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La Quota Rosa. Narrazioni Muliebri
collettiva fotografica al femminile
Comunicato stampa
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Desinenza in “a” - Il femminile e l’arte
Ogni donna porta con sé una forza naturale ricca di doni creatori e creativi, di buoni istinti, di saperi ancestrali, custoditi nell’archetipo della “Donna selvaggia” descritta dalla psicanalista junghiana Clarissa Pinkola Estés nel suo celebre libro “Donne che corrono con i lupi”. Che, in realtà, è molto più di un libro: è un atto di amore nei confronti delle donne; un invito a riappropriasi del lessico femminile attingendo dal pozzo profondo dell’ essere, nella sua singolarità e pluralità; una spinta a riprendere in mano il filo della vita, a riscoprire la propria creatività, a tessere il senso del proprio stare al mondo.
Come? Attraverso atti creativi, con la danza, la meditazione, la scrittura, la pittura, il canto, la preghiera, il disegno, l'immaginazione attiva, la solitudine voluta e cercata. L’arte, nelle sue molteplici sfaccettature e possibilità espressive, è uno degli strumenti – non l’unico – che permettono alla donna di avvicinare il suo territorio – pubblico, privato e segreto - e trovare il contatto con la sua parte più profonda e autentica, con i mondi visibili ed invisibili.
Perché questo è il vero ritorno a casa.
L’arte è uno dei territori per esprimere la forza creativa delle donne. Artemisia Gentileschi, Sofonisba Anguissola, Tamara de Lempika, Frida Kahlo, Niki de Saint Phalle, Camille Claudel, Louise Bourgeois, Vanessa Beecroft, Angelica Kaufmann, Suzanne Valadon, Marianne Werefkin e tutte le altre, hanno sfidato pregiudizi e convenzioni per dedicare la loro vita all’arte. Arte, semplicemente arte, al di là dei paradigmi femminile/maschile che spesso limitano gli orizzonti dell’espressione e della fruizione dell’arte.
Eloquenti, in questo senso, le parole della pittrice americana Alice Neel: “All’arte non interessa se sei una donna o un uomo. Una cosa che devi avere è il talento. E devi lavorare”. Altre autrici del Novecento, come Dorothea Tanning o Niki de Saint Phalle, hanno ripetutamente sottolineato quanto sia scorretto pensare all’arte femminile come a qualcosa di separato da quella maschile.
Il rapporto donna-arte è un territorio ancora tutto da indagare. E le ragioni di questo bisogno di conoscenza sono di quelle che pesano. “Seppure le donne godano oggi di maggiore libertà espressiva – afferma Simona Bartolena, storica dell’arte e autrice della pubblicazione “Arte al femminile” – gli stereotipi e la ricerca di uno specifico sessuale ingombra ancora il campo ad una valutazione serena della creatività al femminile. (…) Se sono ancora necessari testi specifici e pubblicazioni dedicate alla questione, è proprio perché le donne hanno ancora bisogno di cercare la parità di considerazione da parte di critici e pubblico”.
Il sistema dell’arte è stato e continua ad essere un sistema patriarcale. Specialmente in passato, era dominante la concezione del genio creatore maschile e le istituzioni culturali sono sempre state dominate da uomini. Per secoli le donne sono dunque rimaste ai margini della storia dell’arte e la loro presenza è emersa in modo deciso solo negli ultimi anni. Le espressioni artistiche delle donne si sono manifestate in tutta la loro forza. Le donne dirigono musei, gallerie d’arte e assumono la direzione artistica di importanti eventi, come la Biennale di Venezia.
Un breve viaggio a ritroso nel tempo è però utile per meglio contestualizzare l’arte al femminile o il femminile nell’arte. Fino al XVIII secolo, per esempio, le donne non potevano accedere all'Accademia, e la loro libertà era molto limitata: non potevano studiare dal vero il nudo, non potevano applicarsi alle grandi tele e dedicarsi alla scultura. Le donne che volevano esprimersi dovevano muoversi nei perimetri ristretti - a loro concessi - dei ritratti familiari, delle miniature o della natura morta. Lo “spirito tutto femminile” che la critica ha più volte tentato di individuare e di attribuire, è dunque un falso. E’ invece vero che le donne artiste hanno spesso alle spalle una figura maschile impegnata in campo artistico.
La situazione cambia tra il Settecento e l’Ottocento: aumentano gli spazi a cui ambire e in cui muoversi, le Accademie aprono – o schiudono? - finalmente le porte alle donne. L’emancipazione si rafforza nel Novecento, con l’apertura delle avanguardie artistiche. Tuttavia, sottolineano numerosi storici e storiche dell’arte, molto spesso le donne delle avanguardie venivano considerate dai colleghi come muse affascinanti o oggetti erotici, ma raramente apprezzate per le loro qualità tecniche. E’ solo con l’affermazione dei linguaggi dirompenti successivi alla rivoluzione femminista, che le donne entrano in scena, occupano gli spazi, finalmente libere di esprimersi. Oltre le convenzioni, oltre i pregiudizi, senza timori di creare fratture, senza la rincorsa dei consensi.
Prendiamo in prestito, per compiere un passo avanti, queste valutazioni: “L'arte è arte, non ha sesso: il tipo di egualitarismo che viene messo in gioco ha molte sfaccettature, nasce dalla tendenza a misurarsi con i linguaggi, le tecniche e i materiali, con lo spirito del tempo e le committenze. Da questi confronti scaturisce l'esperienza stilistica, l'originalità, il manierismo o il rovesciamento della regola”.
L’arte, dunque, non ha davvero sesso? Anche su questo punto le donne sono divise. Elisa Coco, una delle fondatrici di “Comunicative, comunicazione di un certo genere” non è d’accordo. “C’è chi dice che l’arte non ha sesso. Noi questa cosa la contestiamo perché secondo noi l’arte, come tutte le altre forme di pensiero, di comunicazione, di relazione, ha un sesso. Perché ha un corpo, ha un’identità e una collocazione, quindi ha sicuramente un sesso e tanti generi, visto che il genere non si riduce ovviamente al sesso”
Sovvertire le regole? Crearne di nuove? Liberarsi dai ghetti? Rivendicare il diritto di poter non esistere come donne nell’istante in cui iniziano ad essere artiste? Andare oltre la differenza di genere femminile/maschile? La questione è culturale e filosofica. Ed è probabilmente andando oltre Le Quote Rosa – come controversa area identitaria del femminile, in cui riaffermare la propria appartenenza di genere – che sarà possibile l’affermazione della donna nella comunità degli esseri umani: come essere, persona, individuo, soggetto.
Risposte definitive non ce ne sono. E forse la forza delle donne è anche questa: fare degli interrogativi e della ricerca, il filo che tesse una nuova idea di femminile. Nell’arte. Nella vita.
Françoise Gehring
Febbraio 2007
03
marzo 2007
La Quota Rosa. Narrazioni Muliebri
Dal 03 marzo al 21 aprile 2007
fotografia
Location
FONDAZIONE PATRIZIO PATELLI
Locarno, Via Cittadella, 9, (Locarno)
Locarno, Via Cittadella, 9, (Locarno)
Orario di apertura
martedì e mercoledì dalle 8.30 alle 14.00
giovedì, venerdì e sabato dalle 08.30 alle 21
Vernissage
3 Marzo 2007, ore 18.30
Autore
Curatore