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Ladder to the moon
Ladder to the Moon è il titolo scelto per questa mostra che vede una partecipazione tutta al femminile: Lula Broglio, Marta Roberti, Giulia Mangoni ed Eugenia Mussa
Comunicato stampa
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Ladder to the Moon è il titolo di un dipinto realizzato da Georgia O’ Keefe nel 1958, conservato al Whitney Museum di New York. Viene considerato per lo più un dipinto astratto, ma di astratto non ha assolutamente nulla. Sullo sfondo di un cielo latteo/acquamarina si staglia una rudimentale scala tesa verso un quarto di luna; molto basso, quasi un accenno, il paesaggio di Gost Ranch, nel New Mexico, con la montagna Pedestal. E’ un dipinto fortemente evocativo, essenziale, primitivo, quasi mistico. Si legge che nella cultura del Pueblo, che la O’ Keefe ha studiato a lungo, la luna rappresentava il congiungimento con le forze ancestrali e superiori.
E’ una visione potente, ambiziosa. In un qualche modo simboleggia il tendere verso un qualcosa e rappresenta lo strumento per farlo. Ladder to the Moon è anche il titolo scelto per questa nuova mostra da Monitor, che vede una partecipazione tutta al femminile, dopo la mostra romana del 2019 If It is Untouchable it is not beautiful: Lula Broglio, Marta Roberti, Giulia Mangoni ed Eugenia Mussa sono le protagoniste di questa nuova mostra collettiva.
I passetti felpati di un levriero in un cappottino azzurro attraversano le strade del centro di una Torino deserta mentre l’artista compie una delle sue passeggiate notturne. Il cane cammina da solo, senza il suo padrone, ma con passo sicuro e sostenuto tanto da non sembrare affatto smarrito ma più, se vogliamo, un’epifania, un’apparizione misteriosa e magica. Voom Voom di Lula Broglio (Sanremo, 1993) apre la mostra, con la sua atmosfera surreale, i colori accesi, traslazione di una città che si inizia ad esplorare senza appartenervi e in cui ci si sente “come un palazzo degli anni Cinquanta, quelli con i lampadari di vetro, grandi e squadrati, che quando ci passi sotto hai paura che ti caschino in testa […] quegli edifici con gli ingressi ricercati, accoglienti e silenziosissimi con quella moquette fanè e polverosa, ma nonostante tutto con un bel colore vivace e felice (ATPdiary, 2020)”.
Nella stessa stanza, fanno da contraltare dei piccoli, squillanti camei di Eugenia Mussa (Maputo, Mozambique 1978) artista di origine africana ma di stanza a Lisbona, che usa immagini tratte da filmati amatoriali di varia provenienza e periodo - famiglie in piscina, signore ad una parata, cheerleaders, giocatori di golf - trasformandole attraverso l’uso di colori fluo, in scene di appagante tranquillità. Colori che, fugacemente portati dalla televisione o dalle riviste allo sguardo dell’artista bambina, contrastavano il grigiore di una vita in un paese tormentato dalle guerre civili, rappresentando l’unico mezzo di comunicazione con la normalità.
Marta Roberti (Brescia 1977) negli ultimi sette anni, ha compiuto diversi viaggi in Oriente, dimorando principalmente a Taiwan. Più volte l’artista nelle sue interviste ricorda di aver lasciato molto presto i luoghi della sua infanzia, i cui paesaggi e natura ritornano spesso nei suoi lavori frammisti alle suggestioni delle atmosfere taiwanesi. Nelle sue opere Roberti indaga il rapporto tra Occidente ed Oriente ed in particolare modo “come l’identità occidentale si costituisca a partire da ciò che ritiene essere altro da sé: dagli animali alla natura, a tutto quello che è considerato diverso ed esotico (Roberti)”. In Ladder to the Moon sono esposti grandi disegni - il disegno è il medium più congeniale all’artista - in cui nudi femminili assumono pose legate alla meditazione yoga e alle asane ed ispirate al mondo animale, cui questa forma di meditazione si ispira per ritrovare uno stato di grazia.
L’italo-brasiliana Giulia Mangoni (Isola del Liri, 1991) dopo un decennio in Brasile torna nella sua cittadina natale, riprendendo il legame con “le storie e le mitologie rurali, feudali e postidustriali, utilizzando dispositivi rappresentativi come un modo per metabolizzare e negoziare queste influenze stratificate (Mangoni)”. Le opere esposte in galleria, vedono il recupero di antiche iconografie locali sotto forma di statuette decorative, realizzate da un artigiano di Sora con il quale l’artista ha uno scambio durevole e costante. Le immagini, quasi primitive, si uniscono ad una componente propria nella carnosità della pittura sudamericana in alcune pennellate, nel cesello degli abiti e dello sfondo.
Ladder to the Moon può esser interpretata come una indagine, parziale, appena accennata, ed assolutamente non esaustiva del panorama che riguarda la pittura figurativa attuale ed alcune delle artiste che lo rappresentano. Artiste appartenenti a diverse generazioni e provenienze culturali. Artiste apparentemente molto diverse, per tecnica pittorica e genesi del lavoro ma accomunate da un’unica tensione che sottende la ricerca dell’altro da se, delle memorie ancestrali od oniriche, o semplicemente, appartenenti alla storia di un passato ignoto e lontano ma che viene sublimata e fatta propria.
E’ una visione potente, ambiziosa. In un qualche modo simboleggia il tendere verso un qualcosa e rappresenta lo strumento per farlo. Ladder to the Moon è anche il titolo scelto per questa nuova mostra da Monitor, che vede una partecipazione tutta al femminile, dopo la mostra romana del 2019 If It is Untouchable it is not beautiful: Lula Broglio, Marta Roberti, Giulia Mangoni ed Eugenia Mussa sono le protagoniste di questa nuova mostra collettiva.
I passetti felpati di un levriero in un cappottino azzurro attraversano le strade del centro di una Torino deserta mentre l’artista compie una delle sue passeggiate notturne. Il cane cammina da solo, senza il suo padrone, ma con passo sicuro e sostenuto tanto da non sembrare affatto smarrito ma più, se vogliamo, un’epifania, un’apparizione misteriosa e magica. Voom Voom di Lula Broglio (Sanremo, 1993) apre la mostra, con la sua atmosfera surreale, i colori accesi, traslazione di una città che si inizia ad esplorare senza appartenervi e in cui ci si sente “come un palazzo degli anni Cinquanta, quelli con i lampadari di vetro, grandi e squadrati, che quando ci passi sotto hai paura che ti caschino in testa […] quegli edifici con gli ingressi ricercati, accoglienti e silenziosissimi con quella moquette fanè e polverosa, ma nonostante tutto con un bel colore vivace e felice (ATPdiary, 2020)”.
Nella stessa stanza, fanno da contraltare dei piccoli, squillanti camei di Eugenia Mussa (Maputo, Mozambique 1978) artista di origine africana ma di stanza a Lisbona, che usa immagini tratte da filmati amatoriali di varia provenienza e periodo - famiglie in piscina, signore ad una parata, cheerleaders, giocatori di golf - trasformandole attraverso l’uso di colori fluo, in scene di appagante tranquillità. Colori che, fugacemente portati dalla televisione o dalle riviste allo sguardo dell’artista bambina, contrastavano il grigiore di una vita in un paese tormentato dalle guerre civili, rappresentando l’unico mezzo di comunicazione con la normalità.
Marta Roberti (Brescia 1977) negli ultimi sette anni, ha compiuto diversi viaggi in Oriente, dimorando principalmente a Taiwan. Più volte l’artista nelle sue interviste ricorda di aver lasciato molto presto i luoghi della sua infanzia, i cui paesaggi e natura ritornano spesso nei suoi lavori frammisti alle suggestioni delle atmosfere taiwanesi. Nelle sue opere Roberti indaga il rapporto tra Occidente ed Oriente ed in particolare modo “come l’identità occidentale si costituisca a partire da ciò che ritiene essere altro da sé: dagli animali alla natura, a tutto quello che è considerato diverso ed esotico (Roberti)”. In Ladder to the Moon sono esposti grandi disegni - il disegno è il medium più congeniale all’artista - in cui nudi femminili assumono pose legate alla meditazione yoga e alle asane ed ispirate al mondo animale, cui questa forma di meditazione si ispira per ritrovare uno stato di grazia.
L’italo-brasiliana Giulia Mangoni (Isola del Liri, 1991) dopo un decennio in Brasile torna nella sua cittadina natale, riprendendo il legame con “le storie e le mitologie rurali, feudali e postidustriali, utilizzando dispositivi rappresentativi come un modo per metabolizzare e negoziare queste influenze stratificate (Mangoni)”. Le opere esposte in galleria, vedono il recupero di antiche iconografie locali sotto forma di statuette decorative, realizzate da un artigiano di Sora con il quale l’artista ha uno scambio durevole e costante. Le immagini, quasi primitive, si uniscono ad una componente propria nella carnosità della pittura sudamericana in alcune pennellate, nel cesello degli abiti e dello sfondo.
Ladder to the Moon può esser interpretata come una indagine, parziale, appena accennata, ed assolutamente non esaustiva del panorama che riguarda la pittura figurativa attuale ed alcune delle artiste che lo rappresentano. Artiste appartenenti a diverse generazioni e provenienze culturali. Artiste apparentemente molto diverse, per tecnica pittorica e genesi del lavoro ma accomunate da un’unica tensione che sottende la ricerca dell’altro da se, delle memorie ancestrali od oniriche, o semplicemente, appartenenti alla storia di un passato ignoto e lontano ma che viene sublimata e fatta propria.
27
febbraio 2021
Ladder to the moon
Dal 27 febbraio al 26 marzo 2021
arte contemporanea
Location
MONITOR
Roma, Via Sforza Cesarini, 43a-44 , (Roma)
Roma, Via Sforza Cesarini, 43a-44 , (Roma)
Orario di apertura
da martedì a venerdì ore 13 - 19
Vernissage
27 Febbraio 2021, ore 11-19
Sito web
Autore