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La resistenza della pittura
La mostra riunisce “i tredici pittori italiani più stimati e conosciuti nel mondo. Apici, tutti, nei loro rispettivi versanti – astratto, figurativo, informale, fantastico”
Comunicato stampa
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Giovanni Faccenda
La resistenza della pittura
«Bisogna resistere alle mode,
rispettare a ogni costo ciò che si crede valido per sé,
e persino coltivare quello che ho sempre definito,
come i dandy del XIX secolo,
“il gusto aristocratico di non piacere”.»
Balthus
Dovremmo cominciare a chiamare «pittori» soltanto i pochi virtuosi rimasti a praticare un genere tra i più nobili e alti in cui possa manifestarsi l’ingegno umano: la pittura, appunto. Per l’ignoranza o la scaltrezza di coloro che continuano a non distinguere termini come arte e artigianato (e, dunque, a equivocare l’una per l’altro), ci troviamo dinanzi a una tale confusione di interpretazioni, spesso ridicole e bizzarre, al punto che chiunque usi un pennello e impasti, poco e male, dei colori su una tavolozza deve, a buon diritto, essere ritenuto un pittore. No, pittore non è un titolo o una qualifica di cui ci si possa fregiare facilmente, una definizione estemporanea per rendere esclusivo un biglietto da visita; pittore è un giudizio, laborioso e complesso, che esprime il riconoscimento di un talento.
Eppure, in questa lunga e buia notte della ragione, che insiste nell’arte degli ultimi cinquant’anni, nessuno è stato più avversato di chi ha scelto la pittura, osservando i medesimi ordini rimasti fondamentali nel susseguirsi dei secoli. Costoro, anzi, dopo essere stati a poco a poco emarginati da un certo «sistema» commerciale e curatoriale con miserabile disinteresse, si sono sentiti tacciare, persino, di utopie anacronistiche, come se dipingere – meglio, saper dipingere – fosse improvvisamente diventato fatto inutile e senza alcuna rilevanza.
In una simile deriva di valori, qualcuno, per dimostrare l’inattualità della pittura, ha azzardato audacemente riferimenti curiosi, asserendo – ad esempio – che se un tempo si percorrevano grandi distanze a piedi o a cavallo, oggi ci sono i treni dell’alta velocità: giusto, dunque, usare i pixel del computer al posto dei tradizionali pigmenti.
Un tempo, però, si scrivevano anche lunghe lettere a mano; ora, invece, ci sono gli sms e le mail. Difficile tuttavia credere che il fascino e l’emozione, per chi li riceve, siano identici.
Ma vien da chiedersi se conti ancora tutto questo, nell’arido deserto dell’insensibilità, ove dilagano, senza alcun ritegno, l’assurdo e il ridicolo, così ricorrenti e tronfi anche negli impoveriti scenari dell’arte. In antico e fino a mezzo secolo fa – ecco il sublime paradosso – l’artista si cimentava con opere difficilissime da compiere e semplicissime, poi, da comprendere nel loro esatto significato; oggi, nella maggior parte dei casi, accade indiscutibilmente il contrario.
Così, quasi appartenessero ormai a una specie protetta e in via d’estinzione, ho inteso radunare all’interno dell’attuale mostra, emblematicamente intitolata La resistenza della pittura, alcuni valorosi artefici che hanno mantenuto inalterato il proprio impegno, con apprezzabile coerenza, in difesa di questa disciplina vertiginosa e austera. Superando generi, stili, etichette, nonché le consuete definizioni, mi sono dunque concentrato sull’unico argomento – forse – che potessero condividere autori, in verità, tanto differenti fra loro: l’amore per la pittura. Li ho scelti, tutti, per il rigore con il quale è pervasa, di ognuno, l’intera attività e, nondimeno, la sapienza e l’estro insite in quello che mi è caro definire «il mirabile mestiere». Qualcuno noterà, legittimamente, talune assenze: ricordi il taglio critico, e non storico, di quelle che sono mie personali valutazioni.
Come italiano, in particolar modo, mi sento orgoglioso di queste tredici eccellenze che contribuiscono a tenere alto il vessillo della bella pittura – nostra luminosa e rinomata tradizione – in giro per il mondo: sordi ai proclami e alle mode, hanno resistito e tuttora resistono in silenzio alla superficialità, al cattivo gusto e alla menzogna. Meriterebbero per questo, soprattutto in patria, altro riconoscimento.
Penso, infine, a Dostoevskij. Nelle pagine de L’idiota, riscritte a Firenze, aggiunse: «La bellezza salverà il mondo». Era un ottimista. Spetta infatti al mondo salvare la bellezza. I pittori, «questi» pittori, vi concorrono, con la propria opera, da tempo.
Firenze, aprile 2014.
La resistenza della pittura
«Bisogna resistere alle mode,
rispettare a ogni costo ciò che si crede valido per sé,
e persino coltivare quello che ho sempre definito,
come i dandy del XIX secolo,
“il gusto aristocratico di non piacere”.»
Balthus
Dovremmo cominciare a chiamare «pittori» soltanto i pochi virtuosi rimasti a praticare un genere tra i più nobili e alti in cui possa manifestarsi l’ingegno umano: la pittura, appunto. Per l’ignoranza o la scaltrezza di coloro che continuano a non distinguere termini come arte e artigianato (e, dunque, a equivocare l’una per l’altro), ci troviamo dinanzi a una tale confusione di interpretazioni, spesso ridicole e bizzarre, al punto che chiunque usi un pennello e impasti, poco e male, dei colori su una tavolozza deve, a buon diritto, essere ritenuto un pittore. No, pittore non è un titolo o una qualifica di cui ci si possa fregiare facilmente, una definizione estemporanea per rendere esclusivo un biglietto da visita; pittore è un giudizio, laborioso e complesso, che esprime il riconoscimento di un talento.
Eppure, in questa lunga e buia notte della ragione, che insiste nell’arte degli ultimi cinquant’anni, nessuno è stato più avversato di chi ha scelto la pittura, osservando i medesimi ordini rimasti fondamentali nel susseguirsi dei secoli. Costoro, anzi, dopo essere stati a poco a poco emarginati da un certo «sistema» commerciale e curatoriale con miserabile disinteresse, si sono sentiti tacciare, persino, di utopie anacronistiche, come se dipingere – meglio, saper dipingere – fosse improvvisamente diventato fatto inutile e senza alcuna rilevanza.
In una simile deriva di valori, qualcuno, per dimostrare l’inattualità della pittura, ha azzardato audacemente riferimenti curiosi, asserendo – ad esempio – che se un tempo si percorrevano grandi distanze a piedi o a cavallo, oggi ci sono i treni dell’alta velocità: giusto, dunque, usare i pixel del computer al posto dei tradizionali pigmenti.
Un tempo, però, si scrivevano anche lunghe lettere a mano; ora, invece, ci sono gli sms e le mail. Difficile tuttavia credere che il fascino e l’emozione, per chi li riceve, siano identici.
Ma vien da chiedersi se conti ancora tutto questo, nell’arido deserto dell’insensibilità, ove dilagano, senza alcun ritegno, l’assurdo e il ridicolo, così ricorrenti e tronfi anche negli impoveriti scenari dell’arte. In antico e fino a mezzo secolo fa – ecco il sublime paradosso – l’artista si cimentava con opere difficilissime da compiere e semplicissime, poi, da comprendere nel loro esatto significato; oggi, nella maggior parte dei casi, accade indiscutibilmente il contrario.
Così, quasi appartenessero ormai a una specie protetta e in via d’estinzione, ho inteso radunare all’interno dell’attuale mostra, emblematicamente intitolata La resistenza della pittura, alcuni valorosi artefici che hanno mantenuto inalterato il proprio impegno, con apprezzabile coerenza, in difesa di questa disciplina vertiginosa e austera. Superando generi, stili, etichette, nonché le consuete definizioni, mi sono dunque concentrato sull’unico argomento – forse – che potessero condividere autori, in verità, tanto differenti fra loro: l’amore per la pittura. Li ho scelti, tutti, per il rigore con il quale è pervasa, di ognuno, l’intera attività e, nondimeno, la sapienza e l’estro insite in quello che mi è caro definire «il mirabile mestiere». Qualcuno noterà, legittimamente, talune assenze: ricordi il taglio critico, e non storico, di quelle che sono mie personali valutazioni.
Come italiano, in particolar modo, mi sento orgoglioso di queste tredici eccellenze che contribuiscono a tenere alto il vessillo della bella pittura – nostra luminosa e rinomata tradizione – in giro per il mondo: sordi ai proclami e alle mode, hanno resistito e tuttora resistono in silenzio alla superficialità, al cattivo gusto e alla menzogna. Meriterebbero per questo, soprattutto in patria, altro riconoscimento.
Penso, infine, a Dostoevskij. Nelle pagine de L’idiota, riscritte a Firenze, aggiunse: «La bellezza salverà il mondo». Era un ottimista. Spetta infatti al mondo salvare la bellezza. I pittori, «questi» pittori, vi concorrono, con la propria opera, da tempo.
Firenze, aprile 2014.
10
maggio 2014
La resistenza della pittura
Dal 10 maggio al 15 giugno 2014
arte contemporanea
Location
MUSEO CIVICO DI ASOLO – PALAZZO DELLA RAGIONE
Asolo, Via Regina Cornaro, 74, (Treviso)
Asolo, Via Regina Cornaro, 74, (Treviso)
Biglietti
4 euro
Orario di apertura
Venerdì: h. 15 – 19. Sabato e domenica: h 10 – 19.
Vernissage
10 Maggio 2014, h 16.30
Editore
MONDADORI
Autore
Curatore