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LatinoLatino. Arte Contemporanea Latino Americana nel Sud Italia
Investigare il presente con dovizia ed elidere il rischio di un futuro anonimo: è questo lo spirito che accomuna gli artisti latinoamericani in mostra a Palazzo della Vicaria, tra cui tra cui Raúl Cordero, Jorge Macchi, Donna Conlon, Priscilla Monge, Aldo Chaparro, Marcos Castro, Carlos Huffmann, Carlos Garaicoa
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Il Palazzo della Vicaria presenta una mostra in progress con installazioni di artisti latinoamericani destinati a colmare l’Ex Carcere di Trapani fino al 18 agosto.
In qualche modo tutti gli artisti sono interessati al cambiamento. Alcuni ipnotizzano scenari utopici, altri analizzano la comune volontà di procedere attraverso percorsi liberatori, altri ancora dichiarano sentenze destinate a proclamare stati d’animo infuocati. In ogni caso si investiga il presente con dovizia e si elide il rischio di un futuro anonimo.
La mostra LATINOLATINO presenta una panoramica di artisti contemporanei latino-americani in città del centro e sud Italia (Napoli, Bari, Lecce, Maglie, Cosenza, Palermo, Trapani, Barletta), concepita come un unico evento diffuso nell'Italia centro-meridionale a presentare in luoghi e contesti diversi l'opera di artisti affermati e giovani emergenti. Per valenza estetica e attenzione alla dimensione sociale dell'arte, il lavoro degli artisti si è posto all'attenzione della critica internazionale e riflette orientamenti e preoccupazioni della scena contemporanea centro-sudamericana, in Italia ancora poco conosciuta. Una delle questioni poste dalla mostra riguarda la problematica della trasposizione di un'opera dal contesto locale da cui proviene a quello globale in cui viene presentata e fruita.
Alexandre Arrechea costruisce interi mondi attraverso acquerelli grande formato e sculture studiate intorno a objet trouvè. Il nome dell’opera “There are types of damage we can't do anything about” aggiunge senso ulteriore alle tre palle da bowling imbrigliate in una struttura di legno multistrato, piatta ma avvolgente, concentrica e labirintica al contempo, come una custodia le cui dimensioni fuori scala ci insegnano, recita il titolo, che di fronte a certi danni nulla è efficace. In delicato equilibrio tra il senso familiare degli oggetti d’uso quotidiano e le questioni sociali di interesse pubblico, Arrechea restituisce agli oggetti una funzionalità differente, spesso con una nuova destinazione d’uso e un inedito significato, quale metafora di violazione della privacy da contrastare attraverso la licenza liberatoria di un’opera d’arte.
Un lupo minaccioso e dolcissimo nasce per una installazione che obbedisce alla sua estetica struggente. Il giovane messicano Marcos Castro dipinge una natura colma di animali e ibridi scenari postindustriali dentro atmosfere primordiali per riflettere sulle contraddizioni del pianeta e le involuzioni contenute nell’evoluzione della specie.
Le riviste manipolate con gli acquerelli di Carlos Huffmann hanno il valore di una scultura e trasformano scenari pubblicitari in visioni apocalittiche o semplicemente delineano nuove interpretazioni della realtà quotidiana. Le macchine restano macchine da corsa ma le propaggini di tentacoli e ulteriori abitacoli sono astrazioni fantasy e irrequiete che fondono artificiale e manuale. L’installazione complessivamente rafforza il singolo intervento e lo rende visionario.
Affronta un discorso differente ma compie traiettorie simili il colombiano John Espinosa che mette in scena dal 2001 gli animali impagliati quale simbolo di lotte sociali. La battaglia congelata dei cerbiatti sembra dire che la bellezza derelitta possa ancora fare scintille, qui stilizzate in forma di neon giallo dal sapore di un fumetto bloccato nel tempo. “Frozen Upon Entry”, è un modo per immaginare di fermarli nel tempo.
Priscilla Monge attua un’operazione quasi didattica e mostra una serie di lavagne dove scrive decine di volte la stessa frase per non ripetere identici errori. I moniti scelti, autoriferiti e rivolti anche a noi, oltre che a se stessa, sembrano imperativi o meglio vividi consigli dedicati al rispetto, invocano la fine della sopraffazione, esortano a mantenere la dignità e a non perderla per alcun motivo. “Non devo amare troppo”, “Non devo sanguinare”, “Non devo svegliarmi” riflettono sopra una condizione femminile di estrema sensibilità e sono idealmente accessibili nonché condivisibili.
L’artista messicano Aldo Chaparro solitamente riutilizza simboli e frasi celebri per costruire scenari con materiali fluorescenti, mentre qui presenta una sorta di sentenza-scultura che funziona come un monito. “It must be nice to disappear” che liberamente traduciamo: A volte deve essere piacevole sparire, sfida la materia che resta e immagina di rendere ogni cosa volatile. Per estensione noi siamo tentati di lasciare tutto com’è e prendere il volo, o anche solo le distanze, da quanto non approviamo dello stato corrente del pianeta.
Il titolo LATINOLATINO è una sorta di paradosso che vuole rimettere in questione la rappresentazione, spesso eccessivamente baroccheggiante e piena di luoghi comuni, con cui è rievocata la cultura latino-americana, per rintracciare una sensibilità concettuale che accomuni gli artisti al di là dei cliché e delle provenienze. Se non esiste differenza formale tra chi è rimasto nel paese di origine e chi vive all'estero, si evidenzia un comune sentire, una forte adesione a temi dalla portata universale e una soggiacente tensione sociale, anche laddove questa si manifesta in una dimensione intima, domestica, personale.
Il lavoro di James Bonachea è solitamente performativo e impegnato nel denunciare attraverso prove al limite dell’estenuante quanto sia necessario prendere le distanze dall’omologazione di massa. La foto qui presente “Tu Tiempo, Tu Calabra” colloca in esterno oggetti di uso domestico ma è solo una piccola infinitesima parte di un immenso lavoro sugli oggetti e sul proprio corpo, con l’intento di guardare le cose da una diversa prospettiva.
Ispirato dai piccoli libricini flipbook in cui girando velocemente le pagine si crea una animazione passo-uno, il video di Donna Colon “Urban Phantoms” ricostruisce lentamente e sempre più inesorabilmente veloce lo skyline di Panama con elementi di riciclo quotidiano. L’accumulo si serve di tappi di bottiglia, pacchetti di gomma, scatole di fiammiferi e vario materiale di scarto. Lo schizzo di un gabbiano sul finale sorvola la città di plastica e la osserva mentre un suono montante di uno stormo introduce un senso di deriva imminente.
Raúl Cordero utilizza le referenze del video per dipingere il passaggio del tempo. “Repetition Piece n.1” come si evince dal titolo, ingaggia una sistematica sequenza di tele accostate al video e mette in moto una sfida rispetto al ruolo della pittura contemporanea con la conta dei giorni della settimana nelle cui 24 ore moltiplicate per 7 è stato filmato il paesaggio in questione. L’enfasi è posta sopra il gioco di ritrarre o meno il vero, mentre la fruizione di un’opera e la sua accettazione vengono indagate profondamente.
L’effetto illusorio e straniante si condensa poco a poco in una fusione terra-cielo intorno all’idea di aldilà. Il lavoro fotografico "Espacio sin espacio" di Ariel Orozco presenta lo scatto frontale di due tombe in un cimitero ai lati destro e sinistro di un terza tomba al centro. Al suo posto è collocato uno specchio che riflette l’azzurro e le nuvole. L’artista cubano di solito segue un’idea finché non ne scaturisce un oggetto e finché il mezzo espressivo prescelto, sia esso fotografico, installativo o performativo non raggiunge lo status che l’artista ha voluto scegliere. A volte alcune opere vengono processate dentro un viaggio analitico talmente profondo che è lo stesso percorso creativo a decidere in quale media devono esistere. Quando raggiungono lo stadio finale le idee sono transitate da un percorso utile a definire l’opera stessa. A volte anche il pubblico è chiamato a far parte di tale processo. L’esito è sempre un autoritratto del pensiero dell’artista.
L’artista cubano Carlos Garaicoa presenta un lavoro ideato per narrare l’idea di città utopica. L’antico confronto luce-ombra, da sempre prefigura una visione onirica che pondera sugli archetipi della natura. Nella serie dei lightbox “Sky (Cuito Canavale)” si stagliano tramonti urbani su fondo nero a preservare la luce dentro una scatola, con l’intento di poter accedere all’idea filosofica di città possibile, per fortuna tuttora poetica e pertanto destinata a nutrirci ancora di parole e intenti. Lo spazio pubblico del nostro tempo è forse come l’attimo finale e velocissimo del tramonto. Metafora di quanto ancora non siamo in grado di comprendere e risolvere. Un atto teatrale ancora impercettibile, non definito. E dunque secondo l’artista qualunque luogo ricco di memoria architettonica o semplicemente carico di vissuto, va prima sognato, poi compreso e riformulato.
Jorge Macchi presenta una grande scultura di cemento a forma di Tevere, come se fosse il calco di una scultura ambientale che riflette la natura di un fiume dentro un solido. Il ribaltamento delle strutture primitive e della destinazione d’uso di mappe geografiche tipiche dell’artista argentino, torna in questo lavoro in maniera massiccia e impone una visione del totale di un corso d’acqua raramente catturato dalla vista per intero. La riflessione latente sul percorso interiore e esteriore di ogni individuo è infinitamente latente, ammutolita dal peso specifico dell’installazione di cemento.
Sebastiano Mauri, unico artista presente in tutte le sedi della mostra, presenta una sequenza di cento divinità, icone votive e statuette che ruotano e sembrano danzare al ritmo di un montaggio che racchiude tutti i canti religiosi della terra. Il video “I Believe in God” è ipnotico e avvolge con il suono un’intera stanza per permettere di attraversare una infinità di culture e invita a immedesimarsi in tutte e/o nessuna.
Dopo la preview nel Salento a novembre ’07 e le tappe allo Spasimo di Palermo, Fortino di Sant’Antonio a Bari e Napoli, la collettiva di artisti LatinoAmericani trova la propria sede a Trapani. Ribaltando il concetto di mostra itinerante, la mostra presenta artisti diversi in ogni sede e chiede allo spettatore di spostarsi per vederla nell'arco di 10 mesi.
La mostra presenterà fino al 18 agosto i lavori di Alexandre Arrechea, James Bonachea Marcos Castro, Aldo Chaparro, Donna Conlon, Raúl Cordero, John Espinosa, Carlos Garaicoa, Carlos Huffmann, Jorge Macchi, Sebastiano Mauri, Priscilla Monge, Ariel Orozco.
Con il Patrocinio della Provincia Regionale di Trapani e con il sostegno di Vodafone, Bartolini, Vestas Hotels, l’Assessorato alle Culture della Provincia di Lecce, Isufi, Loophouse e Adragna.
La successiva tappa della mostra si tiene sempre a Trapani nella sede del vecchio mercato del pesce, detto “Pescheria”, con il patrocinio del Comune di Trapani.
Raffaella Guidobono
In qualche modo tutti gli artisti sono interessati al cambiamento. Alcuni ipnotizzano scenari utopici, altri analizzano la comune volontà di procedere attraverso percorsi liberatori, altri ancora dichiarano sentenze destinate a proclamare stati d’animo infuocati. In ogni caso si investiga il presente con dovizia e si elide il rischio di un futuro anonimo.
La mostra LATINOLATINO presenta una panoramica di artisti contemporanei latino-americani in città del centro e sud Italia (Napoli, Bari, Lecce, Maglie, Cosenza, Palermo, Trapani, Barletta), concepita come un unico evento diffuso nell'Italia centro-meridionale a presentare in luoghi e contesti diversi l'opera di artisti affermati e giovani emergenti. Per valenza estetica e attenzione alla dimensione sociale dell'arte, il lavoro degli artisti si è posto all'attenzione della critica internazionale e riflette orientamenti e preoccupazioni della scena contemporanea centro-sudamericana, in Italia ancora poco conosciuta. Una delle questioni poste dalla mostra riguarda la problematica della trasposizione di un'opera dal contesto locale da cui proviene a quello globale in cui viene presentata e fruita.
Alexandre Arrechea costruisce interi mondi attraverso acquerelli grande formato e sculture studiate intorno a objet trouvè. Il nome dell’opera “There are types of damage we can't do anything about” aggiunge senso ulteriore alle tre palle da bowling imbrigliate in una struttura di legno multistrato, piatta ma avvolgente, concentrica e labirintica al contempo, come una custodia le cui dimensioni fuori scala ci insegnano, recita il titolo, che di fronte a certi danni nulla è efficace. In delicato equilibrio tra il senso familiare degli oggetti d’uso quotidiano e le questioni sociali di interesse pubblico, Arrechea restituisce agli oggetti una funzionalità differente, spesso con una nuova destinazione d’uso e un inedito significato, quale metafora di violazione della privacy da contrastare attraverso la licenza liberatoria di un’opera d’arte.
Un lupo minaccioso e dolcissimo nasce per una installazione che obbedisce alla sua estetica struggente. Il giovane messicano Marcos Castro dipinge una natura colma di animali e ibridi scenari postindustriali dentro atmosfere primordiali per riflettere sulle contraddizioni del pianeta e le involuzioni contenute nell’evoluzione della specie.
Le riviste manipolate con gli acquerelli di Carlos Huffmann hanno il valore di una scultura e trasformano scenari pubblicitari in visioni apocalittiche o semplicemente delineano nuove interpretazioni della realtà quotidiana. Le macchine restano macchine da corsa ma le propaggini di tentacoli e ulteriori abitacoli sono astrazioni fantasy e irrequiete che fondono artificiale e manuale. L’installazione complessivamente rafforza il singolo intervento e lo rende visionario.
Affronta un discorso differente ma compie traiettorie simili il colombiano John Espinosa che mette in scena dal 2001 gli animali impagliati quale simbolo di lotte sociali. La battaglia congelata dei cerbiatti sembra dire che la bellezza derelitta possa ancora fare scintille, qui stilizzate in forma di neon giallo dal sapore di un fumetto bloccato nel tempo. “Frozen Upon Entry”, è un modo per immaginare di fermarli nel tempo.
Priscilla Monge attua un’operazione quasi didattica e mostra una serie di lavagne dove scrive decine di volte la stessa frase per non ripetere identici errori. I moniti scelti, autoriferiti e rivolti anche a noi, oltre che a se stessa, sembrano imperativi o meglio vividi consigli dedicati al rispetto, invocano la fine della sopraffazione, esortano a mantenere la dignità e a non perderla per alcun motivo. “Non devo amare troppo”, “Non devo sanguinare”, “Non devo svegliarmi” riflettono sopra una condizione femminile di estrema sensibilità e sono idealmente accessibili nonché condivisibili.
L’artista messicano Aldo Chaparro solitamente riutilizza simboli e frasi celebri per costruire scenari con materiali fluorescenti, mentre qui presenta una sorta di sentenza-scultura che funziona come un monito. “It must be nice to disappear” che liberamente traduciamo: A volte deve essere piacevole sparire, sfida la materia che resta e immagina di rendere ogni cosa volatile. Per estensione noi siamo tentati di lasciare tutto com’è e prendere il volo, o anche solo le distanze, da quanto non approviamo dello stato corrente del pianeta.
Il titolo LATINOLATINO è una sorta di paradosso che vuole rimettere in questione la rappresentazione, spesso eccessivamente baroccheggiante e piena di luoghi comuni, con cui è rievocata la cultura latino-americana, per rintracciare una sensibilità concettuale che accomuni gli artisti al di là dei cliché e delle provenienze. Se non esiste differenza formale tra chi è rimasto nel paese di origine e chi vive all'estero, si evidenzia un comune sentire, una forte adesione a temi dalla portata universale e una soggiacente tensione sociale, anche laddove questa si manifesta in una dimensione intima, domestica, personale.
Il lavoro di James Bonachea è solitamente performativo e impegnato nel denunciare attraverso prove al limite dell’estenuante quanto sia necessario prendere le distanze dall’omologazione di massa. La foto qui presente “Tu Tiempo, Tu Calabra” colloca in esterno oggetti di uso domestico ma è solo una piccola infinitesima parte di un immenso lavoro sugli oggetti e sul proprio corpo, con l’intento di guardare le cose da una diversa prospettiva.
Ispirato dai piccoli libricini flipbook in cui girando velocemente le pagine si crea una animazione passo-uno, il video di Donna Colon “Urban Phantoms” ricostruisce lentamente e sempre più inesorabilmente veloce lo skyline di Panama con elementi di riciclo quotidiano. L’accumulo si serve di tappi di bottiglia, pacchetti di gomma, scatole di fiammiferi e vario materiale di scarto. Lo schizzo di un gabbiano sul finale sorvola la città di plastica e la osserva mentre un suono montante di uno stormo introduce un senso di deriva imminente.
Raúl Cordero utilizza le referenze del video per dipingere il passaggio del tempo. “Repetition Piece n.1” come si evince dal titolo, ingaggia una sistematica sequenza di tele accostate al video e mette in moto una sfida rispetto al ruolo della pittura contemporanea con la conta dei giorni della settimana nelle cui 24 ore moltiplicate per 7 è stato filmato il paesaggio in questione. L’enfasi è posta sopra il gioco di ritrarre o meno il vero, mentre la fruizione di un’opera e la sua accettazione vengono indagate profondamente.
L’effetto illusorio e straniante si condensa poco a poco in una fusione terra-cielo intorno all’idea di aldilà. Il lavoro fotografico "Espacio sin espacio" di Ariel Orozco presenta lo scatto frontale di due tombe in un cimitero ai lati destro e sinistro di un terza tomba al centro. Al suo posto è collocato uno specchio che riflette l’azzurro e le nuvole. L’artista cubano di solito segue un’idea finché non ne scaturisce un oggetto e finché il mezzo espressivo prescelto, sia esso fotografico, installativo o performativo non raggiunge lo status che l’artista ha voluto scegliere. A volte alcune opere vengono processate dentro un viaggio analitico talmente profondo che è lo stesso percorso creativo a decidere in quale media devono esistere. Quando raggiungono lo stadio finale le idee sono transitate da un percorso utile a definire l’opera stessa. A volte anche il pubblico è chiamato a far parte di tale processo. L’esito è sempre un autoritratto del pensiero dell’artista.
L’artista cubano Carlos Garaicoa presenta un lavoro ideato per narrare l’idea di città utopica. L’antico confronto luce-ombra, da sempre prefigura una visione onirica che pondera sugli archetipi della natura. Nella serie dei lightbox “Sky (Cuito Canavale)” si stagliano tramonti urbani su fondo nero a preservare la luce dentro una scatola, con l’intento di poter accedere all’idea filosofica di città possibile, per fortuna tuttora poetica e pertanto destinata a nutrirci ancora di parole e intenti. Lo spazio pubblico del nostro tempo è forse come l’attimo finale e velocissimo del tramonto. Metafora di quanto ancora non siamo in grado di comprendere e risolvere. Un atto teatrale ancora impercettibile, non definito. E dunque secondo l’artista qualunque luogo ricco di memoria architettonica o semplicemente carico di vissuto, va prima sognato, poi compreso e riformulato.
Jorge Macchi presenta una grande scultura di cemento a forma di Tevere, come se fosse il calco di una scultura ambientale che riflette la natura di un fiume dentro un solido. Il ribaltamento delle strutture primitive e della destinazione d’uso di mappe geografiche tipiche dell’artista argentino, torna in questo lavoro in maniera massiccia e impone una visione del totale di un corso d’acqua raramente catturato dalla vista per intero. La riflessione latente sul percorso interiore e esteriore di ogni individuo è infinitamente latente, ammutolita dal peso specifico dell’installazione di cemento.
Sebastiano Mauri, unico artista presente in tutte le sedi della mostra, presenta una sequenza di cento divinità, icone votive e statuette che ruotano e sembrano danzare al ritmo di un montaggio che racchiude tutti i canti religiosi della terra. Il video “I Believe in God” è ipnotico e avvolge con il suono un’intera stanza per permettere di attraversare una infinità di culture e invita a immedesimarsi in tutte e/o nessuna.
Dopo la preview nel Salento a novembre ’07 e le tappe allo Spasimo di Palermo, Fortino di Sant’Antonio a Bari e Napoli, la collettiva di artisti LatinoAmericani trova la propria sede a Trapani. Ribaltando il concetto di mostra itinerante, la mostra presenta artisti diversi in ogni sede e chiede allo spettatore di spostarsi per vederla nell'arco di 10 mesi.
La mostra presenterà fino al 18 agosto i lavori di Alexandre Arrechea, James Bonachea Marcos Castro, Aldo Chaparro, Donna Conlon, Raúl Cordero, John Espinosa, Carlos Garaicoa, Carlos Huffmann, Jorge Macchi, Sebastiano Mauri, Priscilla Monge, Ariel Orozco.
Con il Patrocinio della Provincia Regionale di Trapani e con il sostegno di Vodafone, Bartolini, Vestas Hotels, l’Assessorato alle Culture della Provincia di Lecce, Isufi, Loophouse e Adragna.
La successiva tappa della mostra si tiene sempre a Trapani nella sede del vecchio mercato del pesce, detto “Pescheria”, con il patrocinio del Comune di Trapani.
Raffaella Guidobono
25
luglio 2008
LatinoLatino. Arte Contemporanea Latino Americana nel Sud Italia
Dal 25 luglio al 18 agosto 2008
arte contemporanea
Location
PALAZZO DELLA VICARIA
Trapani, Via San Francesco D'assisi, (Trapani)
Trapani, Via San Francesco D'assisi, (Trapani)
Orario di apertura
dalle 8 alle 19
Vernissage
25 Luglio 2008, ore 19.30
Autore
Curatore