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La Parigi di Gianni Berengo Gardin
L’autore arrivò a Parigi nel 1953 affascinato non solo dalla grande metropoli ma anche dalla fotografia dei grandi nomi francesi: vi soggiornò due anni lavorando alla mattina in un albergo e dedicando il tempo libero alla fotografia. Già da queste immagini si può apprezzare lo stile del reportage asciutto e mai edonistico
Comunicato stampa
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La Città di Feltre, l’Associazione “Photomuseum” ed il Circolo Fotografico Bellunese, con il patrocinio della FIAT e la collaborazione dell’Associazione “Fenice: arte, cultura turismo”, hanno organizzato a Palazzo Guarnieri, in Piazza Maggiore a Feltre, dal 3 al 27 luglio, la mostra “La Parigi di Gianni Berengo Gardin”.
Gianni Berengo Gardin, uno tra i più noti fotografi italiani, arrivò a Parigi nel 1953 con in tasca la tessera del "Circolo Fotografico La Gondola" incuriosito e affascinato non solo dalla grande metropoli, ma anche dalla fotografia dei grandi nomi francesi. Vi soggiornò due anni lavorando alla mattina in un albergo e dedicando il tempo libero alla fotografia e a far conoscenze negli ambienti frequentati dai fotografi d'oltralpe. Già da queste immagini si può apprezzare lo stile del reportage asciutto e mai edonistico con cui Gianni Berengo Gardin, che è diventato fotografo professionista nel 1962, utilizza con maestria e modestia per narrare da oltre mezzo secolo la realtà che ci circonda.
Come nota Andrea L. Casiraghi, “narratore attento dell'evoluzione dei tempi, Gianni Berengo Gardin è sempre stato attratto dalle semplicità degli ambienti e dai luoghi nei quali le esistenze umane sono solite mescolarsi con le realtà religiose, lavorative e culturali.
Per più di cinquant'anni ha voluto costruire un paesaggio fotografico capace di sottolineare le diversità di vita e di costume, di abitudini e di lavoro, diversità profonde che emergono con forza nella complessiva visione della sua esperienza fotografica.
L'opera di Berengo Gardin è un lungo percorso attraverso i luoghi e i tempi, attraverso gli ambienti umani e culturali: i suoi primi soggetti sono stati perlopiù operai e contadini in campagne brulicanti di lavoro; fabbriche e industrie, risaie nebbiose e generiche situazioni di povertà e miseria. Successivamente le tematiche di stampo neorealista del fotografo cominciarono a muoversi verso una strada più intima, più rivolta ad approfondimenti mirati. Gardin quindi si diresse all'estero concentrandosi sul ritratto, su una visione più surreale del mondo, sul paesaggio e sulle descrizioni ambientali entrando contemporaneamente in contatto anche con realtà molto dure come quelle dei campi zingari e dei manicomi.
Dai temi più oscuri e cupi a quelli più allegri e leggeri, una visione semplice e diretta della vita. Un'esistenza descritta per immagini come se ruotasse intorno alle piccole cose; un percorso fotografico che ha preso il via da approfondimenti fortemente diretti, dai connotati tipici del realismo postbellico, per dischiudersi in una ricerca più meditata e riflessiva. Le sue immagini sono oggi un esempio raro della semplicità morale e rigorosa di un uomo e nessuna sembra forzata o invadente. Ogni fotografia è lo specchio del tempo nel quale è stata scattata, ma non una semplice rappresentazione di quell'epoca, quanto la rappresentazione della cultura in auge in quel periodo. Artisticamente nato nel momento neorealista, influenzato dal realismo americano, partecipe all'evoluzione visiva della cultura fotografica di mezzo secolo, Berengo Gardin si può iscrivere nel registro di quegli autori che hanno elaborato una fotografia capace di essere notizia e ricerca, documento ed arte, strumento di analisi sociale e storica. Fu, in poche parole, uno di quelli che scrissero la storia della fotografia italiana nei difficili anni del dopoguerra.
Una lezione ancora valida che crea nei discorsi di Berengo Gardin, tuttora, grande suggestione e gli permette di affermare: "Fotografia di reportage - o, se preferite, Neorealismo fotografico - come possibilità di fotografare e interpretare le cose che accadono in modo che esse assumano e poi riescano a comunicare ulteriori significati."
Gianni Berengo Gardin, uno tra i più noti fotografi italiani, arrivò a Parigi nel 1953 con in tasca la tessera del "Circolo Fotografico La Gondola" incuriosito e affascinato non solo dalla grande metropoli, ma anche dalla fotografia dei grandi nomi francesi. Vi soggiornò due anni lavorando alla mattina in un albergo e dedicando il tempo libero alla fotografia e a far conoscenze negli ambienti frequentati dai fotografi d'oltralpe. Già da queste immagini si può apprezzare lo stile del reportage asciutto e mai edonistico con cui Gianni Berengo Gardin, che è diventato fotografo professionista nel 1962, utilizza con maestria e modestia per narrare da oltre mezzo secolo la realtà che ci circonda.
Come nota Andrea L. Casiraghi, “narratore attento dell'evoluzione dei tempi, Gianni Berengo Gardin è sempre stato attratto dalle semplicità degli ambienti e dai luoghi nei quali le esistenze umane sono solite mescolarsi con le realtà religiose, lavorative e culturali.
Per più di cinquant'anni ha voluto costruire un paesaggio fotografico capace di sottolineare le diversità di vita e di costume, di abitudini e di lavoro, diversità profonde che emergono con forza nella complessiva visione della sua esperienza fotografica.
L'opera di Berengo Gardin è un lungo percorso attraverso i luoghi e i tempi, attraverso gli ambienti umani e culturali: i suoi primi soggetti sono stati perlopiù operai e contadini in campagne brulicanti di lavoro; fabbriche e industrie, risaie nebbiose e generiche situazioni di povertà e miseria. Successivamente le tematiche di stampo neorealista del fotografo cominciarono a muoversi verso una strada più intima, più rivolta ad approfondimenti mirati. Gardin quindi si diresse all'estero concentrandosi sul ritratto, su una visione più surreale del mondo, sul paesaggio e sulle descrizioni ambientali entrando contemporaneamente in contatto anche con realtà molto dure come quelle dei campi zingari e dei manicomi.
Dai temi più oscuri e cupi a quelli più allegri e leggeri, una visione semplice e diretta della vita. Un'esistenza descritta per immagini come se ruotasse intorno alle piccole cose; un percorso fotografico che ha preso il via da approfondimenti fortemente diretti, dai connotati tipici del realismo postbellico, per dischiudersi in una ricerca più meditata e riflessiva. Le sue immagini sono oggi un esempio raro della semplicità morale e rigorosa di un uomo e nessuna sembra forzata o invadente. Ogni fotografia è lo specchio del tempo nel quale è stata scattata, ma non una semplice rappresentazione di quell'epoca, quanto la rappresentazione della cultura in auge in quel periodo. Artisticamente nato nel momento neorealista, influenzato dal realismo americano, partecipe all'evoluzione visiva della cultura fotografica di mezzo secolo, Berengo Gardin si può iscrivere nel registro di quegli autori che hanno elaborato una fotografia capace di essere notizia e ricerca, documento ed arte, strumento di analisi sociale e storica. Fu, in poche parole, uno di quelli che scrissero la storia della fotografia italiana nei difficili anni del dopoguerra.
Una lezione ancora valida che crea nei discorsi di Berengo Gardin, tuttora, grande suggestione e gli permette di affermare: "Fotografia di reportage - o, se preferite, Neorealismo fotografico - come possibilità di fotografare e interpretare le cose che accadono in modo che esse assumano e poi riescano a comunicare ulteriori significati."
03
luglio 2008
La Parigi di Gianni Berengo Gardin
Dal 03 al 27 luglio 2008
fotografia
Location
PHOTOMUSEUM – PALAZZO GUARNIERI
Feltre, Piazza Maggiore, 4, (Belluno)
Feltre, Piazza Maggiore, 4, (Belluno)
Orario di apertura
venerdì 16-19.30, sabato e domenica 10-12.30 e 16-19.30. Durante la Mostra dell'Artigianato: giovedì 3 luglio: 18-23, venerdì 4 luglio 10-23, sabato 5 luglio 10-23, domenica 6 luglio 10-23
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