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Laura Federici – La sera seduti in veranda a guardare il paesaggio
Olio e guaches su tele e tavole di medie e grandi dimensioni. Concepita come una sorta di installazione, quasi una multivisione (in technicolor), dove le opere sono affiancate come fossero un continuum di monitor. Paesaggi di natura, fiori, città; vicini e lontani, esotici e familiari.
Comunicato stampa
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Note sulla mostra, di Erica Bussetti
L’artista si contraddistingue da sempre per l’impatto caloroso e travolgente dei colori, gli effetti morbidi del tratto, una vivacità innata del gesto pittorico. Le immagini in mostra si fissano come scene di un film e al contempo la liquidità dell’effetto pittorico le rende scivolose, sguscianti. Vorremmo afferrarle e fissarle come si fa con i ricordi più struggenti. Memorie e visioni si intersecano in una scelta dei soggetti che spaziano da scorci di città in forma anonima - ex scali ferroviari, ponti, raccordi e cavalcavia - alle immagini lussureggianti della foresta vietnamita. Dalla Roma dei viali alberati ai pescatori sul Mekong, fino alla Green City milanese tutto si tiene insieme come nelle memorie dei viaggiatori più incalliti e apolidi che riescono a sentirsi a casa ovunque, in qualunque luogo dove possano ritrovare silenzio, calma e dove la mancanza di attesa permetta loro un vivere sincero, radicante che amplia gli spazi interiori.
Ci sediamo anche noi, come in veranda, a guardare i paesaggi intimi che l’autrice generosamente ha voluto condividere con noi. A tratti sembrano sogni che sfumano in ricordi o forse in lucide realtà solo immaginate. Siamo attenti e rapiti davanti a questi quadri come in cerca di storie che non hanno un finale. Possiamo sceglierlo noi. Cattura la luce, i contrasti, l’immobilità solo apparente dell’insieme fotografato. Come in un fermo immagine che abbiamo appena deciso di affermare su quello che fino a un attimo prima era movimento potenzialmente infinito e incessante. Cosa c’è stato prima, chi verrà dopo?
Nota dell'artista
Seduti, tra immagini di luoghi lontani, stranieri e profondamente diversi.
Luoghi calpestati e vissuti intimamente, assaporati con lentezza, sottovoce, fermandosi qua e là a riposare, lontani dal chiasso dei monumenti, familiari come il giardino della mia casa da piccola dove mio Nonno aveva conquistato ogni centimetro di terra sottraendolo ai nostri giochi, arato e seminato in una battaglia tra l’orto e la bicicletta.
Un piccolo giardino oggi, di cui il mio corpo cresciuto fatica a riconoscere il volume,
¬allora un luogo ampio e dilatato nelle tante avventure, che ora si stringe intorno alle mie braccia togliendo loro la possibilità di aprirsi.
La mia casa, la casa della mia infanzia, la mia famiglia.
Ho viaggiato lì, trascorso lunghi tempi osservando le colature di calce bianca sulla parete di cemento della veranda, rubando le albicocche e i pomodori di mio Nonno, aspettando in segreto che mi spuntassero le ali. Giardino sconfinato allora, ora vuoto e asciutto come le pareti di una bottiglia di plastica vuota.
Per fortuna quella casa l’ho lasciata, non devo assistere al destino che il tempo le ha riservato, posso conoscerla sempre splendida, ricca e succulenta; la sogno spesso, rappresenta la mia famiglia; non le persone, ma quel luogo sconfinato è la mia famiglia.
Quella grandezza, quella familiarità senza misura è la stessa che provo nei ‘giardini’ della foresta vietnamita, nella Green City milanese, nei cavalcavia di Tokyo... starmene lì tranquilla, seduta ad osservare senza fretta e senza attesa, rende miei quei luoghi stranieri.
Calpestata, attraversata, trascinando i piedi lentamente, quella terra ignota diventa mia, intima e familiare, una terra di famiglia.
Supero così, senza bagnarmi, il mare che mi separa da luoghi stranieri e inaccessibili, a CASA in ogni luogo, una straniera di famiglia.
L’artista si contraddistingue da sempre per l’impatto caloroso e travolgente dei colori, gli effetti morbidi del tratto, una vivacità innata del gesto pittorico. Le immagini in mostra si fissano come scene di un film e al contempo la liquidità dell’effetto pittorico le rende scivolose, sguscianti. Vorremmo afferrarle e fissarle come si fa con i ricordi più struggenti. Memorie e visioni si intersecano in una scelta dei soggetti che spaziano da scorci di città in forma anonima - ex scali ferroviari, ponti, raccordi e cavalcavia - alle immagini lussureggianti della foresta vietnamita. Dalla Roma dei viali alberati ai pescatori sul Mekong, fino alla Green City milanese tutto si tiene insieme come nelle memorie dei viaggiatori più incalliti e apolidi che riescono a sentirsi a casa ovunque, in qualunque luogo dove possano ritrovare silenzio, calma e dove la mancanza di attesa permetta loro un vivere sincero, radicante che amplia gli spazi interiori.
Ci sediamo anche noi, come in veranda, a guardare i paesaggi intimi che l’autrice generosamente ha voluto condividere con noi. A tratti sembrano sogni che sfumano in ricordi o forse in lucide realtà solo immaginate. Siamo attenti e rapiti davanti a questi quadri come in cerca di storie che non hanno un finale. Possiamo sceglierlo noi. Cattura la luce, i contrasti, l’immobilità solo apparente dell’insieme fotografato. Come in un fermo immagine che abbiamo appena deciso di affermare su quello che fino a un attimo prima era movimento potenzialmente infinito e incessante. Cosa c’è stato prima, chi verrà dopo?
Nota dell'artista
Seduti, tra immagini di luoghi lontani, stranieri e profondamente diversi.
Luoghi calpestati e vissuti intimamente, assaporati con lentezza, sottovoce, fermandosi qua e là a riposare, lontani dal chiasso dei monumenti, familiari come il giardino della mia casa da piccola dove mio Nonno aveva conquistato ogni centimetro di terra sottraendolo ai nostri giochi, arato e seminato in una battaglia tra l’orto e la bicicletta.
Un piccolo giardino oggi, di cui il mio corpo cresciuto fatica a riconoscere il volume,
¬allora un luogo ampio e dilatato nelle tante avventure, che ora si stringe intorno alle mie braccia togliendo loro la possibilità di aprirsi.
La mia casa, la casa della mia infanzia, la mia famiglia.
Ho viaggiato lì, trascorso lunghi tempi osservando le colature di calce bianca sulla parete di cemento della veranda, rubando le albicocche e i pomodori di mio Nonno, aspettando in segreto che mi spuntassero le ali. Giardino sconfinato allora, ora vuoto e asciutto come le pareti di una bottiglia di plastica vuota.
Per fortuna quella casa l’ho lasciata, non devo assistere al destino che il tempo le ha riservato, posso conoscerla sempre splendida, ricca e succulenta; la sogno spesso, rappresenta la mia famiglia; non le persone, ma quel luogo sconfinato è la mia famiglia.
Quella grandezza, quella familiarità senza misura è la stessa che provo nei ‘giardini’ della foresta vietnamita, nella Green City milanese, nei cavalcavia di Tokyo... starmene lì tranquilla, seduta ad osservare senza fretta e senza attesa, rende miei quei luoghi stranieri.
Calpestata, attraversata, trascinando i piedi lentamente, quella terra ignota diventa mia, intima e familiare, una terra di famiglia.
Supero così, senza bagnarmi, il mare che mi separa da luoghi stranieri e inaccessibili, a CASA in ogni luogo, una straniera di famiglia.
23
aprile 2023
Laura Federici – La sera seduti in veranda a guardare il paesaggio
Dal 23 aprile al 19 maggio 2023
arte contemporanea
Location
Galleria l’Affiche
Milano, Via dell'Unione, 6, (MI)
Milano, Via dell'Unione, 6, (MI)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 16-19
Vernissage
23 Aprile 2023, dalle 14 alle 21
Sito web
Autore
Progetto grafico