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Laboratorio Saccardi – Ionico Ionico Ionico
prima mostra di scultura del laboratorio Saccardi
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Ai detrattori del lavoro solo apparentemente facile di Laboratorio
Saccardi qui si replica con la subcultura di un linguaggio smarcato dai
confini di cosa e’ possibile dire come e’ necessario dirlo.
Dall’esecuzione ludica alla sintesi dell’arte classica e del suo stile la
mostra “Ionico Ionico Ionico”, porta dritto alla sinossi di un recente
documentario (a cura di Elena del Drago) che esiste realmente e supera la
realtà. Cattelan è morto, viva Cattelan. Il giudizio, al solito, è
totalmente affidato alle mani del pubblico e ai diretti interessati. Come
in un talk show.
Nella direzione intrapresa dal supremo artista italiano, i Saccardi da
tempo avevano ideato una finta lapide per dichiarare a modo loro idolatria
attraverso la leggenda della sua dipartita nelle colline hollywoodiane
prevista nel 2007. La messa in atto di una finta iscrizione funeraria
punta a delegittimare gli stessi codici del modello a cui si guarda.
Affrontare il tema dell’immortalita’ con l’assunzione al ruolo di icona è
l’idea di partenza.
Il progetto site-specific nello spazio aka prende quale spunto la colonna
centrale, altre volte usata come schermo per proiezioni di skaters,
circondata di fotografie, o incamerata da una poltrona vittoriana. La
richiesta specifica di “una mostra di sculture“ li trova impegnati a
contestualizzare Padre Pio, Madre Teresa e Pinocchio che abbraccia la
colonna in questione dopo un colpo infertogli nella schiena con lo
strumento che di fatto lo ha generato. E ancora, una freccia trafigge il
muro, una spada troneggia nel cemento a presa rapida come fosse piantata
nella roccia; al posto della versione nano, un venerato device come l’iPod
gigante dichiara prevalente la valenza dell’oggetto e non tanto il
fanatismo intorno ad esso.
Laboratorio Saccardi sceglie di accentuare l’energia che trapassa
nell’atto artistico e ricostruisce soggettivamente il senso dell’opera
alla Roland Barthes. Non si capisce perché serva un curatore. Ogni giorno
nella loro cucina-studio-pensatoio di Palermo si consulta l’oracolo,
ovvero si rivolge una domanda al televisore spento. Acceso su un canale a
caso, fornisce a tutti, sempre, una risposta. Imprevista e calzante.
Certamente provocano chi sa riconoscere la provocazione, e sapendo di non
contraddirsi eleggono comunque la tv a paradigma.
Questa totale irriverenza ai canoni è la cifra che li inscrive nella scia
di artisti che si concedono tutto. Chissà se pensano a Tino Sehgal e
Rirkit Tiravanija i Laboratorio Saccardi quando si ergono a neo performer
e ingaggiano una immediata risposta del pubblico. Sia essa positiva o
negativa poco importa.
È tuttora concesso museificare reperti o sospendere in formaldeide l’opera
di Hirst con un trattamento-matrioska? Nella misura in cui allude al culto
della totale disinibizione, l’idolatria degli oggetti può esistere ancora
dopo le statuine barocche di Jeff Koons? Il lessico e le didascalie delle
opere è volutamente post Steinbach? I Saccardi in realtà hanno presente
cosa è già stato fatto, sanno che Manzoni firmava persone come fossero
sculture viventi, conoscono i bachi da setola di Pino Pascali e sanno chi
dover omaggiare quando usano il paradosso nei titoli.
Quella che Doug Coupland definì Gen-X superava con individualismo e
imprevedibilita’ ogni tipo di culto della tecnologia quotidiana. Tale è la
familiarità con le notizie di cronaca da renderle plateali e scavallare la
realtà con la fiction della fiction.
In realtà la chiave di lettura è un’altra. L’opera vera sono le loro
conversazioni, la modalità sociale di approccio con il prossimo, la
ripetizione di moduli linguistici sempre identici, l’ideazione continua di
progetti per il futuro. La loro impulsiva creativita’ domestica denuncia
quel che vede e conosce, trova assurdo chi arriva in taxi ai centri
sociali e rivendica la verità delle periferie ancora intonse, inneggia ai
ritmi umani al posto della frenesia esistenziale e rifugge i cortocircuiti
artistici senza scomodare utopie e ipocrisie, in favore di un oracolo
quotidiano. La televisione è un mezzo per conoscere i meccanismi a cui
sempre piu’ si attiene la maggioranza. E capovolgerli.
Raffaella Guidobono
“Ionico ionico ionico è la prima mostra di scultura del Laboratorio
Saccardi, una mostra post-materna e ionizzata dai tratti prevalentemente
casalinghi, dove le opere stesse ci hanno chiesto insistemente di essere
realizzate. Finalmente una mostra banale e scontata, che cita modi diversi
di provocare, in maniera sgrammaticata, in una deriva del
linguaggio che è ormai tipica del nostro tempo”(...). (laboratorio Saccardi)
Saccardi qui si replica con la subcultura di un linguaggio smarcato dai
confini di cosa e’ possibile dire come e’ necessario dirlo.
Dall’esecuzione ludica alla sintesi dell’arte classica e del suo stile la
mostra “Ionico Ionico Ionico”, porta dritto alla sinossi di un recente
documentario (a cura di Elena del Drago) che esiste realmente e supera la
realtà. Cattelan è morto, viva Cattelan. Il giudizio, al solito, è
totalmente affidato alle mani del pubblico e ai diretti interessati. Come
in un talk show.
Nella direzione intrapresa dal supremo artista italiano, i Saccardi da
tempo avevano ideato una finta lapide per dichiarare a modo loro idolatria
attraverso la leggenda della sua dipartita nelle colline hollywoodiane
prevista nel 2007. La messa in atto di una finta iscrizione funeraria
punta a delegittimare gli stessi codici del modello a cui si guarda.
Affrontare il tema dell’immortalita’ con l’assunzione al ruolo di icona è
l’idea di partenza.
Il progetto site-specific nello spazio aka prende quale spunto la colonna
centrale, altre volte usata come schermo per proiezioni di skaters,
circondata di fotografie, o incamerata da una poltrona vittoriana. La
richiesta specifica di “una mostra di sculture“ li trova impegnati a
contestualizzare Padre Pio, Madre Teresa e Pinocchio che abbraccia la
colonna in questione dopo un colpo infertogli nella schiena con lo
strumento che di fatto lo ha generato. E ancora, una freccia trafigge il
muro, una spada troneggia nel cemento a presa rapida come fosse piantata
nella roccia; al posto della versione nano, un venerato device come l’iPod
gigante dichiara prevalente la valenza dell’oggetto e non tanto il
fanatismo intorno ad esso.
Laboratorio Saccardi sceglie di accentuare l’energia che trapassa
nell’atto artistico e ricostruisce soggettivamente il senso dell’opera
alla Roland Barthes. Non si capisce perché serva un curatore. Ogni giorno
nella loro cucina-studio-pensatoio di Palermo si consulta l’oracolo,
ovvero si rivolge una domanda al televisore spento. Acceso su un canale a
caso, fornisce a tutti, sempre, una risposta. Imprevista e calzante.
Certamente provocano chi sa riconoscere la provocazione, e sapendo di non
contraddirsi eleggono comunque la tv a paradigma.
Questa totale irriverenza ai canoni è la cifra che li inscrive nella scia
di artisti che si concedono tutto. Chissà se pensano a Tino Sehgal e
Rirkit Tiravanija i Laboratorio Saccardi quando si ergono a neo performer
e ingaggiano una immediata risposta del pubblico. Sia essa positiva o
negativa poco importa.
È tuttora concesso museificare reperti o sospendere in formaldeide l’opera
di Hirst con un trattamento-matrioska? Nella misura in cui allude al culto
della totale disinibizione, l’idolatria degli oggetti può esistere ancora
dopo le statuine barocche di Jeff Koons? Il lessico e le didascalie delle
opere è volutamente post Steinbach? I Saccardi in realtà hanno presente
cosa è già stato fatto, sanno che Manzoni firmava persone come fossero
sculture viventi, conoscono i bachi da setola di Pino Pascali e sanno chi
dover omaggiare quando usano il paradosso nei titoli.
Quella che Doug Coupland definì Gen-X superava con individualismo e
imprevedibilita’ ogni tipo di culto della tecnologia quotidiana. Tale è la
familiarità con le notizie di cronaca da renderle plateali e scavallare la
realtà con la fiction della fiction.
In realtà la chiave di lettura è un’altra. L’opera vera sono le loro
conversazioni, la modalità sociale di approccio con il prossimo, la
ripetizione di moduli linguistici sempre identici, l’ideazione continua di
progetti per il futuro. La loro impulsiva creativita’ domestica denuncia
quel che vede e conosce, trova assurdo chi arriva in taxi ai centri
sociali e rivendica la verità delle periferie ancora intonse, inneggia ai
ritmi umani al posto della frenesia esistenziale e rifugge i cortocircuiti
artistici senza scomodare utopie e ipocrisie, in favore di un oracolo
quotidiano. La televisione è un mezzo per conoscere i meccanismi a cui
sempre piu’ si attiene la maggioranza. E capovolgerli.
Raffaella Guidobono
“Ionico ionico ionico è la prima mostra di scultura del Laboratorio
Saccardi, una mostra post-materna e ionizzata dai tratti prevalentemente
casalinghi, dove le opere stesse ci hanno chiesto insistemente di essere
realizzate. Finalmente una mostra banale e scontata, che cita modi diversi
di provocare, in maniera sgrammaticata, in una deriva del
linguaggio che è ormai tipica del nostro tempo”(...). (laboratorio Saccardi)
15
dicembre 2006
Laboratorio Saccardi – Ionico Ionico Ionico
Dal 15 dicembre 2006 al 30 gennaio 2007
arte contemporanea
Location
AKA
Roma, Via Dei Cartari, 11, (Roma)
Roma, Via Dei Cartari, 11, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 16-19,30
Vernissage
15 Dicembre 2006, ore 18.30
Autore
Curatore