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la Zona
Nel suo lavoro, Castagnetti tenta di dissipare e liberare i sentimenti di inquietudine che nascono dall’affrontare la quotidianità. L’artista ridisegna i suoi sentimenti verso la realtà: il corpo e la mente, e la relazione tra i due, diventano elementi centrali.
Comunicato stampa
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Al tempo in cui le macchine risultano fastidiosamente vivaci e noi spaventosamente inerti, Ambra Castagnetti confonde i confini che ci separano da esse, scatenando il fervore della complessità sull’apocalisse della logica binaria.
Le sue sculture si presentano come figure che sconvolgono deliberatamente, e in maniera piuttosto spudorata, la logica speculare degli opposti (natura/artificio, umano/animale, maschile/femminile, bene/male) su cui si basa l’arroganza intellettuale del genere umano, il quale non crede più a nulla che non sia comprovabile scientificamente e, anzi, ha terrore del proprio desiderio.
Queste presenze mutaforma non sono perfette o immortali, non vivono una pacifica utopia e non ambiscono a farlo. La loro corazza metallica rivela la loro essenza debole, ma durevole. Sono un appello alla fragilità come principio dell’esistenza. La debolezza è potenza, e la forza è niente.
Da generazioni il corpo trasformato, grottesco e indecifrabile è celebrato nelle sottoculture sovversive come una risposta al conformismo sociale del corpo sano, bello, pulito e perfettamente inserito nei modelli sociali predefiniti. È contro questa standardizzazione dei corpi, e contro il perbenismo e la dignità di coloro che sono sempre dalla parte della ragione e mai in quella del torto, che insorge il mito del Cyborg in tutto il suo mostruoso splendore. Composto da “cyb” che sta per cyber – dal greco kybernàn, che significa pilotare – e “org” che sta per organism, il Cyborg è una lettura innovativa non solo del corpo, non solo delle macchine, ma di quello che passa e succede tra di loro.
Incorporando consciamente la violenza e l’ingiustizia inflitta sui loro corpi ibridi, questi organismi chimerici sono in grado di generare una sorta di consapevolezza liberatoria. E per mezzo di un linguaggio “non innocente”, invitano ad abbandonare l’eccezionalismo umano in favore di un pensiero laterale, decentrato e tentacolare. Si aprono così al rischio di connessioni e contaminazioni eterogenee. È un altro approccio, secondo il quale la magia e la scienza, il simbolico e il concreto, il tecnocratico e il politicamente impegnato non solo possono, ma devono lavorare insieme.
Ne la Zona saperi ancestrali e progresso tecnologico si compenetrano, perciò la temporalità non è lineare: il futuro non si allontana inesorabilmente dal passato, ma, come in una spirale, lo protegge, lo circonda, lo ricombina e lo reinterpreta. La Zona è un territorio di confine, e i margini sono sempre piacevolmente trafficati, ma abitarli è una pratica rischiosa. Sono soglie per la proliferazione delle differenze. Qui nessuno vive ovunque; tutti vivono da qualche parte. Niente è connesso a tutto. Tutto è connesso a qualcosa.
Ambra Castagnetti ci parla dunque di confini trasgrediti, di potenti fusioni e di rischiose possibilità,
e ci ricorda che fatti e favole hanno bisogno gli uni delle altre. Ci guida in un percorso che porta da una società mortifera e incredibilmente noiosa ad un sistema imprevedibile e polimorfo. Da tutto lavoro a tutto divertimento, un gioco mortale; Donna Haraway lo definisce mondeggiare (worlding), ovvero il farsi comune del mondo.
Francesco Scalas
Le sue sculture si presentano come figure che sconvolgono deliberatamente, e in maniera piuttosto spudorata, la logica speculare degli opposti (natura/artificio, umano/animale, maschile/femminile, bene/male) su cui si basa l’arroganza intellettuale del genere umano, il quale non crede più a nulla che non sia comprovabile scientificamente e, anzi, ha terrore del proprio desiderio.
Queste presenze mutaforma non sono perfette o immortali, non vivono una pacifica utopia e non ambiscono a farlo. La loro corazza metallica rivela la loro essenza debole, ma durevole. Sono un appello alla fragilità come principio dell’esistenza. La debolezza è potenza, e la forza è niente.
Da generazioni il corpo trasformato, grottesco e indecifrabile è celebrato nelle sottoculture sovversive come una risposta al conformismo sociale del corpo sano, bello, pulito e perfettamente inserito nei modelli sociali predefiniti. È contro questa standardizzazione dei corpi, e contro il perbenismo e la dignità di coloro che sono sempre dalla parte della ragione e mai in quella del torto, che insorge il mito del Cyborg in tutto il suo mostruoso splendore. Composto da “cyb” che sta per cyber – dal greco kybernàn, che significa pilotare – e “org” che sta per organism, il Cyborg è una lettura innovativa non solo del corpo, non solo delle macchine, ma di quello che passa e succede tra di loro.
Incorporando consciamente la violenza e l’ingiustizia inflitta sui loro corpi ibridi, questi organismi chimerici sono in grado di generare una sorta di consapevolezza liberatoria. E per mezzo di un linguaggio “non innocente”, invitano ad abbandonare l’eccezionalismo umano in favore di un pensiero laterale, decentrato e tentacolare. Si aprono così al rischio di connessioni e contaminazioni eterogenee. È un altro approccio, secondo il quale la magia e la scienza, il simbolico e il concreto, il tecnocratico e il politicamente impegnato non solo possono, ma devono lavorare insieme.
Ne la Zona saperi ancestrali e progresso tecnologico si compenetrano, perciò la temporalità non è lineare: il futuro non si allontana inesorabilmente dal passato, ma, come in una spirale, lo protegge, lo circonda, lo ricombina e lo reinterpreta. La Zona è un territorio di confine, e i margini sono sempre piacevolmente trafficati, ma abitarli è una pratica rischiosa. Sono soglie per la proliferazione delle differenze. Qui nessuno vive ovunque; tutti vivono da qualche parte. Niente è connesso a tutto. Tutto è connesso a qualcosa.
Ambra Castagnetti ci parla dunque di confini trasgrediti, di potenti fusioni e di rischiose possibilità,
e ci ricorda che fatti e favole hanno bisogno gli uni delle altre. Ci guida in un percorso che porta da una società mortifera e incredibilmente noiosa ad un sistema imprevedibile e polimorfo. Da tutto lavoro a tutto divertimento, un gioco mortale; Donna Haraway lo definisce mondeggiare (worlding), ovvero il farsi comune del mondo.
Francesco Scalas
19
maggio 2023
la Zona
Dal 19 maggio al 26 luglio 2023
arte contemporanea
Location
GALLERIA FRANCESCA MININI
Milano, Via Massimiano, 25, (Milano)
Milano, Via Massimiano, 25, (Milano)
Orario di apertura
Martedì-Sabato
11:00-19:00
Vernissage
18 Maggio 2023, 18:00-21:00
Sito web
Autore