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La parola nell’arte
Ricerche d’avanguardia nel ’900. Dal Futurismo ad oggi attraverso le collezioni del Mart
Comunicato stampa
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Scritta, disegnata, declamata, cancellata, la parola è stata un elemento fondamentale per la sperimentazione dell’avanguardia storica, e la sua presenza ha accompagnato ogni significativo cambiamento delle poetiche artistiche del ’900.
Dal Futurismo al Dadaismo, dal Surrealismo a Fluxus, alla contemporaneità, la relazione parola/immagine ha dato vita alle più “spericolate” forme espressive, apportando un originale contributo d’innovazione sia alla pittura, che alla forma più tradizionale del testo scritto, poetico, letterario e naturalmente artistico.
Con alterne vicende, ora defilata, ora emergente, la scrittura ha attraversato l’arte di tutto il secolo XX, e anche oggi l’ambiguità della sua relazione con l’immagine, è più che mai al centro dell’interesse dei giovani artisti.
La parola nell’arte. Ricerche d’avanguardia nel ’900. Dal Futurismo ad oggi attraverso le collezioni del Mart indaga dunque, come è tradizione delle grandi mostre del museo, quest’importante relazione, aprendo allo sguardo percorsi inediti della ricerca artistica del ’900. Grazie alla presenza di dipinti d’altissima qualità, disegni, manifesti, manoscritti, opere letterarie, collage e grandi installazioni, oltre 500 le opere esposte, molte delle quali provenienti dalle collezioni del Mart, ma anche da grandi musei e collezioni internazionali, la mostra sarà l’occasione per rileggere l’arte del XX secolo da una nuova prospettiva critica che pone al centro della sua riflessione non più la “bella pittura”, quanto piuttosto “il sublime ibrido della contaminazione dei linguaggi dell’arte”.
Dopo un “prologo” focalizzato sulle prime avanguardie del ‘900, la mostra presenta una ricca documentazione del contributo offerto dalla ricerca artistica internazionale del secondo dopoguerra, per giungere fino alle più recenti sperimentazioni, che ancora una volta trovano nella relazione tra parola e arte visiva, terreno fertile per nuovi approcci e nuove interpretazioni dell’esperienza estetica.
Il progetto scientifico della mostra è a cura di un comitato composto da Gabriella Belli, Achille Bonito Oliva, Andreas Hapkemeyer, Nicoletta Boschiero, Paola Pettenella, Melania Gazzotti, Daniela Ferrari, Julia Trolp, Giorgio Zanchetti.
La mostra
L’esposizione si apre con le prime, importanti “sperimentazioni letterarie” del Futurismo. Dalle ben note parole in libertà, nate dalle febbrili divagazioni poetiche notturne di Filippo Tommaso Marinetti, Francesco Cangiullo e Giacomo Balla, alla sonorità lirica dell’onomalingua di Fortunato Depero, fino alle composizioni pittoriche contaminate con il collage di Gino Severini, Ardengo Soffici e Carlo Carrà.
In mostra anche un dipinto del 1910 di Umberto Boccioni, preludio della famosa Città che sale, in cui l’artista fa convivere pittura e scrittura.
Le invenzioni del Futurismo s’intrecciano con la ricerca linguistica e poetica dadaista di Raul Haussman, Francis Picabia e Tristan Tzara, e con i ready-made e i livre-objet di Marcel Duchamp e Man Ray. Kurt Schwitters è rappresentato da una serie di collage, in cui la carta entra in contatto con i materiali del quotidiano per raggiungere nell’opera un effetto plastico, quasi scultoreo.
Il versante dell’avanguardia russa è infine rappresentato da una nutrita selezione di libri e manifesti, a testimoniare quanto la forma e la composizione della parola abbiano un ruolo preminente soprattutto nella sperimentazione tipografica.
Proprio in queste avanguardie storiche sono da ricercare le radici dell’indagine sulla relazione tra parola e immagine, che si afferma già dalla seconda metà del ’900.
Per gli artisti della poesia concreta, operanti dagli anni Cinquanta, tale indagine mette in risalto le possibilità compositive e visive offerte dai caratteri tipografici, come è evidente nelle opere di Carlo Belloli, Eugen Gomringer, Augusto e Haroldo de Campos, Heinz Gappmayr, Arrigo Lora-Totino. Per i rappresentanti della poesia visiva (1963) invece, l’utilizzo di elementi verbali e iconici provenienti dai mass-media, veicola messaggi di denuncia politica e sociale: in mostra opere di Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Eugenio Miccini, Nanni Balestrini, Lamberto Pignotti, Franco Vaccari.
Di diversa natura sono altre operazioni sempre legate al mondo della comunicazione di massa. È il caso dei New Dada, della Pop Art e del Nouveau Réalisme, dell’esperienza italiana di Mimmo Rotella e Mario Schifano e, a partire dagli anni Ottanta, della scrittura metropolitana Jean Michel Basquiat.
Dalle loro scorribande nell’universo dei marchi e dei simboli inossidabili della storia del consumismo mondiale – dagli assemblaggi trash di Arman alla serie delle Campbell di Warhol – nasce quello che è stato definito il social criticism, che riflette sulla falsa morale dell’uomo contemporaneo. Meno colpevolisti i pittori americani, più impegnati gli artisti europei.
Sarà invece il fenomeno artistico transnazionale di Fluxus (1961) a confermare l’interdisciplinarietà dei linguaggi dell’arte, che trova massima espressione nell’assemblage di materiali e parole, di cose e segni, capaci di intercettare l’esperienza della vita quotidiana nel suo flusso incessante. Da un campo di indagine così ampio derivano esiti molteplici: dalle contaminazioni musicali di John Cage e Giuseppe Chiari, alla sottile ironia delle frasi dipinte di Ben Vautier, fino alle operazioni dalla forte connotazione politica di Joseph Beuys.
Particolarmente interessante è il capitolo in cui parola, scrittura e pittura si combinano come pura manifestazione del gesto artistico, come avviene nelle opere di Cy Twombly, in cui il segno, la scrittura, il graffito si caricano di suggestioni pittoriche, e in quelle di Gastone Novelli, che possedeva un’innata sensibilità per la pittura–scrittura emozionale, guidata dal ritmo di poetiche scansioni cromatiche.
Nell’arte concettuale, fin dai primi anni Sessanta, il rapporto dialettico con la scrittura ha un ruolo fondamentale: l’arte non è più specifica materialità, ma principalmente idea e pensiero. L’azione creativa si appropria della pratica del linguaggio, trovando compiuta espressione nell’elaborazione di tesi o nell’enunciazione di un metodo. La tautologia, ovvero l’enunciazione di “verità assolute”, di Joseph Kosuth, il rigore espressivo di Robert Barry, Lawrence Weiner e Giulio Paolini si confrontano con l’ironia di Piero Manzoni, con l’azzeramento poetico e politico di Vincenzo Agnetti, con i calembours di Bruce Naumann; e ancora con la classificazione di segni e parole di Alighiero Boetti e con le Picture/Readings di Barbara Kruger. Di particolare rilievo sarà l’intervento di scrittura al neon di Maurizio Nannucci, appositamente pensato per gli spazi del Mart in occasione di questa mostra, e l’installazione Il Cristo cancellatore di Emilio Isgrò, riallestita per la prima volta dopo la sua presentazione nel 1968.
La commistione e le interferenze d’immagine e parola sono ancora molto fertili nella ricerca artistica contemporanea, che sembra aver reso più forte questo legame.
La contaminazione dei generi si espande ora in maniera trasversale e interessa tutte le modalità di sperimentazione dell’attuale avanguardia, senza barriere, come era avvenuto nella prima metà del secolo scorso. La mostra documenta con una serie di opere significative questo capitolo ricchissimo, mettendo al centro della ricognizione nel contemporaneo una molteplicità di esperienze di artisti tra loro assai diversi, per i quali però la parola costituisce non un esercizio casuale, ma un elemento fondante della loro stessa poetica: da Shirin Neshat e Moshekwa Langa che usano la scrittura per mettere in rilievo problematiche culturali e politiche a Tacita Dean che con approccio poetico evoca la dimensione del ricordo e del passato.
Molte delle opere in mostra dialogano con gli spazi espositivi, come i lavori di Jenny Holzer e di Joe Amrhein o invitano il visitatore a interagire: dal site specific per il Mart di Douglas Gordon, Fischli & Weiss, alle installazioni di Jan Mančuška . Particolare attenzione è rivolta agli artisti delle ultime generazioni come Nedko Solakov, Scott King, Gaston Ramirez, Albrecht Schäfer, David Shringley, Vibeke Tandberg, Michael Elmgreen & Ingar Dragset, e gli italiani Micol Assaël, Paolo Gonzato, Alessandra Cassinelli, Sandrine Nicoletta, Sabrina Mezzaqui e Marzia Migliora.
La parola nell’arte si inserisce nell’emergere di un rinnovato interesse per lo studio del rapporto tra arte e scrittura da parte di molti musei europei.
Il Mart vanta a questo proposito il primato di essere stato scelto, già dalla metà degli Novanta, come luogo di conservazione e valorizzazione di alcune tra le più importanti collezioni del settore.
Lo scopo dell’esposizione è quindi quello di promuovere la conoscenza di un capitolo straordinario della creatività artistica del ’900.
La parola nell’arte è stata resa possibile grazie al deposito e alle donazioni di opere e di fondi archivistici dedicati alle ricerche verbovisuali conservati nell’Archivio del ’900 del Mart, nelle sue collezioni permanenti, nella sua biblioteca specialistica, tutte opere, queste, giunte al museo in generoso deposito dall’Archivio di Nuova Scrittura di Paolo Della Grazia, dalla collezione Carlo Palli di Prato, dalla collezione Bellora di Anna Spagna di Milano, dall’Archivio Tullia Denza di Brescia, dal Fondo Sandretti del ’900 russo, dalla VAF-Stiftung e dalla collezione Sonnabend. Altrettanto importanti i prestiti di privati, come il notevole gruppo di opere provenienti dalla collezione Calmarini, e di istituzioni museali italiane e internazionali.
Dal Futurismo al Dadaismo, dal Surrealismo a Fluxus, alla contemporaneità, la relazione parola/immagine ha dato vita alle più “spericolate” forme espressive, apportando un originale contributo d’innovazione sia alla pittura, che alla forma più tradizionale del testo scritto, poetico, letterario e naturalmente artistico.
Con alterne vicende, ora defilata, ora emergente, la scrittura ha attraversato l’arte di tutto il secolo XX, e anche oggi l’ambiguità della sua relazione con l’immagine, è più che mai al centro dell’interesse dei giovani artisti.
La parola nell’arte. Ricerche d’avanguardia nel ’900. Dal Futurismo ad oggi attraverso le collezioni del Mart indaga dunque, come è tradizione delle grandi mostre del museo, quest’importante relazione, aprendo allo sguardo percorsi inediti della ricerca artistica del ’900. Grazie alla presenza di dipinti d’altissima qualità, disegni, manifesti, manoscritti, opere letterarie, collage e grandi installazioni, oltre 500 le opere esposte, molte delle quali provenienti dalle collezioni del Mart, ma anche da grandi musei e collezioni internazionali, la mostra sarà l’occasione per rileggere l’arte del XX secolo da una nuova prospettiva critica che pone al centro della sua riflessione non più la “bella pittura”, quanto piuttosto “il sublime ibrido della contaminazione dei linguaggi dell’arte”.
Dopo un “prologo” focalizzato sulle prime avanguardie del ‘900, la mostra presenta una ricca documentazione del contributo offerto dalla ricerca artistica internazionale del secondo dopoguerra, per giungere fino alle più recenti sperimentazioni, che ancora una volta trovano nella relazione tra parola e arte visiva, terreno fertile per nuovi approcci e nuove interpretazioni dell’esperienza estetica.
Il progetto scientifico della mostra è a cura di un comitato composto da Gabriella Belli, Achille Bonito Oliva, Andreas Hapkemeyer, Nicoletta Boschiero, Paola Pettenella, Melania Gazzotti, Daniela Ferrari, Julia Trolp, Giorgio Zanchetti.
La mostra
L’esposizione si apre con le prime, importanti “sperimentazioni letterarie” del Futurismo. Dalle ben note parole in libertà, nate dalle febbrili divagazioni poetiche notturne di Filippo Tommaso Marinetti, Francesco Cangiullo e Giacomo Balla, alla sonorità lirica dell’onomalingua di Fortunato Depero, fino alle composizioni pittoriche contaminate con il collage di Gino Severini, Ardengo Soffici e Carlo Carrà.
In mostra anche un dipinto del 1910 di Umberto Boccioni, preludio della famosa Città che sale, in cui l’artista fa convivere pittura e scrittura.
Le invenzioni del Futurismo s’intrecciano con la ricerca linguistica e poetica dadaista di Raul Haussman, Francis Picabia e Tristan Tzara, e con i ready-made e i livre-objet di Marcel Duchamp e Man Ray. Kurt Schwitters è rappresentato da una serie di collage, in cui la carta entra in contatto con i materiali del quotidiano per raggiungere nell’opera un effetto plastico, quasi scultoreo.
Il versante dell’avanguardia russa è infine rappresentato da una nutrita selezione di libri e manifesti, a testimoniare quanto la forma e la composizione della parola abbiano un ruolo preminente soprattutto nella sperimentazione tipografica.
Proprio in queste avanguardie storiche sono da ricercare le radici dell’indagine sulla relazione tra parola e immagine, che si afferma già dalla seconda metà del ’900.
Per gli artisti della poesia concreta, operanti dagli anni Cinquanta, tale indagine mette in risalto le possibilità compositive e visive offerte dai caratteri tipografici, come è evidente nelle opere di Carlo Belloli, Eugen Gomringer, Augusto e Haroldo de Campos, Heinz Gappmayr, Arrigo Lora-Totino. Per i rappresentanti della poesia visiva (1963) invece, l’utilizzo di elementi verbali e iconici provenienti dai mass-media, veicola messaggi di denuncia politica e sociale: in mostra opere di Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Eugenio Miccini, Nanni Balestrini, Lamberto Pignotti, Franco Vaccari.
Di diversa natura sono altre operazioni sempre legate al mondo della comunicazione di massa. È il caso dei New Dada, della Pop Art e del Nouveau Réalisme, dell’esperienza italiana di Mimmo Rotella e Mario Schifano e, a partire dagli anni Ottanta, della scrittura metropolitana Jean Michel Basquiat.
Dalle loro scorribande nell’universo dei marchi e dei simboli inossidabili della storia del consumismo mondiale – dagli assemblaggi trash di Arman alla serie delle Campbell di Warhol – nasce quello che è stato definito il social criticism, che riflette sulla falsa morale dell’uomo contemporaneo. Meno colpevolisti i pittori americani, più impegnati gli artisti europei.
Sarà invece il fenomeno artistico transnazionale di Fluxus (1961) a confermare l’interdisciplinarietà dei linguaggi dell’arte, che trova massima espressione nell’assemblage di materiali e parole, di cose e segni, capaci di intercettare l’esperienza della vita quotidiana nel suo flusso incessante. Da un campo di indagine così ampio derivano esiti molteplici: dalle contaminazioni musicali di John Cage e Giuseppe Chiari, alla sottile ironia delle frasi dipinte di Ben Vautier, fino alle operazioni dalla forte connotazione politica di Joseph Beuys.
Particolarmente interessante è il capitolo in cui parola, scrittura e pittura si combinano come pura manifestazione del gesto artistico, come avviene nelle opere di Cy Twombly, in cui il segno, la scrittura, il graffito si caricano di suggestioni pittoriche, e in quelle di Gastone Novelli, che possedeva un’innata sensibilità per la pittura–scrittura emozionale, guidata dal ritmo di poetiche scansioni cromatiche.
Nell’arte concettuale, fin dai primi anni Sessanta, il rapporto dialettico con la scrittura ha un ruolo fondamentale: l’arte non è più specifica materialità, ma principalmente idea e pensiero. L’azione creativa si appropria della pratica del linguaggio, trovando compiuta espressione nell’elaborazione di tesi o nell’enunciazione di un metodo. La tautologia, ovvero l’enunciazione di “verità assolute”, di Joseph Kosuth, il rigore espressivo di Robert Barry, Lawrence Weiner e Giulio Paolini si confrontano con l’ironia di Piero Manzoni, con l’azzeramento poetico e politico di Vincenzo Agnetti, con i calembours di Bruce Naumann; e ancora con la classificazione di segni e parole di Alighiero Boetti e con le Picture/Readings di Barbara Kruger. Di particolare rilievo sarà l’intervento di scrittura al neon di Maurizio Nannucci, appositamente pensato per gli spazi del Mart in occasione di questa mostra, e l’installazione Il Cristo cancellatore di Emilio Isgrò, riallestita per la prima volta dopo la sua presentazione nel 1968.
La commistione e le interferenze d’immagine e parola sono ancora molto fertili nella ricerca artistica contemporanea, che sembra aver reso più forte questo legame.
La contaminazione dei generi si espande ora in maniera trasversale e interessa tutte le modalità di sperimentazione dell’attuale avanguardia, senza barriere, come era avvenuto nella prima metà del secolo scorso. La mostra documenta con una serie di opere significative questo capitolo ricchissimo, mettendo al centro della ricognizione nel contemporaneo una molteplicità di esperienze di artisti tra loro assai diversi, per i quali però la parola costituisce non un esercizio casuale, ma un elemento fondante della loro stessa poetica: da Shirin Neshat e Moshekwa Langa che usano la scrittura per mettere in rilievo problematiche culturali e politiche a Tacita Dean che con approccio poetico evoca la dimensione del ricordo e del passato.
Molte delle opere in mostra dialogano con gli spazi espositivi, come i lavori di Jenny Holzer e di Joe Amrhein o invitano il visitatore a interagire: dal site specific per il Mart di Douglas Gordon, Fischli & Weiss, alle installazioni di Jan Mančuška . Particolare attenzione è rivolta agli artisti delle ultime generazioni come Nedko Solakov, Scott King, Gaston Ramirez, Albrecht Schäfer, David Shringley, Vibeke Tandberg, Michael Elmgreen & Ingar Dragset, e gli italiani Micol Assaël, Paolo Gonzato, Alessandra Cassinelli, Sandrine Nicoletta, Sabrina Mezzaqui e Marzia Migliora.
La parola nell’arte si inserisce nell’emergere di un rinnovato interesse per lo studio del rapporto tra arte e scrittura da parte di molti musei europei.
Il Mart vanta a questo proposito il primato di essere stato scelto, già dalla metà degli Novanta, come luogo di conservazione e valorizzazione di alcune tra le più importanti collezioni del settore.
Lo scopo dell’esposizione è quindi quello di promuovere la conoscenza di un capitolo straordinario della creatività artistica del ’900.
La parola nell’arte è stata resa possibile grazie al deposito e alle donazioni di opere e di fondi archivistici dedicati alle ricerche verbovisuali conservati nell’Archivio del ’900 del Mart, nelle sue collezioni permanenti, nella sua biblioteca specialistica, tutte opere, queste, giunte al museo in generoso deposito dall’Archivio di Nuova Scrittura di Paolo Della Grazia, dalla collezione Carlo Palli di Prato, dalla collezione Bellora di Anna Spagna di Milano, dall’Archivio Tullia Denza di Brescia, dal Fondo Sandretti del ’900 russo, dalla VAF-Stiftung e dalla collezione Sonnabend. Altrettanto importanti i prestiti di privati, come il notevole gruppo di opere provenienti dalla collezione Calmarini, e di istituzioni museali italiane e internazionali.
09
novembre 2007
La parola nell’arte
Dal 09 novembre 2007 al 06 aprile 2008
arte contemporanea
Location
MART – Museo di Arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto
Rovereto, Corso Angelo Bettini, 43, (Trento)
Rovereto, Corso Angelo Bettini, 43, (Trento)
Biglietti
intero: euro 8;
ridotto: euro 5; gratuito fino a 14 anni; scolaresche: euro 1 per studente
Orario di apertura
mar. – dom. 10.00 - 18.00; ven. 10.00 - 21.00;
lunedì chiuso
Vernissage
9 Novembre 2007, ore 18.00 su invito
Editore
SKIRA
Autore
Curatore