoluzioni, evidenti soprattutto nel tocco più sfaldato e materico, mentre il Vaso di fiori del 1911 di Pierre Dumont (Parigi, 1884 – 1936) risente chiaramente della visione cromatica e compositiva espressionista.
Per restare in quest’ambito si segnala la vivace Natura morta con cucchiaio e fruttiera (1913) di André Wilder (Parigi 1871-1965) dove oltre al colore, l’elemento decisivo che dà carattere all’insieme è il tratto scuro a contorno di ogni oggetto, che riprende la tecnica “cloisonniste”.
Gli anni venti sono rappresentati dalla Composizione con vaso di fiori e tazza su un tavolino, 1927-28 di Roger Bissière (Villeréal, Francia, 1886 - Boissiérettes, Francia, 1964); alla fine degli anni dieci l’artista comincia a frequentare André Favory, André Lhote, Georges Braque con i quali scopre il Cubismo. L’eco di tale stile pittorico, che contrassegna la produzione di gran parte della sua carriera, si avverte profondamente anche in quest’opera.
Vicina al gusto classico per precisa scelta pittorica è la Natura Morta con brocca bianca datata 1933, eseguita dall'artista Emile Bernard (Lille, 1868 – Parigi, 1941) rivoluzionario Simbolista in gioventù ma più sobrio e tradizionale nella maturità.
Nell’anno 1940 Emile-Othon Friesz (Le Havre, 1879 – Parigi, 1949) dipinge la Natura morta con caffettiera, composizione dalle morbide e dense pennellate che rappresenta perfettamente la produzione della maturità dell’artista esponente di spicco del gruppo Fauve insieme a Matisse, Vlaminck, Derain, Van Dongen, Manguin. Di Henri Manguin (Parigi, 1874 – Saint Tropez, 1949) la mostra presenta un singolare Mazzo di asparagi del 1946, trattato con cromatismi poco convenzionali, che conferma la predilezione dell’artista per gli elementi della quotidianità.
Appartiene agli anni ’50 una serie di opere degne di attenzione: la bizzarra e atipica tavola imbandita di Louis Latapie (Tolosa, Francia, 1891 – Avignone, Francia, 1972) intitolata Bon Appetit! (1950); La poltrona nell’Atelier (1952) del russo Pinchus Krémègne (Zaloudock, Vilnia, Bielorussia, 1890- Céret, Francia, 1981) che tra gli artisti emigrati dall’Europa Centrale, ebbe il merito di introdurre una corrente di natura espressionista nell’Ecole de Paris; infine Henri Wormser (Parigi, 1909) ci introduce nel suo Atelier dipingendo Les outils du peintre (Gli attrezzi del pittore), opera esposta al Salon des Artistes Indépendants del 1954.
Gli anni Sessanta conducono verso una sempre maggiore libertà compositiva con la Composizione, del 1961 appartenente al Periodo Floreale di Oscar Gauthier (Fours, Francia, 1921); e quella dello stesso anno eseguita dallo scozzese Alan Davie (Grangemouth, Scozia, 1920) artista che fu tra i prediletti della collezionista/gallerista Peggy Guggenhein; a seguire, la grande tela Ananas del 1966 di Bruno Cassinari (Gropparello, Piacenza, 1912 – Milano, 1992) artista italiano tra i più attivi e riconosciuti, il cui successo ha portato le opere dalla essenziale costruzione e generosa cromia, in tutte le più prestigiose raccolte museali italiane.
L’artista Vittorio Bellini (Vertova, Bergamo, 1936) rappresenta gli anni ’70 con un’interessante Composizione ispirata al periodo della Poesia Visiva, anni di sperimentazione nei quali l’artista era alla costante ricerca di nuove fonti d’ispirazione.
15
novembre 2008
La natura morta nell’arte moderna
Dal 15 al 30 novembre 2008
arte moderna e contemporanea
Location
GALLERIA MICHELANGELO
Bergamo, Via Broseta, 15, (Bergamo)
Bergamo, Via Broseta, 15, (Bergamo)
Orario di apertura
tutti i giorni 10-12 / 16-19.30
Vernissage
15 Novembre 2008, h 18.30
Autore
Curatore