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L’arte per l’arte. Dipingere gli affetti. La pittura sacra a Ferrara tra Cinque e Settecento
Torna al Castello Estense di Ferrara “L’arte per l’arte”, il progetto del Comune di Ferrara, promosso in collaborazione con la Fondazione Ferrara Arte, dedicato alla valorizzazione del patrimonio storico e artistico della città reso inaccessibile dopo il sisma del 2012.
Comunicato stampa
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Torna al Castello Estense di Ferrara Larte per larte, il progetto del Comune di Ferrara, promosso in collaborazione con la Fondazione Ferrara Arte, dedicato alla valorizzazione del patrimonio storico e artistico della città reso inaccessibile dopo il sisma del 2012.
Dopo le opere di De Pisis, Boldini, Previati e Mentessi delle Gallerie dArte Moderna, protagoniste delle prime due esposizioni del progetto lArte per lArte, lattenzione si sposta ora verso il periodo dal Cinque al Settecento. Le sale riccamente affrescate dellala sud e dei Camerini del Castello ospiteranno infatti la quadreria di proprietà dellASP, Centro Servizi alla Persona di Ferrara, Masi Torello e Voghiera, depositata presso i Musei di Arte Antica.
Si tratta di un vero e proprio capitale artistico, pressoché sconosciuto eppure di grande rilevanza storica, che lesposizione al Castello mira a restituire al grande pubblico. Lesperienza di visita assumerà i contorni di un viaggio nel tempo affascinante e sorprendente che spazierà dal tramonto del dominio Estense fino al secolo dei Lumi.
Le tappe di questo itinerario ci condurranno al cospetto dei due importanti protagonisti della rivoluzione naturalistica di inizio Seicento: Ippolito Scarsella detto Scarsellino e Carlo Bononi. La soave magnificenza del primo e la dolente bellezza del secondo, caratterizzano la Ferrara di quegli anni facendone uno dei più intriganti centri artistici dellepoca. Contestualmente, faremo la conoscenza di personalità cronologicamente precedenti e parallele come, ad esempio, Giuseppe Mazzuoli detto il Bastarolo, il cui il manierismo castigato è fondamentale nella seconda metà del Cinquecento, Gaspare Venturini, pittore molto attivo per i duchi e per committenti religiosi, e lenigmatico Giuseppe Caletti, curiosa figura di artista maledetto operante nella prima metà del Seicento. La seconda metà del XVII secolo è caratterizzata dal mitigato universo figurativo di Giuseppe Avanzi, pittore di mediazione che schiuderà il sipario al Settecento dove si imporranno le singolari personalità di Giacomo Parolini e Giuseppe Zola.
Ma perché Dipingere gli affetti? Per una doppia evocazione simbolica. La prima riguarda il linguaggio: le opere che verranno esposte in Castello si muovono nel solco degli orientamenti successivi al Concilio di Trento che delegavano allarte il basilare compito di mediare tra il fedele e la religione, tra il visibile e linvisibile, attraverso forme naturalistiche, emotive e familiari, nelle quali luomo del Sei e Settecento si potesse riconoscere. La seconda attiene alla vocazione umanitaria che animava i luoghi da cui esse erano originariamente collocate. Non delle chiese qualsiasi, ma gli altari, le cappelle e gli ambienti di istituti religiosi che ponevano al centro del loro operare laiuto verso gli altri, fossero essi orfani, indigenti, bisognosi o donne in difficoltà. Un insieme di esperienze animato da figure di primo piano della corte Estense da Alfonso II a Barbara dAustria, fino a Margherita Gonzaga ma anche di una fetta consistente della nobiltà e della borghesia cittadina, impegnata nellattività di carità e solidarietà.
Ed è così che protagonista di questa mostra sarà anche la città di Ferrara, nel tentativo di ricomporre il tessuto connettivo di un«araldica della beneficenza» (per usare una felice definizione di Andrea Emiliani) che costituì la manifestazione più tangibile di quella pietas sei e settecentesca animata da empatica affettività e impegno sociale. Un attivismo che portò ad ornare alcuni dei luoghi sacri più rappresentativi, oggi quasi tutti scomparsi o mutati per fattezze o destinazioni duso, come i conservatori femminili di Santa Barbara e di Santa Margherita, o lOpera Pia della Povertà Generale. Un vero e proprio viaggio nel tempo, insomma, alla ricerca delle radici moderne di Ferrara. Questo vale non solo sotto il profilo storico-artistico, ma anche dal punto di vista sociale: il fatto che queste opere siano state ereditate dallASP Centro Servizi alla Persona di Ferrara, e che questultima abbia collaborato e sostenuto la realizzazione del progetto espositivo, rappresenta il filo rosso che collega lattività umanitaria degli antichi Istituti caritatevoli, con lattuale declinazione delle politiche attive per il welfare della città.
Dopo le opere di De Pisis, Boldini, Previati e Mentessi delle Gallerie dArte Moderna, protagoniste delle prime due esposizioni del progetto lArte per lArte, lattenzione si sposta ora verso il periodo dal Cinque al Settecento. Le sale riccamente affrescate dellala sud e dei Camerini del Castello ospiteranno infatti la quadreria di proprietà dellASP, Centro Servizi alla Persona di Ferrara, Masi Torello e Voghiera, depositata presso i Musei di Arte Antica.
Si tratta di un vero e proprio capitale artistico, pressoché sconosciuto eppure di grande rilevanza storica, che lesposizione al Castello mira a restituire al grande pubblico. Lesperienza di visita assumerà i contorni di un viaggio nel tempo affascinante e sorprendente che spazierà dal tramonto del dominio Estense fino al secolo dei Lumi.
Le tappe di questo itinerario ci condurranno al cospetto dei due importanti protagonisti della rivoluzione naturalistica di inizio Seicento: Ippolito Scarsella detto Scarsellino e Carlo Bononi. La soave magnificenza del primo e la dolente bellezza del secondo, caratterizzano la Ferrara di quegli anni facendone uno dei più intriganti centri artistici dellepoca. Contestualmente, faremo la conoscenza di personalità cronologicamente precedenti e parallele come, ad esempio, Giuseppe Mazzuoli detto il Bastarolo, il cui il manierismo castigato è fondamentale nella seconda metà del Cinquecento, Gaspare Venturini, pittore molto attivo per i duchi e per committenti religiosi, e lenigmatico Giuseppe Caletti, curiosa figura di artista maledetto operante nella prima metà del Seicento. La seconda metà del XVII secolo è caratterizzata dal mitigato universo figurativo di Giuseppe Avanzi, pittore di mediazione che schiuderà il sipario al Settecento dove si imporranno le singolari personalità di Giacomo Parolini e Giuseppe Zola.
Ma perché Dipingere gli affetti? Per una doppia evocazione simbolica. La prima riguarda il linguaggio: le opere che verranno esposte in Castello si muovono nel solco degli orientamenti successivi al Concilio di Trento che delegavano allarte il basilare compito di mediare tra il fedele e la religione, tra il visibile e linvisibile, attraverso forme naturalistiche, emotive e familiari, nelle quali luomo del Sei e Settecento si potesse riconoscere. La seconda attiene alla vocazione umanitaria che animava i luoghi da cui esse erano originariamente collocate. Non delle chiese qualsiasi, ma gli altari, le cappelle e gli ambienti di istituti religiosi che ponevano al centro del loro operare laiuto verso gli altri, fossero essi orfani, indigenti, bisognosi o donne in difficoltà. Un insieme di esperienze animato da figure di primo piano della corte Estense da Alfonso II a Barbara dAustria, fino a Margherita Gonzaga ma anche di una fetta consistente della nobiltà e della borghesia cittadina, impegnata nellattività di carità e solidarietà.
Ed è così che protagonista di questa mostra sarà anche la città di Ferrara, nel tentativo di ricomporre il tessuto connettivo di un«araldica della beneficenza» (per usare una felice definizione di Andrea Emiliani) che costituì la manifestazione più tangibile di quella pietas sei e settecentesca animata da empatica affettività e impegno sociale. Un attivismo che portò ad ornare alcuni dei luoghi sacri più rappresentativi, oggi quasi tutti scomparsi o mutati per fattezze o destinazioni duso, come i conservatori femminili di Santa Barbara e di Santa Margherita, o lOpera Pia della Povertà Generale. Un vero e proprio viaggio nel tempo, insomma, alla ricerca delle radici moderne di Ferrara. Questo vale non solo sotto il profilo storico-artistico, ma anche dal punto di vista sociale: il fatto che queste opere siano state ereditate dallASP Centro Servizi alla Persona di Ferrara, e che questultima abbia collaborato e sostenuto la realizzazione del progetto espositivo, rappresenta il filo rosso che collega lattività umanitaria degli antichi Istituti caritatevoli, con lattuale declinazione delle politiche attive per il welfare della città.
24
gennaio 2019
L’arte per l’arte. Dipingere gli affetti. La pittura sacra a Ferrara tra Cinque e Settecento
Dal 24 gennaio al 26 dicembre 2019
arte antica
Location
CASTELLO ESTENSE
Ferrara, Largo Castello, (Ferrara)
Ferrara, Largo Castello, (Ferrara)
Vernissage
24 Gennaio 2019, su invito
Ufficio stampa
STUDIO ESSECI
Curatore