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L’Artista e la Materia (secondo capitolo)
Nella mostra L’Artista e la Materia (secondo capitolo), vengono chiamati alla ribalta gli artisti che hanno usato i vari materiali non per quello che rappresentano nel quotidiano ma per sottometterli a una funzione di supporto.
Comunicato stampa
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Dal 28 settembre al 13 novembre, la Galleria Tega di Milano ( via Senato 24, Milano, tel. 02-76006473; orari 10-13/ 15-19 dal lunedì al sabato; www.galleriatega.it, info@galleriatega.it ) inaugura la seconda parte della mostra intitolata “L’artista e la materia” di cui è stato presentato un primo assaggio l’inverno scorso.
Pensiamo a Enrico Baj che nelle sue “dame” e nei suoi “generali” trasforma i tappi di analcolico in occhi, le nappe in capelli e così via: La dame aux marguerites del 1960 in mostra è un significativo esempio di quanto si è appena detto. Altrimenti è il supporto a essere sollecitato per trasformarsi in stimolante base creativa ( pensiamo ad Agostino Bonalumi, a Dadamaino e a Remo Bianco ). Una variante è l’atteggiamento di Christo inteso a rendere anche tattilmente fruibili quei suoi “progetti” votati all’ estroflessione. Piero Gilardi si avvale invece del poliuretano per modellare paesaggi edenici; di rimando Aldo Mondino gioca anche con lo zucchero per modulare le sue opere. Per Mimmo Rotella è il rimaneggiamento di un manifesto strappato il fulcro della creazione; per Sophia Vari invece la seduzione compositiva è concessa dall’accumulo dei ritagli di grandi carte colorate.
In altre circostanze la materia si traduce in una seduzione organica che ci appartiene intimamente ( le combustioni e le muffe di Alberto Burri, i travagliati “cartoni” di Antoni Tàpies ). E torniamo a quegli autori che si sono avvalsi degli oggetti senza modificarne la natura originaria ( pensiamo ai fiammiferi di Kurt Schwitters, ai chicchi di caffè di Jannis Kounellis, agli assemblaggi ferrosi di Ettore Colla e alle articolate sculture di Kcho ).
Accostiamoci quindi alla pittura che si fa grumo e materia: Composition del 1949 di Nicolas De Staël, Monjas de Calle con Buen Ojo del 1993 di Julian Schnabel, Paesaggio del 1955 di Ennio Morlotti e Una mela per Malievitch ( Regressivo consapevole ) del 1986 di Mattia Moreni sono alcuni significativi esempi. E di riflesso possiamo anche inserire nel novero i lavori in rassegna di Mimmo Paladino e di Pier Paolo Calzolari. E la “scrittura” dell’Achille Perilli degli anni Sessanta? Va anch’essa valutata in tal senso. Ma è con Yves Klein ( Monochrome del 1957 ) che la pittura si identifica emblematicamente con la materia che l’ha generata.
Pensiamo a Enrico Baj che nelle sue “dame” e nei suoi “generali” trasforma i tappi di analcolico in occhi, le nappe in capelli e così via: La dame aux marguerites del 1960 in mostra è un significativo esempio di quanto si è appena detto. Altrimenti è il supporto a essere sollecitato per trasformarsi in stimolante base creativa ( pensiamo ad Agostino Bonalumi, a Dadamaino e a Remo Bianco ). Una variante è l’atteggiamento di Christo inteso a rendere anche tattilmente fruibili quei suoi “progetti” votati all’ estroflessione. Piero Gilardi si avvale invece del poliuretano per modellare paesaggi edenici; di rimando Aldo Mondino gioca anche con lo zucchero per modulare le sue opere. Per Mimmo Rotella è il rimaneggiamento di un manifesto strappato il fulcro della creazione; per Sophia Vari invece la seduzione compositiva è concessa dall’accumulo dei ritagli di grandi carte colorate.
In altre circostanze la materia si traduce in una seduzione organica che ci appartiene intimamente ( le combustioni e le muffe di Alberto Burri, i travagliati “cartoni” di Antoni Tàpies ). E torniamo a quegli autori che si sono avvalsi degli oggetti senza modificarne la natura originaria ( pensiamo ai fiammiferi di Kurt Schwitters, ai chicchi di caffè di Jannis Kounellis, agli assemblaggi ferrosi di Ettore Colla e alle articolate sculture di Kcho ).
Accostiamoci quindi alla pittura che si fa grumo e materia: Composition del 1949 di Nicolas De Staël, Monjas de Calle con Buen Ojo del 1993 di Julian Schnabel, Paesaggio del 1955 di Ennio Morlotti e Una mela per Malievitch ( Regressivo consapevole ) del 1986 di Mattia Moreni sono alcuni significativi esempi. E di riflesso possiamo anche inserire nel novero i lavori in rassegna di Mimmo Paladino e di Pier Paolo Calzolari. E la “scrittura” dell’Achille Perilli degli anni Sessanta? Va anch’essa valutata in tal senso. Ma è con Yves Klein ( Monochrome del 1957 ) che la pittura si identifica emblematicamente con la materia che l’ha generata.
27
settembre 2010
L’Artista e la Materia (secondo capitolo)
Dal 27 settembre al 13 novembre 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA TEGA
Milano, Via Senato, 20, (Milano)
Milano, Via Senato, 20, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a sabato ore 10-13 e 15-19
Vernissage
27 Settembre 2010, ore 18.30
Autore
Curatore