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La pittura dimenticata. Mario Lattes e l’Informale in Italia, tra gli anni ’50 e ’60
La rassegna si pone l’obiettivo di riportare sotto la giusta considerazione storico-critica, una generazione di autori che ha scritto un’importante pagina dell’arte contemporanea italiana del Novecento, la cui memoria si è trasformata, in alcuni casi, in oblio, come per Mario D’Adda, o nella comprensione solo parziale di una sperimentazione multiforme, com’è avvenuto per le opere astratte di Mario Lattes, per quanto non numerose e di breve periodo
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Dal 21 novembre 2014 al 31 gennaio 2015, a Torino, allo Spazio Don Chisciotte della Fondazione Bottari Lattes (via della Rocca 37) è in programma la mostra La pittura dimenticata. Mario Lattes e l’Informale in Italia, tra gli anni
’50 e ’60.
L’esposizione, curata da Ettore Ghinassi, presenta una selezione di opere di Mario Lattes, risalenti al suo periodo astratto, che fanno da corollario a quelle di 6 artisti -
Antonio Carena, Alfredo Chighine, Mario D’Adda, Tancredi Parmeggiani, Sergio Romiti e Piero Simondo - protagonisti dell’astrazione informale italiana, tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso.
La loro ricerca si pone nell’alveo di una cultura figurativa di matrice italiana ed europea, caratterizzata da una sintesi di invenzione e rigore formale. La rassegna si pone l’obiettivo di riportare sotto la giusta considerazione storico-
critica, una generazione di autori che ha scritto un’importante pagina dell’arte contemporanea italiana del Novecento, la cui memoria si è trasformata, in alcuni casi,
in oblio, come per Mario D’Adda, o nella comprensione solo parziale di una sperimentazione multiforme, com’è avvenuto per le opere astratte di Mario Lattes, per
quanto non numerose e di breve periodo.
“Pur nella diversità delle personalissime inclinazioni tecnico-stilistiche - afferma Ettore Ghinassi nel suo testo in catalogo - questi sette autentici pittori sono stati scelti per
delineare un aspetto dell'Informale italiano estraneo alle formule più corrive - pittura gestuale o d'azione, poetiche del segno o della materia - che di solito vengono associate alla tentazione di risarcire con nuove protesi semantiche (attinte, a esempio, dalla psicologia dell'Inconscio) l'amputazione del significato operata dall'astrattismo”.
Durante il periodo di apertura, sono previsti due serate di approfondimento sul
periodo storico preso in considerazione dalla mostra e su alcuni protagonisti di quegli
anni.
L’inaugurazione si terrà giovedì 20 novembre alle ore 18 (orari della mostra a
partire dal 21 novembre: martedì- sabato ore 10.30-12.30 e 15.30-19.30).
Info al pubblico: segreteria@spaziodonchisciotte.it – 011.19771755 – www.fondazionebottarilattes.it
Note biografiche degli artisti
Mario Lattes (Torino 1923-2001), pittore, scrittore ed editore, è stato un personaggio di
spicco nel mondo culturale del capoluogo piemontese del secondo dopoguerra e del nostro
passato prossimo. Ebreo laico, uomo solitario e complesso, la sua arte risente delle vicende e
della psicologia di questo popolo: umorismo amaro e sarcastico, pessimismo e lontananza.
Torino, però, è sempre stata la sua unica e vera città.
Durante il periodo bellico sfugge alle leggi razziali e si unisce alle truppe alleate in qualità di
interprete. Dopo la Seconda guerra mondiale si avvia alla pittura e si dedica alla casa editrice
torinese Lattes, fondata nel 1893 dal nonno Simone.
Nel 1960 si laurea in Filosofia a Torino, con una tesi in storia contemporanea sul ghetto di
Varsavia.
Collabora con scritti e disegni a “Il Mondo”, alla “Fiera letteraria” e alla “Gazzetta del Popolo”.
Con un gruppo di amici (Vincenzo Ciaffi, Albino Galvano e Oscar Navarro) nel 1953 fonda la
rivista “Galleria” che dall'anno seguente, con il titolo “Questioni”, diventa voce influente del
mondo culturale piemontese e non solo. Vi partecipano intellettuali italiani e stranieri come
Nicola Abbagnano, Albino Galvano e Theodor Adorno.
La sua pittura, dopo un iniziale periodo informale, è sempre stata figurativa, con valenze
visionarie e fantastiche, tale da evocare illustri discendenze, da Gustave Moreau a Odilon
Redon a James Ensor. La pittura, le incisioni e i romanzi sono legati da un forte filo di
comunanza, talvolta anche nella scelta di soggetti identici, trasfigurati dalla diversità dei mezzi
espressivi. Del 1947 è la sua prima mostra alla galleria La Bussola di Torino, a testimonianza
delle maturate esperienze artistiche. Negli anni Cinquanta allestisce personali a Torino, Roma,
Milano e Firenze e partecipa con successo a due edizioni della Biennale di Venezia. Segue una
regolare attività espositiva in tutta Italia.
Tra il 1959 e il 1985 pubblica diversi di romanzi, tra cui: La stanza dei giochi (Ceschina, 1959),
Il borghese di ventura (Einaudi, 1975; Marsilio, 2013), L'incendio del Regio (Einaudi, 1976;
Marsilio, 2011), L'amore è niente (Editore La Rosa, 1985), Il castello d'acqua (Aragno, 2004)
postumo.
La casa editrice Lattes fu per lungo tempo punto di riferimento per la formazione scolastica
italiana; di grande rilievo è stata l’antologia illustrata con i disegni di Mario Lattes per i ragazzi
delle Medie. A seguito della riforma della scuola media unica nel 1963, Mario Lattes dà vita a
una pubblicazione semestrale dedicata agli insegnanti dal titolo “Notizie Lattes”.
Dopo la sua scomparsa, importanti istituzioni gli hanno dedicato antologiche e retrospettive, si
ricorda, in particolare, la grande rassegna Mario Lattes. Di me e d’altri possibili, curata da
Marco Vallora presso l’Archivio di Stato di Torino nel 2008, che ben ha messo in luce i
diversificati interessi dell’artista e i variegati aspetti della sua intensa ricerca.
Antonio Carena. Nato a Rivoli (TO) nel 1925. Nel 1945 frequenta i corsi di pittura di Enrico
Paulucci conseguendo il premio “Dino Uberti” in qualità di miglior diplomato dell’Accademia
Albertina di Torino, e a Napoli vince il premio “Cattedra di Pittura” al concorso nazionale delle
Accademie. Professore di discipline pittoriche fino al ‘94 al Liceo Artistico Statale “Renato
Cottini” di Torino, è stato direttore dell’Accademia di Belle Arti di Cuneo.
Tiene la sua prima personale nel 1955 a Torino, al Circolo Europa Giovane, presentata da
Albino Galvano; nel 1994, il Circolo degli Artisti ospita una sua antologica, presentata da
Mirella Bandini; tre le personali più recenti, si ricordano quelle del 2007, alla Casa del Conte
Verde, presentata da Francesco Poli, quella del 2008, alla GlobArt gallery di Acqui Terme,
presentata da Ivana Mulatero.
Per la serie “cielo-quanto-ti-amo” ha dipinto soffitti e pareti in spazi pubblici (Castello di Rivoli;
Hôtel de Ville d’Albret a Parigi per conto del Ministero dei Beni Culturali; Piscina Maglione,
Santhià, Bondarte; Bagnolo Piemonte, Il canto della Pietra; Accademia Albertina, Torino) e
privati: a Ginevra, direzione Martini e Rossi; a Roma, Fiat; a Rivoli, via Rombò; a Torino,
palazzo Scarampi, villa Corte Bonvicino, biblioteca Palazzo Marchesi Spinola.
Ha partecipato alla XXV Biennale di Venezia, alla VII Quadriennale di Roma, alla IV Biennale di
San Marino. Ha esposto in collettive tenute in importanti spazi espositivi, quali il Palazzo delle
Esposizioni di Roma, la Galleria d’Arte Moderna di Torino, la Promotrice delle Belle Arti di
Torino, il Museo sperimentale di Torino, il Castello di Rivoli, la Galleria Civica d’Arte Moderna di
Torino, il Museo di Tolosa.
Alfredo Chighine (Milano 1914-Pisa 1974) frequenta i corsi d’incisione all’Umanitaria dove
conosce Franco Francese. Nel dopoguerra s’iscrive ai corsi di Giacomo Manzù all’Accademia di
Brera. Alla scultura si dedica lungo gli anni ‘40 (del ’41 è il suo esordio e la Biennale del ’48
vede due sue figure lignee) mentre compone forti dipinti di figura, confluiti in gran parte nella
collezione milanese Boschi-Di Stefano, prima di approdare alle ricerche informali, tra le più
precoci nel panorama italiano. Del ’50 è una personale milanese al San Fedele e lungo il
decennio presenzia premiato ai maggiori concorsi. Nel ’56 espone alla rassegna dei pittori
italiani al Museum Morsbroich di Leverkusen. Si lega alla Galleria del Milione esponendovi nel
1956, 1958 e 1966. Nel 1957 si reca a Parigi, ed è presente in rassegne di gruppo alla galleria
Marlborough di Londra, a Roma alla Rome-New York Foundation, alla Columbia University di
New York. Nel 1958 è invitato da Michel Tapié al festival di Osaka, espone Pittsburg
International Exhibition, alla rassegna Art au XX siècle a Charleroi e alla Biennale di Venezia
dove avrà una sala personale nel ’60. È presente alle Triennali di Milano, alle Quadriennali
romane del 1959 e 1965. Nel ’62 espone alla VI Biennale di San Paolo del Brasile; nel ’64 alla
mostra Pittura a Milano 1945-1964 a Palazzo Reale. Alla fine del decennio si sovrappongono
alle masse cromatiche sinopie di forme. È presente nel 1973 a Pittura in Lombardia 1945-1973
alla Villa Reale di Monza. Numerose le personali in gallerie private, segnatamente alle Ore di
Milano, al Mosaico di Chiasso, alla Steccata di Parma e alla Nuova Pesa di Roma. Tra le molte e
importanti rassegne postume, citiamo le mostre della Collezione Boschi-Di Stefano a Milano nel
1974 e 1997, a Monza la rassegna Chighine-Meloni-Morlotti a cura G.Mascherpa e A.Montrasio
alla Galleria Civica nel 1979 e la selezione di dipinti proposti all’edizione della mostra nazionale
Città di Monza alla Villa Reale nel 1986 da P. Biscottini e A. Montrasio. Tra le rassegne più
recenti si ricorda quella curata da E. Longari a Tenero nel 1991, quella milanese, a cura di E.
Pontiggia, alle Stelline nel 1997, e quella a Palazzo Leone da Perego a Legnato, curata da F.
Arensi. Fedele alla sua ricerca, Chighine realizza un corpus di dipinti informali dalla splendida
materia, stesa con forza e accuratezza, incisa dal legno del pennello con diverse modalità nei
diversi momenti del suo lavoro che risulta globalmente di grande coerenza ed eleganza
formale. Ha continuato a coltivare negli anni l’incisione producendo diverse cartelle di grafica:
la prima fu edita da Einaudi nel 1947.
Mario D'Adda nasce a Milano nel 1903 e muore , nella sua casa di P.zza Statuto n° 4, nel
1976. Pur avendo interamente dedicato alla pittura gli ultimi vent'anni della propria vita, ha
avuto una attività espositiva quasi inesistente ( in vita due sole mostre negli anni '50, una a
Roma e una a Parigi ). Postume sono state realizzate alla Galleria Salzano tre mostre, nel
1983, 1989, 1991. A qualche anno dalla sua morte la vedova ha realizzato una monografia
curata da Luigi Carluccio che ne aveva riconosciuto la grandezza.
Tancredi Parmeggiani nasce a Feltre (BL), il 25 settembre 1927. Studia all'Accademia di
Belle Arti di Venezia dove nel 1946 stringe amicizia con Emilio Vedova. Nel 1947 compie un
viaggio a Parigi e nei due anni successivi divide il suo tempo tra Feltre e a Venezia, dove nel
1949 tiene la sua prima personale alla Galleria Sandri. Trasferitosi a Roma nel 1950, si lega al
gruppo Age d'Or, che organizza esposizioni e pubblicazioni dell'avanguardia internazionale.
Nel 1951 partecipa a una mostra di arte astratta italiana alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna
di Roma; lo stesso anno si stabilisce a Venezia, dove avviene l'incontro con Peggy
Guggenheim, che gli fornisce uno studio e nel 1954 gli organizza una mostra nel suo palazzo.
Nel 1952 a Venezia gli viene assegnato il Premio Graziano per la pittura e nello stesso anno,
insieme con altri artisti, sottoscrive il manifesto del Movimento Spaziale, il gruppo fondato da
Lucio Fontana intorno al 1947 a Milano, che propugnava una nuova arte "spaziale", consona
all'era postbellica.
Tancredi espone in personali alla Galleria del Cavallino di Venezia nel 1952, 1953, 1956 e
1959, e alla Galleria del Naviglio di Milano nel 1953. Nel 1954 partecipa con Jackson Pollock,
Wols, Georges Mathieu e altri alla mostra “Tendances Actuelles” alla Kunsthalle Bern. Nel
1955, espone in una collettiva alla Galerie Stadler di Parigi, città che l’artista aveva visitato
nello stesso anno. Nel 1958 tiene delle personali alla Saidenberg Gallery di New York e
all'Hanover Gallery di Londra, e partecipa al Carnegie International di Pittsburgh. Si trasferisce
a Milano nel 1959, dove espone diverse volte alla Galleria dell'Ariete; sempre nel 1959 si reca
ancora a Parigi, e viaggia in Norvegia nel 1960; in quest'anno è presente alla mostra “Anti-
Procès” alla Galleria del Canale di Venezia, dove gli vengono dedicate anche due personali, nel
1960 e nel 1962. Nel 1962 riceve il Premio Marzotto, a Valdagno, e nel 1964 espone alla
Biennale di Venezia. Muore suicida a Roma il 27 settembre 1964.
Sergio Romiti nasce a Bologna nel 1928; già nel 1946 si dedica alla pittura. Il suo ingresso
nella vita artistica risale al 1947, mentre il suo definitivo battesimo artistico al 1948 quando
espone alla Prima Mostra Nazionale d'Arte Contemporanea a Bologna. Mostra importante
perché vi partecipano tutti gli artisti della generazione di mezzo (Birolli, Guttuso, Cassinari,
Corpora, Afro, Santomaso, Vedova, Mirko, Fazzini, Minguzzi) e ancora di più perché serve da
pretesto a una clamorosa presa di posizione di Togliatti contro l'arte moderna quale tipo di arte
che non corrisponde all'ideale di realismo socialista. Dopo tale stroncatura gli artisti si
dividono: chi vuole salvare il salvabile -come Guttuso- e chi vuole arrogarsi il diritto - come il
Gruppo Forma- di essere iscritti al partito ma di esprimersi in modo nuovo. Romiti non prende
posizione, non avendo pretese né realiste né astrattiste, né essendo iscritto al partito. L'anno
seguente espone alla Galleria del Secolo di Roma con Vacchi e Barnabè. Rimane alla ribalta
della scena artistica italiana - partecipando a tutte le Biennali d'Arte Contemporanea di Venezia
degli anni '50- fino al 1965, anno in cui decide di smettere di dipingere. Non riuscirà a
mantenersi coerente col suo intento e riprenderà con produzioni numericamente inferiori,
portando alle estreme conseguenze il suo percorso artistico già profilato e concettualmente
concluso nel 1965. Senza essersi mai allontanato alla sua città natale se non brevemente e
aver condotto una vita appartata e solitaria, decide di porre termine alla sua vita il 12 marzo
2000.
Piero Simondo nasce a Cosio d'Arroscia (Imperia) nel 1928. Allievo di Felice Casorati e di
Filippo Scroppo all'Accademia Albertina di Torino, si laurea in Filosofia nell'ateneo torinese. I
primi lavori sono ceramiche astratte che espone nel '52 ad Alba, dove si trasferisce, ospitato
da Pinot Gallizio, che introduce alla pittura. Nel settembre del 1955 fonda ad Alba con Asger
Jorn e Pinot Gallizio il Laboratorio di esperienze immaginiste del Mouvement Internationale
pour une Bauhaus Imaginiste (M.I.B.I.) e pubblica il Bollettino del movimento, "Eristica". Una
mostra ad Albisola (estate '55) aveva permesso l'incontro con Asger Jorn. Nell'estate 1956 (2-
9 settembre) Simondo organizza, sempre ad Alba, con Jorn, Gallizio ed Elena Verrone (che
sposa l’anno seguente), il Primo Congresso mondiale degli Artisti liberi sul tema "Le arti libere
e le attività industriali". Nell'estate del 1957 in occasione di una vacanza nella sua casa di
Cosio d'Arroscia viene fondata l'Internazionale Situazionista, da cui esce nel gennaio
successivo con Elena Verrone e Walter Olmo, in polemica con Debord. Nel 1962 fonda a Torino,
con un gruppo di operai e intellettuali, il CIRA (Centro Internazionale per un Istituto di
Ricerche Artistiche) (1962-1967) con il proposito di recuperare l'esperienza del Laboratorio di
Alba e con cui – fra l’altro – progetta installazioni sui temi dell’alienazione e della natura dei
media. Nel 1972 entra all'Università di Torino (e vi resterà sino al 1996) per occuparsi dei
laboratori di "attività sperimentali" presso l'Istituto di Pedagogia. Qui insegna poi Metodologia e
didattica degli audiovisivi.
La sua attività artistica inizia negli anni ’50 con i “Monotipi”. All’inizio del decennio successivo
inaugura la sequenza delle “Topologie”, di forte impatto oggettuale. Nel 1968 dà vita ai
“Quadri-manifesto”, cui fanno seguito, nel tempo, le “Ipo-pitture”, i “Nitro-raschiati” e altri cicli
pittorici improntati alla sperimentazione di nuove tecniche e materiali. Negli anni '90, quando
"l'angoscia dell'avanguardia si è attenuata", Simondo torna ad usare i pennelli e i pastelli,
producendo alcuni grandi polittici. Nell'ultimo decennio si dedica in prevalenza a lavori su carta
nei quali rivisita con freschezza inventiva i procedimenti già utilizzati cinquant'anni prima.
Come Serge Stauffer, Allan Kaprow, Nam June Paik e Asger Jorn, Piero Simondo può essere
considerato un pioniere dell'arte come ricerca.
Info al pubblico: segreteria@spaziodonchisciotte.it - 011.19771755 - www.fondazionebottarilattes.it
Ufficio stampa:
Anna Defrancesco -CLP Relazioni Pubbliche
Tel. +39 02 36755700 – anna.defrancesco@clponline.it – www.clponline.it
barberi@fondazionebottarilattes.it – 0173.789282
’50 e ’60.
L’esposizione, curata da Ettore Ghinassi, presenta una selezione di opere di Mario Lattes, risalenti al suo periodo astratto, che fanno da corollario a quelle di 6 artisti -
Antonio Carena, Alfredo Chighine, Mario D’Adda, Tancredi Parmeggiani, Sergio Romiti e Piero Simondo - protagonisti dell’astrazione informale italiana, tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso.
La loro ricerca si pone nell’alveo di una cultura figurativa di matrice italiana ed europea, caratterizzata da una sintesi di invenzione e rigore formale. La rassegna si pone l’obiettivo di riportare sotto la giusta considerazione storico-
critica, una generazione di autori che ha scritto un’importante pagina dell’arte contemporanea italiana del Novecento, la cui memoria si è trasformata, in alcuni casi,
in oblio, come per Mario D’Adda, o nella comprensione solo parziale di una sperimentazione multiforme, com’è avvenuto per le opere astratte di Mario Lattes, per
quanto non numerose e di breve periodo.
“Pur nella diversità delle personalissime inclinazioni tecnico-stilistiche - afferma Ettore Ghinassi nel suo testo in catalogo - questi sette autentici pittori sono stati scelti per
delineare un aspetto dell'Informale italiano estraneo alle formule più corrive - pittura gestuale o d'azione, poetiche del segno o della materia - che di solito vengono associate alla tentazione di risarcire con nuove protesi semantiche (attinte, a esempio, dalla psicologia dell'Inconscio) l'amputazione del significato operata dall'astrattismo”.
Durante il periodo di apertura, sono previsti due serate di approfondimento sul
periodo storico preso in considerazione dalla mostra e su alcuni protagonisti di quegli
anni.
L’inaugurazione si terrà giovedì 20 novembre alle ore 18 (orari della mostra a
partire dal 21 novembre: martedì- sabato ore 10.30-12.30 e 15.30-19.30).
Info al pubblico: segreteria@spaziodonchisciotte.it – 011.19771755 – www.fondazionebottarilattes.it
Note biografiche degli artisti
Mario Lattes (Torino 1923-2001), pittore, scrittore ed editore, è stato un personaggio di
spicco nel mondo culturale del capoluogo piemontese del secondo dopoguerra e del nostro
passato prossimo. Ebreo laico, uomo solitario e complesso, la sua arte risente delle vicende e
della psicologia di questo popolo: umorismo amaro e sarcastico, pessimismo e lontananza.
Torino, però, è sempre stata la sua unica e vera città.
Durante il periodo bellico sfugge alle leggi razziali e si unisce alle truppe alleate in qualità di
interprete. Dopo la Seconda guerra mondiale si avvia alla pittura e si dedica alla casa editrice
torinese Lattes, fondata nel 1893 dal nonno Simone.
Nel 1960 si laurea in Filosofia a Torino, con una tesi in storia contemporanea sul ghetto di
Varsavia.
Collabora con scritti e disegni a “Il Mondo”, alla “Fiera letteraria” e alla “Gazzetta del Popolo”.
Con un gruppo di amici (Vincenzo Ciaffi, Albino Galvano e Oscar Navarro) nel 1953 fonda la
rivista “Galleria” che dall'anno seguente, con il titolo “Questioni”, diventa voce influente del
mondo culturale piemontese e non solo. Vi partecipano intellettuali italiani e stranieri come
Nicola Abbagnano, Albino Galvano e Theodor Adorno.
La sua pittura, dopo un iniziale periodo informale, è sempre stata figurativa, con valenze
visionarie e fantastiche, tale da evocare illustri discendenze, da Gustave Moreau a Odilon
Redon a James Ensor. La pittura, le incisioni e i romanzi sono legati da un forte filo di
comunanza, talvolta anche nella scelta di soggetti identici, trasfigurati dalla diversità dei mezzi
espressivi. Del 1947 è la sua prima mostra alla galleria La Bussola di Torino, a testimonianza
delle maturate esperienze artistiche. Negli anni Cinquanta allestisce personali a Torino, Roma,
Milano e Firenze e partecipa con successo a due edizioni della Biennale di Venezia. Segue una
regolare attività espositiva in tutta Italia.
Tra il 1959 e il 1985 pubblica diversi di romanzi, tra cui: La stanza dei giochi (Ceschina, 1959),
Il borghese di ventura (Einaudi, 1975; Marsilio, 2013), L'incendio del Regio (Einaudi, 1976;
Marsilio, 2011), L'amore è niente (Editore La Rosa, 1985), Il castello d'acqua (Aragno, 2004)
postumo.
La casa editrice Lattes fu per lungo tempo punto di riferimento per la formazione scolastica
italiana; di grande rilievo è stata l’antologia illustrata con i disegni di Mario Lattes per i ragazzi
delle Medie. A seguito della riforma della scuola media unica nel 1963, Mario Lattes dà vita a
una pubblicazione semestrale dedicata agli insegnanti dal titolo “Notizie Lattes”.
Dopo la sua scomparsa, importanti istituzioni gli hanno dedicato antologiche e retrospettive, si
ricorda, in particolare, la grande rassegna Mario Lattes. Di me e d’altri possibili, curata da
Marco Vallora presso l’Archivio di Stato di Torino nel 2008, che ben ha messo in luce i
diversificati interessi dell’artista e i variegati aspetti della sua intensa ricerca.
Antonio Carena. Nato a Rivoli (TO) nel 1925. Nel 1945 frequenta i corsi di pittura di Enrico
Paulucci conseguendo il premio “Dino Uberti” in qualità di miglior diplomato dell’Accademia
Albertina di Torino, e a Napoli vince il premio “Cattedra di Pittura” al concorso nazionale delle
Accademie. Professore di discipline pittoriche fino al ‘94 al Liceo Artistico Statale “Renato
Cottini” di Torino, è stato direttore dell’Accademia di Belle Arti di Cuneo.
Tiene la sua prima personale nel 1955 a Torino, al Circolo Europa Giovane, presentata da
Albino Galvano; nel 1994, il Circolo degli Artisti ospita una sua antologica, presentata da
Mirella Bandini; tre le personali più recenti, si ricordano quelle del 2007, alla Casa del Conte
Verde, presentata da Francesco Poli, quella del 2008, alla GlobArt gallery di Acqui Terme,
presentata da Ivana Mulatero.
Per la serie “cielo-quanto-ti-amo” ha dipinto soffitti e pareti in spazi pubblici (Castello di Rivoli;
Hôtel de Ville d’Albret a Parigi per conto del Ministero dei Beni Culturali; Piscina Maglione,
Santhià, Bondarte; Bagnolo Piemonte, Il canto della Pietra; Accademia Albertina, Torino) e
privati: a Ginevra, direzione Martini e Rossi; a Roma, Fiat; a Rivoli, via Rombò; a Torino,
palazzo Scarampi, villa Corte Bonvicino, biblioteca Palazzo Marchesi Spinola.
Ha partecipato alla XXV Biennale di Venezia, alla VII Quadriennale di Roma, alla IV Biennale di
San Marino. Ha esposto in collettive tenute in importanti spazi espositivi, quali il Palazzo delle
Esposizioni di Roma, la Galleria d’Arte Moderna di Torino, la Promotrice delle Belle Arti di
Torino, il Museo sperimentale di Torino, il Castello di Rivoli, la Galleria Civica d’Arte Moderna di
Torino, il Museo di Tolosa.
Alfredo Chighine (Milano 1914-Pisa 1974) frequenta i corsi d’incisione all’Umanitaria dove
conosce Franco Francese. Nel dopoguerra s’iscrive ai corsi di Giacomo Manzù all’Accademia di
Brera. Alla scultura si dedica lungo gli anni ‘40 (del ’41 è il suo esordio e la Biennale del ’48
vede due sue figure lignee) mentre compone forti dipinti di figura, confluiti in gran parte nella
collezione milanese Boschi-Di Stefano, prima di approdare alle ricerche informali, tra le più
precoci nel panorama italiano. Del ’50 è una personale milanese al San Fedele e lungo il
decennio presenzia premiato ai maggiori concorsi. Nel ’56 espone alla rassegna dei pittori
italiani al Museum Morsbroich di Leverkusen. Si lega alla Galleria del Milione esponendovi nel
1956, 1958 e 1966. Nel 1957 si reca a Parigi, ed è presente in rassegne di gruppo alla galleria
Marlborough di Londra, a Roma alla Rome-New York Foundation, alla Columbia University di
New York. Nel 1958 è invitato da Michel Tapié al festival di Osaka, espone Pittsburg
International Exhibition, alla rassegna Art au XX siècle a Charleroi e alla Biennale di Venezia
dove avrà una sala personale nel ’60. È presente alle Triennali di Milano, alle Quadriennali
romane del 1959 e 1965. Nel ’62 espone alla VI Biennale di San Paolo del Brasile; nel ’64 alla
mostra Pittura a Milano 1945-1964 a Palazzo Reale. Alla fine del decennio si sovrappongono
alle masse cromatiche sinopie di forme. È presente nel 1973 a Pittura in Lombardia 1945-1973
alla Villa Reale di Monza. Numerose le personali in gallerie private, segnatamente alle Ore di
Milano, al Mosaico di Chiasso, alla Steccata di Parma e alla Nuova Pesa di Roma. Tra le molte e
importanti rassegne postume, citiamo le mostre della Collezione Boschi-Di Stefano a Milano nel
1974 e 1997, a Monza la rassegna Chighine-Meloni-Morlotti a cura G.Mascherpa e A.Montrasio
alla Galleria Civica nel 1979 e la selezione di dipinti proposti all’edizione della mostra nazionale
Città di Monza alla Villa Reale nel 1986 da P. Biscottini e A. Montrasio. Tra le rassegne più
recenti si ricorda quella curata da E. Longari a Tenero nel 1991, quella milanese, a cura di E.
Pontiggia, alle Stelline nel 1997, e quella a Palazzo Leone da Perego a Legnato, curata da F.
Arensi. Fedele alla sua ricerca, Chighine realizza un corpus di dipinti informali dalla splendida
materia, stesa con forza e accuratezza, incisa dal legno del pennello con diverse modalità nei
diversi momenti del suo lavoro che risulta globalmente di grande coerenza ed eleganza
formale. Ha continuato a coltivare negli anni l’incisione producendo diverse cartelle di grafica:
la prima fu edita da Einaudi nel 1947.
Mario D'Adda nasce a Milano nel 1903 e muore , nella sua casa di P.zza Statuto n° 4, nel
1976. Pur avendo interamente dedicato alla pittura gli ultimi vent'anni della propria vita, ha
avuto una attività espositiva quasi inesistente ( in vita due sole mostre negli anni '50, una a
Roma e una a Parigi ). Postume sono state realizzate alla Galleria Salzano tre mostre, nel
1983, 1989, 1991. A qualche anno dalla sua morte la vedova ha realizzato una monografia
curata da Luigi Carluccio che ne aveva riconosciuto la grandezza.
Tancredi Parmeggiani nasce a Feltre (BL), il 25 settembre 1927. Studia all'Accademia di
Belle Arti di Venezia dove nel 1946 stringe amicizia con Emilio Vedova. Nel 1947 compie un
viaggio a Parigi e nei due anni successivi divide il suo tempo tra Feltre e a Venezia, dove nel
1949 tiene la sua prima personale alla Galleria Sandri. Trasferitosi a Roma nel 1950, si lega al
gruppo Age d'Or, che organizza esposizioni e pubblicazioni dell'avanguardia internazionale.
Nel 1951 partecipa a una mostra di arte astratta italiana alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna
di Roma; lo stesso anno si stabilisce a Venezia, dove avviene l'incontro con Peggy
Guggenheim, che gli fornisce uno studio e nel 1954 gli organizza una mostra nel suo palazzo.
Nel 1952 a Venezia gli viene assegnato il Premio Graziano per la pittura e nello stesso anno,
insieme con altri artisti, sottoscrive il manifesto del Movimento Spaziale, il gruppo fondato da
Lucio Fontana intorno al 1947 a Milano, che propugnava una nuova arte "spaziale", consona
all'era postbellica.
Tancredi espone in personali alla Galleria del Cavallino di Venezia nel 1952, 1953, 1956 e
1959, e alla Galleria del Naviglio di Milano nel 1953. Nel 1954 partecipa con Jackson Pollock,
Wols, Georges Mathieu e altri alla mostra “Tendances Actuelles” alla Kunsthalle Bern. Nel
1955, espone in una collettiva alla Galerie Stadler di Parigi, città che l’artista aveva visitato
nello stesso anno. Nel 1958 tiene delle personali alla Saidenberg Gallery di New York e
all'Hanover Gallery di Londra, e partecipa al Carnegie International di Pittsburgh. Si trasferisce
a Milano nel 1959, dove espone diverse volte alla Galleria dell'Ariete; sempre nel 1959 si reca
ancora a Parigi, e viaggia in Norvegia nel 1960; in quest'anno è presente alla mostra “Anti-
Procès” alla Galleria del Canale di Venezia, dove gli vengono dedicate anche due personali, nel
1960 e nel 1962. Nel 1962 riceve il Premio Marzotto, a Valdagno, e nel 1964 espone alla
Biennale di Venezia. Muore suicida a Roma il 27 settembre 1964.
Sergio Romiti nasce a Bologna nel 1928; già nel 1946 si dedica alla pittura. Il suo ingresso
nella vita artistica risale al 1947, mentre il suo definitivo battesimo artistico al 1948 quando
espone alla Prima Mostra Nazionale d'Arte Contemporanea a Bologna. Mostra importante
perché vi partecipano tutti gli artisti della generazione di mezzo (Birolli, Guttuso, Cassinari,
Corpora, Afro, Santomaso, Vedova, Mirko, Fazzini, Minguzzi) e ancora di più perché serve da
pretesto a una clamorosa presa di posizione di Togliatti contro l'arte moderna quale tipo di arte
che non corrisponde all'ideale di realismo socialista. Dopo tale stroncatura gli artisti si
dividono: chi vuole salvare il salvabile -come Guttuso- e chi vuole arrogarsi il diritto - come il
Gruppo Forma- di essere iscritti al partito ma di esprimersi in modo nuovo. Romiti non prende
posizione, non avendo pretese né realiste né astrattiste, né essendo iscritto al partito. L'anno
seguente espone alla Galleria del Secolo di Roma con Vacchi e Barnabè. Rimane alla ribalta
della scena artistica italiana - partecipando a tutte le Biennali d'Arte Contemporanea di Venezia
degli anni '50- fino al 1965, anno in cui decide di smettere di dipingere. Non riuscirà a
mantenersi coerente col suo intento e riprenderà con produzioni numericamente inferiori,
portando alle estreme conseguenze il suo percorso artistico già profilato e concettualmente
concluso nel 1965. Senza essersi mai allontanato alla sua città natale se non brevemente e
aver condotto una vita appartata e solitaria, decide di porre termine alla sua vita il 12 marzo
2000.
Piero Simondo nasce a Cosio d'Arroscia (Imperia) nel 1928. Allievo di Felice Casorati e di
Filippo Scroppo all'Accademia Albertina di Torino, si laurea in Filosofia nell'ateneo torinese. I
primi lavori sono ceramiche astratte che espone nel '52 ad Alba, dove si trasferisce, ospitato
da Pinot Gallizio, che introduce alla pittura. Nel settembre del 1955 fonda ad Alba con Asger
Jorn e Pinot Gallizio il Laboratorio di esperienze immaginiste del Mouvement Internationale
pour une Bauhaus Imaginiste (M.I.B.I.) e pubblica il Bollettino del movimento, "Eristica". Una
mostra ad Albisola (estate '55) aveva permesso l'incontro con Asger Jorn. Nell'estate 1956 (2-
9 settembre) Simondo organizza, sempre ad Alba, con Jorn, Gallizio ed Elena Verrone (che
sposa l’anno seguente), il Primo Congresso mondiale degli Artisti liberi sul tema "Le arti libere
e le attività industriali". Nell'estate del 1957 in occasione di una vacanza nella sua casa di
Cosio d'Arroscia viene fondata l'Internazionale Situazionista, da cui esce nel gennaio
successivo con Elena Verrone e Walter Olmo, in polemica con Debord. Nel 1962 fonda a Torino,
con un gruppo di operai e intellettuali, il CIRA (Centro Internazionale per un Istituto di
Ricerche Artistiche) (1962-1967) con il proposito di recuperare l'esperienza del Laboratorio di
Alba e con cui – fra l’altro – progetta installazioni sui temi dell’alienazione e della natura dei
media. Nel 1972 entra all'Università di Torino (e vi resterà sino al 1996) per occuparsi dei
laboratori di "attività sperimentali" presso l'Istituto di Pedagogia. Qui insegna poi Metodologia e
didattica degli audiovisivi.
La sua attività artistica inizia negli anni ’50 con i “Monotipi”. All’inizio del decennio successivo
inaugura la sequenza delle “Topologie”, di forte impatto oggettuale. Nel 1968 dà vita ai
“Quadri-manifesto”, cui fanno seguito, nel tempo, le “Ipo-pitture”, i “Nitro-raschiati” e altri cicli
pittorici improntati alla sperimentazione di nuove tecniche e materiali. Negli anni '90, quando
"l'angoscia dell'avanguardia si è attenuata", Simondo torna ad usare i pennelli e i pastelli,
producendo alcuni grandi polittici. Nell'ultimo decennio si dedica in prevalenza a lavori su carta
nei quali rivisita con freschezza inventiva i procedimenti già utilizzati cinquant'anni prima.
Come Serge Stauffer, Allan Kaprow, Nam June Paik e Asger Jorn, Piero Simondo può essere
considerato un pioniere dell'arte come ricerca.
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barberi@fondazionebottarilattes.it – 0173.789282
20
novembre 2014
La pittura dimenticata. Mario Lattes e l’Informale in Italia, tra gli anni ’50 e ’60
Dal 20 novembre 2014 al 31 gennaio 2015
arte contemporanea
Location
SPAZIO DON CHISCIOTTE
Torino, Via Della Rocca, 37, (Torino)
Torino, Via Della Rocca, 37, (Torino)
Orario di apertura
martedì- sabato ore 10.30-12.30 e 15.30-19.30
Vernissage
20 Novembre 2014, h 18
Ufficio stampa
CLP
Autore
Curatore