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L’anima del castello
Sei artisti a confronto con un edificio significativo della città di Alcamo, il castello dei Conti di Modica, per scovare l’anima di questo luogo così profondamente mutato nel corso dei secoli
Comunicato stampa
Segnala l'evento
“Artisti per Alcamo”, da domani al 30 dicembre
l’arte contemporanea alla scoperta de “L’anima del castello”
La mostra curata e ideata da Emilia Valenza
Dal 25 novembre al 30 dicembre, ad Alcamo, nei saloni del Castello dei Conti di Modica, in piazza Castello, verrà allestita “L'anima del castello”, mostra ideata e curata da Emilia Valenza, nell’ambito del festival “Artisti per Alcamo” organizzato dall’Associazione per l’Arte (AxA) con la direzione artistica di Giuseppe Cutino.
Gea Casolaro, Bruna Esposito + Enzo De Leonibus, Christoph Fikenscher, Marzia Migliora e Joachim Seinfeld: sei artisti a confronto con un edificio significativo della città di Alcamo, il castello dei Conti di Modica, appunto, per scovare l’anima di questo luogo così profondamente mutato nel corso dei secoli. Sono artisti di fama internazionale assai diversi tra loro, che si esprimono attraverso i linguaggi dell’installazione, del video, della fotografia.
La mostra verrà inaugurata, alla presenza della curatrice e di tutti gli artisti, domani, domenica 25 novembre, alle 18.30, al Castello dei Conti di Modica ad Alcamo, e rimarrà aperta fino al 30 dicembre, con i seguenti orari 9.30/12.30 – 16.30/19.30. Ingresso libero.
L’esposizione è corredata da un catalogo che verrà pubblicato nei giorni immediatamente seguenti all’inaugurazione della mostra.
IL PROGETTO
“Non esiste luogo senza genio”, scrive James Hillman, il cui fine è di sottolineare l’identità peculiare di ogni territorio geografico o spazio strutturato, e come ognuno di esso possegga una propria anima; alla luce di questa riflessione non può esservi progetto al di fuori delle caratteristiche di ogni luogo e che non tenga conto delle sue trasformazioni attraverso le istanze contemporanee.
La mostra d’arte contemporanea, inserita all’interno della 5° edizione del Festival ArtistiperAlcamo dal titolo “Il fondo dell’anima”, si riallaccia proprio al tema di fondo dell’intera rassegna attraverso un progetto legato a un luogo particolare di Alcamo, il Castello dei Conti di Modica. Il titolo della mostra è “L’anima del castello”.
Le architetture, come i paesaggi naturali o artificiali, offrono la rappresentazione visiva della storia della comunità di cui sono parte. E un castello medievale, proprio per le dimensioni dell’edificio, per la sua centralità rispetto all’intero territorio geografico, per la simbologia di cui si fa portatore, è un luogo da studiare, da scoprire e reinterpretare.
Il Castello dei Conti di Modica è un edificio simbolo della storia di questa importante cittadina siciliana, ha una storia lunga quasi settecento anni, ha rappresentato l’emblema del potere feudale in Sicilia, in quanto ricca abitazione di grandi proprietari terrieri; e poi è diventato di proprietà pubblica, assumendo un ruolo ben distante da quello precedente, ossia di carcere mandamentale, luogo di punizione, dentro le cui mura uomini rinchiusi hanno contato, fino alla fine, i giorni della loro esistenza. E infine gli ultimi quasi quarant’anni di restauri, di interventi che ne hanno mutato per certi versi le sembianze, cancellandone l’identità originaria, tanto quello di residenza nobiliare, quanto quella di carcere.
Allora dov’è la sua anima? O qual’è la sua anima? L’edificio ha subito forti e invasivi interventi di restauro, perdendo la sua “aura magica”, in tal senso ad esso va restituita l’anima. Ed è questa la sfida che si pone il progetto.
L’ESPOSIZIONE
La mostra sarà allocata negli spazi del Castello dei Conti di Modica, e ogni intervento, fruibile sia in termini visivi ma anche tattili e uditivi, sarà il riverbero di una possibile anima.
IL SOPRALLUOGO DEGLI ARTISTI
Il progetto coinvolge sei artisti: Gea Casolaro Bruna Esposito + Enzo De Leonibus, Christoph Fikenscher, Marzia Migliora e Joachim Seinfeld. A loro è stato chiesto di realizzare delle opere ispirate al castello, alla ricerca di un’anima ormai perduta. La presenza degli artisti ad Alcamo, il contatto diretto con il castello e con la gente di Alcamo quali testimoni diretti di una storia, è una fase irrinunciabile in un progetto che richiede dei lavori riferiti ad un preciso contesto.
L’approccio di ognuno di loro alla tematica della mostra si caratterizza per una sostanziale eterogeneità di comportamenti.
La ricerca di immagini del castello, dalle più antiche alle più recenti, da parte di Gea Casolaro, ha comportato un coinvolgimento dei cittadini di Alcamo invitati, anche attraverso un appello apparso su un sito web locale, a spulciare nei loro album di ricordi alla ricerca di fotografie del sito. E poi la registrazione dell’audio, in giro per le strade di Alcamo, ha creato un contatto diretto con la gente, che scoprirà nel video della Casolaro, un sorprendente ritratto di questa cittadina. Lo sguardo di Bruna Esposito e Enzo De Leonibus si è posato sui materiali, sui colori, sugli elementi architettonici comuni al castello e al contempo agli edifici alcamesi. I due artisti hanno scelto il pluviale di terracotta quale simbolo di un’architettura-scrigno, un componente entro il quale scorre l’acqua piovana, individuando l’acqua, quindi, come metafora dell’anima del castello e del mondo. Il sopralluogo di Christoph Fikenscher si è caratterizzato per uno studio attento e approfondito dei rapporti spaziali fra l’edificio castello e il centro cittadino; una riflessione che indaga i mutamenti della storia attraverso un sostanziale “spostamento” dell’asse prospettico che legava il castello alla comunità. Il progetto della sua installazione, sorto da lunghe permanenze all’interno del castello e in particolare nella cosiddetta “stanza dei guardiani”, pone in essere il rapporto tra interno ed esterno, sottolineando l’attuale incongruità tra l’edificio (non più) storico e l’Alcamo contemporanea.
Per Joachim Seinfeld l’incontro con il castello si è rivelato immediatamente nella percezione di uno spazio fortemente alterato da un pesante restauro, attraverso il quale si è persa ogni identità passata. Un pavimento in cemento, ricoperto da mattoni in cotto, è una scelta che danneggia irreparabilmente l’architettura originale. Da qui il progetto di un tappeto di travertino, sul quale verranno emulsionate delle foto di una umanità legata al castello. Gli avi, i regnanti passati da questo luogo, i carcerati e via via fino a volti dei nuovi emigranti, mirano a restituire il senso di un luogo, la contaminazione delle culture passati e presenti. E Infine Marzia Migliore. Il suo sopralluogo è stato breve, perchè non poteva non individuare, d’impatto, nell’unico piccolo spazio inalterato, il cuore del castello e il luogo dove insediare la sua opera. Un sopralluogo guidato dalle sensazioni, in cui ha funzionato l’emotività e il sentimento.
IL CASTELLO DEI CONTI DI MODICA
Si fa risalire la costruzione del castello a non più tardi dell'età aragonese. Nel 1337 e poi nel 1340 Pietro II con un privilegio regio concede all'ammiraglio Raimondo Peralta, conte di Caltabellotta, la terra di Alcamo, il castello di Bonifato e il castello di Calatubo. Nel decennio a seguire (1340-1350) la famiglia Peralta intraprese la costruzione del castello favorendo quel processo di inurbamento che ebbe il suo punto di coagulo nella struttura urbana determinata dalla cultura feudale trecentesca.
L'edificio fu completato per opera dei feudatari Enrico I e Federico III Chiaramonte, la cui presenza ad Alcamo, anche se per un breve periodo, rappresentava un ulteriore consolidamento del prestigio e della posizione acquisita dalla loro famiglia, inferiore soltanto alle prerogative regali.
Questo è infatti il periodo delle lotte tra le potenti famiglie per il controllo della produzione del frumento e delle grandi vie commerciali del tempo. Nel 1390 Alcamo rivive un altro periodo di demanialità durato nove anni, reso difficile dalle vicissitudini sul diritto di appartenenza. Furono anni di ribellioni divampate e soffocate alternativamente, che instaurarono un clima di distruzione e assedi, durante i quali il fiorente sviluppo economico subì una battuta di arresto. Dal 1410 il castello, così come tutti i beni di Andrea Chiaramonte, dichiarato ribelle dalla regia corona assieme al Ventimiglia, divenne proprietà dei Cabrera conti di Modica, ai quali appartenne fino al 1812 per il declino del potere feudale. Nel 1535 vi soggiornò per tre giorni l'imperatore Carlo V, di passaggio per la città, che in quell'occasione disse di Alcamo «città opulenta e gioconda».
Nel corso dei secoli il castello subì numerosi attacchi non solo nemici, come quello del 1534 del Barbarossa, un famigerato corsaro esponente di quella pirateria islamica che in quel tempo conduceva una vera e propria guerriglia contro le navi cristiane; ma anche degli stessi alcamesi: nel 1392 l'arciprete Pietro de Laudes si armò contro Enrico Ventimiglia; nel 1402 contro Donna Violante de Laudes, signora di Alcamo. Nelle epoche successive il castello subì un continuo degrado. L'ultima contessa di Modica fu Maria II Mendoza che nel 1816 sposò il marchese Alvarez di Villafranca. Il 5 marzo del 1828, per sentenza del Tribunale di Trapani, il castello passò in possesso del Comune di Alcamo e fu adibito a uffici comunali, a carcere, a stalla.
La destinazione di castello-fortezza e non di castello-residenza rispetto alla città murata pianificata fece sì che il suo ruolo cessasse definitivamente quando l'espansione fuori le mura cominciò a rappresentare un fenomeno incontrollabile. Una porta della città si apriva presso il suo fianco Est. Scomparsa la cinta urbana il castello si trova, oggi, all'interno dell'abitato. Il castello, frutto di diversi maneggiamenti, ha pianta romboidale, con quattro torri alternate, due quadrate negli angoli dei perimetri murari delle cinte e due circolari di buon diametro e altezza, unite da larghe cortine. Per tutto il Trecento le torri a pianta quadrata erano state le più frequentemente realizzate. Ma verso la fine di questo secolo si torna ad apprezzare i vantaggi del torrione cilindrico che era stato già utilizzato dall'architettura difensiva regia nel Duecento. Il suo principale vantaggio risiedeva nella maggiore resistenza al lancio dei proiettili di pietra da parte delle macchine balistiche. Nella torre quadrata, denominata Maestra perché più alta delle altre tre, si rinchiudevano i prigionieri per la tortura, nella seconda circolare si ammira uno stemma con un'aquila con una corona sul capo e la testa rivolta a sinistra forse appartenuto a Federico II o ai Peralta, nella terza quadrata vi erano i locali per le sentinelle (alla sua custodia erano addetti il castellano e dodici compagni impegnati con giuramento) e nella quarta gli alloggi per i sovrani di passaggio: re Martino con la regina Maria nel 1392 dopo la sconfitta dei Chiaramonte, l'infanta Eleonora d'Aragona e l'imperatore Carlo V con la sua corte al ritorno dall'impresa di Tunisi del 1535.
GLI ARTISTI
Gea Casolaro
Gea Casolaro è nata a Roma nel 1965, città dove vive e lavora. Le sue prime importanti esposizioni risalgono alla metà degli anni Novanta. Ha esposto alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino, 2002); alla XIV Quadriennale, Anteprima Napoli, Palazzo Reale, Napoli (2003); alla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone e al Padiglione Italia dei Giardini della Biennale di Venezia nel 2004; Museo della Fotografia, Prato; alla National Gallery of Modern Art di New Delhi e di Mumbai in India; alla Triennale di Milano, al Mart di Rovereto, e ancora in Canada, in Cina e negli Stati Uniti d’America.
''Lavoro per la strada, in giro per il mondo, per cui il mio rapporto con lo spazio e con l’attualità, cambia con il luogo, che sia Buenos Aires, Praga, Berlino o Bolzano: cerco sempre, per quanto possibile, di approfondire la relazione con la città e la sua realtà».''
La capacità di guardare nelle pieghe delle cose, che sia un’architettura, una strada, lo sguardo di qualcuno o immagini attinte al ricordo è una delle qualità più evidenti del suo lavoro, che non sfugge ad una evidente connotazione sociale e politica, sebbene questa rimanga esplicitamente sottaciuta. La macchina fotografica è il suo occhio allungato sul mondo, ma gli scatti diventano un repertorio da indagare per la costruzione di un lavoro video. I lavori di Gea Casolaro sono spesso il risultato di un continuo sovrapporsi di immagini, ne risulta una sensibile modificazione di ciò che ci appare reale e che invece appartiene ad una dimensione altra, ancora da indagare e da scoprire.
Bruna Esposito
Bruna Esposito è nata a Roma nel 1960. Ha vissuto a New York e Berlino ed attualmente vive e lavora a Roma. Vincitrice di una borsa di studio al P.S.1 di New York, ha partecipato a rassegne internazionali come la Documenta di Kassel (1997) e la Biennale di Venezia (1999). In questa occasione, insieme alle altre artiste italiane, ha vinto il Leone d'Oro per la migliore partecipazione nazionale. Nel 2000 vince il premio del pubblico per l’opera esposta al Centro per le Arti Contemporanee di Roma in occasione del Premio Giovane Arte Italiana. Nel 2003 è presente all’ottava Biennale di Istanbul, nel 2004 alla Biennale di Gwangiu e nel 2005 nuovamente alla Biennale di Venezia. Ha realizzato esposizioni all’Accademia di Francia a Roma, a Castel Sant’Elmo di Napoli, al Castello di Rivoli (Torino), al Kunstmuseum di Bonn e ancora a Vienna, al Ps1 di N.Y, al Museo d’arte contemporanea di Lyon.
Il lavoro di Bruna Esposito nasce dall’osservazione attenta del contesto in cui opera, che sia un sito urbano, una particolare struttura architettonica o un giardino, trovando un elemento che interviene nello spazio alterandone l’ordine, sovvertendone l’immagine che se ne ha di esso, rendendo spesso lo spazio vulnerabile o provvisorio. Un lavoro concettuale, carico di metafore e di riferimenti (nascosti) a importanti problematiche contemporanee, che accende la curiosità del pubblico interessato. Esposito prefigura un altro mondo possibile, in cui le leggi dell’economia vengono contraddette, in cui, grazie ad una rinnovata attenzione, anche le situazioni ed i materiali più semplici possono essere poeticamente trasformati e recuperati a un nuovo senso. Quello di Bruna Esposito è una creazione spesso sussurrata, elegantemente sobria, che raramente si impone alla visione e lascia spesso attoniti ma poeticamente coinvolti.
Enzo De Leonibus
Nasce a Spoltore (PE) nel 1955, vive e lavora a Cappelle Sul Tavo (Italia).
Ha scelto di lasciare Milano per andare a vivere in Abruzzo dove dirige il Museolaboratorio ex Manifattura Tabacchi di Città Sant’Angelo.
De Leonibus scrive: “Tra analisi visive, incroci di metafore, sinestesie visuali e concettuali ritorniamo a guardare in faccia il fatto che l’arte è qualcosa di ben diverso da altri “prodotti”, anche se è facile trattarla come se fosse una lattina qualsiasi. Ma giocando intorno ad una frase del Tao Te Ching potremmo dire che dell’arte possiamo farne o dirne qualsiasi cosa, ma se la scopriamo capace di contenere la vastità delle possibilità, se il suo porsi allo sguardo apre uno o più spazi di senso da percorrere, essa diventa qualcosa che può anche “contenerci” e raccoglierci, aiutandoci così a ricordare di non accontentarsi di un’esistenza che disperde e disorienta”.. Il lavoro di Enzo De Leonibus, sculture, pittura, video o installazioni, tratta la realtà interpretandola, senza mai enfatizzarla, attraverso una forma di mascheramento che contribuisce ad amplificare i rimandi di senso, emozionali, semantici che essa possiede, ma dei quali spesso si è persa traccia.
Christoph Fikenscher
È nato a Monaco di Baviera nel 1963. Nel 1989 si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Palermo. Ha vissuto in Spagna e in Brasile. Vincitore del premio Ernst Barlach fur Kunst nel 1990, ha esposto in Italia, Belgio, Germania, Spagna, Brasile. Una sua opera è presente nella collezione della Lenbachhaus di Monaco. Assente dalla scena artistica negli ultimi anni, nei quali si è occupato principalmente degli aspetti teorici dell’arte, da un anno è rientrato a Palermo, dove è intervenuto con una sua opera nel progetto VialloroinArt organizzato dalla galleria Expa e a cura di Eva di Stefano.
“L'opera oggi forse non può essere che inter-vento, situarsi "fra" , nell'infinita catena del produttivismo (estetico) di consumo… La questione è la qualità di un'attenzione continuamente eccitata dal rumore dello spettacolo e la conseguente difficoltà di trovare spazio per l'intervento, chiedersi come introdurre nel dis-corso il punto interrogativo, un segno di discontinuità…”
Per Christoph Fikenscher l’arte necessita di essere sottratta alla spettacolarizzazione dell’evento, pratica oggi universalmente diffusa, per far sì che di essa si protegga il diritto di esistere come puntello che innesca meccanismi di riflessione, per poi lasciarci in silenzio, magari con un segno inciso nella nostra mente e nel nostro cuore. Il suo lavoro si comporta come un labirinto di sensi, ove occorre varcare continue soglie e desiderare di attraversarne sempre di nuove, per scoprire dove l’opera va a morire o a vivere. L’artista utilizza i materiali più diversi, realizzando sculture e installazioni, e di recente anche il video e il suono.
Marzia Migliora
È nata ad Alessandria nel 1972. Dalla fine degli anni Novanta ha preso parte alle più significative esposizioni italiane ed internazionali. Tra le sue più recenti personali ricordiamo Bianca e il suo Contrario alla Galleria Lia Rumma di Milano - Tanatosi, alla Fondazione Merz di Torino, The Agony & The Ecstasy, al FACT - The Foundation for Art & Creative Technology di Liverpool e Download now, all’Italian Cultural Institute di Londra nel 2005; Appassionata, al MART di Rovereto e Pari o dispari, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino nel 2004; infine Punto croce, alla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino nel 2001. Attualmente l’artista vive e lavora a Torino.
Un’opera intensamente poetica quella di Marzia Migliora, autrice di installazioni complesse, in cui mescola il linguaggio video, con la fotografia, l’opera tridimensionale, il disegno, in un mix spesso emozionante e di grande eleganza formale. L’artista opera lungo il filo della memoria, non in senso documentaristico o storico, quanto nella sua veste di un insieme di tracce che delineano un modo di “sentire”, che disegnano un’identità con le sue emozioni, le sue angosce, le sue paure. In molti lavori l’artista ha scelto di affrontare tematiche che riguardano la relazione con il tempo, la verifica delle proprie capacità mettendo a nudo anche i propri limiti, la densità dei sentimenti.
I suoi lavori non descrivono, piuttosto accompagnano per mano lungo un viaggio fatto di sensazioni, di stimoli tattici e uditivi, di raffinate visioni.
Joachim Seinfeld
È nato nel 1962 a Parigi ma ha vissuto a Monaco di Baviera fino al 1981. Ha studiato presso le accademie di Bologna e Firenze, vive e lavora a Berlino. Espone regolarmente dalla metà degli anni Novanta. Tra le sue più recenti mostre ricordiamo: Hicetnunc, Villa Manin, Passariano, Italia (2002); 4 Ks 2/63 – Auschwitzprozess Frankfurt am Main al Fritz-Bauer- Institut di Francoforte e al Martin-Gropiu-Bau di Berlino (2004); Biennale Internazionale d’arte contemporanea di Praga (2005), Beis Balagan Podròz di Polonia, Varsavia, Polonia (2006); altre esposizioni a Copenaghen, Milano, Palermo, Graz, Dresda.
Foto-emulsioni, ritocchi fotografici, video, installazioni si piegano, nel disegno creativo di Joachim Seinfeld, all’urgenza di fare i conti con la storia, sollecitando attraverso la combinazione di questi linguaggi, sempre nuove percezioni dei luoghi, delle cose, della memoria. Più volte nelle sue opere l’artista è tornato sul tema del passato nazista, sulla persecuzione degli ebrei, sulle drammatiche condizioni della guerra. Ma la rivisitazione dei documenti e i riferimenti a temi, spesso tragici, non avviene mai in forma didascalica, nulla è dichiarato e l’osservatore è chiamato ad interagire con l’opera attraverso diversi livelli della percezione. Un altro aspetto del suo lavoro è il mascheramento. L’artista è anche attore, performer, protagonista delle sue foto, sebbene sempre sotto altra veste, costruendo in questo modo una situazione grottesca, quando non decisamente ironica.
l’arte contemporanea alla scoperta de “L’anima del castello”
La mostra curata e ideata da Emilia Valenza
Dal 25 novembre al 30 dicembre, ad Alcamo, nei saloni del Castello dei Conti di Modica, in piazza Castello, verrà allestita “L'anima del castello”, mostra ideata e curata da Emilia Valenza, nell’ambito del festival “Artisti per Alcamo” organizzato dall’Associazione per l’Arte (AxA) con la direzione artistica di Giuseppe Cutino.
Gea Casolaro, Bruna Esposito + Enzo De Leonibus, Christoph Fikenscher, Marzia Migliora e Joachim Seinfeld: sei artisti a confronto con un edificio significativo della città di Alcamo, il castello dei Conti di Modica, appunto, per scovare l’anima di questo luogo così profondamente mutato nel corso dei secoli. Sono artisti di fama internazionale assai diversi tra loro, che si esprimono attraverso i linguaggi dell’installazione, del video, della fotografia.
La mostra verrà inaugurata, alla presenza della curatrice e di tutti gli artisti, domani, domenica 25 novembre, alle 18.30, al Castello dei Conti di Modica ad Alcamo, e rimarrà aperta fino al 30 dicembre, con i seguenti orari 9.30/12.30 – 16.30/19.30. Ingresso libero.
L’esposizione è corredata da un catalogo che verrà pubblicato nei giorni immediatamente seguenti all’inaugurazione della mostra.
IL PROGETTO
“Non esiste luogo senza genio”, scrive James Hillman, il cui fine è di sottolineare l’identità peculiare di ogni territorio geografico o spazio strutturato, e come ognuno di esso possegga una propria anima; alla luce di questa riflessione non può esservi progetto al di fuori delle caratteristiche di ogni luogo e che non tenga conto delle sue trasformazioni attraverso le istanze contemporanee.
La mostra d’arte contemporanea, inserita all’interno della 5° edizione del Festival ArtistiperAlcamo dal titolo “Il fondo dell’anima”, si riallaccia proprio al tema di fondo dell’intera rassegna attraverso un progetto legato a un luogo particolare di Alcamo, il Castello dei Conti di Modica. Il titolo della mostra è “L’anima del castello”.
Le architetture, come i paesaggi naturali o artificiali, offrono la rappresentazione visiva della storia della comunità di cui sono parte. E un castello medievale, proprio per le dimensioni dell’edificio, per la sua centralità rispetto all’intero territorio geografico, per la simbologia di cui si fa portatore, è un luogo da studiare, da scoprire e reinterpretare.
Il Castello dei Conti di Modica è un edificio simbolo della storia di questa importante cittadina siciliana, ha una storia lunga quasi settecento anni, ha rappresentato l’emblema del potere feudale in Sicilia, in quanto ricca abitazione di grandi proprietari terrieri; e poi è diventato di proprietà pubblica, assumendo un ruolo ben distante da quello precedente, ossia di carcere mandamentale, luogo di punizione, dentro le cui mura uomini rinchiusi hanno contato, fino alla fine, i giorni della loro esistenza. E infine gli ultimi quasi quarant’anni di restauri, di interventi che ne hanno mutato per certi versi le sembianze, cancellandone l’identità originaria, tanto quello di residenza nobiliare, quanto quella di carcere.
Allora dov’è la sua anima? O qual’è la sua anima? L’edificio ha subito forti e invasivi interventi di restauro, perdendo la sua “aura magica”, in tal senso ad esso va restituita l’anima. Ed è questa la sfida che si pone il progetto.
L’ESPOSIZIONE
La mostra sarà allocata negli spazi del Castello dei Conti di Modica, e ogni intervento, fruibile sia in termini visivi ma anche tattili e uditivi, sarà il riverbero di una possibile anima.
IL SOPRALLUOGO DEGLI ARTISTI
Il progetto coinvolge sei artisti: Gea Casolaro Bruna Esposito + Enzo De Leonibus, Christoph Fikenscher, Marzia Migliora e Joachim Seinfeld. A loro è stato chiesto di realizzare delle opere ispirate al castello, alla ricerca di un’anima ormai perduta. La presenza degli artisti ad Alcamo, il contatto diretto con il castello e con la gente di Alcamo quali testimoni diretti di una storia, è una fase irrinunciabile in un progetto che richiede dei lavori riferiti ad un preciso contesto.
L’approccio di ognuno di loro alla tematica della mostra si caratterizza per una sostanziale eterogeneità di comportamenti.
La ricerca di immagini del castello, dalle più antiche alle più recenti, da parte di Gea Casolaro, ha comportato un coinvolgimento dei cittadini di Alcamo invitati, anche attraverso un appello apparso su un sito web locale, a spulciare nei loro album di ricordi alla ricerca di fotografie del sito. E poi la registrazione dell’audio, in giro per le strade di Alcamo, ha creato un contatto diretto con la gente, che scoprirà nel video della Casolaro, un sorprendente ritratto di questa cittadina. Lo sguardo di Bruna Esposito e Enzo De Leonibus si è posato sui materiali, sui colori, sugli elementi architettonici comuni al castello e al contempo agli edifici alcamesi. I due artisti hanno scelto il pluviale di terracotta quale simbolo di un’architettura-scrigno, un componente entro il quale scorre l’acqua piovana, individuando l’acqua, quindi, come metafora dell’anima del castello e del mondo. Il sopralluogo di Christoph Fikenscher si è caratterizzato per uno studio attento e approfondito dei rapporti spaziali fra l’edificio castello e il centro cittadino; una riflessione che indaga i mutamenti della storia attraverso un sostanziale “spostamento” dell’asse prospettico che legava il castello alla comunità. Il progetto della sua installazione, sorto da lunghe permanenze all’interno del castello e in particolare nella cosiddetta “stanza dei guardiani”, pone in essere il rapporto tra interno ed esterno, sottolineando l’attuale incongruità tra l’edificio (non più) storico e l’Alcamo contemporanea.
Per Joachim Seinfeld l’incontro con il castello si è rivelato immediatamente nella percezione di uno spazio fortemente alterato da un pesante restauro, attraverso il quale si è persa ogni identità passata. Un pavimento in cemento, ricoperto da mattoni in cotto, è una scelta che danneggia irreparabilmente l’architettura originale. Da qui il progetto di un tappeto di travertino, sul quale verranno emulsionate delle foto di una umanità legata al castello. Gli avi, i regnanti passati da questo luogo, i carcerati e via via fino a volti dei nuovi emigranti, mirano a restituire il senso di un luogo, la contaminazione delle culture passati e presenti. E Infine Marzia Migliore. Il suo sopralluogo è stato breve, perchè non poteva non individuare, d’impatto, nell’unico piccolo spazio inalterato, il cuore del castello e il luogo dove insediare la sua opera. Un sopralluogo guidato dalle sensazioni, in cui ha funzionato l’emotività e il sentimento.
IL CASTELLO DEI CONTI DI MODICA
Si fa risalire la costruzione del castello a non più tardi dell'età aragonese. Nel 1337 e poi nel 1340 Pietro II con un privilegio regio concede all'ammiraglio Raimondo Peralta, conte di Caltabellotta, la terra di Alcamo, il castello di Bonifato e il castello di Calatubo. Nel decennio a seguire (1340-1350) la famiglia Peralta intraprese la costruzione del castello favorendo quel processo di inurbamento che ebbe il suo punto di coagulo nella struttura urbana determinata dalla cultura feudale trecentesca.
L'edificio fu completato per opera dei feudatari Enrico I e Federico III Chiaramonte, la cui presenza ad Alcamo, anche se per un breve periodo, rappresentava un ulteriore consolidamento del prestigio e della posizione acquisita dalla loro famiglia, inferiore soltanto alle prerogative regali.
Questo è infatti il periodo delle lotte tra le potenti famiglie per il controllo della produzione del frumento e delle grandi vie commerciali del tempo. Nel 1390 Alcamo rivive un altro periodo di demanialità durato nove anni, reso difficile dalle vicissitudini sul diritto di appartenenza. Furono anni di ribellioni divampate e soffocate alternativamente, che instaurarono un clima di distruzione e assedi, durante i quali il fiorente sviluppo economico subì una battuta di arresto. Dal 1410 il castello, così come tutti i beni di Andrea Chiaramonte, dichiarato ribelle dalla regia corona assieme al Ventimiglia, divenne proprietà dei Cabrera conti di Modica, ai quali appartenne fino al 1812 per il declino del potere feudale. Nel 1535 vi soggiornò per tre giorni l'imperatore Carlo V, di passaggio per la città, che in quell'occasione disse di Alcamo «città opulenta e gioconda».
Nel corso dei secoli il castello subì numerosi attacchi non solo nemici, come quello del 1534 del Barbarossa, un famigerato corsaro esponente di quella pirateria islamica che in quel tempo conduceva una vera e propria guerriglia contro le navi cristiane; ma anche degli stessi alcamesi: nel 1392 l'arciprete Pietro de Laudes si armò contro Enrico Ventimiglia; nel 1402 contro Donna Violante de Laudes, signora di Alcamo. Nelle epoche successive il castello subì un continuo degrado. L'ultima contessa di Modica fu Maria II Mendoza che nel 1816 sposò il marchese Alvarez di Villafranca. Il 5 marzo del 1828, per sentenza del Tribunale di Trapani, il castello passò in possesso del Comune di Alcamo e fu adibito a uffici comunali, a carcere, a stalla.
La destinazione di castello-fortezza e non di castello-residenza rispetto alla città murata pianificata fece sì che il suo ruolo cessasse definitivamente quando l'espansione fuori le mura cominciò a rappresentare un fenomeno incontrollabile. Una porta della città si apriva presso il suo fianco Est. Scomparsa la cinta urbana il castello si trova, oggi, all'interno dell'abitato. Il castello, frutto di diversi maneggiamenti, ha pianta romboidale, con quattro torri alternate, due quadrate negli angoli dei perimetri murari delle cinte e due circolari di buon diametro e altezza, unite da larghe cortine. Per tutto il Trecento le torri a pianta quadrata erano state le più frequentemente realizzate. Ma verso la fine di questo secolo si torna ad apprezzare i vantaggi del torrione cilindrico che era stato già utilizzato dall'architettura difensiva regia nel Duecento. Il suo principale vantaggio risiedeva nella maggiore resistenza al lancio dei proiettili di pietra da parte delle macchine balistiche. Nella torre quadrata, denominata Maestra perché più alta delle altre tre, si rinchiudevano i prigionieri per la tortura, nella seconda circolare si ammira uno stemma con un'aquila con una corona sul capo e la testa rivolta a sinistra forse appartenuto a Federico II o ai Peralta, nella terza quadrata vi erano i locali per le sentinelle (alla sua custodia erano addetti il castellano e dodici compagni impegnati con giuramento) e nella quarta gli alloggi per i sovrani di passaggio: re Martino con la regina Maria nel 1392 dopo la sconfitta dei Chiaramonte, l'infanta Eleonora d'Aragona e l'imperatore Carlo V con la sua corte al ritorno dall'impresa di Tunisi del 1535.
GLI ARTISTI
Gea Casolaro
Gea Casolaro è nata a Roma nel 1965, città dove vive e lavora. Le sue prime importanti esposizioni risalgono alla metà degli anni Novanta. Ha esposto alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino, 2002); alla XIV Quadriennale, Anteprima Napoli, Palazzo Reale, Napoli (2003); alla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone e al Padiglione Italia dei Giardini della Biennale di Venezia nel 2004; Museo della Fotografia, Prato; alla National Gallery of Modern Art di New Delhi e di Mumbai in India; alla Triennale di Milano, al Mart di Rovereto, e ancora in Canada, in Cina e negli Stati Uniti d’America.
''Lavoro per la strada, in giro per il mondo, per cui il mio rapporto con lo spazio e con l’attualità, cambia con il luogo, che sia Buenos Aires, Praga, Berlino o Bolzano: cerco sempre, per quanto possibile, di approfondire la relazione con la città e la sua realtà».''
La capacità di guardare nelle pieghe delle cose, che sia un’architettura, una strada, lo sguardo di qualcuno o immagini attinte al ricordo è una delle qualità più evidenti del suo lavoro, che non sfugge ad una evidente connotazione sociale e politica, sebbene questa rimanga esplicitamente sottaciuta. La macchina fotografica è il suo occhio allungato sul mondo, ma gli scatti diventano un repertorio da indagare per la costruzione di un lavoro video. I lavori di Gea Casolaro sono spesso il risultato di un continuo sovrapporsi di immagini, ne risulta una sensibile modificazione di ciò che ci appare reale e che invece appartiene ad una dimensione altra, ancora da indagare e da scoprire.
Bruna Esposito
Bruna Esposito è nata a Roma nel 1960. Ha vissuto a New York e Berlino ed attualmente vive e lavora a Roma. Vincitrice di una borsa di studio al P.S.1 di New York, ha partecipato a rassegne internazionali come la Documenta di Kassel (1997) e la Biennale di Venezia (1999). In questa occasione, insieme alle altre artiste italiane, ha vinto il Leone d'Oro per la migliore partecipazione nazionale. Nel 2000 vince il premio del pubblico per l’opera esposta al Centro per le Arti Contemporanee di Roma in occasione del Premio Giovane Arte Italiana. Nel 2003 è presente all’ottava Biennale di Istanbul, nel 2004 alla Biennale di Gwangiu e nel 2005 nuovamente alla Biennale di Venezia. Ha realizzato esposizioni all’Accademia di Francia a Roma, a Castel Sant’Elmo di Napoli, al Castello di Rivoli (Torino), al Kunstmuseum di Bonn e ancora a Vienna, al Ps1 di N.Y, al Museo d’arte contemporanea di Lyon.
Il lavoro di Bruna Esposito nasce dall’osservazione attenta del contesto in cui opera, che sia un sito urbano, una particolare struttura architettonica o un giardino, trovando un elemento che interviene nello spazio alterandone l’ordine, sovvertendone l’immagine che se ne ha di esso, rendendo spesso lo spazio vulnerabile o provvisorio. Un lavoro concettuale, carico di metafore e di riferimenti (nascosti) a importanti problematiche contemporanee, che accende la curiosità del pubblico interessato. Esposito prefigura un altro mondo possibile, in cui le leggi dell’economia vengono contraddette, in cui, grazie ad una rinnovata attenzione, anche le situazioni ed i materiali più semplici possono essere poeticamente trasformati e recuperati a un nuovo senso. Quello di Bruna Esposito è una creazione spesso sussurrata, elegantemente sobria, che raramente si impone alla visione e lascia spesso attoniti ma poeticamente coinvolti.
Enzo De Leonibus
Nasce a Spoltore (PE) nel 1955, vive e lavora a Cappelle Sul Tavo (Italia).
Ha scelto di lasciare Milano per andare a vivere in Abruzzo dove dirige il Museolaboratorio ex Manifattura Tabacchi di Città Sant’Angelo.
De Leonibus scrive: “Tra analisi visive, incroci di metafore, sinestesie visuali e concettuali ritorniamo a guardare in faccia il fatto che l’arte è qualcosa di ben diverso da altri “prodotti”, anche se è facile trattarla come se fosse una lattina qualsiasi. Ma giocando intorno ad una frase del Tao Te Ching potremmo dire che dell’arte possiamo farne o dirne qualsiasi cosa, ma se la scopriamo capace di contenere la vastità delle possibilità, se il suo porsi allo sguardo apre uno o più spazi di senso da percorrere, essa diventa qualcosa che può anche “contenerci” e raccoglierci, aiutandoci così a ricordare di non accontentarsi di un’esistenza che disperde e disorienta”.. Il lavoro di Enzo De Leonibus, sculture, pittura, video o installazioni, tratta la realtà interpretandola, senza mai enfatizzarla, attraverso una forma di mascheramento che contribuisce ad amplificare i rimandi di senso, emozionali, semantici che essa possiede, ma dei quali spesso si è persa traccia.
Christoph Fikenscher
È nato a Monaco di Baviera nel 1963. Nel 1989 si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Palermo. Ha vissuto in Spagna e in Brasile. Vincitore del premio Ernst Barlach fur Kunst nel 1990, ha esposto in Italia, Belgio, Germania, Spagna, Brasile. Una sua opera è presente nella collezione della Lenbachhaus di Monaco. Assente dalla scena artistica negli ultimi anni, nei quali si è occupato principalmente degli aspetti teorici dell’arte, da un anno è rientrato a Palermo, dove è intervenuto con una sua opera nel progetto VialloroinArt organizzato dalla galleria Expa e a cura di Eva di Stefano.
“L'opera oggi forse non può essere che inter-vento, situarsi "fra" , nell'infinita catena del produttivismo (estetico) di consumo… La questione è la qualità di un'attenzione continuamente eccitata dal rumore dello spettacolo e la conseguente difficoltà di trovare spazio per l'intervento, chiedersi come introdurre nel dis-corso il punto interrogativo, un segno di discontinuità…”
Per Christoph Fikenscher l’arte necessita di essere sottratta alla spettacolarizzazione dell’evento, pratica oggi universalmente diffusa, per far sì che di essa si protegga il diritto di esistere come puntello che innesca meccanismi di riflessione, per poi lasciarci in silenzio, magari con un segno inciso nella nostra mente e nel nostro cuore. Il suo lavoro si comporta come un labirinto di sensi, ove occorre varcare continue soglie e desiderare di attraversarne sempre di nuove, per scoprire dove l’opera va a morire o a vivere. L’artista utilizza i materiali più diversi, realizzando sculture e installazioni, e di recente anche il video e il suono.
Marzia Migliora
È nata ad Alessandria nel 1972. Dalla fine degli anni Novanta ha preso parte alle più significative esposizioni italiane ed internazionali. Tra le sue più recenti personali ricordiamo Bianca e il suo Contrario alla Galleria Lia Rumma di Milano - Tanatosi, alla Fondazione Merz di Torino, The Agony & The Ecstasy, al FACT - The Foundation for Art & Creative Technology di Liverpool e Download now, all’Italian Cultural Institute di Londra nel 2005; Appassionata, al MART di Rovereto e Pari o dispari, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino nel 2004; infine Punto croce, alla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino nel 2001. Attualmente l’artista vive e lavora a Torino.
Un’opera intensamente poetica quella di Marzia Migliora, autrice di installazioni complesse, in cui mescola il linguaggio video, con la fotografia, l’opera tridimensionale, il disegno, in un mix spesso emozionante e di grande eleganza formale. L’artista opera lungo il filo della memoria, non in senso documentaristico o storico, quanto nella sua veste di un insieme di tracce che delineano un modo di “sentire”, che disegnano un’identità con le sue emozioni, le sue angosce, le sue paure. In molti lavori l’artista ha scelto di affrontare tematiche che riguardano la relazione con il tempo, la verifica delle proprie capacità mettendo a nudo anche i propri limiti, la densità dei sentimenti.
I suoi lavori non descrivono, piuttosto accompagnano per mano lungo un viaggio fatto di sensazioni, di stimoli tattici e uditivi, di raffinate visioni.
Joachim Seinfeld
È nato nel 1962 a Parigi ma ha vissuto a Monaco di Baviera fino al 1981. Ha studiato presso le accademie di Bologna e Firenze, vive e lavora a Berlino. Espone regolarmente dalla metà degli anni Novanta. Tra le sue più recenti mostre ricordiamo: Hicetnunc, Villa Manin, Passariano, Italia (2002); 4 Ks 2/63 – Auschwitzprozess Frankfurt am Main al Fritz-Bauer- Institut di Francoforte e al Martin-Gropiu-Bau di Berlino (2004); Biennale Internazionale d’arte contemporanea di Praga (2005), Beis Balagan Podròz di Polonia, Varsavia, Polonia (2006); altre esposizioni a Copenaghen, Milano, Palermo, Graz, Dresda.
Foto-emulsioni, ritocchi fotografici, video, installazioni si piegano, nel disegno creativo di Joachim Seinfeld, all’urgenza di fare i conti con la storia, sollecitando attraverso la combinazione di questi linguaggi, sempre nuove percezioni dei luoghi, delle cose, della memoria. Più volte nelle sue opere l’artista è tornato sul tema del passato nazista, sulla persecuzione degli ebrei, sulle drammatiche condizioni della guerra. Ma la rivisitazione dei documenti e i riferimenti a temi, spesso tragici, non avviene mai in forma didascalica, nulla è dichiarato e l’osservatore è chiamato ad interagire con l’opera attraverso diversi livelli della percezione. Un altro aspetto del suo lavoro è il mascheramento. L’artista è anche attore, performer, protagonista delle sue foto, sebbene sempre sotto altra veste, costruendo in questo modo una situazione grottesca, quando non decisamente ironica.
25
novembre 2007
L’anima del castello
Dal 25 novembre al 30 dicembre 2007
arte contemporanea
Location
CASTELLO DEI CONTI DI MODICA
Alcamo, Piazza Castello, (Trapani)
Alcamo, Piazza Castello, (Trapani)
Orario di apertura
9.30 - 12.30, 16.30 -19.30
Vernissage
25 Novembre 2007, ore 18.30
Autore
Curatore