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L’arte moltiplicata. Opere originali tra unicità e serialità
Il moderno e il contemporaneo di un fenomeno esploso negli anni Sessanta del Novecento. Una rassegna sui più grandi autori del XX secolo, da Mirò e Vasarely a Warhol, Christo e Tilson, da Fontana e Munari a Veronesi, Adami e Isgrò, che si sono confrontati sulla tecnica della grafica d’arte.
Comunicato stampa
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La storia dell’arte è fatta anche di incontri che hanno dato tanto, come tra artisti e mecenati, ad esempio, per intenderci, Giulio II e Michelangelo, Peggy Guggenheim e Jackson Pollock, Mark Rothko e John e Dominique de Menil, ma è ricca anche di situazioni fortunate come quella tra il collezionista e gallerista di origine italiana Leo Castelli, protagonista dell’arte in America accanto a espressionisti astratti dell’Action painting come Jackson Pollock e Willem De Kooning, a neodadaisti come Robert Rauschenberg e Jasper Johns, con l’appoggio alla “Pop art” e a Roy Lichtenstein e Andy Warhol. Oppure di Pierre Restany con il “Nouveau Realisme”, di Germano Celant e l’arte povera o di Achille Bonito Oliva e la “Transavanguardia”. Così l’incontro di molti affermati artisti con una “idea”, quella di sottrarre l’operazione artistica al suo carattere di esperienza unica, ovvero l’idea del “multiplo” d’arte, un termine che nasce ufficialmente a Parigi nel 1966 nella Galleria Denise René impegnata in tale genere di oggetti d’arte “moltiplicati”, cioè riprodotti in più esemplari. Ma la nostra discussione parte da più lontano, ovvero dall’aspirazione evolutasi nel corso del Novecento di una maggiore introduzione dell’arte nella società. Non solo. Una riflessione sulla “riproducibilità” dell’opera d’arte non può non partire dalla constatazione che, “in linea di principio”, l’opera d’arte è sempre stata riproducibile, ma ciò che qui interessa non è la riproduzione intesa in questo senso bensì la produzione di opere d’arte originali, come succede per la pratica della fusione in bronzo, della calcografia, della litografia e della serigrafia, per quel settore esecutivo denominato “grafica d’arte” e, soprattutto, della stampa d’arte come per la fotografia e il cinema o la musica.
Se il compito del critico consiste nel dare una ridefinizione dell’arte oltre la sua forma classica, dobbiamo annotare che già dagli anni Venti del XX secolo gli artisti del “Bauhaus” erano contro l’opera unica, supportati da Marcel Duchanp che contribuì alla polemica sull’arte moltiplicata con la produzione nel 1934 (tiratura di trecento esemplari più venti) di “La mariée mise à nu par ses célibataires même” pubblicata da Rrose Sélavy a Parigi, e i suoi “Rotoreliefs”, stampati nel 1935 in cinquecento copie e ristampati infine in mille esemplari a New York nel 1963. Ricordiamo anche gli “Originaux Multiples” di Jean Fautrier che espone nel 1950, e Man Ray che nel 1960 produce “Blue bread - favourite food for blu birds” (Pane blu - cibo favorito per uccelli blu), edito in nove esemplari da Paul Haim a Parigi.
Il multiplo dell’opera d’arte, insomma, rimane tuttavia un processo di pluralità estetica ancora non del tutto risolto, dal momento che resta il privilegio della tiratura limitata in esemplari che determinano il valore, e quindi lega quest’arte ancora a una sorta di “unicità” costruita all’interno della cosiddetta tiratura. Da iniziativa artistica-commerciale, dunque, la moltiplicazione dell’opera d’arte ha rilevato un “valore” per le sue premesse culturali nel demitizzarne l’idolatria come prezioso pezzo unico, preferendo un’estetica egualitaria elaborata da artisti come quelli citati e molti altri.
L’arte moltiplicata risulta, quindi, essere una promessa di distinzione nell’arte, una scelta privilegiata in edizioni limitate e certificate, garantite dalla firma d’autore, con l’obiettivo di ritornare a comunicare emozioni e bellezza e in proposte che toccano anche molti giovani dell’arte contemporanea giacché è il contemporaneo stesso ad essere serializzabile nella sua quotidianità, e ne manifesta la maniera espressiva, ne mostra le incertezze in un mondo che cambia, dove la molteplicità è a volte provocazione ed esagerazione.
In definitiva la storia del Novecento artistico è la storia del multiplo, e la storia del progresso tecnologico è la storia dell’arte nel Novecento, in cui i più importanti artisti si sono confrontati con le nuove metodologie, costruendo un nuovo mercato che di fatto ha dato la possibilità di operare con alternative creative fino ad allora impensabili. Col multiplo l’opera d’arte realizza il fenomeno che il filosofo tedesco Benjamin chiama la “perdita dell’aura”, concetto ripreso da Baudelaire che ne elaborava il carattere “sensazionale” nello spettatore alla presenza dell’esemplare originale.
Andrea Barretta
Se il compito del critico consiste nel dare una ridefinizione dell’arte oltre la sua forma classica, dobbiamo annotare che già dagli anni Venti del XX secolo gli artisti del “Bauhaus” erano contro l’opera unica, supportati da Marcel Duchanp che contribuì alla polemica sull’arte moltiplicata con la produzione nel 1934 (tiratura di trecento esemplari più venti) di “La mariée mise à nu par ses célibataires même” pubblicata da Rrose Sélavy a Parigi, e i suoi “Rotoreliefs”, stampati nel 1935 in cinquecento copie e ristampati infine in mille esemplari a New York nel 1963. Ricordiamo anche gli “Originaux Multiples” di Jean Fautrier che espone nel 1950, e Man Ray che nel 1960 produce “Blue bread - favourite food for blu birds” (Pane blu - cibo favorito per uccelli blu), edito in nove esemplari da Paul Haim a Parigi.
Il multiplo dell’opera d’arte, insomma, rimane tuttavia un processo di pluralità estetica ancora non del tutto risolto, dal momento che resta il privilegio della tiratura limitata in esemplari che determinano il valore, e quindi lega quest’arte ancora a una sorta di “unicità” costruita all’interno della cosiddetta tiratura. Da iniziativa artistica-commerciale, dunque, la moltiplicazione dell’opera d’arte ha rilevato un “valore” per le sue premesse culturali nel demitizzarne l’idolatria come prezioso pezzo unico, preferendo un’estetica egualitaria elaborata da artisti come quelli citati e molti altri.
L’arte moltiplicata risulta, quindi, essere una promessa di distinzione nell’arte, una scelta privilegiata in edizioni limitate e certificate, garantite dalla firma d’autore, con l’obiettivo di ritornare a comunicare emozioni e bellezza e in proposte che toccano anche molti giovani dell’arte contemporanea giacché è il contemporaneo stesso ad essere serializzabile nella sua quotidianità, e ne manifesta la maniera espressiva, ne mostra le incertezze in un mondo che cambia, dove la molteplicità è a volte provocazione ed esagerazione.
In definitiva la storia del Novecento artistico è la storia del multiplo, e la storia del progresso tecnologico è la storia dell’arte nel Novecento, in cui i più importanti artisti si sono confrontati con le nuove metodologie, costruendo un nuovo mercato che di fatto ha dato la possibilità di operare con alternative creative fino ad allora impensabili. Col multiplo l’opera d’arte realizza il fenomeno che il filosofo tedesco Benjamin chiama la “perdita dell’aura”, concetto ripreso da Baudelaire che ne elaborava il carattere “sensazionale” nello spettatore alla presenza dell’esemplare originale.
Andrea Barretta
09
novembre 2013
L’arte moltiplicata. Opere originali tra unicità e serialità
Dal 09 novembre al 21 dicembre 2013
arte moderna e contemporanea
Location
GALLERIA AB/ARTE
Brescia, Vicolo San Nicola, 6, (Brescia)
Brescia, Vicolo San Nicola, 6, (Brescia)
Orario di apertura
Da giovedì a sabato ore 9,30 - 12, 30 e 15,30 - 19,30
Vernissage
9 Novembre 2013, ore 18,00
Autore
Curatore