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Lamberto Caravita – Sguardi
Lo sguardo è un ponte fra interiorità ed esteriorità. A questo rimandano i ritratti dipinti ad acrilico ed incisi in pirografia da Lamberto Caravita
Comunicato stampa
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“DAGLI OCCHI TI TRABOCCÒ IL CIELO”
Lo sguardo è un ponte fra interiorità ed esteriorità. Rispecchia e disvela insieme. Lo sguardo della sfinge, per eccellenza impenetrabile, è paradossalmente quello che più di ogni altro svela il mistero e riconduce l’interlocutore alla propria verità.
A questo rimandano i ritratti di Lamberto Caravita, la cui fissità, che ostinatamente si contrappone allo spettatore, finisce paradossalmente col risucchiarlo, riportando ciascuno di noi a quel personale, profondo mistero che ci alberga. La stessa fissità che inavvertitamente ci riconduce al senso dell’identità, della permanenza, dell’essenza che sottostà alla superficiale illusione del mutamento. L’identità che si cela nei molti.
Non ‘Sguardi’, ma “Sguardo” potrebbe in realtà titolarsi questa collezione di ritratti, opere realizzate su tavola e PVC, incise in pirografia e dipinte ad acrilico.
Per Guinizzelli e i poeti del Dolce Stil Novo “’l gentil sguardo” è lo specchio dell’anima e insieme lo specchio di Dio.
E un gentile sguardo, una leggerezza ammiccante, che occhieggia il mondo della moda e della fatuità, alberga nei tratti essenziali di volti ‘con fiori’ da cui l’artista cerca di estrarre e di astrarre l’essenza impalpabile del femminile. Caravita, con mano sicura, sa utilizzare lo stile veloce ed essenziale del design e il ‘solco’ fermo e deciso, che scava e modella la materia, proprio dell’iconografia del mondo classico e dell’arte bizantina, la cui ieraticità trova nella sua opera una moderna rilettura.
Una serie di sguardi/sguardo, quella in cui ci imbattiamo nei suoi ritratti: lo sguardo dell’altro, nel quale rispecchiamo il nostro proprio sguardo, che tanto più ci possiede quanto più lo fuggiamo. Lo sguardo dello straniero nella cui irriducibile alterità ritroviamo i segni della nostra personale alienazione.
Ma la disincantata mitezza che ostinatamente emana “dagli occhi” di Caravita resta nel tempo il tratto indelebile delle sue opere. Gli stessi sguardi che a volte catturiamo dentro una folla, in un volto che ci passa accanto in una strada a caso, in una città che stiamo visitando e nel ricordo restano fra le immagini più autentiche di un viaggio.
Perché affrontare uno sguardo, tentare di decifrarlo, significa accettare il rischio dello spaesamento all’interno di nuovi e imprevedibili percorsi dell’anima. Abbandonarsi e perdersi nel labirinto degli sguardi per riemergerne più saldi e identificati, ma anche ‘pacificati’ dalla contemplazione di sé attraverso gli altri, nella luce che solo uno “sguardo” consapevolmente ‘lontano’ sa accendere.
Tutto questo, lo sguardo come memoria, identità, fascinazione, viaggio, “trabocca” dai ritratti di Caravita, opere realizzate con la geometrica ed esatta limpidezza dell’arte classica o con l’ironica leggerezza del gioco.
“Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” scriveva Pavese, a sottolineare l’identità fra noi e ciò che al massimo grado riteniamo estraneo.
Ma lo sguardo è anche miracolo che apre al prodigio: “…dagli occhi ti traboccò il cielo…bene, che a quella vista io pur non gridai” (Paul Celan).
(Silvia Golfera)
Lo sguardo è un ponte fra interiorità ed esteriorità. Rispecchia e disvela insieme. Lo sguardo della sfinge, per eccellenza impenetrabile, è paradossalmente quello che più di ogni altro svela il mistero e riconduce l’interlocutore alla propria verità.
A questo rimandano i ritratti di Lamberto Caravita, la cui fissità, che ostinatamente si contrappone allo spettatore, finisce paradossalmente col risucchiarlo, riportando ciascuno di noi a quel personale, profondo mistero che ci alberga. La stessa fissità che inavvertitamente ci riconduce al senso dell’identità, della permanenza, dell’essenza che sottostà alla superficiale illusione del mutamento. L’identità che si cela nei molti.
Non ‘Sguardi’, ma “Sguardo” potrebbe in realtà titolarsi questa collezione di ritratti, opere realizzate su tavola e PVC, incise in pirografia e dipinte ad acrilico.
Per Guinizzelli e i poeti del Dolce Stil Novo “’l gentil sguardo” è lo specchio dell’anima e insieme lo specchio di Dio.
E un gentile sguardo, una leggerezza ammiccante, che occhieggia il mondo della moda e della fatuità, alberga nei tratti essenziali di volti ‘con fiori’ da cui l’artista cerca di estrarre e di astrarre l’essenza impalpabile del femminile. Caravita, con mano sicura, sa utilizzare lo stile veloce ed essenziale del design e il ‘solco’ fermo e deciso, che scava e modella la materia, proprio dell’iconografia del mondo classico e dell’arte bizantina, la cui ieraticità trova nella sua opera una moderna rilettura.
Una serie di sguardi/sguardo, quella in cui ci imbattiamo nei suoi ritratti: lo sguardo dell’altro, nel quale rispecchiamo il nostro proprio sguardo, che tanto più ci possiede quanto più lo fuggiamo. Lo sguardo dello straniero nella cui irriducibile alterità ritroviamo i segni della nostra personale alienazione.
Ma la disincantata mitezza che ostinatamente emana “dagli occhi” di Caravita resta nel tempo il tratto indelebile delle sue opere. Gli stessi sguardi che a volte catturiamo dentro una folla, in un volto che ci passa accanto in una strada a caso, in una città che stiamo visitando e nel ricordo restano fra le immagini più autentiche di un viaggio.
Perché affrontare uno sguardo, tentare di decifrarlo, significa accettare il rischio dello spaesamento all’interno di nuovi e imprevedibili percorsi dell’anima. Abbandonarsi e perdersi nel labirinto degli sguardi per riemergerne più saldi e identificati, ma anche ‘pacificati’ dalla contemplazione di sé attraverso gli altri, nella luce che solo uno “sguardo” consapevolmente ‘lontano’ sa accendere.
Tutto questo, lo sguardo come memoria, identità, fascinazione, viaggio, “trabocca” dai ritratti di Caravita, opere realizzate con la geometrica ed esatta limpidezza dell’arte classica o con l’ironica leggerezza del gioco.
“Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” scriveva Pavese, a sottolineare l’identità fra noi e ciò che al massimo grado riteniamo estraneo.
Ma lo sguardo è anche miracolo che apre al prodigio: “…dagli occhi ti traboccò il cielo…bene, che a quella vista io pur non gridai” (Paul Celan).
(Silvia Golfera)
08
marzo 2007
Lamberto Caravita – Sguardi
Dall'otto marzo al 24 aprile 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA OFFICINA FOTOGRAFICA
Lugo, Via T. Emaldi, 54/1, (Ravenna)
Lugo, Via T. Emaldi, 54/1, (Ravenna)
Orario di apertura
Mar.-Ven. 16,00-19,00 - Merc.-Sab. 10,00-13,00 altri orari su appuntamento
Vernissage
8 Marzo 2007, ore 21
Autore
Curatore