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La stanza di Agostino Goldani
La stanza di Agostino Goldani alla Galleria Maroncelli 12 di Milano, unica galleria milanese che si occupa di Arte Irregolare, inaugura con una cinquantina circa di opere (in prevalenza a olio, o tecnica mista) rappresentative di un autore, riconosciuto come uno dei maestri di art brut italiani.
Comunicato stampa
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La galleria Maroncelli 12 continua nel suo percorso di valorizzazione degli artisti marginali, diversi, irregolari. Il 14 novembre inaugura la mostra “La stanza di Agostino Goldani”, una cinquantina circa di opere (in prevalenza a olio, o tecnica mista) rappresentative di un autore, riconosciuto come uno dei maestri dell’outsider art italiana.
Agostino Goldani, o “Roso” (come lo chiamavano i familiari in ricordo della sorella primogenita, morta quando lui era in grembo a sua madre) nasce a Verolanuova (Brescia) il 16 novembre 1915; frequenta la scuola fino alla IV classe. Per ristrettezze economiche a 18 anni parte volontario, insieme con altri due fratelli, per la guerra d’Africa, in Libia. Dal ’37 lavora alle acciaierie Tempini di Brescia. Qui rimane coinvolto in un bombardamento aereo nel ‘43 che lo fa sprofondare in una crisi emotiva tale da perdere il lavoro perché non riesce più a stare in un ambiente chiuso. Nel ’40 conosce Dionisia Bandera che sposerà nel ’43 e dalla quale avrà quattro figli tutti morti appena nati. Per tre anni prova a fare il commerciante di vino ma il progressivo manifestarsi di malattie somatiche gli impedisce ogni genere di attività lavorativa e lo allontana da quelle poche relazioni sociali rimaste, tanto che la moglie è costretta a lavorare per la sopravvivenza della famiglia. Nel 1970 i coniugi si trasferiscono a Remedello (Brescia).
Lui, considerato strambo e sfaccendato dai paesani, si rinchiude in una stanzetta dove comincia a dipingere centinaia di fogli, utilizzando carta di recupero, biglietti di auguri, fogli di calendario, cartoncini da scatole di detersivo, spesso fronte-retro (di dimensioni ridotte, da formati cm 3x3 a cm 40x20; la maggior parte misura cm 20x10). Per quasi trent’anni, prima di morire nel 1977 in un ospedale psichiatrico di Brescia (nel suo unico ricovero), Goldani dipinge nel chiuso di una stanza in cui nessuno poteva entrare a eccezione di Sandrino, un bambino figlio di vicini di casa. Su numerose opere scrive Arte disperata dando la dimensione del bisogno esistenziale di esprimersi con i colori e la pittura, unico canale attraverso cui raccontare la propria angoscia interiore. Ritratti muti o straniati, gruppi di figure accavallate una sull’altra e incapaci di comunicare tra loro, donne aggressive e animali antropomorfi, paesaggi ossessivi e inquietanti: la scoperta della pittura arriva per Roso (soprannome con cui l’artista firma molte opere) come una liberazione dall’ipocondria che lo aveva assalito al termine di una vita segnata dalla sofferenza e dalla difficoltà di reinserimento nella vita sociale.
È proprio in quella stanzetta nella casa di Remedello che Sergio Perini nel 1978, allora studente di medicina, trova le opere di Goldani, gli dedica la sua tesi di laurea e contribuisce alla rivalutazione postuma dell’artista anche attraverso la realizzazione di un volume-studio L’Arte disperata di Agostino Goldani (Marco Serra Tarantola editore). Silvana Crescini nell’introduzione al libro scrive: Quei dipinti erano l’espressione di un’arte autentica, il frutto di un processo introspettivo in grado di stabilire una profonda comunicazione e, contemporaneamente, erano il mezzo con cui quest’uomo, superando le sue manie, la sua angoscia e la sua disperazione era riuscito a far emergere le pulsioni dell’inconscio, raggiungendo una forma di catarsi e di redenzione alla quotidianità; ma insieme a tutto questo, quei dipinti erano il risultato di una capacità pittorica straordinaria, come quella che si ottiene dopo un lungo esercizio di teoria e di pratica. Mentre Perini afferma: Un uomo che aveva la consapevolezza di esprimere tramite la pittura le sue esperienze emotive conflittuali e, spesso, angoscianti. Ciò lo portava ad essere estremamente geloso di ciò che produceva, tanto da non proporre la visione di tali opere a nessuno se non a pochi intimi.
Inoltre martedì 25 novembre alle 18 e 30 la galleria Maroncelli 12 propone un incontro, o dialogo sull’autore, con Bianca Tosatti, direttrice del MAImuseo e Silvana Crescini, artista e fondatrice dell’Atelier di pittura dell’O.P.G. di Castiglione delle Stiviere, dal titolo Roso, Goldani, Golda, Gol-Dani: Dipingo dunque sono.
Agostino Goldani, o “Roso” (come lo chiamavano i familiari in ricordo della sorella primogenita, morta quando lui era in grembo a sua madre) nasce a Verolanuova (Brescia) il 16 novembre 1915; frequenta la scuola fino alla IV classe. Per ristrettezze economiche a 18 anni parte volontario, insieme con altri due fratelli, per la guerra d’Africa, in Libia. Dal ’37 lavora alle acciaierie Tempini di Brescia. Qui rimane coinvolto in un bombardamento aereo nel ‘43 che lo fa sprofondare in una crisi emotiva tale da perdere il lavoro perché non riesce più a stare in un ambiente chiuso. Nel ’40 conosce Dionisia Bandera che sposerà nel ’43 e dalla quale avrà quattro figli tutti morti appena nati. Per tre anni prova a fare il commerciante di vino ma il progressivo manifestarsi di malattie somatiche gli impedisce ogni genere di attività lavorativa e lo allontana da quelle poche relazioni sociali rimaste, tanto che la moglie è costretta a lavorare per la sopravvivenza della famiglia. Nel 1970 i coniugi si trasferiscono a Remedello (Brescia).
Lui, considerato strambo e sfaccendato dai paesani, si rinchiude in una stanzetta dove comincia a dipingere centinaia di fogli, utilizzando carta di recupero, biglietti di auguri, fogli di calendario, cartoncini da scatole di detersivo, spesso fronte-retro (di dimensioni ridotte, da formati cm 3x3 a cm 40x20; la maggior parte misura cm 20x10). Per quasi trent’anni, prima di morire nel 1977 in un ospedale psichiatrico di Brescia (nel suo unico ricovero), Goldani dipinge nel chiuso di una stanza in cui nessuno poteva entrare a eccezione di Sandrino, un bambino figlio di vicini di casa. Su numerose opere scrive Arte disperata dando la dimensione del bisogno esistenziale di esprimersi con i colori e la pittura, unico canale attraverso cui raccontare la propria angoscia interiore. Ritratti muti o straniati, gruppi di figure accavallate una sull’altra e incapaci di comunicare tra loro, donne aggressive e animali antropomorfi, paesaggi ossessivi e inquietanti: la scoperta della pittura arriva per Roso (soprannome con cui l’artista firma molte opere) come una liberazione dall’ipocondria che lo aveva assalito al termine di una vita segnata dalla sofferenza e dalla difficoltà di reinserimento nella vita sociale.
È proprio in quella stanzetta nella casa di Remedello che Sergio Perini nel 1978, allora studente di medicina, trova le opere di Goldani, gli dedica la sua tesi di laurea e contribuisce alla rivalutazione postuma dell’artista anche attraverso la realizzazione di un volume-studio L’Arte disperata di Agostino Goldani (Marco Serra Tarantola editore). Silvana Crescini nell’introduzione al libro scrive: Quei dipinti erano l’espressione di un’arte autentica, il frutto di un processo introspettivo in grado di stabilire una profonda comunicazione e, contemporaneamente, erano il mezzo con cui quest’uomo, superando le sue manie, la sua angoscia e la sua disperazione era riuscito a far emergere le pulsioni dell’inconscio, raggiungendo una forma di catarsi e di redenzione alla quotidianità; ma insieme a tutto questo, quei dipinti erano il risultato di una capacità pittorica straordinaria, come quella che si ottiene dopo un lungo esercizio di teoria e di pratica. Mentre Perini afferma: Un uomo che aveva la consapevolezza di esprimere tramite la pittura le sue esperienze emotive conflittuali e, spesso, angoscianti. Ciò lo portava ad essere estremamente geloso di ciò che produceva, tanto da non proporre la visione di tali opere a nessuno se non a pochi intimi.
Inoltre martedì 25 novembre alle 18 e 30 la galleria Maroncelli 12 propone un incontro, o dialogo sull’autore, con Bianca Tosatti, direttrice del MAImuseo e Silvana Crescini, artista e fondatrice dell’Atelier di pittura dell’O.P.G. di Castiglione delle Stiviere, dal titolo Roso, Goldani, Golda, Gol-Dani: Dipingo dunque sono.
14
novembre 2014
La stanza di Agostino Goldani
Dal 14 novembre al 19 dicembre 2014
arte moderna e contemporanea
Location
MARONCELLI 12
Milano, Via Pietro Maroncelli, 12, (Milano)
Milano, Via Pietro Maroncelli, 12, (Milano)
Orario di apertura
Da martedì a venerdì 12.00-19.30; o su appuntamento (335 8403484)
Vernissage
14 Novembre 2014, 18.30
Autore