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La pittura del vero tra Lombardia e Canton Ticino (1865 -1910)
Con una selezione di circa settanta opere, la mostra pone al centro dell’attenzione i temi legati al Naturalismo e il Verismo. Due movimenti artistici ispirati alla descrizione della realtà che hanno dato vita a una produzione pittorica che guarda alla natura e all’ambito domestico. Nelle tele di importanti artisti come Filippo Carcano, Mosè Bianchi, Angelo Morbelli, Eugenio Spreafico, Giovanni Segantini, compaiono personaggi e immagini a cui è affidato il compito di narrare la vita di tutti i giorni per arrivare a una dimensione più allargata che affronta temi sociali.
Comunicato stampa
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Paesaggi suggestivi e frammenti di vita quotidiana, pervasi da grande forza espressiva, sono il filo conduttore della mostra La pittura del vero tra Lombardia e Canton Ticino (1865 -1910) che si tiene alla Pinacoteca Giovanni Züst di Rancate (Mendrisio - Canton Ticino, Svizzera) dal 21 settembre all’8 dicembre 2008.
Coordinata da Mariangela Agliati Ruggia, curatrice della Pinacoteca Züst, e da Alessandra Brambilla, collaboratrice scientifica, la rassegna si collega al ciclo di esposizioni precedenti - fra cui quella dedicata alla Scapigliatura nel 2006 – e prosegue il percorso di studio e di ricerca rivolto all’Ottocento italiano e ticinese, iniziato nel 1990 dall’Istituzione svizzera.
Un’importante esposizione che pone al centro dell’attenzione il Naturalismo e il Verismo. Due movimenti artistici ispirati alla descrizione della realtà che, insieme alla Scapigliatura, al Divisionismo e al Simbolismo, hanno caratterizzato il complesso e variegato panorama culturale milanese tra la fine dell'Ottocento e i primi anni del Novecento. Le origini e gli sviluppi della pittura del vero costituiscono inoltre il punto di osservazione per documentare il determinante influsso esercitato dal capoluogo lombardo sull’area ticinese.
Curata da Giovanni Anzani e Elisabetta Chiodini, la mostra propone una carrellata di circa 70 opere – di cui alcune assenti da decenni dai circuiti espositivi - che permette di cogliere il fermento culturale e le nuove tendenze in atto fra gli artisti dell'epoca. Essi manifestano una forte attenzione per la realtà e per la rappresentazione di fatti e ambienti che appartengono alla società a loro contemporanea. Istanze, queste, che danno vita a una produzione pittorica che guarda alla natura e all'ambito domestico. Nelle tele, infatti, compaiono personaggi e immagini a cui è affidato il compito di narrare la vita di tutti i giorni per arrivare a una dimensione più allargata che affronta temi sociali.
Il percorso espositivo accosta i dipinti dei grandi maestri della tradizione pittorica lombarda - fra i quali Capriolo morto di Giovanni Segantini o La sostra di pietra di Eugenio Spreafico - a quelli di importanti artisti svizzeri - come Berta, Franzoni, Rossi, Preda o Galbusera - offrendo al visitatore un’accurata ricognizione dei soggetti con cui si è espressa la pittura del vero tra Milano e l’area ticinese.
Nella rassegna svolge un ruolo di primo piano la pittura di paesaggio il cui rinnovamento, già anticipato all’interno dell’Accademia di Brera, ha aperto la strada verso il Naturalismo e il Verismo. Protagonista assoluto di questo rinnovamento è la figura di Filippo Carcano, a cui è dedicata una sorta di “personale” con la quale si apre l'esposizione. L'artista milanese porta infatti a compimento un processo di innovazione che modifica il modo di rappresentare il paesaggio: da veduta legata a schemi stilistici predefiniti, infatti, si evolve verso la ricerca e la restituzione sulla tela delle impressioni che derivano dall'osservazione del vero. Al maestro del naturalismo lombardo, e al nuovo modo di indagare la realtà, si riferisce una folta schiera di autori fra cui Eugenio Gignous e Emilio Longoni il quale, attratto particolarmente dal paesaggio di montagna, offre bellissime raffigurazioni del mondo incontaminato delle Alpi. L'attenzione per il vero non si ferma tuttavia alla realtà paesaggistica, ma guarda anche alla città. I nostalgici navigli di Emilio Gola, vivacizzati dalla presenza delle sue inconfondibili lavandaie, e le vedute della Milano innevata o brumosa di Mosè Bianchi, restituiscono un’immagine singolare del capoluogo lombardo che contrasta con il vedutismo più tradizionale.
Le condizioni politiche italiane e lombarde della fine del XIX secolo, e il contestuale e rapido sviluppo industriale, fanno emergere negli artisti uno specifico interesse per le questioni sociali, tema che riveste un ruolo di primo piano nell’iconografia della pittura verista. Le opere di Giovanni Segantini (La raccolta dei Bozzoli) di Francesco Filippini (La Strigliatura della canapa) o di Giovanni Sottocornola (L’uscita delle operaie dallo stabilimento Pirelli) testimoniano una particolare attenzione per il tema del lavoro, sia esso svolto nei campi che nel contesto urbano, mentre i dipinti di Angelo Morbelli, che ritrae gli anziani ricoverati nel Pio Albergo Trivulzio, interpretano lo stato di emarginazione delle classi più povere. Una realtà ora osservata attraverso i valori emotivi del colore, ora indagata mediante l'impiego di un colore studiato su basi scientifiche e perciò inteso come lo strumento più idoneo a visualizzare la realtà e il vero in modo oggettivo, senza cedimenti sentimentali.
Connessi al vero sono anche il tema del lavoro giovanile, il lavoro femminile o l'infanzia spesso vittima delle contraddizioni e delle trasformazioni sociali del tempo. E’ del ticinese Luigi Rossi (1853 -1923) La scuola del dolore, esposto nel 1895 alla biennale di Venezia, un dipinto di grande dimensione nel quale l'autore mette a fuoco il dramma dell'infanzia abbandonata.
Anche la ritrattistica e la natura morta sono soggetti pittorici particolarmente richiesti dell'emergente ceto borghese poiché soddisfano le necessità di arredamento dei salotti buoni. In linea con il clima di rinnovamento, la ritrattistica registra un’evoluzione facendosi più libera e sciolta. L'artista raffigura il personaggio descrivendone la condizione sociale oppure tende a indagare la figura nella sua psicologia e nella sua vita interiore. Anche la natura morta, genere affermatosi negli anni successivi all'unità d'Italia, supera ben presto i dettami della pittura tradizionale per divenire un soggetto molto richiesto dalla committenza borghese. Sebbene si tratti di una produzione pittorica condizionata da una certa facilità consumistica, spesso raggiunge ottimi livelli grazie all'impegno di artisti di alto profilo fra cui Giuseppe Pel lizza da Volpedo (Le zucche) e i ticinesi Adolfo Feragutti Visconti e Luigi Rossi del quale sarà possibile ammirare anche La polenta, una tela esposta a Parigi nel 1889 nella mostra del centenario della rivoluzione e riproposta per la prima volta al pubblico, in occasione di questa rassegna, dopo essere uscita per decenni dal circuito espositivo
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale (www.silvanaeditoriale.it) con saggi di Giovanni Anzani ed Elisabetta Chiodini e schede di Giovanni Anzani, Mariangela Agliati Ruggia, Matteo Bianchi, Elisabetta Chiodini, Nicoletta Colombo, Giulio Foletti, Monica Vinardi.
La mostra è stata realizzata grazie al contributo di:
Cornèr Banca, Lugano AXA Art, Zurigo
Coordinata da Mariangela Agliati Ruggia, curatrice della Pinacoteca Züst, e da Alessandra Brambilla, collaboratrice scientifica, la rassegna si collega al ciclo di esposizioni precedenti - fra cui quella dedicata alla Scapigliatura nel 2006 – e prosegue il percorso di studio e di ricerca rivolto all’Ottocento italiano e ticinese, iniziato nel 1990 dall’Istituzione svizzera.
Un’importante esposizione che pone al centro dell’attenzione il Naturalismo e il Verismo. Due movimenti artistici ispirati alla descrizione della realtà che, insieme alla Scapigliatura, al Divisionismo e al Simbolismo, hanno caratterizzato il complesso e variegato panorama culturale milanese tra la fine dell'Ottocento e i primi anni del Novecento. Le origini e gli sviluppi della pittura del vero costituiscono inoltre il punto di osservazione per documentare il determinante influsso esercitato dal capoluogo lombardo sull’area ticinese.
Curata da Giovanni Anzani e Elisabetta Chiodini, la mostra propone una carrellata di circa 70 opere – di cui alcune assenti da decenni dai circuiti espositivi - che permette di cogliere il fermento culturale e le nuove tendenze in atto fra gli artisti dell'epoca. Essi manifestano una forte attenzione per la realtà e per la rappresentazione di fatti e ambienti che appartengono alla società a loro contemporanea. Istanze, queste, che danno vita a una produzione pittorica che guarda alla natura e all'ambito domestico. Nelle tele, infatti, compaiono personaggi e immagini a cui è affidato il compito di narrare la vita di tutti i giorni per arrivare a una dimensione più allargata che affronta temi sociali.
Il percorso espositivo accosta i dipinti dei grandi maestri della tradizione pittorica lombarda - fra i quali Capriolo morto di Giovanni Segantini o La sostra di pietra di Eugenio Spreafico - a quelli di importanti artisti svizzeri - come Berta, Franzoni, Rossi, Preda o Galbusera - offrendo al visitatore un’accurata ricognizione dei soggetti con cui si è espressa la pittura del vero tra Milano e l’area ticinese.
Nella rassegna svolge un ruolo di primo piano la pittura di paesaggio il cui rinnovamento, già anticipato all’interno dell’Accademia di Brera, ha aperto la strada verso il Naturalismo e il Verismo. Protagonista assoluto di questo rinnovamento è la figura di Filippo Carcano, a cui è dedicata una sorta di “personale” con la quale si apre l'esposizione. L'artista milanese porta infatti a compimento un processo di innovazione che modifica il modo di rappresentare il paesaggio: da veduta legata a schemi stilistici predefiniti, infatti, si evolve verso la ricerca e la restituzione sulla tela delle impressioni che derivano dall'osservazione del vero. Al maestro del naturalismo lombardo, e al nuovo modo di indagare la realtà, si riferisce una folta schiera di autori fra cui Eugenio Gignous e Emilio Longoni il quale, attratto particolarmente dal paesaggio di montagna, offre bellissime raffigurazioni del mondo incontaminato delle Alpi. L'attenzione per il vero non si ferma tuttavia alla realtà paesaggistica, ma guarda anche alla città. I nostalgici navigli di Emilio Gola, vivacizzati dalla presenza delle sue inconfondibili lavandaie, e le vedute della Milano innevata o brumosa di Mosè Bianchi, restituiscono un’immagine singolare del capoluogo lombardo che contrasta con il vedutismo più tradizionale.
Le condizioni politiche italiane e lombarde della fine del XIX secolo, e il contestuale e rapido sviluppo industriale, fanno emergere negli artisti uno specifico interesse per le questioni sociali, tema che riveste un ruolo di primo piano nell’iconografia della pittura verista. Le opere di Giovanni Segantini (La raccolta dei Bozzoli) di Francesco Filippini (La Strigliatura della canapa) o di Giovanni Sottocornola (L’uscita delle operaie dallo stabilimento Pirelli) testimoniano una particolare attenzione per il tema del lavoro, sia esso svolto nei campi che nel contesto urbano, mentre i dipinti di Angelo Morbelli, che ritrae gli anziani ricoverati nel Pio Albergo Trivulzio, interpretano lo stato di emarginazione delle classi più povere. Una realtà ora osservata attraverso i valori emotivi del colore, ora indagata mediante l'impiego di un colore studiato su basi scientifiche e perciò inteso come lo strumento più idoneo a visualizzare la realtà e il vero in modo oggettivo, senza cedimenti sentimentali.
Connessi al vero sono anche il tema del lavoro giovanile, il lavoro femminile o l'infanzia spesso vittima delle contraddizioni e delle trasformazioni sociali del tempo. E’ del ticinese Luigi Rossi (1853 -1923) La scuola del dolore, esposto nel 1895 alla biennale di Venezia, un dipinto di grande dimensione nel quale l'autore mette a fuoco il dramma dell'infanzia abbandonata.
Anche la ritrattistica e la natura morta sono soggetti pittorici particolarmente richiesti dell'emergente ceto borghese poiché soddisfano le necessità di arredamento dei salotti buoni. In linea con il clima di rinnovamento, la ritrattistica registra un’evoluzione facendosi più libera e sciolta. L'artista raffigura il personaggio descrivendone la condizione sociale oppure tende a indagare la figura nella sua psicologia e nella sua vita interiore. Anche la natura morta, genere affermatosi negli anni successivi all'unità d'Italia, supera ben presto i dettami della pittura tradizionale per divenire un soggetto molto richiesto dalla committenza borghese. Sebbene si tratti di una produzione pittorica condizionata da una certa facilità consumistica, spesso raggiunge ottimi livelli grazie all'impegno di artisti di alto profilo fra cui Giuseppe Pel lizza da Volpedo (Le zucche) e i ticinesi Adolfo Feragutti Visconti e Luigi Rossi del quale sarà possibile ammirare anche La polenta, una tela esposta a Parigi nel 1889 nella mostra del centenario della rivoluzione e riproposta per la prima volta al pubblico, in occasione di questa rassegna, dopo essere uscita per decenni dal circuito espositivo
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale (www.silvanaeditoriale.it) con saggi di Giovanni Anzani ed Elisabetta Chiodini e schede di Giovanni Anzani, Mariangela Agliati Ruggia, Matteo Bianchi, Elisabetta Chiodini, Nicoletta Colombo, Giulio Foletti, Monica Vinardi.
La mostra è stata realizzata grazie al contributo di:
Cornèr Banca, Lugano AXA Art, Zurigo
21
settembre 2008
La pittura del vero tra Lombardia e Canton Ticino (1865 -1910)
Dal 21 settembre all'otto dicembre 2008
arte moderna
Location
PINACOTECA CANTONALE GIOVANNI ZUST
Rancate, Via Pinacoteca Züst, (Mendrisio)
Rancate, Via Pinacoteca Züst, (Mendrisio)
Biglietti
Intero: Fr. 8. -/ € 5,50 - Ridotto (pensionati, studenti, comitive): Fr.6. -/ € 4,00. Scuole: gratuito; Visite guidate su prenotazione
Orario di apertura
martedì -sabato 9 -12 / 14 -17; domenica 10 -18; chiuso lunedì (festivi aperto)
Editore
SILVANA EDITORIALE
Autore
Curatore